Tanzania, dentro il documentario

La natura africana nei suoi aspetti più strabilianti

E’ difficile raccontare l’intensità delle emozioni provate ed è ancora più difficile descrivere, con le sole parole, le bellezze della Tanzania; faccio comunque un tentativo e racconto, per chi avrà voglia o curiosità di leggerla, la nostra esperienza.
Da non perdere
14-2-2005
Per me e Alessandro (detto Sandro) la sveglia suona prestissimo, sono le 3,00, ma la levataccia non ci pesa, aspettavamo questo momento da tanto, finalmente ci siamo, dobbiamo correre a Malpensa e prendere il volo per Amsterdam, breve sosta allo Schiphol Airport e poi il volo per la Tanzania, alle 21 passate da poco atterriamo al KILIMANJARO AIRPORT.
Subito il caldo tepore africano ci accoglie, siamo stanchi, ma la felicità per il nostro ennesimo ritorno a “casa” (è questa la sensazione che proviamo ogni volta che torniamo in Africa) è immensa.
In meno di 10 minuti raggiungiamo un lodge che si trova a solo 1,5 km dall'aeroporto e a nanna subito.

15-2-2005
Ci svegliamo presto, siamo frementi, siamo in Africa, il nostro entusiasmo è incontenibile, facciamo colazione, subito dopo incontriamo Hassan, sarà nostra guida/autista per tutto il periodo e sarà per noi un grande amico e fratello; abbiamo condiviso tante grandissime emozioni, l'amore per l'Africa e gli animali ci ha molto unito, non ci siamo mai sentiti clienti-guida, ma tre instancabili amici, insieme abbiamo riso, ma anche pianto dalla gioia e dall'emozione procurataci da diversi spettacoli della natura.
Prima tappa ARUSHA, per sbrigare alcune formalità come la conferma dei voli di rientro ed il ritiro di alcuni documenti di viaggio.
Raggiungiamo in seguito il PARCO TARANGIRE dove arriviamo prima di pranzo, comincia l'avventura e la serie infinita di meraviglie.
Il campo tendato dove alloggiamo è affacciato sul fiume TARANGIRE; la valle sottostante, attraversata dal fiume che dà nome al parco è uno spettacolo, dappertutto ci sono elefanti, mai visti così tanti, se non sono un migliaio ci manca davvero poco, sentiamo in ogni momento del giorno e della notte i loro barriti, è meraviglioso!
Facciamo un lungo e soddisfacente safari pomeridiano in un ambiente costituito da savana punteggiata da enormi e bellissimi baobab e attraversato da diversi corsi d’acqua fiancheggiati da palmeti.
il primo giorno è volato e siamo felicissimi per tutto ciò che abbiamo visto.

16-2-2005
Usciti dal "parco degli elefanti" ci dirigiamo verso il LAGO EYASI; per arrivare a destinazione la strada supera il PARCO MANYARA, saliamo sulla dorsale (escarpment) della RIFT VALLEY dopodiché si attraversano paesaggi bellissimi, la terra è rossa, i campi coltivati, i colori incredibili.
Lasciato l'asfalto, prendiamo una lunga pista sterrata e accidentata, rossa, incredibilmente rossa, viaggiamo a velocità molto moderata e questo ci consente di stare, per tutto il tempo, con il busto fuori dal tetto della jeep ad ammirare la tavolozza di colori che scorre sotto i nostri occhi, a salutare le persone che si incontrano, i bambini festosi e a godere del caldo africano. Una sensazione magnifica.
Arrivati ad un villaggio cerchiamo una guida locale che ci accompagni a far visita ad un piccolo gruppo di Hazdapi, percorriamo a piedi un sentiero ed arriviamo nei pressi di un fiume asciutto.
Gli Hazdapi sono considerati gli ultimi bushmen, non ci sono più di 1500 individui in totale, vivono in modo primitivo, dormono in capanne costruite con i soli rami degli alberi o in cavità naturali del terreno, cacciano ancora con arco e frecce.
Dopo aver incontrato un piccolo gruppo di bushmen andiamo a far visita ad un’altra tribù: i Datoga.
Facciamo una bella chiacchierata (per essere precisi è Hassan che conversa e traduce) con tre delle quattro mogli di un uomo Datoga.
L’uomo (che non vediamo perché è al pascolo con il bestiame) ha una cinquantina d’anni e quattro mogli (è ricco, la ricchezza si misura dal numero di buoi e capre posseduti e dal numero delle mogli): l’ultima è una ragazza giovanissima e bellissima. In totale le quattro mogli hanno una quindicina di figli.
Siamo rimasti favorevolmente impressionati dalla cordialità e dalla semplicità di quelle tre donne, ci hanno fatto “accomodare” all’interno della capanna e si è parlato del menage famigliare, dei figli, del marito che condividono, etc. Ci ha molto scioccato l’ultima moglie, non più di 17 / 18 anni, forse anche meno, già due figli.
La cosa che turba maggiormente (secondo la nostra cultura ed il nostro modo di vivere) è che l’uomo decide chi e quando prendere moglie, si accorda con il padre della prescelta (come in India, dopo la prima mestruazione, la donna è matura e quindi pronta per essere maritata), paga il prezzo convenuto in buoi e barili di miele (utilizzato per produrre una bevanda somigliante alla birra), il tutto ad insaputa della giovane, che non ha scelta: una volta fatto l’accordo tra uomini, che lo voglia o no è costretta ad accettare il matrimonio.
Le quattro mogli vivono in coppie di due, con i rispettivi figli, in due capanne distinte. Ne abbiamo incontrate tre, le due titolari della capanna dove siamo “accomodati” ed una terza in visita amichevole.
Penso che abbiano un modo di concepire il matrimonio ed il rapporto con un uomo in modo assolutamente diverso dal nostro. Ci chiediamo se e come possano amare o essere gelose di un marito che in pratica le ha comprate, che durante il giorno non vedono mai, perché sta sempre con il bestiame (più importante delle mogli), che beve birra dall’alba al tramonto e che torna da una delle quattro mogli giusto per avere un tetto ed un letto dove passare la notte.
La gestione e la costruzione delle capanne è di esclusiva competenza delle donne, così come tutto il resto, quindi immaginiamo che la famiglia sia costituita dalle donne e dai bambini; l’aria che si respira durante la nostra visita è senz’altro serena, le donne sorridono e ridono molto, i bambini sono gioiosi.
Forse il marito è un “lavoro” come un altro, non peggio che andare a prendere l’acqua, accendere il fuoco e i mille altri compiti dei quali le donne si devono occupare.
In certe zone dell’Africa purtroppo non è cambiato nulla da secoli. Io dico purtroppo, però chi l’ha detto che sia peggio? Dal nostro punto di vista è sconvolgente, ma loro non conoscono altro modo di vivere, fa parte della loro cultura e delle loro antiche tradizioni. Sta di fatto che bimbi e adulti, nonostante tutto, sono più sorridenti di noi.
Lasciate le diverse etnie viventi nella zona del Lago, ci fermiamo in un campeggio e pranziamo al sacco, ma che ci importa di mangiare? E’ tutto così bello ed interessante che non vorremmo mai fermarci: ripercorriamo la pista fatta al mattino e ci avviciniamo alla Ngorongoro Conservation Area, dormiamo in un piccolo lodge all'esterno dell'area, piccolo e molto bello, ci sentiamo un po' in colpa nel vedere la stanza che ci è stata assegnata e la vasca ottagonale che c'è in bagno soprattutto dopo aver visto come vivono i bushmen.

17-2-2005
Dopo una bella dormita ed un’ottima colazione, lasciamo il lodge, percorriamo una trentina di km ed entriamo nella NGORONGORO CONSERVATION AREA; ammiriamo il cratere da diversi punti panoramici, attraversiamo bellissimi villaggi Masai e pascoli, i colori sono incredibili, abituati nella provincia di Milano alle varie sfumature di grigio, vedere quei colori ci riempie gli occhi e l'animo di tanto benessere e buonumore.
Il cratere dall'alto si presenta come un acquarello, è bellissimo, ma siamo dubbiosi sul fatto di vedere tanti animali (questo è ciò che promettono tutte le guide stampate).
Percorriamo la strada un po' accidentata che con diversi tornanti conduce all’interno del cratere che da subito si rivela un susseguirsi di sorprese. Incontriamo dapprima un discreto numero di leonesse appostate per un agguato ai danni di un gruppo di zebre, poi iene, zebre, gnu, tre stupendi leoni maschi adulti con una criniera quanto mai “regale”, quattro ghepardi che, tanto sono sincronizzati i loro movimenti, sembrano impegnati in un balletto, incrociamo un rinoceronte nero, poco più lontano ne vediamo un altro con un paio di cuccioli e poi ancora bufali, fenicotteri, uccelli di varie specie, bianchissime egrette, ippopotami e anche due elefanti maschi (le femmine non scendono mai sul fondo del cratere, non c'è cibo abbastanza "buono" per il loro palato evidentemente più raffinato di quello maschile): siamo incantati e battezziamo il cratere il "giardino delle meraviglie";
Sembriamo bambini persi nel paese dei balocchi, ogni volta che ci si sposta con la jeep, anche di pochi metri, cambia lo scenario, cambiano gli "attori", è un susseguirsi ininterrotto di scene straordinarie (eppure non è la prima volta che partecipiamo ad un safari).
Dopo aver esplorato il giardino delle meraviglie, nel pomeriggio a malincuore lasciamo l'Eden e prendiamo la pista che conduce alla NDUTU AREA, una pista immaginaria che attraversa la savana piatta e a perdita d'occhio (anticamera del Serengeti); facciamo un sosta alla OLDUVAI GORGE, dove sono state fatte importanti scoperte, ma non ci importa un granché del piccolo museo che racconta la storia dei ritrovamenti di ominidi, siamo invece affascinati dal panorama che si apre, a perdita d'occhio, davanti a noi.
Proseguiamo lungo la pista e la savana ci regala lo spettacolo di migliaia e migliaia di gazzelle: per parecchi km e fino alla Ndutu Area vedremo solo gazzelle, esili e perfette figurine che appena sentono il rumore della jeep si allontano dalla pista con un fare così aggraziato da rimanerne incantati, lungo il percorso incontriamo anche numerosi struzzi.
Siamo testimoni di una scena straziante, sappiamo che in natura c'è chi è preda e chi è cacciatore, siamo consapevoli che si tratta di un ciclo assolutamente naturale, ma proprio non riusciamo ad apprezzare una terribile iena con un piccolo di gazzella tra le fauci e la madre del cucciolo che, disperata, urla e piange straziata.
Arriviamo al Ndutu lodge, pochi bungalow, carini, ceniamo in compagnia di una genetta (animale simbolo del lodge) che scorrazza e si arrampica un po’ ovunque; soddisfatti per quest’ultima “new entry” (prima d’ora non avevamo mai visto la genetta) ci abbandoniamo tra le braccia di Morfeo.

18-2-2005
Il nuovo giorno comincia all’alba con un primo safari.
La zona di Ndutu è molto bella, ci sono due laghi, uno salato ed uno d'acqua dolce, il bello di quest'area è che in pratica non esistono piste, quindi si può andare ovunque, si avvistano gli animali e ci si può avvicinare.
Vediamo subito leonesse e giovani leoni, elefanti e per la prima volta ippopotami fuori dall'acqua, compreso un cucciolo, pur sapendo che sono animali pericolosi non si può resistere alla tenerezza di un cucciolo d’ippopotamo.
Sotto un'acacia troviamo il corpo senza vita di una zebra, la leonessa "assassina" è poco lontana intenta a richiamare i "parenti" per dar via al banchetto, ma forse ci siamo avvicinati troppo ed i leoni stanno tutti lì attorno senza però avvicinarsi alla “pappa”, ci rendiamo conto del disturbo arrecato e ce ne andiamo.
Hassan ci spiega che durante la caccia le leonesse spendono parecchie energie, puntano, attaccano e abbattono la preda, la portano al sicuro e prima di iniziare il pasto fanno un sonnellino per recuperare le forze (due sere dopo a Lobo - nel Serengeti settentrionale vedremo un bellissimo documentario, che rappresenta proprio ciò che Hassan racconta: l’appostamento, la caccia, il trasporto della preda in un luogo sicuro, il sonnellino ed infine il banchetto).
Il secondo safari (dopo aver fatto colazione) sarà meno redditizio, dovrebbero esserci migliaia di erbivori, ma non c'è traccia di loro (capiremo il giorno successivo il motivo di questa assenza).
I carnivori sono "disoccupati", sonnecchiano all'ombra, quando il sole è alto comincia a fare molto caldo, per il resto della mattinata incontriamo solo giraffe ed elefanti.
Hassan spiega che non piove da qualche tempo e che sicuramente zebre e gnu si sono spostati nella parte centrale del Serengeti in questo momento più ricca d'acqua.
Mah! - pensiamo - staremo a vedere!
Dopo pranzo lasciamo la Ndutu area, siamo appena saliti in macchina… e tu chi sei?
Jambo Bwana sono Mr. Elefante. spero di rivedervi presto e vi auguro Buon Viaggio! (sembrava volesse dire proprio questo).
Asante Sana! Mr. Elefante, siamo commossi, non ci scorderemo di te e dei tuoi luoghi e SI speriamo di tornare. Jambo!
Riprendiamo la pista che attraversa la savana, vediamo ancora migliaia e migliaia di gazzelle, arriviamo alla "porta di ingresso" del Serengeti (un incredibile kopje che si eleva in mezzo al nulla, piatto che più piatto di così…).
Quattro giraffe ci danno il benvenuto: Jambo Alessandro, Jambo Daniela!
Hassan aveva ragione (e quando mai Hassan non ha ragione?): si vedono subito tantissimi gnu ed altrettante zebre (niente in confronto a quello che vedremo il giorno seguente).
Accidenti quanta strada hanno fatto dalla Ndutu area fino a qui, l'acqua da bere è proprio necessaria per aver fatto tutta quella fatica.
Gironzoliamo nei dintorni dei SIMBA KOPJES fino all'ora del tramonto, bucando anche una gomma, ma che bello! un po' di “brivido” rende tutto ancora più avventuroso.
Mentre gli uomini cambiano la gomma, io mi sposto a piedi nei dintorni speranzosa e timorosa nello stesso tempo di fare incontri, ma non vedo nessun animale, così la mia incursione nella savana si conclude solamente con qualche fastidiosissima puntura di tafano.
Proseguendo vediamo diversi leoni lontani appollaiati sui kopjes, che roba vedere con i miei occhi quello che tante volte ho letto sui libri, è davvero fantastico!
Anche questa giornata si è conclusa con la massima soddisfazione e ancora non immaginiamo quello che ci aspetta domani

19-2-2005
(chi se lo scorda più?)
Questa per noi è sicuramente una data memorabile, non potremo mai scordare ciò che abbiamo visto durante l’intera e intensa giornata.
Appena lasciato il lodge attraversiamo un fiumiciattolo e vediamo molte zebre, che dico molte? sono moltissime! Incrociamo poi alcuni ippopotami, un lago salato e moltissime altre zebre.
Ed eccoci in un'ampia spianata dove scorre un fiume, ci troviamo improvvisamente immersi nel più spettacolare documentario che ci sia mai capitato di vedere, centinaia di migliaia di gnu e zebre, dovunque guardiamo ci sono animali, è uno spettacolo indescrivibile, i versi di quella moltitudine di animali ci riempiono la testa, il cuore, stiamo per ore immersi in quello spettacolo, ma la processione non finisce mai e quando ci spostiamo per km e km incontreremo ancora gnu e zebre che stanno andando tutte in quel punto: al fiume!
E’ uno spettacolo straordinario che non posso descrivere, gli odori, i rumori. Sandro, Hassan ed io in perfetto silenzio ed in totale contemplazione, ogni tanto i nostri sguardi si incrociano e ci tocchiamo il cuore con una mano, ad un certo punto tanto è forte l’emozione ho gli occhi lucidi.
Hassan (che è decisamente più abituato - rispetto a noi - alla natura africana) ogni tanto ripete: “many, many animals, this is a very big migration, we are very lucky!”. È durante questo spettacolo che abbiamo sentito il nostro legame farsi intenso, da lì in poi non siamo più "gruppo Alessandro" e la guida, bensì tre amici, tre fratelli.
C’è un gran rumore, polvere, tutti quegli animali in movimento, davvero uno spettacolo che a parole è difficile raccontare.
E’ passata da molto l'ora di pranzo, dobbiamo andare, pranziamo nella zona di Moru Kopjes, appollaiati sopra un enorme masso fingiamo di mangiare il contenuto della ormai tradizionale "scatola" pic-nic, in realtà siamo frastornati dallo spettacolo che abbiamo appena visto e non facciamo altro che commentare la cosa.
Secondo Hassan potevano essere 200 o 300 o forse anche 400 mila tra gnu e zebre, uno spettacolo che mai potremo scordare.
Ma la giornata non è ancora finita, ci sono altre sorprese!
Dopo “pranzo” ci spostiamo in zona SERONERA; Hassan si ferma improvvisamente ed osserva con molta attenzione quattro giraffe, la sosta è lunga, a noi sembra quasi esagerata, ma Hassan ci fa notare che le giraffe sono guardinghe e stanno puntando lo sguardo tutte verso un unico punto, ci spiega che probabilmente nell'erba alta della savana potrebbe esserci un leone o un ghepardo o un leopardo.
Sandro ed io rizziamo le antenne di colpo, nello stesso tempo pensiamo che quel punto è però molto lontano dalla pista dove siamo costretti a stare (è assolutamente vietato uscire dalle piste): sarebbe un peccato se ci fosse un leopardo, più che vederlo, forse riusciremmo solo ad immaginarlo.
Hassan con gran determinazione e con molta circospezione decide di infrangere le regole, con un colpo di acceleratore si dirige in mezzo alla savana, ci avviciniamo alle giraffe - che sono sempre in allarme - dopo poco vediamo un'ombra nell'erba alta, seguiamo quell'ombra e vediamo per un attimo lo stupendo mantello del leopardo, lo seguiamo, è un animale splendido per la sua grinta selvaggia e per la sua abilità nel nascondersi, a volte lo vediamo per brevi istanti a volte lo perdiamo e a volte ne vediamo solo l'ombra più scura tra l'erba gialla, poi ad un certo punto siamo vicinissimi: sappiamo che è lì, ma non lo vediamo, ci fermiamo, siamo in assoluto silenzio con tutti i sensi in allerta, passano dei lunghissimi secondi ed eccolo felino ed aggressivo più che mai che compare davanti a noi, con la zampa destra sollevata, emette un poderoso ruggito e sembra voglia attaccarci, siamo estasiati e anche un po' spaventati, ci spiazza tanta aggressività e non riusciamo a fotografarlo, dopo il tentativo di spaventarci prende a muoversi in direzione opposta alla nostra, io ho rinunciato alle foto e lo seguo con lo sguardo per non perderlo, Sandro scatta un paio di foto, ma il risultato sarà alquanto deludente, lo seguiamo e riusciamo a vederlo e intravederlo ancora per un po', minaccia ancora una volta di aggredirci e poi scompare di nuovo nel nulla, ci appostiamo ancora dove pensiamo si sia fermato, ma invano, l'astuto felino è riuscito a seminarci.
E' stata una visione veramente emozionante, perché abbiamo potuto realizzare quanto sia selvatico il leopardo e quanto sia feroce, nella mente ho ben impresso il suo meraviglioso mantello, il suo terrificante ruggito e la sua figura in atto di aggredire con la zampa sollevata verso di noi, purtroppo non sono riuscita a “catturarlo” con la macchina fotografica.
Il leopardo non è un "modello" come gli imperturbabili leoni, che puoi fotografare e strafotografare con la massima facilità, il leopardo è un felino nel vero senso della parola, difficile da vedere e ancor più difficile da fotografare; ci spiace di non averlo immortalato, ma quel che conta è averlo visto in tutta la sua bellezza e aggressività, grazie soprattutto all'abilità ed alla trasgressività di Hassan, che prima ne ha intuito la presenza e poi ha osato uscire dalla pista, rischiando, forse, una sanzione pur di regalarci questa grande emozione.
Una volta rientrati sulla pista, Hassan ha ripulito per bene il davanti della jeep dalle erbe strappate durante l'incursione nella savana, i ranger all'interno del parco sono severissimi, e naturalmente ci ha raccomandato di non farne parola con nessuno, patto che con grande senso di fratellanza abbiamo tassativamente rispettato.
In un'altra occasione Hassan ha trasgredito la regola di non uscire dalle piste, regalandoci un'altra fantastica visione, ma racconterò l'episodio più avanti.
Spesso ho manifestato ad Hassan le mie emozioni per quello che stavo vedendo ed ho chiesto se per lui (lavora come guida da 6 anni) era un'abitudine vedere gli animali o certe scene, ebbene no, non ci si abitua, ogni volta anche per lui è una nuova emozione, mi ha spiegato che quando capita (perché a volte capita) di non vedere animali, la sera si sente stanco e depresso, mentre se la giornata è stata ricca di avvistamenti è soddisfatto e, nonostante le ore di guida, il caldo e la fatica, si sente felice. Felice esattamente come noi.
Dopo la giornata ricchissima di avvistamenti e di emozioni, ci riteniamo soddisfatti, non osiamo sperare in altre "fortune" e ci godiamo i panorami per il resto del pomeriggio, ma verso l'ora del tramonto incontriamo un branco di elefanti, sembrano pochi (nel Tarangire erano così numerosi che era impossibile contarli) e ci diciamo: “forse questa volta riusciamo a contarli”; beh ne abbiamo contati 49 e sicuramente qualcuno ci è sfuggito
Non potevamo concludere meglio la giornata! Non vedo l'ora di scrivere tutti gli "avvistamenti" sulla mia inseparabile Smemo.
Ci dirigiamo verso il Seronera Wildlife Lodge, la nostra stanza è al piano terra, ha una vetrata e fuori simpatiche scimmiette con gli ”attributi” azzurri ci tengono compagnia, per non perderci i rumori della natura dormiamo con le tende e le finestre aperte (a nostra protezione ci sono le zanzariere).
Tutti dicono che nella zona di Seronera c'è la più alta concentrazione di felini, siamo stati fortunati lo ammetto, fino ad ora abbiamo visto felini dappertutto e confermo: a Seronera è impossibile non vedere felini ed è impossibile non vederne molti.

20-2-2005
Sveglia all'alba, si parte per un nuovo safari.
Vediamo subito diversi ippopotami fuori dall'acqua e leoni (a quest’ora sono attivi, hanno fame, sono in cerca di cibo), poi Hassan ci regala un'altra adrenalinica incursione fuori pista.
Fermi sulla pista ci siamo noi ed un'altra jeep, tutti scrutiamo la savana, Hassan dice “laggiù (è davvero lontanissimo, neppure con il binocolo si vede nulla) c'è un ghepardo!”
Schiaccia il pedale dell'acceleratore e si butta nella savana - quando fa così lo amo infinitamente - percorriamo almeno un chilometro ed eccolo, nascosto nell'erba alta c'è uno stupendo ghepardo, tutto per noi, quelli dell'altra jeep non ci hanno seguiti, ma come ha fatto Hassan a vederlo? il ghepardo cammina lento, fortunatamente non è come il leopardo e continua a farsi i "fatti suoi" proprio come se noi non esistessimo, finalmente l'erba si fa più bassa ed eccolo lì a pochi passi da noi, bello, straordinariamente bello e facile da fotografare, sembriamo impazziti, in pochi secondi "spariamo" una raffica di foto, poi ce lo gustiamo con gli occhi, non è stato un incontro fugace come quello con il leopardo, questo splendido ghepardo ce lo siamo proprio goduto a lungo ed il legame con il mitico Hassan cresce sempre di più.
Facciamo ritorno sulla pista e, complici, togliamo dal muso della jeep le "prove" (erbacce) del furtivo fuoripista, felici riprendiamo il safari. Sandro ed io ancora non ci spieghiamo come Hassan, da quella distanza, abbia visto il ghepardo.
Incontreremo poi diversi sciacalli con i cuccioli (lo sciacallo mi piace perché somiglia alla volpe, che teneri i cuccioli con quelle belle codine pelose), vedremo un grosso branco di zebre e due mongolfiere, che non c'entrano nulla con la natura africana, ma con i colori rosati che precedono l'alba anche le mongolfiere sono belle e fotogeniche.
Torniamo al lodge, facciamo una velocissima colazione (ci spiace sempre interrompere un fotosafari, non ci importa mai un granché di mangiare) e via subito per un altro fotosafari che ci regalerà un numeroso branco di impala, elefanti, tre leoni accovacciati a terra ed un cucciolo appollaiato sopra il ramo di un albero, giraffe, varie antilopi e ancora ippopotami fuori dall'acqua.
Ri-torniamo al lodge (ancora?) per il pranzo.
Dopo pranzo, facciamo ancora un giro nella zona di Seronera vediamo un numeroso branco di zebre vicino ad un fiume e… briccone! appostato dietro un cespuglio in attesa dell'occasione buona troviamo un leone; ma che faccia da furbo! per caso hai fame?
Grazie Sua Maestà, è stato bello incontrarla così da vicino, ora togliamo il disturbo! E’ giusto Mr. Simba questa è casa tua, devi pur mangiare, ce ne andiamo! (Hassan ha detto: “inutile sperare di vedere una scena di caccia, ci sono altre jeep, restando qui si rischia solo di disturbare il leone e di farlo allontanare”).
Prendiamo la pista in direzione Nord e ci dirigiamo verso la parte settentrionale del SERENGETI (LOBO), facciamo una deviazione ed una sosta ad una Hippo Pool.
Che bello! Possiamo scendere a piedi sulla riva del fiume, possiamo vedere gli hippo da vicino, nell’acqua c’è anche un grosso coccodrillo.
Riprendiamo la pista verso nord, incrociamo altri fiumi, il paesaggio cambia, ci sono molti più alberi, bellissimi kopjes, il terreno è meno pianeggiante, incontriamo diverse antilopi e giraffe.
Lobo lodge è identico al lodge di Seronera, con la differenza che è costruito su un altissimo kopje, da cui ammiriamo uno stupendo tramonto africano. La nostra camera è identica a quella della sera precedente, questa volta dalla vetrata vediamo pascolare un branco di bufali.
Ci accordiamo con Hassan per uscire l'indomani all'alba.
Buona notte fratello, Lala Salama!

21-2-2005
Serengeti Settentrionale - Lobo
È quasi l'alba e come sempre siamo "eccitati", è il momento migliore per fare avvistamenti. Scorgiamo un albero pieno di babbuini, ce ne sono sui rami, a terra, dappertutto; alcuni dormono (come faranno a stare in equilibrio sui rami?) alcuni sono svegli, c'è una incredibile attività.
Osserviamo alcune iene che si aggirano furtive, speriamo in una caccia, teniamo d'occhio gli uni e le altre, ma le terribili iene non fanno neppure finta di attaccare i babbuini.
Hassan spiega che sono troppo numerosi, le iene non ne uscirebbero bene da uno scontro con così tanti babbuini.
Proseguiamo il giro, vediamo un branco di elefanti, alcune giraffe, facoceri, un leone appostato sulla sommità di un kopje e sotto - più lontano - un branco di zebre, chissà se Mr. Simba sta pensando di mangiare?
Vediamo antilopi di varie specie ed uno spettacolo bellissimo: stiamo procedendo sulla pista, davanti a noi scorre un lunghissimo fiume nero e guizzante, sono bufali, tanti, tantissimi al punto da sembrare un fiume, lo spettacolo è straordinario, Hassan si ferma immediatamente, ma il rumore della jeep ha fatto bloccare i bufali che ora non attraversano più la strada e si sono invece divisi, stiamo fermi parecchio tempo, in silenzio, nella speranza che riprendano ad attraversare la pista, ma quelli che ormai avevano attraversato si allontanano e quelli fermi in attesa di attraversare cercano di tornare indietro anziché proseguire.
Siamo più dispiaciuti di aver interrotto tanta bellezza furiosa (i bufali in branco compatto e di corsa sono una scena di indescrivibile bellezza che non avevamo mai visto prima) che di non essere riusciti a fotografare, anche questa è comunque un’immagine impressa nella nostra mente e nel nostro cuore.
Torniamo al lodge per la colazione, subito dopo partiamo in direzione nord per uscire definitivamente dal Serengeti, ma ai cancelli del parco ci accorgiamo di aver bucato un'altra volta, gli uomini cambiano la gomma ed io mi godo gli ultimi momenti del grande e meraviglioso Serengeti.
Uscendo dal Parco si percorre una lunga pista accidentata, spettacolare, ma molto difficile, selvaggia, se la jeep si dovesse fermare da queste parti sarebbe un problema trovare aiuto, nella zona e per un raggio di centinaia e centinaia di km vivono solo Masai e diverse altre tribù: non esistono paesi o villaggi, si incontrano solo piccoli agglomerati di capanne di sterco e paglia, non si incrociano altre jeep con turisti, è tutto così bello, selvaggio e autentico.
All'ora di pranzo ci fermiamo in un luogo solitario (sembra!) prendiamo le nostre "scatole" pic-nic, ci sediamo all'ombra di una pianta, in poco tempo due Masai (veri, verissimi) ci raggiungono, ci tengono compagnia, Hassan chiacchiera con loro amichevolmente e traduce per noi, facciamo qualche domanda scoprendo che le numerose cicatrici che hanno sulle gambe non sono ferite inferte da animali pericolosi, bensì tatuaggi che praticano con il fuoco, più "bruciature" un Masai possiede, più è "grande", anche gli addobbi che portano alle orecchie simboleggiano l'importanza di un Masai, più mogli possiedono più le orecchie sono adornate.
Offriamo loro da mangiare, ma non accettano nulla (neppure le uova sode) perché si tratta di alimenti che non rientrano tra quelli cui sono abituati, berranno però i succhi d'arancia, che tenerezza nel vedere che non sanno come usare la cannuccia e neppure come infilarla nel cartone del succo.
Lasciamo gli "amici" Masai e proseguiamo verso il LAGO NATRON. Il lago è situato nella GREAT RIFT VALLEY, la grande spaccatura della terra lunga oltre 6.500 km che dalla Giordania attraversa tutta l'Africa e arriva al Mozambico.
Durante il nostro giro in Tanzania, ci siamo trovati più volte sul bordo del Rim (escarpment - scarpata) ma la visione più straordinaria dell’imponenza della parete del Rim e della grande spaccatura della Great Rift Valley la si ha andando al Natron.
Si arriva, dopo diverse ore di viaggio, alla fine della pista, ci si trova sul bordo dell'escarpment, sotto c'è la Rift Valley con il Lago Natron (una distesa di soda bianchissima, solo una piccola parte è acqua): la veduta dall'alto è mozzafiato, la zona è secca e costituita da massi e pietre vulcaniche, si scende per una pista incuneata tra canyon e rocce, un paesaggio spettacolare e quasi inquietante; il vulcano sacro ai Masai - OLDOINYO LENGAI - è là sullo sfondo in tutta la sua maestosità e imponenza, sulla scarpata il caldo è pazzesco e Hassan dice "questo è ancora niente, sentirete che caldo quando saremo giù”.
Non pensavamo potesse fare ancora più caldo di così, ma come sempre Hassan ha ragione: sotto nella grande spaccatura fa ancora più caldo, arriviamo al Natron Camp devastati, ma il peggio deve ancora arrivare, ci assegnano una tenda, entriamo solo per appoggiare i bagagli, è un forno, ne usciamo subito, ma non c'è tregua da nessuna parte, siamo preoccupati perché lì dobbiamo fermarci per due notti, pensiamo che è impossibile fare qualunque attività, meditiamo seriamente di andarcene già la mattina seguente a costo di rimetterci quanto già pagato e pagare una notte supplementare in un qualunque altro posto lontano da quel calderone infernale, non si ha neppure la forza di pensare di farsi una doccia, per fare la doccia dovremmo entrare nuovamente nella tenda, aprire il borsone, cercare due cose pulite… NO! troppa fatica, troppo caldo, si potrebbe anche morire.
Questi sono i nostri pensieri appena arrivati, andiamo a cercare acqua da bere, l'acqua c'è, ma il frigorifero è rotto - ci spiegano i Masai che gestiscono il campo - va bene dateci da bere ugualmente!
L'acqua è calda, caldissima, berremo per due giorni sempre e solo acqua a temperatura ambiente (il termometro segna 45 gradi) che con Hassan scherzosamente chiamiamo "coffe" o "tea".
Verso il tramonto la temperatura non cambia, ma riusciamo a fare la doccia e a ripulirci dalla polvere accumulata durante la giornata, ceniamo, naturalmente come in tutta l'Africa ed in tutta la vacanza, la prima portata è una bella scodella di zuppa di verdure bollente, anzi rovente! che fatica mandarla giù!
Il panorama è bellissimo, ma il caldo è devastante, ci rassegniamo a stare in quel posto per tutto il tempo programmato e prendiamo accordi per le attività del giorno seguente:
1) la mattina prestissimo (prima delle 8) camminata di circa due ore per raggiungere le rive del lago e vedere i fenicotteri;
2) nel pomeriggio escursione alle cascate di ENGARE SERO.
Andiamo a nanna, sarà una notte molto agitata per via del caldo

22-2-2005
La mattina molto presto siamo in piedi, pronti per trascorrere una delle giornate più belle del nostro viaggio, questo però non lo sapevamo, allora ci sembrava tutto impossibile per via del gran caldo.
Partiamo con il “nostro” Masai - ribattezzato Thomas - ci avventuriamo alla volta del lago, attraversiamo una distesa di sabbia, un piccolo corso d’acqua e ci addentriamo nel bush; trovare una giraffa è stata una grande sorpresa, stando con i piedi per terra sono ancora più alte di quanto già non lo siano, incontriamo anche diversi struzzi.
Vediamo impronte fresche di un gruppo di leoni (almeno otto dice Thomas) lì per lì siamo un po' preoccupati di incontrarli, poi speriamo di vederli (almeno un paio, non tutti!) a piedi deve essere sicuramente una bella avventura, in fondo cosa temiamo? abbiamo il Masai armato di lancia, bastone e coltellaccio…
Purtroppo non abbiamo “fortuna”, nessun leone sul nostro cammino, dobbiamo accontentarci delle sole impronte.
Arriviamo dopo circa due ore al lago, c'è Hassan che ci aspetta con la jeep (impensabile tornare a piedi, ormai fa troppo caldo) e l'acqua, calda (vabbé, quando si ha sete, va bene tutto).
Vediamo i fenicotteri, stiamo appollaiati su uno scoglio ad osservare il paesaggio spettacolare e le evoluzioni di quei meravigliosi volatili rosa, l'Oldoinyo Lengai è lì bello e altero, scattiamo foto a ripetizione poi torniamo al campo con la jeep ed incontriamo tante giraffe, una è un cucciolo (come sei carina! ma che bel musino!); siamo stanchi per il caldo e la notte quasi insonne, ma felici e soddisfatti, ci sentiamo veri viaggiatori, ci stiamo adattando e siamo contenti di non essere scappati da quel posto bello, anzi bellissimo!
Pranziamo, ci rilassiamo fino alle 15, poi in macchina raggiungiamo un fiume, scendiamo dall'auto e sotto un sole rovente lo costeggiamo, guadandolo spesso e volentieri (molto volentieri!); siamo vestiti e ci si bagna fino alla vita, ma che goduria, poi arriviamo alla prima cascatella, pensiamo di tuffarci, ma il Masai/Thomas ci obbliga a proseguire, poco dopo scopriamo perché…
È fantastico! ci troviamo alla base di una altissima cascata, ci sono le palme, c'è un’enorme pozza d'acqua, in due secondi ci spogliamo, passiamo sotto la cascata (la sentiamo addirittura fredda, che piacevole brivido) poi finalmente ci tuffiamo nella pozza, facciamo un idromassaggio sotto le cascatelle più basse e stiamo immersi, come ippopotami, per un lungo e molto, molto piacevole tempo.
Siamo strafelici di non aver seguito l’impulso di lasciare subito il Natron, ci saremmo persi una esperienza davvero fantastica.
Prima di lasciare questo angolo di Paradiso, ci vestiamo e ci rituffiamo nell'acqua, così bagnati sarà più facile ripercorrere il cammino sotto il sole implacabile, arriviamo alla macchina senza troppo soffrire, ma ahimè siamo già completamente asciutti.
Ceniamo al campo e poi andiamo nel “forno” (la nostra tenda) ma siamo così distrutti che ci addormentiamo per sfinimento.

23-2-2005
Lasciamo di buonora il Natron Camp, percorrendo una lunghissima pista sterrata che attraversa distese infinite e costeggia bellissime montagne, vediamo numerose gazzelle, zebre, giraffe e sciacalli.
Ci fermiamo sul bordo del cratere di un vulcano sprofondato, lo scenario è bellissimo, la natura è selvaggia, fino al villaggio di ENGARUKA non incontriamo altro che Masai con le loro mandrie di bovini, è bellissimo sentirsi "soli" in mezzo a tanta splendida natura.
Il cono del vulcano sacro ai Masai ci accompagna ancora per molto, ha un fascino davvero particolare.
Passati i villaggi di Engaruka e SELELA, il paesaggio cambia: appaiono foreste di euforbie, baobab e campi coltivati, arriviamo all'ora di pranzo al Migunga forest camp (stessa gestione del Natron Camp), pranziamo e subito dopo ci trasferiamo al lodge - poco distante - dove pernotteremo; siamo nelle immediate vicinanze del PARCO MANYARA.
Arriviamo al lodge nel primissimo pomeriggio: il lodge è stupendo (vista escarpment e spianata punteggiata di enormi baobab), ci aspettavamo un campo tendato, in realtà sono enormi ed eleganti bongalow (8 o forse 10) costruiti su piattaforme di legno con coreografici tetti in makuti, le "pareti" della enorme camera sono zanzariere (la mia passione dormire "all'aperto"), il bagno è in muratura, è grandissimo ed è bellissimo, ogni "tenda" ha un nome: simba, chui, etc. La nostra si chiama tembo (elefante in swahili) è l'ultima alla fine di un vialetto in posizione veramente privilegiata e molto riservata, nel senso che le tende sono tutte ben distanziate l’una dall'altra e nascoste dalla vegetazione, ma dalla nostra non ci passa proprio nessuno visto che è l'ultima.
Abbiamo il sospetto che sia la più bella, perché siamo gli unici ad avere due terrazzi e sembra più grande delle altre tende (che riusciamo solo ad intravedere, perché in quel lodge perfetto non manca nulla, neppure la riservatezza).
Insomma dopo la semplicità del Natron Camp non siamo affatto scontenti di goderci un po' di lusso; cena, colazione e pranzo del giorno seguente sono ottimi, gli ospiti pochissimi. Chi se ne andrebbe più?
Prendiamo possesso della “tembo”, facciamo una doccia (fa molto caldo anche qui, ma non come al Natron) e ci prepariamo per partire alla scoperta del Parco Manyara, la cui esplorazione era in programma per la mattina del giorno seguente, ma abbiamo pregato Hassan di portarci a vedere gli “animali” anche questo pomeriggio e lui - grande - ci ha accontentati.

24-2-2005
Ultimo giorno.
Dopo la colazione, pronti via, per un secondo safari nel parco Manyara che si trova a pochi km di distanza dal lodge.
Il Parco Manyara è ricco di alberi, vegetazione e corsi d'acqua dolce, una vera oasi verde: incontriamo subito numerosi babbuini, varie specie di scimmie, tantissimi elefanti grandi e piccoli, vediamo uccelli, giraffe, impala, facoceri e tantissimi ippopotami; i tanto decantati leoni sugli alberi non siamo riusciti a vederli, in effetti con tutta la foresta impraticabile a loro disposizione pensiamo sia impossibile trovarli proprio sugli alberi nei pressi delle piste trafficate di mezzi e jeep, un po' ci dispiace, ma davvero nei giorni precedenti ne abbiamo visti tantissimi, quindi ci riteniamo soddisfatti.
Al LAGO MANYARA non ci si avvicina con le jeep, ne vediamo da lontano la sagoma, i suoi colori sono straordinari. Respiriamo a pieni polmoni e ci riempiamo gli occhi con le ultimi immagini africane da un punto di osservazione dove lo sguardo spazia a perdita d'occhio.
Prima di uscire dal Parco un enorme elefante cammina sulla pista proprio davanti a noi, sembra voglia accompagnarci all’uscita e salutarci, la foto scattata a quest’ultimo stupendo elefante è anche l’ultima del nostro album e porta il titolo “THE END”.
Torniamo al lodge per pranzo, poi ci dirigiamo verso ARUSHA, dove salutiamo il nostro fantastico amico-autista-guida Hassan non senza commozione, dopo 11 giorni di convivenza siamo davvero dispiaciuti di lasciare un grande amico/fratello con il quale abbiamo condiviso tante emozionanti avventure.
Hassan è stato per noi un fratello, non una fredda e formale guida: lui non parlava molto l’italiano e noi poco l’inglese, ma siamo riusciti a stabilire un rapporto bellissimo, alla fine del viaggio lui formulava intere frasi in italiano e noi qualche cosa in più in inglese e swahili, magari ci abbiamo impiegato anche mezz'ora per riuscire ad intenderci su una frase, aiutandoci con i gesti, con le poche parole che ognuno conosceva, con gli esempi e con il vocabolario, ma con tantissima voglia da entrambe le parti di riuscire a comprenderci e ci siamo sempre riusciti, a volte riuscivamo con facilità a volte con più fatica, ma abbiamo stabilito un bellissimo legame, è stato davvero triste lasciarci.
Per Hassan fare da guida ed autista è un lavoro, ma la sua è una vera passione e se abbiamo visto il leopardo lo dobbiamo alla sua conoscenza e soprattutto all'amore per la sua terra e per gli animali ed inoltre alla sua enorme apertura nei confronti dei "clienti", l'ho scritto tra virgolette perché in teoria tali eravamo, ma di fatto non ci siamo mai sentiti clienti.
Cambiamo macchina ed autista, percorriamo una strada asfaltata che attraversa bellissime piantagioni di caffè, banane, mais e praterie sterminate, arriviamo nel pomeriggio al Kia Lodge, dove ci assegnano una stanza così possiamo lavarci, cambiarci; vediamo la vetta del KILIMANJARO che fa capolino tra le nuvole e ceniamo, la serata è bellissima, c'è una brezza calda, ma tonificante, c'è la luna piena, ci godiamo il tutto fino alle 20, assaporando ogni attimo con tanta serenità e gioia nel cuore, poi dal lodge un altro mezzo ci accompagna in aeroporto (a solo 1,5 km di distanza) dove attendiamo il nostro volo che è in ritardo (pare sia partito in ritardo da Amsterdam per la neve). Alle 24 decolliamo, atterriamo dopo 45 minuti a Dar Es Salaam, breve sosta e poi il lungo volo fino ad Amsterdam, arriviamo comunque a Malpensa, alle 12 del giorno seguente, in perfetto orario.

CONCLUSIONE
Non voglio essere scontata e parlare del “mal d’Africa”.
Chi ne è affetto non ha bisogno di troppe spiegazioni e a coloro che ancora non conoscono questo “male” dico: cosa aspettate ad andare in Africa?

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