INTRO
Ci sono voluti diversi mesi di progetti e preparativi, letture e connessioni ad internet... ma alla fine siamo in procinto di partire per uno dei viaggi più belli ed emozionanti che abbiamo fatto! Un altro paese africano, ma questa volta nell’Africa australe, nell’Africa vera, quella dei leoni e degli elefanti.
DOCUMENTAZIONE
Utilissimo in questo viaggio è stato il GPS, che ci ha aiutato in molteplici situazioni a capire dove eravamo o semplicemente ci ha fatto sentire tranquilli di essere sulla pista giusta! Troverete perciò, durante il resoconto di viaggio, molti punti GPS, specialmente delle zone piu’ remote.
Ovviamente, è consigliabile avere a disposizione una buona mappa, il più dettagliata possibile e recante i punti GPS appunto. In Italia non se ne trovano, quindi noi abbiamo domandato all’ agenzia Camping Car Hire di procurarcene una: al nostro arrivo era pronta sulla scrivania per noi!Sabato 21 e Domenica 22 Dicembre 2002
In aereo da Verona, via Francoforte, abbiamo volato fino a Windoeck, la piccola capitale namibiana. Conta solo poche centinaia di migliaia di persone ed in effetti, più che una città, pare un paesone. Qui ci accoglie un ragazzone nero che ci accompagna subito all’agenzia CAMPING CAR HIRE, dove abbiamo noleggiato l’automobile che ci accompagnerà nella scoperta del Paese. L’organizzazione è perfetta, di stampo davvero tedesco. E’ da ricordare infatti che la Namibia ha subito una lunga colonizzazione da parte della Germania; in quel periodo veniva chiamata AFRICA SUD OCCIDENTALE TEDESCA, e da quello stesso periodo è rimasto radicato nella popolazione il ben noto senso dell’organizzazione, dell’ordine e della pulizia tipici dei paesi nordici. Nel 1919 la Namibia passò sotto il dominio sudafricano fino al 1990, quando ottenne finalmente l’agognata indipendenza!
Ma torniamo a noi: la scelta di viaggiare con un pick up “full equipped” (ovvero comprensivo di tutto il materiale necessario al campeggio) si e’ rivelata decisamente ottima, anche considerando i prezzi davvero buoni per il noleggio! Questo mezzo 4x4 è il solo in grado di permettere un’esplorazione ottimale del territorio africano, anche se dobbiamo ammettere che qui in Namibia le strade sono quasi tutte molto ben messe, pure quando sono bianche. Una piccola precisazione: noi adoriamo le strade sterrate, per cui scegliamo apposta di seguirle, laddove ci può essere la possibilità di raggiungere un determinato punto anche con strade asfaltate. In Namibia, tuttavia, e specilmente nelle zone da noi visitate, questa alternativa il più delle volte non si è presentata... con nostra gioia!
Partiamo dunque, cercando di prendere confidenza con la guida a sinistra.
Prima meta del nostro viaggio è il Parco chiamato WATERBERG PLATEAU, un prezioso rifugio per alcune specie rare ed in pericolo di estinzione, fra cui il timido rinoceronte nero. Si tratta di uno dei pochi parchi privati sul suolo namibiano, al quale si ha accesso solo su mezzi del parco stesso, previo pagamento di una modesta somma di denaro. Un grande altopiano di arenaria, lungo 50 km. e largo 16, svettante sulla vasta pianura circostante, le cui rocce rosse sembrano illuminarsi di luce propria al tramonto: così si presenta ai nostri occhi avidi la prima meraviglia naturale della Namibia!
Passiamo la notte nel piccolo ma accogliente campeggio alla base del plateau, dormendo fantastiche ore silenziose nella tenda sopra il tetto della jeep.
Lunedì 23, Martedì 24, Mercoledì 25 Dicembre
All’alba si parte per un breve giro all’interno del parco, su strade sabbiose, entrando e uscendo ripetutamente dalla boscaglia. Pochi sono gli incontri con la fauna locale e il tempo è piovoso, ma siamo in vacanza e non c’è spazio per la tristezza! Ci rifaremo senz’altro nei giorni a venire!
Nel primo pomeriggio partiamo decisamente verso nord, alla volta di uno dei parchi africani più grandi e ricchi di animali, l’ETOSHA NATIONAL PARK, visitabile con la propria automobile. Al suo interno si trovano tre bellissimi campeggi, in ciascuno dei quali consigliamo di trascorrere almeno una notte. Il parco si presenta come una enorme distesa pianeggiante, solo punteggiata da una rada vegetazione, percorsa sul suo lato meridionale da tante stradine bianche che si intrecciano, si uniscono, si allontanano in una sorta di grande gioco dove i partecipanti vagano senza una meta apparente alla ricerca costante di qualche animale! Così entriamo in questo mondo fantastico, adattandoci immediatamente alla vita che riempirà i nostri prossimi giorni.
A pochi km. dall’ ingresso facciamo la conoscenza con alcuni springbok, piccole e graziosissime antilopi che spiccano balzi verticali tenendo le zampette rigide e la schiena arcuata. Non sono affatto spaventate dalla nostra presenza, ben sapendo di non dover considerare gli esponenti della specie umana alla stregua di possibili predatori. Questa caratteristica accomuna un po’ tutti gli animali dell’Etosha e fa veramente bene al cuore sapere che esistono posti come questo dove uomo e animali possono convivere pacificamente. Incontriamo in un solo giorno decine di angolosi gnu, zebre coi loro puledrini nati da poco, giraffe maestose dallo sguardo dolcissimo, un solitario e tranquillo elefante, splendidi orici dalle lunghissime corna dritte ed assai pericolose per i leoni... ed un enorme leone intento a finire il suo pasto! Descritto così sembra tutto un po’ freddo, ma non si può immaginare l’emozione di scoprire uno dopo l’altro animali che si sono fino a quel momento visti solo in foto o in documentari televisivi: c’è il loro odore, ci sono i loro versi, si respira la stessa aria... e in certi momenti ti senti uno di essi perché vivi le loro emozioni, la paura del predatore dietro il cespuglio è tangibile e lo si capisce dai loro occhi, dai loro movimenti, dal loro stare continuamente nel branco. E’ vietato uscire dal proprio mezzo e ogni tanto una pietra recante la scritta “stay in your car” lo ricorda a tutti, ma vi assicuriamo che non viene davvero la voglia di scendere e farsi un bel giretto a piedi: ti senti una preda allo stesso modo di un impala e di uno gnu! E’ un’emozione troppo bella e forte e viverla per tre giorni di seguito ha fatto sì che dai nostri occhi scendessero lacrime di perdita al momento di abbandonare il parco!
Siamo stati nell’Etosha per tre giorni appunto, dormendo la prima notte nel campo di NAMUTONI, che si sviluppa intorno ad un candido ex fortino tedesco; la seconda notte al campo di HALALI, il cui nome in tedesco indica il suono del corno che chiudeva la caccia e il cui significato in afrikaner indica come qui la caccia sia finita per sempre; la terza notte al campo più meridionale di OKUAKUEYO, dove dall’alto della sua torre si gode lo spettacolo di un indimenticabile tramonto africano. Ogni campo ha la sua pozza, riempita artificialmente per assicurare l’acqua agli animali anche nei periodi più secchi. Protetti da reti e palizzate, i visitatori rimangono in rispettoso silenzio nella speranza di veder scivolare verso la preziosa acqua qualche amico a quattro zampe. Il piùdelle volte l’attesa dà i suoi buoni frutti e allora gli occhi si spalancano, la mente si libera e ogni senso si adopera per imprimere il più possibile nella memoria questi attimi fuggenti che solo la natura sa donare. Sono rimasti mitici i nostri incontri con il rinoceronte e con un mastodontico elefante alla pozza di Okuakueyo.
Giovedì 26 Dicembre
Usciti a malincuore dal grande parco, ci dirigiamo verso nord-ovest, con l’intenzione di visitare la terra dei DAMARA, il DAMARALAND appunto. E’ questa una delle undici etnie ancora presenti in Namibia con le sue antiche tradizioni; anche se molte di queste si sono perse nel corso degli anni (come il nomadismo), hanno mantenuto per esempio il loro linguaggio tribale, davvero caratteristico ed indimenticabile! Infatti presenta, oltre alle normali lettere alfabetiche, alcuni “suoni” (detti clic) prodotti premendo la lingua su palato, denti o lati della bocca... rimaniamo incantati ad ascoltarli conversare, dopo aver superato il primo momento di stupore durante il quale pensiamo che ci stiano prendendo in giro!
Dopo un tragitto piuttosto lungo, durante il quale facciamo rifornimento di acqua e benzina, raggiungiamo in serata il territorio chiamato PALMWAG (19°53’09”S 13°56’13”E), dove si trova il Palmwag Lodge, gestito da tedeschi e meta della giornata.
Rimaniamo stupefatti dallo scoprire che non c’è posto! Sapevamo, infatti, che era necessario prenotare i vari lodge sul nostro itinerario, ma pensavamo che non ci fossero particolari problemi a trovare posto, considerando anche il fatto che non abbiamo visitato la Namibia in periodo di alta stagione (agosto). Non abbiamo però considerato le grandissime distanze che separano i vari lodge e che inevitabilmente radunano i pochi turisti nei pochi lodge sparsi sul territorio! Un consiglio? Telefonate sempre almeno uno o due giorni prima al lodge dove volete dormire!
Ad ogni modo, a noi non è andata male, in quanto ci siamo dati un po’ da fare ed abbiamo trovato un incantevole “campeggio” molto vicino al Palmwag Lodge. In realtà non si trattava di un vero campeggio aperto al pubblico, ma il suo gestore, di origine sudafricana, Rudy, si è dimostrato splendido con noi, permettendoci di trascorrere lì la notte... senza volere alcun compenso! Gestisce un progetto di salvaguardia del rinoceronte, così alla fine, prima di salutarlo, ci è sembrato carino lasciare un’offerta alla sua associazione.
Venerdì 27 Dicembre
Il giorno seguente abbiamo passato la mattina a scorazzare nei dintorni; per la precisione, siamo stati all’interno della concessione del Palmwag Lodge, per entrare nella quale siamo prima passati a farci rilasciare il permesso dallo stesso lodge. Le strade sono leggermente sconnesse (nessun problema con un mezzo 4x4) e i panorami mozzafiato si dipingono in uno scenario intatto da mondo primordiale! Indichiamo soprattutto il canyon TWEE PALMS, con due solitarie palme molto pittoresche; il canyon VAN’ZILIS, regno dell’elefante del deserto; ed infine il canyon di AUB con grossi blocchi di roccia caduti in fondo ad una profonda spaccatura, dove le acque verdi di due pozze donano una pennellata di colore al contesto rosso fuoco dei dintorni!
Verso mezzogiorno, arriviamo a SESSFONTEIN (19°07’14”S 13°37’05”E), uno dei paesi più grossi del territorio a cavallo fra Damaraland e Kaokoland. Si tratta per la verità di un polveroso avamposto dove poter fare ancora rifornimento di bevande, cibo e soprattutto, benzina. Superato questo punto, infatti, bisogna essere completamente autosufficienti dal momento che (fatta eccezione per un altro piccolo paese, OPUWO) non troveremo alcun modo di approviggionarci di alcunché! Ma andiamo per gradi e torniamo brevemente a Sessfontein.
Ci fermiamo qui, all’ombra di alcuni begli alberoni, a pranzare con pane e salamino (portato ovviamente dall’Italia!); quasi subito si forma poco distante un gruppetto di bimbi neri (sono ancora DAMARA) che rimangono però a debita distanza da noi. Si legge nei loro sguardi una grandissima voglia di venirci vicino, ma i loro genitori seguono da lontano i loro movimenti e li richiamano all’“ordine” non appena li vedono avvicinarsi! Al contrario di quanto accade normalmente nei Paesi del nord Africa, qui gli adulti insegnano ai propri figli il rispetto per i turisti, evitando in questo modo che finiscano a fare l’elemosina per strada anziché cercare lavoro per vivere! In tutto ciò si legge la grande dignità di un popolo che pure vive di pastorizia ed abita in misere capanne di legno! Ovviamente, alla fine i bimbi si sono avvicinati perché li abbiamo invitati noi... e allora e’ iniziata una grande festa come solo i bimbi sono capaci di fare!
Riprendiamo la strada e giungiamo verso sera a OPUWO (letteralmente: LA FINE!! 18°03’66”S 13°49’85”E). Siamo finalmente entrati nel territorio detto KAOKOLAND, il più selvaggio, incontaminato, primitivo angolo di mondo che abbiamo mai avuto modo di esplorare!
Ci sistemiamo nel campeggio KUNENE VILLAGE, alle porte del paese, e ceniamo in tenda con pane e formaggio.
Sabato 28 Dicembre
Svegli poco prima dell’alba, optiamo per partire subito verso nord. Nostra meta di oggi è la località piu’ turistica dell’intero Kaokoland: EPUPA FALLS. La pista è buona e molto bella, ora bianca, ora rossa; la vegetazione è rigogliosa... ed ogni tanto da dietro un albero sbuca una ragazza appartenente al gruppo etnico degli HIMBA! E’ il nostro primo contatto con loro e restiamo affascinati!
Gli Himba rappresentano quella parte di popolazione indigena che non ha mai voluto sottomettersi ai regimi coloniali e che gli zelanti missionari cattolici, nel corso degli anni, non sono riusciti a convertire. Meno male... altrimenti il mondo avrebbe perso per sempre un altro piccolo pezzetto della sua storia!
Lungo la pista incontriamo solo donne e bambini, poiché gli uomini sono impegnati in quella che rappresenta la loro principale attività: la pastorizia. Gli Himba, infatti, vivono ancora come secoli fa: allevano capre, pecore e qualche mucca, raccolgono frutti e tuberi e riescono ancora ad essere semi-nomadi!
Le donne hanno mantenuto il loro delizioso ed inconfondibile costume tradizionale, costituito da una corta gonna con più strati di pelle di capra e da diversi monili realizzati con conchiglie, pelle e ferro (talvolta anche con coloratissime perline colorate!). Inoltre, usano cospargersi la pelle di tutto il corpo con una “crema di bellezza” a base di okra, cenere e grasso animale, che le dipinge di uno spettacolare colore rosso! Molte di loro cospargono di questa crema anche i capelli, i gioielli ed i vestiti. Per tale motivo, l’odore che da esse emana è molto forte e risulta sgradito alla maggior parte degli europei... ma vi assicuriamo che ci si fa presto l’abitudine e che quando non lo si sente più se ne prova nostalgia!
I nostri incontri con i gruppetti di Himba sono sempre molto vivaci, amano farsi fotografare e si divertono a mettersi in posa; qualcuno di loro si è un po’ “svegliato” e chiede un piccolo compenso per ogni foto! Se possiamo darvi un consiglio, portatevi da casa delle caramelle senza zucchero (perché non possono curare eventuali carie!) ed aquistate nei negozietti locali pacchetti di farina e bottigliette d’acqua. Evitate invece di donare cibi e oggetti che non possono trovare a casa loro, per non invogliare soprattutto gli esponenti più giovani ad abbandonare le tribù per un mondo diverso, più comodo o goloso. E’ da far notare comunque che diversi giovani abbandonano le loro tribù... ma che quasi il 90% di essi tornano indietro perché non riescono ad essere felici nel mondo moderno! E’ davvero una bella cosa.
Il panorama non è particolarmente interessante, così a mezzogiorno siamo già in vista di OMURANGO, il campo dove passeremo la notte, esattamente nella zona detta Epupa Falls (17°00’13”S 13°14’65”E).
Siamo all’estremo nord della Namibia, proprio sul confine con l’Angola. Fra questi due Paesi corre il fiume KUNENE, uno dei più importante dell’Africa australe. Il campo si trova proprio sulle sue rive ed è un sogno per noi, abituati al caldo torrido della pista. Infatti le Epupa Falls sono immerse in una meravigliosa palmeraia, ombrosa e fresca. A non più di dieci metri dalla jeep corre il fiume, con le sue acque torbide di terre raccolte lungo il percorso e vorticose di correnti nascoste. Visitiamo dunque le cascate più famose della Namibia. Il salto più alto è di 37 metri ed è ovviamente piu’ spettacolare quando il fiume raggiunge la portata massima, ovvero in marzo... ma quella che ci si para innanzi è già una tale meraviglia che non possiamo non emozionarci! Il Kunene, poco prima del grande salto, si divide in due grossi rami, nel mezzo dei quali si trova un delizioso, piccolo angolo di terra di nessuno. Le acque del ramo namibiano cadono fragorosamente in una profonda spaccatura, sopra la quale è perennemente visibile un dolcissimo arcobaleno. Tutto il panorama intorno è dolce: i colori tenui ma decisi, le caprette che brucano, i bimbi che sguazzano felici. I nostri sguardi vengono attratti inoltre da alcuni mastodontici esemplari di alberi somiglianti ai baobab, dai tronchi lucidi e possenti e dalle fluenti chiome; le loro grosse radici corrono parallele alle pareti a picco sul Kunene.
Alle Epupa Falls si trova un piccolo spaccio, dove si possono trovare bibite, birre, biscotti ed altre poche cose. Non si trova invece nessuno che ti vende benzina.
Alla sera si cena tutti insieme intorno ad un lungo tavolo: siamo appena in una ventina di turisti e si sta divinamente! Il cibo è ottimo e presto si inizia a scambiare qualche parola con gli altri commensali, quasi tutti sudafricani e tedeschi. Ci sconsigliano di attraversare in solitaria il passo forse piu’ “temuto” del Kaokovelt (versione in tedesco del termine Kaokoland). Mi riferisco al VAN ZYL’S PASS, che separa gli altipiani del Kaokoland dalle vaste distese erbose di MARIENFLUSS, nostra meta dei prossimi giorni. Questa pista, in effetti, è molto ripida, impegnativa per chi guida, lenta (5 km. orari nel punto più difficile) e disseminata di rocce aguzze davvero pericolose per le gomme! Tuttavia, è molto panoramica e, a detta di tutti quelli che l’hanno percorsa, stupenda!
Percorrerla da soli, però, puo’ essere pericoloso, in quanto il “traffico” da quelle parti è veramente scarso (se va bene, in questo periodo dell’anno, passa un’ automobile ogni 7, 8 giorni); così, pur essendo totalmente autosufficienti per una quindicina di giorni, decidiamo di raggiungere la valle del Marienfluss seguendo una pista che corre un poco più a sud, meno pericolosa e ripida: OTJIHAA PASS.
Domenica 29 Dicembre
Ci svegliamo anche oggi prima dell’alba e partiamo subito dopo colazione. La pista che seguiamo è la medesima di ieri fino ad Opuwo. Qui si imbocca la pista che lentamente sale al passo Otjihaa (1200 metri), passando da un paesino chiamato ETANGA (17°51’89”S 13°01’67”E), ed attraversando un panorama un po’ monotono di alberini bassi. Durante il lungo tragitto, che impegnerà tutto il giorno, ci fermiamo per visitare e fotografare da vicino le capanne di un villaggio Himba, momentaneamente abbandonato. Sono costruzioni rotondeggianti, basse, composte da uno scheletro di legna e rivestite di uno spesso strato di terra secca secca; ci divertiamo ad immaginare la vita delle persone fra queste buffe case che sembrano uscite da una fiaba!
Nei pressi di un importante incrocio (il nostro fedele GPS ci indica che a destra si trova il famigerato Van Zyl’S pass, mentre a sinistra c’è il “nostro” passo! 17°47’00”S 12°57’80”E), facciamo la conoscenza con due ragazzine Himba, che forse più di tutte le altre ci rimarranno nel cuore. Non appena ci fermiamo per meglio consultare le mappe, ci si avvicinano, curiose. Una delle due è una vera esplosione di esuberanza e ci riempie di gioia osservarla, mentre cerca di comunicare con noi a gesti e piccoli suoni gutturali. E’ sempre lei che mi sfila per prima, subito seguita dalla sua “socia”, delicatamente gli occhiali da sole dal viso e se li porta agli occhi: io rimango di sasso e non riesco ad oppormi... conoscerà qualcosa che non appartiene al suo mondo, ma come si fa ad evitarlo? Rimaniamo qualche minuto ad osservarle, mentre alzano gli occhi al cielo lanciando acuti gridolini di sorpresa! Poi ci chiedono dell’acqua... e ancora una volta restiamo fulminati dal vederle bere: nella frazione di un solo secondo, si sono gia’ scolate mezzo litro a testa come fosse un bicchierino!
Improvvisamente pero’, mentre curiosano avide nell’ interno della jeep, iniziano ad urlare spaventate e con un balzo scappano via. Gelati dal loro inaspettato comportamento, iniziamo a cercare la causa di tanto terrore... per trovarla dopo breve! Hanno semplicemente scorto una grande fotografia sulla copertina di una rivista, raffigurante un bel ghepardo!!! Non avendo mai visto la carta stampata, non potevano certo immaginare che quello lì non fosse un ghepardo reale ma solo una sua rappresentazione! Ragazzi, che esperienza! Davvero qui pare di essere stati catapultati nella preistoria!
Salutiamo le due ragazze, per riprendere la strada. Dopo poco, incontriamo due donne intente a “lavarsi i denti” con dei bastoncini. Portano in testa un buffo copricapo di pelle che indica che sono “sposate”; posano serie per una nostra foto.
Superato il passo, il panorama si apre, trasformandosi in morbide colline gialle, con uno sfondo di nuove montagne. Su queste colline cerchiamo ORUPEMBE, indicato sulla mappa con un grosso punto rosso. Per questo, ci aspettavamo di trovare un paese, tipo Opuwo... ed invece ci troviamo di fronte un bel pozzo! Su queste selvagge alture, infatti, non si trovano paesi ed i punti importanti sono proprio i pozzi! (18°11’04”S 12°53’26”E)
Divertiti dalla recente scoperta, seguiamo le zelanti indicazioni per il campeggio di Orupembe; una seria di bassi cartelli ci spinge verso il letto in secca di un fiume: ecco il campeggio! Nessuno in vista; non un guardiano, non un turista: siamo soli in mezzo al nulla più assoluto. Che esperienza, l’ Africa!
Ci sistemiamo per la notte, guardandoci le spalle l’un l’altro, nel timore “frizzante” di veder comparire un leone o un ghepardo!
Lunedì 30 Dicembre
Questa mattina una gradita sorpresa ci attende. Mentre facciamo colazione, infatti, alle nostre spalle compare un ragazzo Himba (uno dei pochissimi uomini Himba incontrati!), vestito di beige. Molto timidamente, questi si avvicina a noi e rimane in silenzio; dopo poco comprendiamo che si tratta del “guardiano” del campeggio... che altri non è se non un pastore della zona che, tutte le mattine, accompagnando le mucche al pascolo, passa da qui e, se ci sono turisti, riscuote la tariffa (intorno ai 5 euro per entrambi)!
Per cortesia, gli offriamo un caffè ed alcuni biscottini e restiamo ad osservarlo in rispettoso silenzio mentre consuma tutto felice questa certo inaspettata colazione. Successivamente ci dona un piccolo rinoceronte di legno che lui stesso ha creato, facendoci così un regalo speciale che ora “troneggia” nella nostra sala!
Partiamo nuovamente verso nord, alla scoperta della selvaggissima valle di Marienfluss. La pista è piatta e veloce, correndo fra immensità gialle dorate, dove brucano mucche, capre e qualche raro springbok. Quindi inizia a salire, superando un passo pietroso.
Oltrepassata la montagna, ci si rituffa a valle, ancora nel bush, fino ad un incrocio importante denominato RED DRUM (17°47’76”S 12°31’38”E).
Ci troviamo a cavallo di due vallate; quella da cui proveniamo e quella detta di HARTMANN. Un vivace bidone rosso segnala l’incrocio, oltre a dare il nome alla zona.
La nostra attenzione, a questa punto, viene attratta da un gruppetto di persone all’ombra di alcuni alberoni. Si tratta di una corpulenta donna Himba e di due suoi bimbi. Si capisce che sono maschietti per la caratteristica testolina rasata con solo un’esile crestina al centro, che ricorda quella dei mohicani! La donna ci saluta nella sua lingua (qua siamo lontani davvero dalla civiltà come la intendiamo noi, per cui non c’è proprio altro modo di comunicare se non usando la mimica!), poi ci mostra il piedino ferito del bimbo più piccolo: ci sta chiedendo aiuto! Purtroppo, noi non siamo medici, e non potevamo certo immaginare che si trattasse semplicemente di un’ulcera tropicale... e che per guarirla subito e definitivamente sarebbe bastato applicarci sopra un poco di polvere di pennicillina. Così l’ abbiamo medicato con acqua ossigenata, un antinfiammatorio per bocca ed un calzino per proteggerlo dalla polvere. Non sarà servito a molto, ma abbiamo fatto del nostro meglio. Una cosa comunque l’abbiamo imparata: d’ora innanzi, in valigia sarà sempre presente la pennicillina!!
Dopo aver donato della farina alla donna, ci allontaniamo seguendo la pista che si dirige decisamente verso nord, ad incontrare nuovamente il fiume Kunene. Siamo spostati molto più ad ovest rispetto alle Epupa Falls, quindi potremo vedere il fiume da una nuova angolazione.
Ed eccoci arrivati! Troviamo il campeggio dopo esserci soffermati a guardare un grazioso cartello di legno con un esplicito disegno, che ci mette in guardia dagli abitanti piu’ temuti delle acque africane: i coccodrilli! In realtà non avremo modo di vederne alcuno e questo un po’ ci dispiace. Ad ogni modo, il panorama sull’Angola è spettacolare e restiamo a lungo pensierosi, osservando quelle terre che assomogliano tanto a queste, ma dove purtroppo si celano tante orribili mine.
In questo senso, la Namibia è veramente un Paese fortunato, trovando come unica regione “pericolosa” quella del CAPRIVI, a nord-est, dove gruppi di separatisti e di profughi angolani della guerra civile determinano una poco tranquillizzante situazione di “turbolenza”. Questo non toglie comunque la possibilità di spingersi a visitare anche questa zona, con la raccomandazione di non uscire dalle piste per le eventuali mine.
Tornando al campeggio OKAROHOMBO (17°14’42”S 12°26’10”E), proprio sulle rive del fiume, vi diremo che si tratta semplicemente di una zona recintata con dei bellissimi ed ombrosissimi alberoni. E’ selvaggissimo anche questo, fatta eccezione per un piccolo villaggio Himba appena fuori, dal quale sentiamo provenire dolci note musicali, battere di mani e colpi sui tamburi sul finire della giornata!
Come consiglio a chi si dovesse spingere fin qui, indichiamo la possibilità di seguire una pista che si dirige ad ovest, correndo quasi parallela al fiume, su una serie di divertenti “montagne russe” naturali... e che conduce su un piccolo pianoro senz’ombra, da cui si può godere di una vista fantastica! Si puo’ anche scendere al fiume a piedi... ma attenzione ai coccodrilli!
Martedì 31 Dicembre
Dopo colazione, ripercorriamo a ritroso tutta la pista fatta ieri, scoprendo scenari bellissimi che ieri ci eravamo lasciati alle spalle. In prossimità del guado di un torrente (in secca!), fermiamo l’auto per bere qualcosa (teniamo le bibite nel comodissimo piccolo frigo nel cassone) e rallegrare le nostre gole arse... quando all’improvviso notiamo qualcosa muoversi sotto un gruppetto di alberini. Una figura scura, longilinea, immobile: è una ragazza Himba, bellissima, col suo bimbo al fianco, che sta lì e ci osserva. Una visione primordiale, che si imprime per sempre sulle nostre retine, come il dipinto sulla tela del pittore!
Ad un nostro cenno, ella si fa più vicino e si ferma ancora, osservandoci. Non domanda nulla, non dice nulla; solo ci guarda e sorride. Siamo tutti come inebetiti, perché il momento è davvero magico; non succede niente e forse è proprio per questo: si tratta di una di quelle situazioni nelle quali ciò che gli occhi vedono racconta più di ciò che le orecchie odono!
Doniamo alla ragazza dei fiammiferi (ecco un altro regalo interessante per gli indigeni: non serviranno per le sigarette... ma per il fuoco della cucina!), poi torniamo in auto e ci allontaniamo. Giungiamo ad Orupembe a metà giornata circa, quindi imbocchiamo la nuova pista per PURROS. Ci stiamo spostando verso sud e fra non molto usciremo definitivamente dal Kaokoland. La cosa ci sgomenta, anche perché rientreremo lentamente nella civiltà e quindi si farà sempre più vicino il rientro a casa. Sono state tantissime le emozioni, tante le immagini che non potremo scordare più. Di tutto il viaggio, questa del Kaokoland è senz’altro la regione namibiana che torneremmo di corsa a visitare un seconda volta!
La pista si fa sempre più larga e dritta; ormai abbiamo raggiunto il confine orientale della famosa SKELETON COAST, chiamata così perché sulle sue rive desertiche si trovano diversi relitti di imbarcazioni affondate nel corso dei secoli nelle turbolente acque dell’Oceano Atlantico che la bagna. Si tratta di un vasto Parco naturale, per un grande tratto assolutamente non visitabile se non mediante permessi governativi, difficili peraltro da ottenere. Vi si ha accesso solo a partire dalla metà del Parco in giù, e comunque chi ha seguito la sua pista parallelamente al mare non ne è rimasto particolarmente colpito. Noi non ci siamo entrati, perciò non possiamo darvi la nostra versione!
Scendiamo sempre più a sud, fino al paesino di Purros (18°46’46”S 12°57’15”E), dove troviamo il campeggio. Per raggiungerlo, superiamo alcune basse dune di morbida sabbia candida, da cui si innalzano alcuni alberoni vivi ed altri secchi (causa la siccità di due anni fa). Lo scenario è fantastico ed il campeggio non è da meno! Visitatelo assolutamente se transitate da qui, e riposatevi un poco sotto gli immensi ombrelloni naturali degli alberi che ne segnano le “piazzole”!!
Da non perdere è anche un breve ma intenso tour in jeep nel fantasico canyon di Purros! Chiedete al ragazzo del campeggio di salire sulla vostra auto: vi porterà a scoprire una delle due famiglie di elefanti del deserto della zona! Se sarete fortunati potrete vederle entrambe, ma ad ogni modo l’incontro sarà senz’altro emozionante!
Si conclude velocemente anche questa giornata, che è anche l’ultima dell’ anno 2002. Immersi in un silenzio incredibile, ci ritiriamo nella nostra comoda tenda alle 21!
Mercoledì 1 Gennaio 2003
Oggi ci svegliamo con più calma, mettendoci in marcia quando sono da poco passate le 10. Continueremo a spostarci verso sud, raggiungendo dapprima Sessfontein, quindi Palmwag Lodge; a questo punto ci dirigeremo verso un posto nuovo, denominato TWYFELFONTEIN, altra meta piuttosto battuta dal turismo.
Arriviamo infatti verso sera, al Twyfelfontein Country Lodge (20°32’05”S 14°22’11”E), l’unico lodge dove abbiamo dormito durante le due settimane di permanenza in Namibia. La scelta è stata ottima, in quanto la costruzione è bellissima, l’ingresso è costituito da due grandi pietroni color rosso, sotto cui passa un piccolo corridoio e sulle pareti dei quali ci sono alcuni petroglifi originali. Da lontano, la mimetizzazione è stupefacente: da vedere assolutamente!
Per cena organizzano uno splendido buffet, servito al ristorante situato su una terrazza panoramica e molto romantica!
Giovedì 2 Gennaio
Questa mattina abbiamo visitato la zona dei petroglifi vicino al lodge, che abbiamo salutato immortalando con la macchina fotografica due splendidi esemplari di lucertoloni coloratissimi e vivaci sulle sue belle rocce rosse.
Riprendiamo la strada, che oggi ci porterà molto vicino all’Oceano, al quale però ancora non arriveremo. Tocchiamo il paese di UIS (21°13’15”S 14°52’10”E) per continuare in direzione sud-est verso CAPE CROSS. Prima di giungere ad un importante incrocio (nei pressi di Brandberg), ai lati della pista abbiamo notato delle strane creature vegetali, che ricordavamo di aver visto sulla guida Lonely Planet. Si tratta della WELWITTSCHIA MIRABILIS, una pianta considerata alla stregua di un fossile, in quanto gli esponenti più anziani hanno la bellezza di 2000 anni! Praticamente, sono nati insieme a Gesù e sono tuttora ben vivi! A dire il vero, non sono piante dalla spiccata bellezza, con le loro foglie accartocciate su se stesse e tutte sbruciacchiate dal sole... ma incontrarle è stato molto emozionante!
Prendiamo poi un bivio verso est che ci conduce nel cuore delle montagne dell’UGAB RIVER. In mezzo a queste spettacolari formazioni rocciose è celato un imperdibile CAMP SITE, gestito dalla stessa associazione per la salvaguardia del rinoceronte che abbiamo trovato a Palmwag Lodge!
Una piccola valle sabbiosa con grossi e distanziati alberoni a formarne delle piazzole, questo campeggio è curato da una donna tedesca, che insieme alla sua biondissima bimba, al suo pastore tedesco ed al suo gatto Massimo (!) abita una bella casona in pietra, subito all’ingresso. Dentr, potrete trovare una piccola ma curiosa esposizione di animaletti in legno, costruiti dagli indigeni che vivono nel villaggio alle porte del campeggio: costano pochissimo e sono stupendi!
Attraverso il campeggio, che non è in alcun modo recintato per non ostacolare il passaggio degli animali, specie durante la notte, possono transitare gli elefanti, abitanti selvaggi di queste zone assieme ai rinoceronti neri. Spingetevi sulla pista oltre il campeggio, se ne avete il tempo: vi troverete immersi in un panorama incontaminato, punteggiato qua e là di grossi esemplari di Euphorbia! Tale pista è abbastanza impegnativa (in un’ora abbiamo percorso solamente 10 km!) e corre per un centinaio di km, fino ad arrivare a Twyfelfontein: può essere un’ottima alternativa alla più lunga ma più veloce pista che abbiamo seguito noi!
Venerdì 3 Gennaio
Salutiamo il campeggio e riprendiamo la strada per l’oceano. Fa molto caldo e solo quando arriviamo in vista del mare si inizia a respirare... ma solo per rimpiangere l’aria soffocante ma almeno profumata di prima! Infatti lungo la costa aleggia un terribile odore di pesce andato a male. Avvicinandoci a piedi alla onde (la lunga spiaggiona che segna tutto il confine occidentale della Namibia non è assolutamente bella, di un brutto colore grigio e, appunto, puzzolente!), scopriamo la causa del forte odore: sono i tanti corpicini senza vita di altrettante otarie, morte a causa dei pescatori o per motivi naturali.
Una cinquantina di km. più a sud rispetto a dove ci troviamo ora, infatti, si trova la nota meta di CAPE CROSS, sede della colonia di otarie più numerosa di tutta l’Africa. Sono molti i turisti che si spingono fin qui per visitarla; noi siamo arrivati al cancello troppo presto e, dato che la nostra meta di oggi è piuttosto lontana, decidiamo di proseguire, cercando di immaginare la colonia dalle descrizioni di altri turisti.
Attraversiamo qualche piccolo, colorato ma tutto sommato insignificante paesino di mare (tipo HENTIES BAY), ancora respirando cattivi odori! Quindi entriamo finalmente nel grande Parco del NAMIB, che dà proprio il nome alla Namibia! Occupato da uno dei deserti più antichi e aridi del pianeta, inizialmente si presenta come un’ampia distesa candida punteggiata di radi cespuglietti ed abitata solo (per quello che possiamo osservare noi) da numerosi e timidi struzzi.
Dopo 100 km. circa, si giunge sul finire del parco ad un passo montano, finalmente immerso in uno scenario nuovo e lunare. Qui i colori dominanti sono il marrone ed il giallo. E’ caldo da mozzare il fiato: a stare fermi si suda copiosamente e la pista è molto polverosa. Per tali motivi, ci convinciamo a chiudere i finestrini e ad accendere l’aria condizionata (fino ad ora tenuta spenta, anche per non incidere sui consumi di carburante, troppo prezioso!): non la spegneremo fino a sera!
Nel primo pomeriggio, giungiamo alle porte di SOLITAIRE, che consiste in un benzinaio con annesso bar e in due casine bianche. Ogni viaggiatore diretto all’oasi di SOSSUSVLEI si ferma obbligatoriamente qui, dopo tanti km. di nulla, se non altro per bere qualcosa di fresco e per riempire il serbatoio dell’auto. Affissa al muro dietro alle pompe, si trova una piccola lavagna dove qualcuno ogni giorno scrive le notizie più importanti dal resto del mondo! Sarà fatta per noi italiani, che neppure in vacanza riusciamo a staccare completamente il cervello... ma noi due rimaniamo un po’ scossi nel renderci improvvisamente conto che il resto del mondo esiste ancora! Siamo infatti ancora completamente assorbiti dall’Africa, dalle sue cose semplici eppure fondamentali, esistenziali... che fatichiamo molto ad immaginarci di nuovo a Bologna!
Racimoliamo le ultime forze per spingerci fino a SESRIEM, dove ci aspetta un campeggio con piscina, alle porte del deserto, punto ideale per iniziare la perlustrazione delle famose dune del Namib. Sono le 18 ed il caldo non dà tregua: cercando riparo all’ombra dal vento bollente, ci divertiamo ad osservare i volti dei diversi turisti che vagano qua e là, tutti allucinati!
Vi consigliamo di prenotare un tavolino al ristorante del lodge che si trova accanto al campeggio: organizzano un buffet fantastico in un giardino incantevole, godrete del fresco delle ore serali con lo sguardo perso in un cielo infuocato. Le nere sagome degli alberi stagliati contro il rosso, vi faranno esclamare: “ecco la vera Africa!”
Sabato 4 gennaio
Alle 4 e 30 il campo è già tutto in fermento! I turisti si riversano a decine sulla strada (orrendamente ed insensatamente asfaltata) che, in una sessantina di km, conduce alle fotografatissime dune di Sossusvlei. Noi facciamo un poco tardi e l’alba ci coglie mentre percorriamo il nastro scuro fra le rosse dune circostanti. Fra queste, spicca la DUNA 45 (detta così perché si trova a 45 km. dall’ingresso del parco), su cui si notano tanti puntini scuri: sono tante persone che l’hanno scalata per godere dell’alba sulle altre dune! Noi ce la lasciamo alle spalle, per il momento: torneremo a vederla quando sarà vuota, sola e silente come si addice ad una vera duna del deserto!
La sabbia di questo deserto è originaria del KALAHARI, un altro grande deserto nella confinante Botswana; il fiume Orange l’ha lentamente trasportata fino al mare e da qui la fredda corrente del Benguela l’ha depositata sulle coste namibiane. Oggi, le dune coprono un’area di ben 150 km. per 200 ed hanno un colore chiaro, pallido vicino alla costa mentre, mano a mano che si spingono verso l’interno e sono perciò più vecchie, assumono una colorazione okra, tipica del Namib.
Ormai l’alba alle nostre spalle ha rischiarato il cielo e la fugace visione di un istrice “pallonzolante” dà il buon giorno a questa bella valle. La strada corre dritta verso Sossusvlei, una “pozza” ora in secca ma che si riempie d’acqua durante la stagione delle pioggie, per la gioia di decine di animali, specie per quelli che amano la sabbia, come lo struzzo e lo springbok.
A destra e a sinistra, enormi lingue sabbiose si avvicinano alla strada, restando comunque sempre distanti da essa almeno 100 metri. Sembrano l’mmagine ferma di onde che lambiscono un’assolata spiaggia caraibica! Sono tutte barcane, ovvero dune che assumono la forma di mezzaluna con la punta rivolta nella direzione del vento e le loro creste perfette si disegnano nitidamente sul cielo ormai blu.
Superiamo il parcheggio per le auto 2x4 e ci lanciamo sulla pista sabbiosa (ricordate di abbassare la pressione delle gomme!) per raggiungere il parcheggio 4x4. Alcuni alberoni spinosi fanno ombra alle auto parcheggiate (fuorchéalla nostra!) ma per il resto c’è olo qualche cespuglio giallo e secco. Da qui parte un sentiero a piedi che conduce nella DEAD VLEI, o VALLE DELLA MORTE.
Sono le 7, l’orario ideale per camminare qui in questa stagione, cosìpartiamo seguendo alcuni paletti di legno e le innumerevoli impronte sulla sabbia. Si supera una lunga e bassa duna, oltre la quale lo sguardo può inalmente spaziare su una distesa magica che ha del surreale e del tetro assieme: è a Dead Vlei! Immers nel rosso bruciato delle dune, infatti, questa ampia vallata èdi un bianco accecante: sedimenti rocciosi durissimi hanno assunto forme di tante piastrelle pentagonali, ottagonali, circolari, molto coese fra loro o separate da un’esile linguina di sabbia. Una visione fantastica e quasi allucinogena coglie chi vi cammina sopra: provate a percorrerla tutta, guardando verso il basso.. e raccontateci le vostre impressioni!
L’aspetto tetro èdovuto alla presenza su questa “crosta” di parecchi alberi secchi e nerissimi, ovviamente morti in seguito alla terribile siccitàche ha dato vita alla valle, ma che sembrano, nella loro mortale immobilità decisi a sfidare comunque l’eternità
Torniamo alla jeep, e con essa torniamo alla duna 45. Sono le 9 e non si resiste già più per il caldo; siamo costretti a scattare in fretta qualche foto per poi tornare sull’auto dove ci aspetta l’ aria condizionata!
Per il resto della giornata, abbiamo vagato nei dintorni di Sesriem, arrivando fino a Bullsport, ma non trovando panorami particolarmente degni di nota. Verso sera siamo rientrati al campeggio e ci siamo preparati per la notte.
Domenica 5 gennaio
E’ purtroppo giunto l’ultimo giorno, e trascorriamo l’intera mattina ad avvicinarci alla capitale. Alle 3 siamo a Windhoek, dopo aver superato l’incrocio con la strada che, 14 giorni fa, ci ha condotto in una splendida avventura: quante emozioni, quanti ricordi! Oggi abbiamo parlato a lungo di cosa ha significato per noi la Namibia. Molto più di un viaggio, ci ha fatto sentire non turisti ma esploratori, specialmente nelle selvagge terre del Kaokovelt. E’ questa, infatti, la Namibia che ricordiamo di più, la Namibia con la N maiuscola, quella priva di attrattive turistiche e proprio per questo ancora integra e vera. La Namibia degli Himba, perché questa è la loro terra ed è meraviglioso vederli qui, a casa loro.
Un viaggio che ha richiesto mesi di preparazione e tanto tempo per imparare ad usare il GPS. Un viaggio un po’ rischioso, come tutte le avventure, quando avevamo paura di rimanere a piedi su quelle belle ma solitarie piste, quando ci spaventava l’idea che potesse nascondersi sotto ogni sasso un mortale scorpione o che ci venisse meno la salute proprio quando eravamo su quei monti dimenticati dal mondo cosiddetto civile.
Un viaggio che ha saputo tirar fuori da noi una parte che non conoscevamo e che ci è piaciuta molto. Insomma, un viaggio difficile da ripetere, ma proprio per questo bello ed unico!
A Windhoek abbiamo svolto le pratiche per la restituzione dell’auto e poi di corsa all’aereoporto, dove abbiamo salutato un’ultima volta questo bellissimo Paese.a) Indispensabile una vettura 4x4: la nostra, un NISSAN pick up con tutto l’occorrente per il campeggio, era eccezionale!!
b) Importante una buona mappa, soprattutto che riporti le coordinate satellitari se vi portate appresso un GPS (buono ed economico il nostro, solo 220 euro, modello E-TREX della Garmin); abbiamo aquistato in Namibia due mappe (NAMIBIA e KAOKOLAND) della Contimap, sudafricana, con le quali ci siamo trovati benissimo.
c) Sulle piste l’importante è andare piano! Sembra una raccomandazione fatta da una madre al proprio figlio... ma è la pura verità! Molti ostacoli (anche i piu’ banali) se affrontati in velocità, possono diventare causa di sfregamenti o urti alla parte inferiore del veicolo, che (pur essendo molto robusto per costituzione) non è affatto indistruttibile!
Detto questo, non preoccupatevi: con le marce ridotte, questi mezzi vanno su per i muri!
d) Fate attenzione poiché alcune piste vanno seguite obbligatoriamente in un solo senso: informatevi perciò molto bene su ogni tratto dell’itinerario che avete scelto. Noi abbiamo utilizzato la guida che si è rivelata molto utile e ben fatta. Inoltre, abbiamo “conversato” con persone, soprattutto tedesche, mediante Internet, trovando molti punti GPS importanti e diversi suggerimenti.
e) Se visitate il Kaokoland, fate molta attenzione a:
- non uscire dalle piste, per non rovinare il panorama intatto e per non incorrere in salate multe che il governo namibiano promette ai trasgressori (soprattutto nei parchi!)
- scorpioni e serpenti sotto le rocce, quando camminate a piedi: qui i soccorsi non arriveranno facilmente, soprattutto perché le uniche piste percorribili da loro sono le stesse che avete fatto voi, perciò lunghe e non veloci.
- avere sempre una scorta sufficiente di carburante: noi avevamo un’autonomia di ben 1000 km., ovvero 6 taniche da 20 litri oltre al pieno del serbatoio alla partenza da Opuwo.
- avere una scorta sufficiente di acqua: una tanica da 20 litri ci ha accompagnato, oltre ad innumerevoli bottiglie di acqua minerale. Ricordate che tutta l’acqua dell’acquedotto in Namibia è potabile, ma è piu’ prudente purificarla ulteriormente con le pratiche pastiglie di Micropur
- avere una buona scorta di viveri.
- avere con sè un GPS per la propria sicurezza e per essere in grado di indicare con esattezza il punto in cui vi trovate se doveste mai aver bisogno di aiuto.
- avere un telefono satellitare: vi sentirete più tranquilli in ogni angolo dell’Africa. I cellulari, invece, sono ovviamente utilizzabili soltanto nelle zone abitate o nelle loro immediate vicinanze.
- avere con sè almeno due ruote di scorta, specialmente se decidete di seguire piste impegnative come quella del Van Zyl’s Pass.