Appunti su L'Avana

Un viaggio con occhi attenti tra le contraddizioni della “Isla Grande”

Dicembre 2003

La quantità di gente che staziona per le strade, giorni festivi o feriali, è stupefacente. Stanno fuori dalla porta di casa, chiacchierano, ballano, passano il tempo, giocano.
La domanda spontanea è: "Ma questi quando lavorano?". La spiegazione è in parte politica, in parte culturale; anzi sarebbe interessante determinare se l'attitudine culturale ha influenzato il processo politico, o se invece è il contrario: probabilmente sono vere entrambe le versioni. Il necessario (casa, cibo, assistenza sanitaria) lo paga lo Stato; con un lavoro "normale" si viene pagati l'equivalente di circa dieci dollari al mese, in pesos. Tutto il resto, non solo il superfluo, ma anche qualche piatto che non sia il solito, un televisore, un mezzo di trasporto, si paga in dollari. L'unico modo di guadagnarli è illegale.
Ho conosciuto un tizio che parlava un buon inglese e quindi "aiutava a vendere" un amico che aveva una bancarella di prodotti d'artigianato. Con la sua percentuale tirava su circa cinque dollari al giorno.
Mezzi per guadagnare ce ne sono tanti; il più usuale è vendere sigari fatti in casa: costano un decimo dei famosi Cohiba e valgono un decimo di quelli d'imitazione. Ma ci sono molti altri modi, dal rubare l'orologio ai turisti all'affittare la moglie o la fidanzata. In effetti è interessante notare come uno dei punti cardine del programma castrista fosse ripulire la nazione dal degrado in cui era stata ridotta sotto il regime di Batista: l'Avana soprattutto era diventata un puttanaio in cui i turisti venivano per bere e giocare. Oggi tutto è cambiato e Cuba è diventata - insieme alla Thailandia - il principale ricettacolo del turismo sessuale internazionale.

Camminando per la strada si coglie la visione di qualche appartamento a piano terra, attraverso l'inferriata di protezione che spesso rimpiazza la porta (tanto fa caldo e la porta non serve). Ricorda in maniera impressionante l'abitazione di Ibrahim Ferrer nel film di Wenders: un paio di poltrone, un altarino, il televisore, talvolta una sedia a dondolo, spesso una sfilza di vestiti per bambole stile Jugoslavia anni '50, qualche foto a mo' di quadro.
La situazione degli alloggi è davvero strana, sembra che la rivoluzione abbia avuto luogo due mesi fa e che l'espropriazione degli alloggi sia appena avvenuta. Così la gente si è installata in edifici bellissimi e li utilizza in maniera incongrua, approssimativa; talvolta affollandosi in appartamenti molto grandi, parzialmente diroccati, pericolanti e puntellati, non pronti a cadere a pezzi da un momento all'altro perché già in avanzato stato di distruzione. Macerie occupano parti di strada.
Il processo di restauro, giustamente finanziato dai paesi europei attraverso l'UNESCO, sta faticosamente andando avanti ma è destinato a fallire, vuoi perché il lavoro procede in maniera lentissima, vuoi perché le case da ristrutturare sono letteralmente migliaia; ma anche perché il modus operandi è tale che l'edificio ancora in restauro è già fatiscente. Ed è una vergogna, perchè la qualità e la varietà di stili lascia attoniti, ci costringe a camminare con il naso per aria ed immaginare quello che la città era ai tempi del dominio spagnolo oppure potrebbe essere se mondata dall'incuria di un sistema o di una cultura.
Parliamo di un intero quartiere, un chilometro quadrato, unico al mondo per qualità stilistica, perché ci sono pochi posti in cui l'impianto architettonico antico non sia stato rimpiazzato dal nuovo. Qualcosa di incredibile, pronto davanti ai nostri occhi, destinato a scomparire a dispetto di tutti gli sforzi. In realtà alcuni palazzi nobiliari sono stati trasformati in alberghi con risultati eccellenti, perché la struttura stessa dell'albergo permette il recupero funzionale dello schema costruttivo preesistente, cosa che una riconversione in abitazioni civili renderebbe problematica.
E' la compresenza, o il contrasto, tra la bellezza architettonica e lo stato di avanzato degrado, a costituire l'elemento di estremo fascino che si prova visitando questa Pompei del Settecento.

Le autovetture meritano un capitolo a sè. La mancanza di soldi è solo uno degli elementi che determinano una situazione per certi versi simile a quella degli alloggi. Le marche ed i modelli che si vedono circolare contribuiscono a formare un parco davvero unico per varietà e vetustà. Troviamo Renault Dauphine, Moskovitch, Fiat 126, Opel Rekord, Peugeot 303, Alfa Romeo 1750, e quello che è incredibile è che non si tratta di esemplari statici, ma che continuano a funzionare dopo chissà quante migliaia di chilometri. Se a questo aggiungiamo l'annosa carenza di pezzi di ricambio, l'incapacità dei cubani di far fronte a questa mancanza con capacità e creatività, e una scarsa padronanza della meccanica, otteniamo degli esemplari che spesso funzionano in mezzo a rumori lancinanti, che farebbero rabbrividire un meccanico di casa nostra.
Bisogna però notare anche che, dato che la maggior parte delle macchine - nonostante questa grande varietà - sono americane e quindi presentano una qualità media quanto mai scadente, il risultato finale è che una consistente percentuale di queste auto sono ferme per strada, spesso sui cavalletti. Talvolta con il baule aperto, in cui si intravede un'officina portatile. Sono automobili variegate, in cui i differenti e successivi strati di pittura non si lasciano ridurre al silenzio e discutono anzi energicamente così da creare una superficie nodosa e multicolore; rappezzate in maniere fantasiose - questo sì - e tuttavia senza tralasciare ampie tracce di ruggine ed occasionali buchi da corrosione. Rilasciano esalazioni cadaveriche destinate ad ammorbare i nostri polmoni, tali da trasformare la strada in un'architrave di inquinamento.
Chiedere poi a queste carriole di avere degli equipaggiamenti a norma sarebbe eccessivo, quindi spesso sono prive di serrature (forse sono state rubate al volo); quando piove non bisogna aspettarsi che i tergicristalli funzionino, il che rende la guida più densa di suspence. Montano talvolta gomme "slick", la regolazione della carburazione è approssimativa, sovente non tutte le luci sono presenti. Ma a fronte di tante manchevolezze tecniche, la buona volontà ed il desiderio di avere una vera macchina sotto le chiappe, danno ali all'inventiva; allora arrivano mascherine non originali ma ben condite, vetri oscurati, impianti stereo sparati, bicchierini di plastica al posto delle luci di posizione, specchietti cinematografici. Della serie: o così o a piedi.

Le persone che cercano di accalappiare il visitatore per la strada sono poco assillanti e piuttosto prevedibili. Cercano di attirare l'attenzione con proposte che ci possono apparire stravaganti o intempestive: innanzi tutto passaggi in taxi e donne, ma anche stanze in affitto e ristoranti privati, i celebri paladares. Non sono però troppo insistenti, niente di paragonabile a ciò che avviene a Istanbul o a Marrakesh; paiono anzi gentili e premurosi. Inoltre si stancano presto, per cui è sufficiente far finta di non sentire, o annuire con aria ebete, e lasciare che la domanda classica "Da dove vieni ? uèriufròm" cada nel vuoto.
Alcuni usano una tecnica più raffinata e chiedono l'ora; poi - una volta appurata la nazionalità di provenienza e quindi la lingua da usare – partono con le immancabili offerte. Per loro è questione di sopravvivenza.
C'è un motivo per il quale il livello di fastidio viene tenuto basso: la polizia considera il turista intoccabile, mentre il locale è un pirla da vessare, a cui estorcere i soldi che questo ha ricavato dai turisti. La polizia ci tiene inoltre a diffondere la nozione di una nazione in cui la criminalità non può esistere. Alla fine il visitatore prova quasi una sensazione di impunità e di onnipotenza: qualsiasi cosa faccia, gli è sufficiente un richiamo per far accorrere la polizia e far arrestare il locale. Che poi non abbia fatto nulla di male è un dettaglio.

La lingua, per noi italiani, non risulta particolarmente complicata. Se si ricordano che stanno parlando con uno straniero, il livello di comunicazione è buono e non ci sono problemi nel capirsi e nel farsi capire. Però quando dimenticano che non sei cubano cambiano registro: cominciano con l'elidere le esse, le vi, le bi, le ti e quant'altro, fino a ridurre il linguaggio ad una sequela incomprensibile di vocali, più simile all'eschimese che ad una lingua romanza. Non basta: partono ad una velocità impressionante, per cui quando ti accorgi che hanno iniziato la frase, hanno già chiuso la bocca.

Ci sono diverse altre cose che si fanno notare all'Avana. Una notevole e diffusa puzza, molto vicina a quella dei pozzi neri. La quasi totale assenza di gatti è bilanciata da una stupefacente abbondanza di cani la cui presenza diventa meno anonima e trascurabile nelle manifestazioni eiettive, ubique ed abbondanti sui marciapiedi della città. Il centro della città vecchia è molto piccolo; questo significa da una parte che si può girarla in pochi minuti a piedi, dall'altra che la probabilità di incontrare o re-incontrare qualcuno che si conosce è elevata.

Un commento in “Appunti su L’Avana
  1. Avatar commento
    kristo69
    28/10/2004 13:50

    Visto che il 13/11 vado a Cuba vorrei sapere se è meglio cambiare dollari in Italia o no

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