Situata in posizione strategica nell’ambito del Mediterraneo, Genova ha sempre saputo, nel corso della sua storia fin dai tempi della Repubblica, dotarsi di un apparato difensivo di prim’ordine.
Se da una parte è il mare a costituire una protezione naturale da sud, a nord sono ancora oggi ben leggibili le cosiddette "nuove mura" costruite tra il 1700 e il 1800. Queste fanno oggi parte del “Parco Urbano delle Mura”, un itinerario di crinale scandito da forti, mura, torri, polveriere - alcuni in buon stato di conservazione, altri in rovina - immersi nel bel contesto naturale delle campagne genovesi. Lungo il percorso, una serie di cartelli descrivono gli aspetti naturali, antropici, botanici, storici e architettonici che si vanno via via incontrando.
Si possono individuare due direttrici principali: quella occidentale della Val Polcèvera e quella della Val Bisagno, così chiamate dai due principali fiumi che sfociano nel Golfo di Genova. Vi sono situati, rispettivamente, i Forti Crocetta, Tenaglia, Begato, Sperone, Puin, Fratello Minore, Diamante a ovest, e i Forti San Giuliano, San Martino, Santa Tecla, Richelieu, Ratti, Quezzi a est.
Il percorso della Val Polcèvera è quello descritto in questo resoconto.Questa semplice gita, priva di forti dislivelli, consente un quadro piuttosto esauriente delle fortificazioni, con la visione ravvicinata dei sei forti che si toccheranno (Crocetta, Begato, Sperone, Puin, Fratello Minore e Diamante) ma anche una vista complessiva verso quelli ubicati sull'opposto fronte della Val Bisagno (Quezzi, Ratti, Richelieu e Santa Tecla).
Il tracciato, che ricalca più o meno le antecedenti mura trecentesche, ha inizio dalla collina di Belvedere ove sorgeva l'omonimo Forte costruito fra il 1815 ed il 1825, oggi campo sportivo. Il punto di inizio dell’escursione è raggiunto con l’autobus n.66 che parte da Piazza Montano (stazione FS di Sampierdarena), fermata Bivio Belvedere. Per l’intero sviluppo si seguirà il segnavia di un cerchio rosso vuoto.
In pochi minuti si raggiunge il FORTE CROCETTA, situato a 145 metri di altitudine, che fu eretto nel 1818 sui resti del piccolo convento seicentesco dei Padri Agostiniani e della chiesa del Santissimo Crocifisso: il forte nell’attuale assetto fu ultimato nel 1829 ad opera del Genio Militare Sardo. A metà Ottocento fu carcere di cittadini e rivoltosi catturati dai soldati piemontesi, lasciato poi dai militari nel 1914 e saltuariamente abitato fino al 1961. Oggi è in abbandono e solo grazie alla vigilanza di alcuni privati, che abitano dell'adiacente ex casetta daziaria collegata al forte da un passaggio ad arco, è preservato da ulteriori vandalismi.
Il sentiero prosegue piacevolmente, con pendenza moderata ma costante, in un sottobosco nel quale si scorgono di tanto in tanto case contadine in rovina, fino a raggiungere (un’ora dal Forte Crocetta) il Santuario di Nostra Signora del Garbo. Il nome è riferito al rinvenimento miracoloso di un’effigie della Vergine in un buco (in dialetto “garbo”) di un vecchio castagno; del luogo di culto che fu edificato a ricordo dell’evento si hanno le prime notizie in un documento del 1365.
Poco oltre, alcune case circondate da orti che prendono il nome di “Piani di Fregoso”, un tempo luoghi di villeggiatura degli abitanti della Val Polcevera, costituiscono l’ultima propaggine abitativa della città prima dell’inizio dell’itinerario dei Forti propriamente detto. Già visibile da lontano sulla sommità di un’ampia dorsale, a quota 475 si erge il FORTE BEGATO (45’ dal Garbo): costruito dal Genio militare di Casa Savoia fra il 1810 ed il 1830, si hanno però notizie di fortificazioni sul “colle di Begale” che furono teatro di una battaglia combattuta nel 1319 fra “Intrinseci” (Guelfi) ed “Estrinseci” (Ghibellini). Nella Prima Guerra Mondiale fu carcere di prigionieri austriaci impiegati in opere di rimboschimento e nella Seconda fu occupato da truppe tedesche.
All’inizio degli anni Novanta il Forte Begato rientrò in un progetto di recupero, in quanto ritenuto adatto - per posizione ed estensione - ad ospitare manifestazioni, attività all'aperto, eventi culturali, spettacoli; ad oggi però, nonostante i cospicui investimenti, le buone intenzioni sembrano lontane dal concretizzarsi.
Basta una decina di minuti per raggiungere FORTE SPERONE e altri 15 per il FORTE PUÌN, che però toccheremo (e descriveremo) entrambi sulla via del ritorno.
Siamo ormai in vista degli ultimi complessi del sistema difensivo. Due alture adiacenti denominate DUE FRATELLI furono circondate nel 1747 da un recinto trincerato dando luogo rispettivamente al FORTE FRATELLO MAGGIORE e al FORTE FRATELLO MINORE. Del primo rimane solo la cisterna ricolma di detriti, i locali seminterrati di difficile accesso e residui del basamento originario che si scorge fra l’erba circostante. Il MINORE (quotato ai 622 metri del Monte Spino) fu edificato fra il 1815 con la costruzione della Torre e ultimato dal Genio Militare Sabaudo intorno al 1830. La struttura era però probabilmente già abbandonata alla fine dell'Ottocento. Durante l'ultima guerra, i locali furono utilizzati quale appoggio alla contraerea del Fratello Maggiore, come si nota dai resti delle postazioni di due cannoni sul terrapieno. Oggi l’interno del complesso si presenta in condizioni di forte degrado.
Giunti alla Sella del Diamante, la parte terminale del nostro itinerario è caratterizzata da 14 tornanti che si inerpicano fino al Forte omonimo, particolarmente interessanti per tratti di selciatura ben conservati.
Eccoci così al monte Diamante, punto più elevato del sistema di fortificazioni (667 metri) su cui sorge l'omonimo forte, appunto il FORTE DIAMANTE. E’ anche la postazione delle mura di Genova ubicata più a nord, nonché l’unica fuori dai confini comunali e facente parte del comune di Sant'Olcese. Sul sito di un'antica rocca difensiva di cui si hanno notizie fin dal 1478 con funzione di controllo sulle valli Bisagno e Polcèvera, potenziali vie d'accesso di invasori, il primo progetto del Forte è datato 1747; la costruzione iniziò nel 1756 ma successivamente il Genio Sardo operò ulteriori trasformazioni nel 1814, fino all’abbandono definitivo del 1914, che dura fino ad oggi.
Arrivati in cima al Diamante si trova l'ingresso diroccato del forte, anticamente dotato sia di ponte levatoio che di stemma sabaudo, di cui restano solo i pilastri laterali. Il forte è ormai privo delle strutture in ferro, tra cui le grate asportate durante la Seconda Guerra Mondiale quando era in uso la raccolta dell’oro e del ferro “per la Patria” (lèggasi per costruire armi), retorica di regime che ben sappiamo come andò a finire. Nonostante lo stato di abbandono, la struttura ha un indubbio fascino, dovuto alla sua estensione e ai numerosi scorci su mura, bastioni, torri, sottopassi, che si presentano al visitatore aggirandosi - in certi punti con un minimo di cautela - fra le rovine; tenuto poi conto della posizione dominante sugli Appennini, la fortificazione è ben visibile da molti punti delle valli di Genova, con un effetto altamente scenografico.
I prati circostanti il forte sono anche l’ideale punto di sosta per il pranzo al sacco, dopodiché si propongono diverse vie di ritorno: particolarmente appagante è la discesa a Trensasco, rientrando dall’omonima stazione nel capoluogo tramite il trenino della Ferrovia Genova-Casella, panoramicissima e ardita linea a scartamento ridotto molto cara ai genovesi (e alla quale spero di potere dedicare un articolo mirato). Noi invece ripercorremo in parte - vale a dire fino a Forte Sperone - il tragitto dell’andata.
Intrapresa la discesa, si perviene in una trentina di minuti al FORTE PUÌN (m.508) che, già a colpo d’occhio, dà la sensazione - a differenza degli altri - di un’entità viva. In effetti l’edificio è meta di esaurienti visite guidate a cura del Comune di Genova ogni seconda domenica del mese da marzo a novembre.
Così come i Due Fratelli, la realizzazione del Puìn fu opera dei piemontesi, ispirandosi al modello delle Torri francesi, tanto è vero che i lavori, intrapresi nel 1815, ebbero inizio proprio dalla Torre; solo nel quindicennio successivo fu completata la cinta. La fortificazione fu abbandonata alla fine dell'Ottocento e depennata nel 1908 dalle liste militari. La postazione era anche detta “ridotta dei pani” in quanto funzionò come centro di smistamento delle vettovaglie destinate ai siti fortificati della linea di crinale.
Sembra che il curioso nome del Forte sia dovuto alla sottostante baracca, detta del Puìn (in dialetto genovese "padrino"), soprannome dato al proprietario: quindi, con una metafora un po’ fantasiosa, il Forte Puìn potrebbe essere definito Padrino nel senso della protezione esercitata nei confronti dei Due Fratelli.
Il FORTE SPERONE (m.489), raggiunto in pochi minuti di discesa, può essere fatto risalire all’inizio del 1300 come sito di una fortificazione ghibellina che portava il nome di Bastia di Peralto. Fu poi completato nel 1747 con l'edificazione di una caserma con abitazioni per gli ufficiali, magazzini e polveriera (arricchita nel 1820 da tre torri), il tutto racchiuso in una cinta di mura in pietra che già in distanza lo rendono imponente.
Il buono stato di conservazione è dovuto a un’utilizzazione pressoché continua nel corso dell’ultimo secolo: prigione durante la Prima Guerra Mondiale, caserma della Guardia di Finanza dal 1958 al 1981, sede di rappresentazioni teatrali durante l’estate, anche se in maniera alquanto discontinua. Così come il Forte Begato, c’è da augurarsi che qualche intervento illuminato possa valorizzare continuativamente questi capolavori veramente unici dell’architettura, militare e non solo.
Il Forte Sperone è situato sulla sommità del Monte Peralto, noto anche come collina del Righi dal nome della funicolare che la collega al centro cittadino; l’area è meta molto frequentata - oltre che come accesso agli itinerari dei Forti - anche dagli appassionati di jogging che possono disporre di un polmone verde a breve distanza dal traffico urbano.
Non resta che rientrare in città, tramite la citata funicolare o - soluzione obbligata nei periodi di manutenzione della medesima - lungo la carrozzabile.
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Genova per voi - 3. Il giro dei Forti
Una magnifica escursione nel “Parco Urbano delle Mura”, ricca di spunti per conoscere aspetti insospettati da chi ritiene Genova soltanto “la città dell’Acquario”
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