Tre settimane fra Nepal e Tibet

Una notte a Delhi
Prima di andare in Nepal, ci siamo fermati a Delhi. Siamo stati qui solo una notte, ma di certo una delle piú emozionanti della mia vita.
Dopo l’arrivo in aeroporto, un addetto dell’agenzia ci ha portati in hotel. Era sera tardi, molte persone dormivano in strada, in piccole baracche, sui propri carretti o direttamente sul marciapiede. É il nostro benvenuto in un mondo differente.
Non appena arrivati cominciamo la nostra esplorazione. Pochissimi turisti e perfino poca gente locale era in strada a quell’ora, finché la musica non ci ha attratto in un luogo pieno di gente vestita in modo meraviglioso. Subito, vedendoci curiosi, ci hanno invitato al loro festival. All’inizio tra la folla ai margini del tendone che ospita la festa ma poi subito invitati a sederci proprio sotto il palco iniziamo a capire cosa ci sta succedendo: noi, tre turisti europei tra dozzine di indiani che onorano i propri dei. Veniamo trattati come ospiti di riguardo, con un benvenuto caldo e solenne, dove la fronte ci viene unta con un punto di colore rosso e ci viene posta al collo una collana di fiori. Ci vengono anche offerte caramelle, acqua e tè.
Il festival continua con danze e canzoni che ripetono la storia dei loro dei. É davvero una giornata fortunata: abbiamo la nostra “guida” che parla inglese e ci spiega tutto ció che accade e che viene rappresentato sul palco. Con orgoglio e voglia di conoscerci il nostro nuovo amico si prende cura di noi. In tali occasioni, circondati da gente felice, ci si dimentica della povertà che affligge il Paese e che abbiamo potuto vedere proprio nelle strade che dall’hotel ci hanno condotto al festival.
La festa finisce circa alle 4 del mattino, per lasciare il posto alle preghiere “ufficiali”: il cibo viene offerto agli dei nel tempio, dove veniamo condotti dalla nostra “guida”, che ci spiega la differenza iconografica tra i differenti dei e cosa essi rappresentano per loro. Per assicurarsi della nostra sicurezza veniamo accompagnati da lui in albergo.
Tornati in hotel abbiamo deciso che, visto il nostro volo che ci obbliga a recarci in aeroporto alle 9 del mattino precedente, non valeva davvero la pena dormire per poche ore. Decidiamo dunque di fare un giro in tuk-tuk della città fino alla Jama Masjid, la piú grande moschea dell’India, dove arriviamo per vedere il sole sorgere sul Forte Rosso, proprio di fronte alla moschea. Dopo, con il nostro tuk-tuk ci rechiamo all’India Gate. Io ero già stata a Delhi nel 2005, ma vedo nel volto dei miei compagni di viaggio lo stesso stupore che avevo avuto nel vedere la differenza tra la parte nuova e la parte vecchia di Delhi, e nel vedere come la città cambia tra la notte ed il giorno, quando la gente si sveglia e le strade non danno piú l’estrema immagine di povertà che di notte lascia la propria impronta indelebile in chiunque viaggi in questo affascinante ma sconvolgente Paese. Dopo poco siamo di nuovo in hotel, dopo aver percorso i larghi viali di Nuova Delhi e le polverose strade del centro storico. Stanchi ma felici, siamo pronti per proseguire verso il Nepal.Volo per Kathmandu
Oggi un volo di 2 ore con Sahara Airlines ci porterà a Kathmandu. Siamo dovuti arrivare in aeroporto ben tre ore prima del volo per avere tempo di fare la disordinata e lunga fila per il check-in e sbrigare le formalità doganali. A Kathmandu, l’agenzia ancora una volta é lí ad attenderci e veniamo portati in hotel.
Tra la folla e un caos di biciclette, automobili e rickshow arriviamo al famoso quartiere di Thamel, dove si trova in nostro hotel. É una zona molto vivace, ricca di negozi di souvenir (e nel nostro gruppo c’é chi proprio apprezza!) e ristoranti. Abbiamo solo bisogno di cambiare i nostri euro in valuta locale prima di partire per la nostra esplorazione. Ceniamo al Newari-Restaurant. Sia il cibo che l’atmosfera locale sono deliziose. Stanchi della notte senza dormire e del volo, e consapevoli che il nostro tour della città ci attende il giorno seguente, andiamo a letto piuttosto presto.

Tour di Kathmandu
Dopo colazione la nostra guida ci viene a prendere in hotel per cominciare il nostro tour di Kathmandu. La prima impressione sulla cultura e la vita religiosa del Nepal è davvero ottima. Turisti e pellegrini locali percorrono le lunghe scalinate che conducono a templi, facendo foto oppure pregando e facendo roteare le lunghe file di ruote di preghiera. Dopo il Tempio delle Scimmie il luogo successivo é la famosa Durban Square, piena di mercanti e pellegrini anch’essa (beh... anche di turisti). Santoni dalle vesti colorare e dalle facce dipinte, vacche sacre: sembra tutto perfetto! I santoni peró sono lí in attesa di turisti che vogliono, a fronte di un piccolo pagamento, fare foto con loro... in fondo non vi é nulla di cosí sacro.
Un luogo davvero da non perdere è Bodnath, un enorme stupa costruito dai tibetani quando furono costretti a rifugiarsi qui.
Pranziamo in uno dei tanti ristoranti con terrazza, da cui godiamo di una fantastica vista sullo stupa e sulla città. Vediamo ovunque bandiere votive, l’incenso dona all’aria un’aura mistica e assaggiamo cibi locali come il Dhal Bhat (crema di lenticchie) ed ogni tipo di Momo (ravioli in stile cinese).
Dopo aver camminato intorno allo stupa (ovviamente in verso sinistra!) andiamo nel luogo forse piú impressionante di Kathmandu: Pashupatinath. É un tempio indú importantissimo dove possiamo assistere a vere cerimonie di cremazione lungo il fiume sacro. Alcuni di noi erano molto impressionati dallo spettacolo, io (saró forse un po’ macabra) ne vedevo l’aspetto piú che altro culturale ed ho perfino filmato una cerimonia; secondo la nostra guida non viene considerato offensivo dai locali, che non lo ritengono un evento strettamente privato. Con qualsiasi occhio si guardi a tali cerimonie, è comunque un’esperienza che lascia il segno!

Trekking nella valle di Kathmandu
Circa alle 8 del mattino la nostra guida ci viene a prendere per portarci al punto d’inizio del nostro percorso di trekking.
Scale e salite rocciose cominciano fin dal’inizio del tracciato. Attraversiamo villaggi, veniamo circondati da bambini che vanno verso le scuole: loro, come i molti adulti che lavorano nei cambi, fanno queste lunghissime scalinate ogni giorno. Lungo la strada attraversiamo risaie a terrazza, cascate, piccoli villaggi... si sale, sale, sale. Il tempo purtroppo non è stato dei migliori: eravamo circa a metà strada quando inizia a piovere.
A pranzo mangiamo una semplice zuppa di noodles (spaghetti di riso) per poi proseguire il cammino verso la vetta. La nostra simpatica guida ci aiutava nel percorso, aspettando le nostre (beh... sono un po’ lenta!) lunghe pause per riprendere fiato e mentendoci spudoratamente sulla distanza che di volta in volta ci avrebbe separato dalla vetta.
Arriviamo alla vetta ed alla guest house solo 5 ore dopo. Sono esausta ma ne è valsa la pena. Mi sentivo forse come chi raggiunge la vetta dell’Everest, benché la mia montagna fosse ben piú bassa! Mi sa che devo perdere qualche chilo e fumare qualche sigaretta in meno.
Il nostro hotel è a Chisapani e si chiama Annapurna Mountain View. I servizi sono essenziali ma l’atmosfera ha il suo fascino: le stanze sono illuminate da candele e nel salone al pian terreno proviamo bevande come il mustang coffee (rum locale con zucchero e caffé... un toccasana per scaldarsi e tirarsi un po’ su!) nonché cibi al curry. Andiamo a letto molto presto, davvero esausti ma pronti a proseguire il cammino.

Secondo giorno di trekking
La gente locale ci ha detto che vedere il sole sorgere sulle montagne è un’esperienza indimenticabile, perché si vedono le catene dell’Himalaya e dell’Annapurna. Fissiamo la sveglia alle 6 del mattino... io mi sveglio già alle 4 la prima volta per il forte temporale. Consapevole che non si potrà vedere nessuna alba cerco di togliere la sveglia dal cellulare ma il mio compagno di viaggio l’ha spento ed ovviamente non ho il PIN... caspita, mi dovró svegliare di nuovo tra due ore!
Partiamo per il trekking verso le 8, dopo che la guida ha preso tutte le informazioni possibili sulle condizioni delle strade per assicurarsi che l’automobile possa arrivare al luogo d’incontro alla fine del trekking. Il tragitto attraverso le risaie è oggi abbastanza in discesa, tra giungla, cascate e piccoli laghi. Il trekking di “massimo 5 ore”, a detta della nostra guida a cui di fatto non so perché credevo ancora, è in realtà di oltre otto ore! Va bene, benché piova a dirotto per buona parte del percorso non fa particolarmente freddo. L’unico rimpianto é che le nuvole non permettono di godere appieno del panorama... talvolta da qui si puó vedere la vetta dell’Everest.
Facciamo una breve sosta per il pranzo per poi continuare ancora la nostra discesa. Incrociamo un gruppo di donne locali che sono visibilmente divertite dalla nostra tenuta da turisti e dagli evidenti segni della mia scivolata nel fango... sono completamente marrone (ma non mi sono fatta niente!). La guida mi fa da assistente personale: ho una fodera di plastica che mi protegge lo zaino dalla pioggia che casca ogni 5 minuti e godiamo della compagnia di uno strano verme che succhia sangue, i leeches: di fatto non fanno nulla, anzi si dice che siamo positivi per la salute. A dirla tutta non è una bella sensazione trovarseli addosso.
Dopo otto ore di cammino a contatto con la natura raggiungiamo l’automobile che ci porterà a Bhaktapur; per raggiungerla piú in fretta la nostra guida Pushkar decide di guadare un fiume, francamente sono abbastanza bagnata per la pioggia e tutti noi “turisti” optiamo per il ponte, via piú lunga ma decisamente piú asciutta. Stanca come sono, l’automobile mi appare come un miraggio! Sarà strano, ma è cosí bella la sensazione dell’arrivo alla meta che rifarei tutto anche oggi stesso, anche sotto la pioggia!
All’arrivo in hotel siamo grati di poter fare una doccia calda e toglierci i vestiti bagnati, per avere l’elettricità e quindi l’acqua calda dobbiamo però aspettare le 8 di sera. Non è un problema, l’importante è asciugarsi!
L’antica capitale del Nepal ha un’atmosfera unica, è ricca di storia e di sera non ci sono turisti per le strade. Mentre ceniamo nel ristorante dell’hotel (non è proprio semplice trovare ristoranti aperti dopo le 9 di sera) sentiamo un frastuono provenire dalle strade: è una bellissima processione religiosa, un altro regalo di questa terra meravigliosa. Un tempietto montato su un carro viene portato in processione dalla folla tra rulli di tamburi e canti. Dopo tale spettacolo, decidiamo che sarà qui che trascorreremo il nostro ultimo giorno in Nepal quando saremo rientrati dal Tibet.

Nepal - Tibet (da 1300 m a 3650 metri in un giorno)
Dobbiamo svegliarci alle 6.15 per fare colazione. Il nostro autista, come sempre in orario, ci aspetta per portarci all’aeroporto di Kathmandu. L’aereo della China Airlines ci porta fino a Lhasa, in Tibet, sorvolando le montagne piú alte al mondo: la vista sulle vette che emergono dalle nuvole è molto suggestiva!
A Lhasa il clima è piuttosto caldo e molto asciutto. Nessuno sente subito l’effetto dell’altitudine. Dopo le formalità doganali incontriamo la nostra guida che ci accoglie porgendoci la tipica sciarpa bianca.
L’ora di macchina per arrivare a Lhasa ci offre una prima impressione del Tibet. Cielo azzurro e terso, alte montagne ed aridi campi. Ci hanno avvertito di bere almeno tre litri d’acqua al giorno, cosa che si è rivelata ben piú facile del previsto. Abbiamo cenato al Dunya, un bel ristorante che serve anche cibo internazionale. Ho provato riso fritto con carne di yak: davvero da provare, nonché un té al ginger nella speranza che potesse aiutarmi con il mio raffreddore; i miei compagni di viaggio hanno invece optato per un té contro il mal di montagna che purtroppo non li ha aiutati molto poiché alla sera tutti piú o meno erano con mal di testa o mal di stomaco per l’impatto dell’altitudine; io no, ma forse perché ero sotto aspirina per il mio raffreddore!

Tempio di Jokhang ed il Potala Palace
Oggi abbiamo un tour della città con la nostra guida, che inizia dal Tempio di Jokhang. Questo si trova al centro di Lhasa ed è circondato dal cosí detto Barkhor Circuit. Centinaia di pellegrini tibetani che vengono dalle aree montane si radunano qui per pregare, venerare Buddha ed offrire ad esso candele di burro di yak.
L’atmosfera è resa speciale da questo odore dolciastro di burro. Il posto è affollato, pieno di pellegrini, monaci e turisti.
Ci sono molte statue di dei protettori, fotografie dei precedenti Dalai Lama e candele di burro. Dal tetto di questo tempio si ha una veduta dell’impressionante Potala Palace e del mercato circostante. Questo mercato è la nostra prossima meta. Percorriamo l’anello di strade detto Barkhor Circuits, pieno di negozi d’abbigliamento, bandiere votive, gioielleria ed ogni tipo di souvenir. Dopo ci siamo fermati per pranzo, a casa della nostra guida. Siamo rimasti affascinati dalla sala da pranzo, con vetrine piene di statue degli dei e con una foto del Dalai Lama attuale (cosa illegale in Tibet!).
Ci viene offerto té salato e Tsampa (un cibo locale a base di orzo, formaggio di yak, burro ed acqua). Non ha molto sapore ed è asciutto... senz’altro hai bisogno di bere del té dopo averlo mangiato. Sua madre ha preparato anche patate con salsa piccante, davvero buone.
Dopo questo asssaggio di cibo e stile di vita locale, andiamo al Potala Palace. Questa antica residenza del dalai Lama, oggi quasi deserto e controllato dall’esercito cinese, è uno dei palazzi piú belli, ancora ricco di storia e cultura tibetana. Ovviamente, da qui si ha una bella veduta su Lhasa. Facciamo poi un ultimo giro per lo shopping alla piazza Barkhor, dove ceniamo in un ristorante cinese e ci godiamo il tramonto sulla città. Le montagne, o forse l’altitudine, confondono la percezione al punto che sembra ci siamo due punti dove il sole sta tramontando: davvero suggestivo.

Monastero di Drepung, Norbulingka
Oggi ci rechiamo al Monastero di Drepung, poco fuori Lhasa. Trovandosi su una collina, si ha da qui una bella veduta della città e dei dintorni. É interessante vedere come pellegrini e monaci vengano ancora in questo monastero per pregare, cosí come facevano centinaia di anni fa.
Norbulingka, il palazzo d’estate dei primi Dalai Lama ha un bellissimo parco annesso, dove lui si rilassava.
Pranziamo al ristorante Tashi1, raccomandata da molte guide. É un ristorante familiare che serve ottimo cibo. Nel pomeriggio siamo andati al Monastero Sera, dove nel cortile i monaci hanno un “club di dibattito”, uno spettacolo esilarante fatto da battiti di mani che intervallano domande e risposte... davvero da vedere!

Ultimo giorno a Lhasa ed inizio del tour
Al mattino abbiamo deciso che per Katjia sarebbe stato meglio tornare a casa. Fin dall’arrivo aveva febbre e forti sintomi del mal di montagna, per nulla attutiti nel corso di questi tre giorni a Lhasa. Il tour prevede di salire ulteriormente di quota: non era proprio il caso. Il nostro agente ha organizzato immediatamente il suo volo di rientro a Kathmandu, e Shoestring altrettanto rapidamente il volo di rientro in Europa. Nel frattempo, facciamo un ultimo giorno di shopping a Lhasa per comprare souvenir e qualche vestito caldo (giacca, guanti, sciarpa) per poter affrontare meglio l’Everest (la base!) a 5200 metri.
In un ristorante con terrazza che si affaccia su Barkhor Square abbiamo ordinato vino tibetano, per scoprire che é un liquore con 54% d’alcool. Si può dire che sia stato un pomeriggio divertente!

Abbiamo lasciato l’hotel intorno alle 7 del mattino per accompagnare Katja in aeroporto. Dopo averla salutata abbiamo cominciato il lungo viaggio che ci ha portati a Gyantse.
Il primo stop è stato ad un passo montano a 4950 metri, quindi con la bellissima veduta del lago Yamdrok-Tso, con lo sfonddo di montagne ricoperte di neve. Abbiamo proseguito poi lungo la “Friendship-Highway”, attraversando una lunga valle in cui scorre un fiume selvaggio.
Ci siamo fermati in una fabbrica d’incenso, dove il legno viene macerato in un pozzo in cui scorre l’acqua di un torrente. I bambini, futuri uomini d’affari, si offrono di prendere dal pozzo il legno macerato per farmene sentire il delizioso profumo... ovviamente questo servizio ha un piccolo costo!
Durante il tragitto il panorama cambia: non piú valli ed alte montagne, ma un vero deserto con dune di sabbia. Vedendolo ripetevo di continuo che mi sembrava di essere di nuovo in Nord Africa! Il nostro autista ha deciso di prendere una scorciatoia: un’ora di strada dissestata, con pietre e ruscelli da superare e piccoli villaggi situati in mezzo al nulla.
Ritorniamo dunque sulla strada principale ed arrivati in hotel siamo felici che questa lunga giornata con ben 8 ore di auto sia finita; sarà di fatto l’unica cosí impegnativa nell’intero tour.
Dopo aver cenato abbiamo passato il resto della serata in hotel giocando a carte ed a bere tè: in città non c’è molta vita notturna!

Gyantse - Shigatse e la fortezza di Tashilhunpo
Abbiamo visitato, come prima tappa, il monastero di Pelkor Chöde. É uno stupa di nove piani che possiamo visitare anche nell’interno. Come al solito, è difficile fare fotografie. Per farle bisogna pagare (da 10 fino a 1500 Yuan a seconda dei luoghi) o lasciare la propria macchina fotografica all’ingresso. Di solito tollerano che la si porti dentro, purché non la si usi.
La visita della fortezza vicina è piú stancante di quanto ci aspettassimo. Le molte scale da risalire sono una sfida quando si è a 4000 metri di quota. La vista della città che si ha da qui peró ripaga di ogni fatica.
Anche a Gyantse abbiamo trovato il ristorante “Tashi”, anche questo ottimo.
Lungo la strada per Shigatse abbiamo visitato un mulino per l’orzo, base del cibo tibetano, tra cui la Tsampa. Dopo due ore di guida arriviamo a Shigatse e ne visitiamo la fortezza di Tashilhunpo. É il luogo dove il Panchen Lama risiedeva e dove si trova la statua del Buddha seduto piú grande al mondo (alta 26 metri, di bronzo ed oro).
Dopo aver fatto check-in all’Hotel Yak andiamo a cena... indovinate dove? Anche questo ristorante “Tashi” è ottimo, cosí come lo è la birra “Lhasa”.

Shigatse - Sakya Fortress
La strada che ci porta a Sakya attraversa il passo Tso La, a 4800 metri. La vista su alcune delle piú alte montagne del mondo che si gode da questo luogo lascia senza parole.
Sakya é una piccola città con una fortezza molto importante che si staglia sulle montagne. Si trova a 4270 m e risalirla non è stato facilissimo. I quattro stupa bianchi che sono al di sotto della fortezza sembrano brillare in contrasto con le montagne sovrastanti. Lungo la strada, io e Tonia abbiamo visto un bellissimo prato soleggiato, ottimo per riposarsi un attimo. Ci siamo abbronzate un po’ mentre Lars continuava la sua risalita alla fortezza con la guida. Ci siamo rese conto che qui prendere il sole non è un’attività molto diffusa, visto che la gente locale ci guardava con curiosità e rideva di noi.
La nostra cena di oggi consiste in té e biscotti perché sia Lars che Tonia avevano difficoltà a mangiare (effetto dell’altitudine) ed io non ero abbastanza affamata da decidere di andare da sola al ristorante.

Giornata all’Everest
Finalmente! La meta di oggi è l’Everest con il suo campo base. Prima peró attraversiamo due passi (5.200 metri). Fortunati come siamo, il tempo è magnifico. Possiamo vedere presto la montagna piú alta del mondo e fare innumerevoli fotografie di questo gigante. Abbiamo un tempo di percorrenza piú lungo di quanto ci aspettavamo. Siamo arrivati troppo tardi per poter camminare fino al campo base dalla Guest House. C’era vento forte e faceva molto freddo, ma ció non ci ha fermati dal farci un giro e dall’aspettare il tramonto sulla grande montagna che cambia colore con il calare del sole.
La camera è essenziale, i bagni praticamente da evitare e non ci sono docce. La veduta dell’Everest dalla nostra finestra è peró appagante e la grande sala ristorante, piena di turisti cinesi ed abitanti del villaggio vicino venuti a radunarsi per bere insieme un té e scaldarsi è affascinante.

Campo Base ed avventura fino al confine
Ancor prima dell’alba eravamo fuori, pronti a percorrere gli 8 km che ci separano dal campo base dell’Everest. La differenza d’altitudine è di soli 200 metri, ma quando ti trovi a 5000 metri questo puó voler dire molto! Bisogna camminare piano e riprendere fiato spesso.
Lungo la strada attraversiamo un villaggio-campo, dove i turisti possono fermarsi in tenda per una notte e dove anche i ristoranti sono di fatto una tenda. Qui si possono anche noleggiare i calesse che portano fino al campo base i piú “pigri”. Siamo troppo orgogliosi per usarne uno! Il cammino sembra non finire mai ed alcune delle scorciatoie prese non si rivelano una buona idea. Il campo base è vuoto: solo pochi turisti e l’esercito cinese che chiede le nostre generalità all’arrivo. La stagione per scalare l’Everest finisce infatti a maggio, mentre noi siamo qui ad ottobre.
Decidiamo di prendere un calesse al rientro ma su di esso era freddo, polveroso e non molto piú rapido del cammino. Inoltre Lars è su un calesse da due persone, che quindi per regolamento non potrebbe portarne una terza. Gli chiedono quindi di scendere ogni volta incrociano la polizia che controlla; decisamente piú comodo camminare, anche per me e Tonia!
La guida era già ad attenderci per iniziare il viaggio di 8 ore che ci porterà al confine con il Nepal. Lungo la strada superiamo piccoli villaggi, nomadi con i loro greggi di pecore o di yak, turisti impegnati nel trekking che li porterà al campo base dell’Everest, diversi ciclisti.
La discesa comincia dopo aver superato l’ultimo passo montano, a 5000 metri. La strada che abbiamo preso aveva alcuni lavori di ricostruzione in corso e ció avrebbe comportato attendere fino a sera l’apertura della strada. Decidiamo di aggirare l’ostacolo (il blocco stradale) con una scorciatoia, cosí come facevano quasi tutti i mezzi 4x4 e perfino alcuni mezzi pesanti (ancora non mi spiego come ci siamo riusciti con un camion).
La strada è bloccata da una frana: nessuno si perde d’animo e tutti gli autisti, le guide, alcuni turisti cinesi e qualche raro occidentale si mettono all’opera fin da subito, con la sola luce dei fanali delle auto, per liberare la strada a mano! I mezzi di soccorso sarebbero stati piú lenti. Dopo circa un’ora la strada è libera abbastanza: si riparte! Durante la sosta conosciamo altri turisti; irresistibile richiamo del sentir parlare italiano di nuovo dopo due settimane di solo inglese con i miei due fantastici compagni di viaggio di lingua tedesca, che io non capisco affatto. Siamo uno strano gruppo ed ogni volta alla frontiera ci guardano con sorpresa: un’italiana, una svizzera ed un tedesco in giro per il tetto del mondo!
Discendendo verso valle alla spoglia montagna tibetana si sostituisce uno scenario verdeggiante: boschi e giungla, fiumi selvaggi costeggiano la strada. Siamo ritornati sufficientemente in basso da consentire una vita vegetale che vada oltre muschi e licheni!
Passiamo il confine la mattina successiva. Dopo una lunga coda ed un tratto a piedi siamo di nuovo in Nepal. L’agenzia, sempre lí ad attenderci, ci porta al Last Resort, un villaggio turistico davvero carino tra le montagne dove è possibile fare numerose attività tra cui rafting. Vogliamo proprio goderci un paio di giorni tra la natura e muoverci ad un’altitudine dove si riesca a respirare senza fatica! É nel bel mezzo della giungla, proprio affacciato su un fiume. É tutto un giardino, ci sono centinaia di tipi di farfalle, libellule, mantidi religiose, ragni... una festa della natura! Tonia è ben lieta che i ragni restino comunque lontani dalla nostra tenda.
Dopo pranzo decidiamo di fare canyoning, attività che consiste nel discendere alcune (ben 7) cascate con delle funi di supporto, sempre con una guida esperta. É davvero una bella esperienza. La tenda è comoda, da quattro letti, e sono disponibili servizi igienici adeguati e docce calde. C’è perfino un centro massaggi e sauna, di cui peró non usufruiamo.

The Last Resort
Il nostro secondo giorno lo passiamo facendo nulla, in assoluto relax. Un tuffo in piscina, un po’ di sole, mangiare e bere. Io mi annoiavo un po’ ed ho deciso di provare a fare bunjee jumping dal ponte... un salto di 160 metri verso il fiume. I primi istanti, quando non si ha ben coscienza di cosa stia succedendo, sono davvero eccitanti. Anche la risalita di mezz’ora lungo un sentiero tra giungla e cascate è piuttosto bella, in parte coincide con quello fatto il giorno precedente dopo il canyoning.

Rafting e rientro a Bhaktapur
Due giorni prima della fine del nostro viaggio abbiamo un’altra attività in programma: fare rafting sul fiume Bhote Kose. Dopo un breve briefing cominciamo a discendere il fiume per due ore. É quindi previsto uno stop per il pic-nic del pranzo. Strano a dirsi uno degli istruttori di rafting è italiano, calabrese: gli chiedo cosa ci faccia in Nepal ma resta un po’ vago... segue semplicemente la stagione di rafting quando è ormai finita in Calabria. Il mondo é proprio piccolo!
Durante la seconda metà del nostro rafting, ci fermiamo per un salto da una roccia dentro le acque del fiume. Tonia e Lars vanno, ma io dopo il bunjee jumping francamente ne ho abbastanza di salti per questa settimana! Sulle rapide purtroppo casco nel fiume: suggerirei di non mettersi mai nell’ultimo posto dietro il gommone perché gli altri passeggeri ti cadono addosso buttandoti in acqua. Non è stato poi cosí traumatico ma per alcuni secondi avevo difficoltà a riuscire a riemergere perché il gommone, spinto anch’esso dalla corrente era sempre su di me. Una bella avventura; quando la guida ci dice che se vogliamo possiamo nuotare fino a riva io gli rispondo che il mio bagno l’ho già fatto. Ho un dito gonfio come un melone, mi fa male ma riesco a muoverlo quindi non credo sia rotto!
All’arrivo un’auto ci porta a Bhaktapur, dove arriviamo in orario per vedere il tramonto dall’alto delle pagode che dominano ogni piazza di questa magnifica città, davvero un gioiello del passato perfettamente preservato. Esploro la città anche all’alba, per poi dedicare le ultime ore con Lars (strano, come sempre Tonia è in ritardo per colazione!) a caccia degli ultimi souvenir che non siamo riusciti ad acquistare la sera prima.

Rientro a casa
Ci aspetta un lungo viaggio, con molte formalità doganali tra gli aeroporti di Kathmandu e di Delhi. A Delhi abbiamo una sosta di alcune ore e ci propongono un hotel per riposarci un po’ e dove ci attende una cena di arrivederci. Troppo lontano, preferiamo essere accompagnati in un vicino centro commerciale dove comunque c'é un ottimo ristorante dove gustare l’ultimo pasto indiano. Alle 8 del mattino dopo atterriamo a Milano, stanchissimi del viaggio ma davvero entusiasti del tour fatto!