Val Venosta: da Merano al Passo Resia

Castelli, chiese, masi, paesini d’incanto e tanta natura

Dedicare un fine settimana o, meglio, tre-quattro giorni alla Val Venosta, può essere un ottimo pretesto, come abbiamo fatto noi un paio d’anni fa, per prolungare una settimana di escursioni in qualche vallata del Trentino o dell’Alto Adige.
Con partenza da Merano, che da sola già merita una visita non affrettata, si percorrono i 77 chilometri che portano al confine austriaco presso i 1507 metri del Passo di Resia, lungo i quali si toccano una serie di paesini che offrono tutti, per un aspetto o per l’altro, attrattive che li rendono degni di una sosta. Alla suggestione del paesaggio contribuisce la presenza dell’Adige, che scorre di fianco alla strada o a breve distanza da essa.
Chi poi abbia tempo e voglia di ampliare il programma, può addentrarsi nelle varie valli che salgono lateralmente ai due versanti della Venosta: in successione la Val Senales, con la piccola diramata Val di Fosse; la Val Martello, che porta fino ai piedi del Cevedale; la Valle di Trafoi che, dopo la deviazione per la Val Solda, culmina nei 2758 metri del Passo dello Stelvio; la Val Monastero, che porta al Passo del Forno e al Parco Nazionale Svizzero; la Valle Lunga, che risale da Curon verso le impegnative escursioni nelle valli austriache delle Oetztalen Alpen.

Dove alloggiare

Provenendo da Bolzano, una scelta raccomandabile è quella di fermarsi per uno o due pernottamenti otto chilometri prima di Merano, le cui tariffe alberghiere risentono inevitabilmente della sua mondanità, in località Postal, che offre buone strutture ricettive a prezzi contenuti. Proseguendo verso l’alta valle, consiglio una delle soluzioni più diffuse nell’ambito altoatesino, vale a dire le zimmer, le camere in affitto: anche le sistemazioni più modeste assicurano un elevato livello di conforto e pulizia.

In cucina

È quella classica dell’Alto Adige, vale a dire un punto d’incontro tra la cucina delle Venezie e quella austriaca. Si mangia dovunque bene, abbondantemente e a prezzi contenuti; non si sbaglia con i piatti a base di funghi, carne, cacciagione, spesso accompagnati da polenta. Canederli, speck, formaggi e strudel non hanno bisogno di presentazioni. Per quanto riguarda i vini, non mi pronuncio, visto che, essendo fanatico di quelli altoatesini, non sarei obiettivo: lascio che parlino da soli.

Itinerario

A una esauriente visita di Merano mi sembra il caso di dedicare un’intera giornata. Già dal primo impatto la cittadina non tradisce la sua fama di meta tra le più prestigiose del turismo internazionale; la magnifica posizione, la mitezza del clima, la ricchezza di verde e la funzionalità dei servizi ne fanno una località di soggiorno adatta a tutte le stagioni.
Presso il Centro Termale, la Passeggiata d’estate e quella d’inverno, che si svolge sotto bei passaggi in ferro battuto e vetrate, hanno il fascino un po’ retrò dell’Impero asburgico; d’altra parte la stessa Sissi soggiornò più volte in città, come ricorda nel parco il busto che la raffigura. Sotto l’aspetto architettonico, Merano offre spunti di prim’ordine, quali la Cattedrale gotica e il Castello Principesco, ma il cuore dell’animazione cittadina è costituito dalla caratteristica Via dei Portici: come anche in altri centri del Sud Tirolo quali Bolzano e Bressanone, essa costituisce il nucleo più antico, in una sfilata di locali, ristorantini e bei negozi.

Anche gli immediati dintorni sono disseminati di luoghi da visitare. A meno di 4 km. si trova il piccolo centro di Tirolo, noto soprattutto per l’omonimo castello, uno dei più scenografici di tutto l’Alto Adige: vale senz’altro la pena una visita accurata, anche perché oggi presenta un assetto molto vicino a quello originario, grazie alla rimozione di alcuni discutibili apporti ottocenteschi. Lo si raggiunge con una passeggiata di un quarto d’ora, durante la quale si può ammirare il piccolo e grazioso Castel Fontana nonché una zona di piramidi di erosione, simili a quelle più note di Renon e di Segonzano.
Lana di Sotto, 8 km. a sud di Merano, merita una tappa per la presenza della parrocchiale gotica dell’Assunta, soprattutto per quanto è custodito all’interno: alludo al cinquecentesco altare Schnatterpeck, considerato una delle massime realizzazioni del genere dell’intera area germanica, un capolavoro di legno intagliato e dipinto con 35 figure umane in rilievo dell’altezza media di due metri sull’impressionante superficie di 14 x 7.
Volendo ammirare dall’alto la splendida conca di Merano si può salire fino a Scena, centro di villeggiatura con caratteristiche case e l’omonimo castello, o ancora utilizzando gli impianti di Merano 2000: una funivia in due tronchi in partenza da Vernone (3 km. dal centro) porta allo stupendo e panoramico altopiano di Avelengo, comprensorio sciistico in pieno sviluppo.

Lasciata Merano, la statale n. 38, che poi diventa n. 40 dopo Spondigna, percorre in senso est-ovest fino a Malles e di là in direzione nord, la Val Venosta, caratterizzata dalla dolcezza dei pendii, dalle praterie, dai grandi spazi coltivati a mele e a vigneto, in una successione di centri abitati che, pur denotando ciascuno proprie peculiarità, sono accomunati da note ricorrenti: le antiche case bianche dalle facciate a calce con l’ampio impiego del legno a vista, i balconi fioriti, i muri dipinti con soggetti religiosi o profani, le inferriate e le insegne in ferro battuto, i frequenti sottopassi tra le abitazioni, i castelli, le chiesette dal campanile aguzzo.
Lungo i primi 56 chilometri dell’itinerario, la strada corre parallela alla sede abbandonata della linea ferroviaria Merano-Malles, malinconica testimonianza di una miope politica dei trasporti che definì frettolosamente “rami secchi”, di fatto condannandole a morte, linee di grande valore paesaggistico che in altri Paesi sono invece attrazioni turistiche, con tutto l’indotto che ne deriva.

Parcìnes, una decina di km. oltre Merano, annovera alcune dimore nobiliari molto rimaneggiate e, a un’ora di passeggiata, una bella cascata che si scorge già da lontano. Pochi minuti di auto consentono di raggiungere Naturno, dove spiccano alcune case dipinte ma soprattutto è dominata dal Castello che, come parecchi altri della vallata, è stato restaurato e riconvertito in albergo. In posizione un po’ appartata sorge la chiesetta romanica di San Procolo, importante per i pregevoli cicli di affreschi sia all’esterno che all’interno raffiguranti scene della vita del Santo; in particolare quelli della parete sinistra sono datati all’VIII-IX secolo, il che li classifica come una delle più antiche espressioni artistiche del Tirolo.
Sulla destra dell’abitato si dirama la strada che risale la Val Senales, una delle più incontaminate dell’arco alpino: dapprima molto incassata e poi sempre più aperta, si sviluppa per 25 km. dai 554 metri di Naturno fino ai 2004 di Maso Corto. Si toccano le frazioni di Rattisio, Certosa, Madonna di Senales e Vernago, piccoli abitati accomunati dalla presenza delle grandi case agricole tradizionali in legno annerito: questa è la vallata altoatesina in cui è rimasta più radicata l’organizzazione familiare del maso chiuso, per cui l’intera proprietà (casa, beni e terreni) viene ereditata esclusivamente dal primogenito.

La Val Senales, con i ritmi scanditi dalle attività contadine, sembra davvero far parte di un altro mondo e di altro tempo; persino la morte fa meno paura, aggirandosi tra le tombe dei piccoli cimiteri, con le croci decorate di ingenui soggetti pittorici e sempre immerse nei fiori. Anche il turismo non è invadente, con gli alberghi ben integrati nel contesto locale. Dopo avere superato il lago di Vernago, gli ultimi 7 km. portano a Maso Corto, o Corteraso, ancora definito nel 1976 dalla Guida Rossa del Touring Club “…pittoresco soggiorno alpestre, centro di sport invernali in fervido sviluppo…”; evidentemente lo “sviluppo” prese un po’ la mano ad amministratori, operatori e architetti, visto che le brutte colate di cemento che accolgono il turista sembrano voler smentire quanto di buono ho finora detto sulla Val Senales. Meglio quindi allontanarsi alla svelta e immergersi nelle splendide escursioni sulle stupende montagne sovrastanti, magari approfittando degli impianti che portano ai 2842 del Rifugio Bellavista.

Ridiscesi sulla statale della Val Venosta, all’altezza del paesetto di Stava si stacca sulla destra una stretta deviazione a tornanti sulla quale c’è da augurarsi di non incontare un’auto in senso opposto; ma ne vale la pena, in quanto al suo termine si eleva sulla sommità di uno sperone roccioso il suggestivo Castel Juval, qualche anno fa acquistato, restaurato ed eletto a propria abitazione da Reinhold Messner. Nei prati all’intorno capita con facilità di imbattersi nelle greggi di capre tibetane e buoi muschiati importati dalle vallate himalaiane e inseriti con successo nell’ambiente dal grande alpinista.
Superate in successione Ciardes, Castelbello e Laces, si giunge all’altezza di un’altra diramata, questa volta a sinistra: si tratta della strada che percorre la Val Martello fino a portare in 26 km. ai 2088 metri del Paradiso del Cevedale, punto di partenza di escursioni impegnative del gruppo Ortles – Gran Zebrù – Cevedale. Anche dal fondovalle si apprezza lo spettacolo grandioso delle loro cime sempre innevate.
Silandro è il centro principale della media valle, ai piedi dell’immancabile castello, e merita una passeggiata lungo le sue strade, sulle quali prospettano antiche case con porticati, bei cortili e facciate sormontate da merlature. Dopo Lasa, nota per le cave e la lavorazione di un pregevole marmo, e Spondigna, centro piuttosto anonimo che ha però importanza in quanto “porta” per il Passo dello Stelvio, un’ampia curva propone all’improvviso una veduta magnifica verso alcune delle mete successive della nostra escursione: la cinta murata di Glorenza, l’Abbazia di Monte Maria, l’abitato di Malles e il Castel Coira.
Proprio Castel Coira, a dominio dell’abitato di Sluderno, è una delle attrattive principali della Val Venosta e prolunghiamo con piacere la sua visita: un ampio cortile interno è il cuore del complesso, sul quale si affacciano i diversi corpi di fabbrica che, risalendo il castello al XIII secolo, mostrano su tre livelli un’alternanza di stili, dal romanico al gotico al rinascimentale. Particolarmente splendido il loggiato che percorre tutto il perimetro del primo piano, con i muri riccamente affrescati; imperdibile anche l’armeria, considerata una delle più importanti collezioni del Tirolo.

Da Sluderno si dirama la statale n. 41, che risale la Val Monastero fino a valicare il confine con la Svizzera dopo una decina di km., di cui percorriamo solo i primi tre fino a Glorenza, una delle località più singolari dell’Alto Adige; si tratta infatti di un esempio unico di borgo murato rimasto inalterato dal 1555, anno in cui fu completata la cerchia delle mura, scandite da quattro torri agli angoli e aperta su tre porte, anch’esse sormontate da torri massicce. Un lodevole restauro nel corso degli anni Sessanta ha ancora più valorizzato l’integrità del tessuto urbano, tant’è vero che non si vede traccia di cavi, tubature, antenne televisive che sono stati interrati; ciò in ossequio a un piano, sul quale si sono impegnati enti pubblici e residenti, meritevole di essere preso ad esempio, per conservare vivibili al meglio le abitazioni e gli spazi comuni. Sì a turismo e progresso in misura sostenibile – è la filosofia che ha improntato questa scelta – ma soprattutto mantenimento dei valori della tradizione; il risultato è il piacere del visitatore di godere le stradine silenziose, gli scorci della stupenda Via dei Portici, le insegne in ferro battuto che sporgono dai muri imbiancati, il passaggio indisturbato sulla strada di mandrie e greggi in un quadro fuori dal tempo.

Superata la quota di 1000 metri, la valle si allarga ancora di più all’altezza di Malles, che ne è il centro più importante; la caratteristica che per prima colpisce il visitatore è la quantità di torri e campanili, testimonianze di un ruolo di spicco nella storia fin dall’epoca romana e poi in quella medioevale. Sulle stradine del paese si affacciano parecchie dimore antiche, alcune individuate dai nomi di famiglia quali Malsegg, Stamser, Lichtenegg, che presentano le facciate sormonate da merli e abbellite da stemmi e finestre sporgenti o ad arco. Poco fuori dal centro raccomando la visita della chiesetta di San Benedetto del sec. IX, per la cui apertura bisogna rivolgersi al custode nella casa adiacente; è richiesto un piccolo obolo, ma all’interno si può ammirare un ciclo di affreschi ben conservati che costituiscono il più antico ciclo di pitture carolinge d’Europa (e quindi del mondo).

Tre km. oltre Malles si giunge a Burgusio, paesino piacevole per le case tradizionali molto ben conservate, alcune edificate curiosamente su più livelli sfalsati e di conseguenza con una evidente asimmetria di facciate e finestre. Una stradina a tornanti di un km. e mezzo sale dall’abitato fino all’Abbazia di Monte Maria, che già offre lo splendido colpo d’occhio dell’imponente mole bianca nel folto del bosco: ubicata all’altezza di 1333 metri, è il luogo di culto benedettino più alto d’Europa. Dal vasto cortile interno si diramano tutte le parti del complesso, monastero, chiostri, giardini e la chiesa, trecentesca ma pesantemente rimaneggiata, di Nostra Signora; dall’interno si scende nella cripta, dove un frate illustra l’opera d’arte più importante dell’Abbazia, un ciclo di affreschi splendidamente mantenuti risalente al XII secolo.

Lasciata Burgusio, siamo ormai in vista del Lago di Resia, la cui acque azzurre non fanno pensare che si tratti di un bacino artificiale. Superata San Valentino alla Muta, località che gode di una splendida posizione tra folti boschi di conifere in vista del lago e delle cime innevate dell’Ortles, facciamo la sosta d’obbligo, che è anche l’ultima di questo nostro itinerario che ci ha rivelato le bellezze di questa valle appartata, all’altezza di Curon. Il paese che ora vediamo, sulle rive del Lago di Resia, è quello ricostruito nel 1950 dopo che il riempimento dell’invaso sommerse quello originale; a testimonianza, il trecentesco campanile della vecchia Curon, continuamente monitorato e di tanto in tanto sottoposto a opere di consolidamento, emerge dalle acque offrendo uno spettacolo davvero unico.
Una delle più classiche “cartoline” della Val Venosta!

2 commenti in “Val Venosta: da Merano al Passo Resia
  1. Avatar commento
    Leandro
    29/06/2006 16:34

    Ti ho risposto in mail.

  2. Avatar commento
    Pippo
    29/06/2006 15:21

    Questo viaggio e le foto mi hanno confermato nella mia scelta.Vorrei farlo a scendere,partendo da Passo Resia.Gli impegni mi vincolano ad una partenza ravvicinata il 4 luglio. Mi ero rivolto a Girolibero e non hanno disponibilità. Potreste aiutarmi a trovare altri touroperator che organizzano in zona a cui rivolgermi? Grazie

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