Viaggio dell'anima

Quando "viaggio" non è per forza sinonimo di "lontano"

Basta! Torno a Montelupone.
Giorni fa, in una giornata trasparente come uno zaffiro, son tornato a Montelupone, città dolcissima e colta, distesa sulla sua collina, a dieci chilometri da Macerata, l’Atene delle Marche. Da una terrazza aperta sulle valli, contigua alla piazza quadrata, si scorge la neve sui Sibillini. Immagino garruli sciatori a Sarnano e a Pizzo di Meta. La sagoma ottocentesca del Palazzo comunale è ornata di lapidi ben conservate, che testimoniano al popolo dell’età modernissima gli eventi dei secoli andati. Le bandiere, italiana ed europea, si muovono appena, fa ancora caldo e, come quelle, vengo pervaso da una placida indolenza. Sulla torre merlata del ‘300 lo stemma è bianco nel marmo, incastonato sul mattone secolare.
Qui vita esisteva già nel VI secolo a. C., al tempo della Civiltà Picena, come testimoniano i reperti archeologici, quando le più famose città, come la Ville Lumière Parigi, non esistevano ancora nella mente di Giove, perché lui stesso era appena nato. Ma son certo che altre ricerche potranno dimostrare un’età ancora più antica. Non molto distante gli scavi di Arcevia datano la presenza umana a ventimila anni fa. In epoca romana diverse dimore patrizie erano sparse nei punti più suggestivi del territorio comunale, in località Cervare di Montelupone sorgeva il tempio di Apollo.
Per le strette vie osservo case di bambola, curate e gentili, che espongono il verde e i colori di una piccola collezione di piante in vaso, ebbre di sole ottobrino.
Entro al Caffè del Teatro, che sta sotto la loggia del Comune, ed effettivamente dà accesso al Teatro comunale, grazioso come una bomboniera e finalmente restaurato con la puntigliosa attenzione che si dedica a un lavoro al tombolo. Il Caffè è totalmente rinnovato, comodo e luminoso, con sale per fermarsi alquanto a dire del più e del meno e (udite, udite!) con una perfetta postazione Internet per i computerdipendenti.
Montelupone mica te la racconta tutta: solo se cerchi e chiedi scopri il passato garibaldino e mazziniano, e lo conferma la scritta su Palazzo Emiliani, luogo preferito per i raduni carbonari. Luogo per nulla defilato e nascosto essendo a fianco di Porta… la prima via d’accesso al centro storico, e neppure dovevano essere incontri troppo segreti, tant’è che poi i sovversivi dal cuore italiano furono tutti arrestati. Il tributo eroico di questa gente in ogni guerra d’indipendenza italiana, africana e nella prima e seconda guerra mondiale fu dato sempre con semplicità, modestamente, silenziosamente, con ferrigna fortitudine atavica. Questa gente è figlia di una terra dolce e superba a un tempo. Grande coltivatrice di campi, esperta di mare e di pesca. Ha una parlata armoniosa, ma è in silenzio che ha solcato tutti i mari e dissodato le terre di tutto il mondo.
Dalla piazza mi sposto prima al Parco Franchi e poi ai giardini, seguendo le mura medievali, fra voli di tortore in coppia, rondini in festa e farfalle ubriache nel blu. Scopro la valle che rotola giù fino al mare, in dieci chilometri si scende dai 300 metri di questo colle al livello dell’Adriatico “selvaggio”. Quindi ce n’è per tutti i gusti, di panorami. Da una parte monti altissimi e dall’altra il mare, direbbe Giacomo Leopardi: "... e quindi il mar da lungi quindi il monte". Bisogna fermarsi qui, su un’accogliente panchina all’ombra dei pini marittimi, bisogna fermarsi e accendere una sigaretta. Così si comprende in pieno che intendeva il Poeta citando: “Interminati spazi e sovrumani silenzi”.
Sul finire di questo ottobre ritorna la stagione bella per i paesi di collina e di mare, che sono un incanto di armonie, un panorama che ti mozza il fiato non appena ti affacci a una finestra. Io sono fortunato proprietario di una di quelle finestre, un quadro vivente e cangiante di nuvole e ombre, in una casa di bambola inserita nelle mura medievali di Montelupone, oblique e larghe, per resistere a chissà quali assalti. Mura di mattoni a vista e profumate da tigli e cipressi. Fino a qualche anno fa sulle mura apparivano piante selvatiche di cappero. Ma le cure per l’ambiente le hanno fatte sparire e me ne dispiace un po’. Sono scomparse anche le osterie, e questo mi dispiace ancora di più: in una di queste era possibile farsi un bicchiere traendo il vino direttamente dalla damigiana, fornita del classico tubo di gomma e spinello. Dalla finestra si domina gran parte della provincia, dal Monte Conero a Civitanova. Quella parte che guarda verso il mare, di un azzurro intenso, che fa da sfondo alle sommità dei colli popolosi e delle torri di Potenza Picena, Loreto, Recanati. Qui aleggia immutabile, e palpabilmente, la poesia e l’anima di Giacomo Leopardi. La campagna appare attonita, dopo la grande stagione delle messi. E’ un’ineguale scacchiera che intercala il color bruno delle recenti arature ai campi più chiari e asciutti, dove il lavoro è fatto e già è presente il seme, affidato all’alea delle intemperie puntando a un nuovo raccolto. L’agricoltore è un giocatore d’azzardo, scommette le sue risorse nella semina annuale, ma non può sapere se la sua fatica riuscirà vincente o perderà tutto. Il clima è generalmente dolce, ma la Bora settentrionale, dopo aver squassato Trieste, può arrivare fin qui, non ostacolata dal mare aperto. Ma resta ancora tanto verde, l’ultimo taglio dei trifogli attende, le vigne verdeggiano ancora, dopo aver dato grappoli pregiati di Rosso Conero, Rosso piceno, Verdicchio. E molto argento brulica al sole, per la gran quantità di olivi. Qualche prato stabile è punteggiato dal vello bianco di piccole greggi.
Ritorno verso il centro, forse il tabaccaio ha aperto, lungo il Corso Regina Margherita, soffrendo acutamente per certe architetture nuove, in parte da ultimare. Belle, ma d’anima diversa e irriverente verso le costruzioni più antiche.
Anche qui, come in tutti i paesi piceni di collina, trovate insieme campane armoniose, Madonne dolcissime, e cippi e targhe a ricordo di patrioti e uomini pregiati che nessuno conosce. Ovunque si confondono ricordi francescani, lapidi carbonare, cenni a studiosi e artisti ignoti. E’ una terra che fabbrica di continuo e nel silenzio germi d’intelligenza che scoppieranno, portati dal vento, chissà dove.
Ancora oggi nelle Marche, specie al sud di Ancona marinara e delle raffinerie di Falconara, il lavoro è poesia, che erompe e fiorisce dall’azione, dalla quotidiana fatica. Non saprei decidere se lavorare qui sia più faticoso o più melodioso. Resto sempre ammirato dalla misura, dalla parola equilibrata, da quella organizzazione cosciente che è una delle caratteristiche picene, così con le rime come col pennello, col bulino o la sgorbia, nella musica e nel lavoro intellettuale e manuale, indifferentemente.
Nella valle del Chienti, andando per diletto e per vacanza, incontro minuscoli cimiteri, vigilati da alte alberature, che nessuna tema, nessun velo impongono al buonumore. Anzi, se una riflessione mi sfiora, sull’evento più temuto dai viventi, è che non c’è giustizia neppure oltre il gran passo. Chi giace qui, fra tanta pace e i fiori sempre freschi della “pietas” familiare non può essere all’Inferno, qui il Diavolo si pentirebbe e all’inglese, zitto zitto, se ne andrebbe in punta di piedi verso altre contrade.
Sono fortunato, il tabaccaio spalanca la porta funesta del mio vizio, ha lasciato la macchina aperta, con le chiavi inserite, come fanno in molti. Anche per le bici è lo stesso, il lucchetto di serie è un “optional” che fa la ruggine, non una moto o ciclomotore è chiuso a catena.
I ladri? Vennero una volta, sfondarono porte e finestre, predarono le case isolate. Non se ne salvò nessuna. Poi sparirono, all’improvviso, così com’erano venuti.
Il tabaccaio mi conosce: “Giovanni, non la si vede più da anni, che è successo? Forse qualcuno l’ha offesa?”. Rido. E’ impossibile! Sono immerso in tali e tante offese quotidiane in città che qui non mi accorgerei di un ceffone. Ma nessuno qui dà mai schiaffi. Anzi, non riesci neppure a pagare il caffè, è il barista (incredibile visu!) che te lo offre.
Montelupone ha begli edifici, antichi e pregevoli, denotano la nascita e la tradizione nobilesca di questo Comune, nel punto più alto sta la Chiesa di San Francesco. Enorme, starebbe al pari di cattedrali di città molto maggiori, stringendosi un po’ potrebbero entrarvi tutti gli abitanti di questo colle antico.
Nella piana resiste ai millenni l’Abbazia di San Firmano, il monaco che avviò prima dell’anno mille l’agricoltura e le industrie. Santo poco affermato all’estero, ma attivamente dedito a proteggere i nipoti dei nipoti dei suoi parrocchiani, che videro un Medio Evo fitto fitto di scorribande armate, di corsari saraceni, di pestilenze bibliche, di guerre fra vicini e di invasioni di eserciti fierissimi. Dei quali tutti videro la ritirata e la disfatta. La regola benedettina "ora et labora" portò grande fermento spirituale e aprì una nuova epoca di sviluppo. Il Monastero di San Firmano raggiunse il controllo di un vasto territorio. Una cosa che mi tocca nel culto del Santo è il convincimento diffuso che, passando a quattro zampe sotto la sua statua, sostenuta da un piccolo altare, scompaia il mal di schiena. Se ne deduce che la schiena è stata sempre sfruttata tanto da questo popolo, ed era opportuno che restasse sempre dritta e vigorosa. Tempo da perdere per acciacchi vari non ne ebbero mai, il colpo della strega può “far fine” qualche furbo fannullone nelle decadenti città. Qui sarebbe una scusa inaccettabile, e la peggiore delle maledizioni.
Il lavoro non è pensato “alla milanese” (come le cotolette, che qui nessuno chiede, con il ben di dio che leggi sui menu dei ristoranti pulitissimi e luminosi, dove le voci son sussurri e il servizio affettuoso come per amici di riguardo). Qui si pensa al lavoro con il cervello dell’artista, difficile spiegare meglio il concetto, difficile imitare, impossibile superare.
Dopo le sigarette, al supermercato, che offre la solita variopinta paccottiglia, ma qui si compra anche la porchetta, cotta in forno a legna e profumata di aneto selvatico. Solo supermercati “degeneri” osano tanto, nel mondo non esiste questa prelibatezza in alcun supermercato che si rispetti, sarebbe ingiuria alla nuova ideologia commerciale. E al supermercato è impossibile non appezzare bellezze moderne, ragazze italiane, picene, nelle quali è forza ed equilibrio. Forza femminile picena, bionda o bruna, tranquilla e onesta forza sulla quale si può contare. Sono tutte di una grazia naturale e gentilesca. Non hanno vezzi, moine, vestine sexy, occhiate copiate dalla soap opera televisiva. La Bellucci, attrice marchigiana che rifulge in Francia, qui non ha molto seguito, la concorrenza è vastissima, agguerrita e ubiquitaria. Sono o diventeranno madri attente e fiere, silenziose, così come i loro uomini sono seri e lavoratori. I giovani si incontrano nei bar, unici luoghi in cui senti accenti più sonori e aperte risate, o sulle spiagge che alternano la sabbia a distese di sassi levigati e bianchi. Spiagge tranquille, in gran parte libere. Da Montelupone si va alla spiaggia di Porto Potenza Picena, che è anche il suo scalo ferroviario. A primavera si pianta un ombrellone in spiaggia e con una funicella si legano un paio di sedie pieghevoli. In autunno, dopo svariati utilizzi, si recupera il tutto un po’ scolorito dal sole e dalla salsedine. Nessuno vigila su quelle vostre cose, nessuno se ne appropria.
Questa gente in passato ha fatto l’Argentina, il Brasile, l’Uruguay, il Nord America, l’Africa con nel cuore la Madonna di Loreto, nella quale tutti credono. Andarono e tornarono, tacendo. Accompagnati da un’aria del loro Rossini, dal canto del loro Beniamino Gigli, da una poesia in vernacolo o da una lirica di Leopardi.
Oggi i giovani frequentano le Università senza troppi anni in fuori corso, o lavorano nelle aziende agricole, nelle fabbriche, negli studi professionali e nei commerci che hanno avuto inizio dal nonno o dal bisnonno, attività curate e incentivate come un bene familiare, con affetto familiare, quasi religioso. Molte aziende di Montelupone competono con il mondo e sono apprezzate da tutti nel mondo.
Un tempo si viaggiava per imparare, oggi non si fa più solo per questo motivo. Ma di certo in ogni luogo che si visita qualcosa c’è da apprendere. Anche nel villaggio turistico agli antipodi, organizzato dal tour operator con la formula “tutto compreso”. Si impara all’imbarco e all’aeroporto, s’impara a dire “ciao” nelle più diverse mescolanze di suoni. S’impara qualche gioco o passatempo dall’animatore di turno. Sì, si imparano molte cose. Alcune servono, altre servono poco. Quando venni la prima volta a Montelupone, dopo aver visto le più grandi città, avervi abitato e lavorato, mi parve di aver imparato una cosa, forse importante. Avevo capito che io vivevo in un certo modo e credevo fermamente che il progresso consistesse anche e soprattutto nel vivere a quel modo. Non avendo dubbi su questo punto, restai stupito nel vedere gente che viveva il progresso diversamente da me e da tutti coloro che io conoscevo. Prendeva la vita diversamente. Faceva tutto quel che io facevo in modo differente e migliore, senza rumore, senza pubblicità, senza stress, raggiungendo obiettivi migliori, in meno tempo e con minori spese e fatica. Sì, nelle Marche viaggiare è imparare. Ma non si può, anche volendolo, copiare. Non si può rientrare nella tua città e non conformarsi nuovamente ad essa. Quel che nelle Marche impari non lo puoi applicare a piacer tuo e ovunque, vale solo in quel mondo.ABBAZIA DI SAN FIRMANO
In stile romanico. Bello il portale d’ingresso con i bassorilievi della lunetta in stile bizantino. All’interno una stupenda tela attribuita a Carlo Maratta, un affresco del 1400 con la Madonna in trono e i Santi Firmano e Sebastiano attribuito a Giacomo di Nicola da Recanati (1460). Nella cripta la statua del Santo di Ambrogio Della Robbia.

CHIESA DI SANTA CHIARA
Notevoli la cantoria in legno dorato (1700), il coro ligneo realizzato da Matteucci e Rossini (1775), le grandi pale degli altari con l’Annunciazione di Federico Barocci , una antica statua in legno raffigurante la Madonna col Bambino. L’organo del Giulietti. Le quattro porte intarsiate e il portello sono dell’artista Cristofaro Casari (1796).

CHIESA COLLEGIATA
Vi sono due grandi pale d’altare di Antonio da Faenza (Antonio di Domenico Liberi, o di Mazzone, detto il Domenichini 1456-1534), allievo di Lorenzo Lotto, Luca Signorelli, Gerolamo Genga: "Madonna col Bambino e i SS. Pietro e Paolo" (1516) e "Madonna del Latte" (1525); le cappelle dell’Addolorata e dei Caduti dipinte da Cesare Peruzzi, la volta absidale e la cappella del S. Cuore di Vincenzo Monti. L’organo del Fedeli da Camerino del 1735.

CHIESA DI SAN FRANCESCO (sec.XIII-XIV)
Inaugurata dallo stesso Santo di Assisi, posta sul punto più alto del paese, ha sulla fiancata il convento dei Frati Francescani con relativo chiostro. La costruzione dell’attuale torre, decapitata, è successiva. Il primario stile gotico (1251) è stato trasformato in barocco nel 1747. Custodisce quattro grandi statue in gesso del maestro Rusca da Lugano, i quattro evangelisti sui pennacchi del tempio del pittore Podesti, l’organo del Nachini maestro del Callido. Il monumento nazionale è visitabile a richiesta.

TEATRO STORICO "NICOLA DEGLI ANGELI" (sec. XIX), progettato dagli architetti Ireneo ALEANDRI e Sabbatini da Recanati, in stile neo-palladiano con pianta a ferro di cavallo. Si possono ammirare: l’architettura, le decorazioni, gli arredi, le immagini dipinte da Domenico Ferri da Ascoli.

CHIESA DI SAN VINCENZO
Con affreschi, pitture e decorazione dell’artista prof. Elia BONCI (1866-1934).

PINACOTECA CIVICA
Custodisce grandi tele dei secoli XVI-XVII, fra cui un S. Francesco di scuola marchigiana, una Madonna in trono con 15 misteri. Di grande interesse la "Madonna della Misericordia" del fiammingo Ernst Van Schaick, l’estasi di S. Giuseppe da Copertino di Benedetto Bianchini, tele e disegni di autori anonimi. La suggestiva sede del palazzo dei Priori conserva affreschi della prima metà del ‘500. Vi si conservano svariati oggetti d’arte religiosa, due savonarole originali, dipinti di Pellini, Peruzzi, Bernacchini.

MUSEO D’ARTI E MESTIERI ANTICHI
Nei sotterranei del palazzo comunale sono raccolti attrezzi e strumenti di lavoro riferibili agli antichi mestieri artigianali del territorio.

Il centro storico di Montelupone si presenta nel suo aspetto medioevale, cinto da mura castellane con quattro porte; i vicoli e le stradine mantengono intatta la loro pavimentazione originale in pietra.
= Porta Medioevale ULPIANA (sec. XII-XVI); di origine romana, il nome deriva dall’imperatore Marco Ulpio Traiano. Fu nel medioevo porta incastellata con apertura carraia, rivello e ballatoio, restaurata nel 1500 nelle attuali condizioni. Detta anche porta S. Michele. Alla sua sinistra si trova l’arena del pallone al bracciale.
= Porta Medioevale di SANTO STEFANO (sec. XIX); rifatta completamente nel 1804 a mattoni con ringhiera e guglia su porta preesistente. Detta anche porta Marina o delle Grazie o Fontanella.
= Porta Medioevale del CASSERO (sec. XIV-XVI); è la porta più elevata, rifatta nel 1500, con decorazioni geometriche a sbalzo sulle colonne portanti. Nel medioevo doveva essere porta munita. Detta anche porta Castello.
= Porta Medioevale del TREBBIO (sec. XV-XVI); originale costruzione posta al bivio di un antico raccordo col Monastero Benedettino di S.Firmano.
= Il Roccellino, torretta di avvistamento verso la vallata del Potenza, resto dell'antico Cassero.
= Palazzetto del Podesta' o dei Priori (sec. XII-XIII), edificio a forma rettangolare con portico e bifore. Nel salone centrale si trovano affreschi del XV secolo. Parte integrante del monumento è la TORRE Civica, con merlatura ghibellina che accoglie lo stemma più antico della città ed il grande campanone in bronzo fuso.
= Palazzo Comunale (sec. XIV-XVIII), si affaccia sulla piazza-salotto, è opera dell’Architetto Ireneo ALEANDRI (progettista dell’Arena Sferisterio di Macerata Opera), originariamente senza loggiato, di stile settecentesco, ha il vestibolo in comune col teatro comunale. Sul lato destro si trovavano le carceri.
= Il Monumento dei Caduti opera dell'artista Vittorio Morelli nello splendido giardino adiacente il Parco Franchi, che annovera alberi secolari.
= Palazzi gentilizi come Palazzo EMILIANI (sec. XVIII); struttura settecentesca, che oltre ad aver ospitato una delle prime vendite carbonare e le truppe francesi prima della disfatta di Castelfidardo, conserva al suo interno il ciclo di pitture "Le quattro stagioni e la storia del pane" dell’artista Biagio Biagetti.
= Palazzo TOMASSINI BARBAROSSA (sec. XII-XVIII); con opere dell’architetto Valadier (1762-1839), costruito nell’attuale forma nel 1700 da una famiglia discendente da Federico Barbarossa, poggia sopra un edificio più antico.
= Palazzo CALCATERRA(sec. XIV-XVII); già convento con annesso chiostro.
= Palazzo CELSI-DE SANTIS (sec. XIV); in origine di proprietà della Comunità Benedettina di S. Firmano, dimora estiva del Cardinale Flavio Chigi, nipote di Papa Alessandro VI
= Nel territorio comunale oltre a chiesette di campagna, edicole religiose, ville d'epoca, camini di antiche fornaci, case di terra, fonti rurali anche di pregevole fattura architettonica e di notevoli dimensioni come Fonte Bagno, sono di notevole valore strorico-artistico la chiesetta di SanVincenzo a Montenovo (sec. XIX) interamente affrescata ed il TORRIONE, antico mulino fortificato medioevale posto su un braccio del fiume Potenza, utilizzato per il controllo della navigazione."Lo salato": antipasto a base di prosciutto, salumi, lonze. Gnocchi con la papera (anitra). Tagliatelle fatte in casa. Cucciole: lumache in padella con finocchio. Vincisgrassi: pasta all’uovo a strati, lessata, con ragù, besciamella, fegatini di pollo. Frascarelli. Coniglio in porchetta. Oca arrosto: tipico piatto della mietitura. Carciofo monteluponese. Vino. Ortaggi e frutta. Scroccafusi: dolce del periodo carnevalesco. Pupi di lievito. Vino cotto. Miele. Olio extra vergine di oliva.

10 commenti in “Viaggio dell’anima
  1. Avatar commento
    Lally
    30/03/2008 17:14

    Davvero un aticolo bellissimo scritto con il cuore...e lo dice un abitante di Montelupone!!

  2. Avatar commento
    Angelo Recchi
    21/11/2007 09:26

    Giovanni, che dire? Complimenti vivissimi. Hai reso perfettamente l'esperienza di vivere (nel)le Marche.

  3. Avatar commento
    Leandro
    18/01/2005 18:04

    Commento "gustoso" quanto l'articolo! E come tutti gli interventi di Lorenzo, grande "buongustaio della vita"! ;-))

  4. Avatar commento
    lorenzo
    18/01/2005 11:56

    Viviamo in un paradiso e quasi mai ce ne rendiamo conto. Potremmo fare il censimento degli atolli delle Maldive. Conosciamo a menadito le leccornie della cucina lappone e tutte le variazioni del sushi. Parliamo del Prado o del Louvre con la stessa familiarità con cui i pendolari parlano del primo treno del mattino. E poi finisce che le Marche ci appaiano più arcane e misteriose di uno ziggurat! Pezzo delizioso, cesellato accuratamente come fosse davvero un lavoro al tombolo. Golosi gli gnocchi con la papera, regali i vincisgrassi...

  5. Avatar commento
    lorenzo
    18/01/2005 11:56

    Viviamo in un paradiso e quasi mai ce ne rendiamo conto. Potremmo fare il censimento degli atolli delle Maldive. Conosciamo a menadito le leccornie della cucina lappone e tutte le variazioni del sushi.Parliamo del Prado o del Louvre con la stessa familiarità con cui i pendolari parlano del primo treno del mattino. E poi finisce che le Marche ci appaiano più arcane e misteriose di uno zigggurat! Pezzo delizioso, cesellato accuratamente come fosse davvero un lavoro al tomobolo. Golosi gli gnocchi con la papera, regali i vincisgrassi...

  6. Avatar commento
    grillo
    18/01/2005 07:00

    Fantastico. Ho letto questo servizio qualche giorno fa, forse proprio a Natale...e ieri sono passato da Montelupone, per recarmi a Macerata. Fantastico...anche Gennaio è più gradevole da quelle parti! Comlimenti all'autore.

  7. Avatar commento
    GUANABO
    13/11/2001 06:00

    Complimenti per l'articolo... Vivo nelle Marche e ne sono fiero... Invito tutti a visitarla compreso la zona della provincia di Ascoli Piceno!

  8. Avatar commento
    Davide
    13/11/2001 06:00

    Grandioso, e' quello che penso, cambia solo il paese... Sirolo, ma la finestra e' la stessa. Vengo da Roma, dalla metropoli, e nell'anconetano vorrei trasferirmi... sono innamorato della zona del Conero... magari un giorno!

  9. Avatar commento
    Grian
    13/11/2001 06:00

    Ciao, Giovanni - complimenti. Una domanda: se tu avessi la possibilità di lasciare la città dove abiti e "cambiare vita", andresti a vivere in questo posto? Ci sto pensando io, sai.

  10. Avatar commento
    Giovanni
    13/11/2001 06:00

    Grazie, Leandro, forse non merito tanto, però il cuore sì. Il cuore va meglio pubblicizzato, da parte di tutti, da parte dei più capaci. E' una cosa, il cuore, che ci fa vivere meglio.

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