Un viaggio letterario per ritrovare le radici del romanticismo

In giro per Assia e Baden Wurtenberg

Mia moglie ed io volevamo andare in Germania: se ne conoscevano solo Treviri e Berlino: la prima, cittadina accanto al Lussemburgo, nota per le antichità romane e per aver dato i natali a Marx. La seconda, nota a tutti. Poi, qualche autostrada per Praga e per Rostock. Nient’altro.
Così abbiamo programmato 12 giorni nella Germania Romantica. Intendiamoci subito. Un viaggio letterario per ritrovare i luoghi dei Fratelli Grimm, di Holderlin, di Goethe, e, con cent’anni di distanza, di Hesse.
L’itinerario doveva prevedere un vero pellegrinaggio ai luoghi tipici del romanticismo, senza dimenticare la bellezza dei luoghi, le città, i paesi, le montagne, i fiumi. Così è stato.Due adulti di 50 anni. Un’auto per muoversi da Firenze per la Germania. Di seguito, H sta per Hotel
Giovedì 28 Partenza, arrivo a Hanau, visita di Hanau. H Hanau
Venerdì 29 A Francoforte col treno. H Hanau
Sabato 30 Wetzlar - Marburg visita. H Marburg
Domenica 1 Frizlar, visita parte di Kassel. H Kassel
Lunedì 2 Kassel. H Kassel
Martedì 3 Heidelberg visita. H Heidelberg
Mercoledì 4 Mannheim; Maulbronn visita. H Maulbronn
Giovedì 5 Baden Baden, Calw visita. H Calw
Venerdì 6 Stoccarda. H Stoccarda
Sabato 7 Tubinga Friburgo. H Friburgo
Domenica 8 Giro nella Foresta nera: Titisee, Feldberg, Sankt Blasien. H Friburgo
Lunedì 9 ritorno a casa1) Siamo andati subito ad Hanau, una dozzina di ore di macchina, le autostrade tedesche, intasate dai lavori in corso, hanno tempi di percorrenza imprevedibili: Hanau non la conosce nessuno ma è una cittadina a venti minuti di treno da Francoforte. Ha dato i natali ai fratelli Grimm e c’è un grande castello dove era una grande mostra sui fratelli Grimm.
Il centro storico, piccolo, ricostruito dopo la guerra, fa impazzire per il traffico un turista che non conosce il tedesco e che incontra sulla strada solo gente che parla tedesco. Dopo qualche giravolta inutile, abbiamo trovato un tassista che ci ha fatto uno slalom nel centro e ci ha depositato all’albergo. Qui sono molto gentili. Una ragazzina ci accompagna in una dépendance dove due notti costano solo 100 invece di 200. La ragazzina poi va sull’altalena di un giardino interno, la possiamo vedere dalla finestra.
La guida Touring ci parlava per Hanau di due distinte cittadine, ma nessuno si accorto di nulla, il nucleo storico oggi è molto compatto e si passa da una parte all’altra senza accorgerci di nulla. Solo, andando per una direzione, la strada sale appena e si vede qualche ciottolo, un lastricato, un pavé, e ci pare di essere altrove. Una leggera pioggia ci sprofonda in un’ora e in un tempo non ben definiti. Sulla piazza del comune c’è un monumento ai Grimm, e un piccione si ostina sempre a posarsi sulla testa di Wilhlem. Non riusciamo a vedere tutta la città, perché ci manca il castello di Philipruhe, che chiude alle sei del pomeriggio. Decidiamo così di andare l’indomani presto a Francoforte ma di tornare per le quattro e mezzo, così da vedere il castello e la grande mostra dedicata ai due maestri della fiaba tedesca.
Si cena da dei turchi, bene, davanti all’albergo, una breve passeggiata serale, poi, stanchi, a letto.

2) L’indomani Francoforte. A piedi si va alla stazione ferroviaria, c’è un treno ogni 20 minuti. Non si capisce quasi nulla come funzionano le macchinette automatiche (non esiste una biglietteria, come nelle stazioncine della metro a Roma) ma in qualche modo si capisce che conviene un biglietto da 5 corse per fare andata e ritorno per due persone. Venti minuti di treno e siamo in centro a Francoforte.
Abbiamo quasi 7 ore per vedere la città, ma si scopre che in fondo bastano tutte. Davanti alla stazione ferroviaria c’è un mercato di frutta: scopriamo frutti strani, tipi di ribes rossi, bianchi, blu, mirtilli di ogni colore e molte altre palline e bacche commestibili. Saranno frutti famosi, ma da noi non si vedono neanche per sbaglio. Complessivamente queste piccole uve piacciono, ma sono asprissime o dolcissime, senza vie di mezzo. Si mangiano che è un piacere. Sorprendono le dimensioni dei cavoli, dei sedani e in genere della verdura: forse sono bombe transgeniche, chissà, però sono belle a vedersi.
In centro si arriva a piedi in dieci minuti, in città c’è un sacco di lavori e la città all’inizio pare insulsa. Il Meno si presenta, invece, bello. Prima ci fermiamo a vedere una chiesa, accanto al Museo delle Icone, a cento passi dall’Antico Ponte sul Meno. Un custode tedesco ci spiega in dettaglio molte cose tedesche, ma in modo piacevole, e in specie ci scopre dei Durer. Strabiliante. Il museo delle icone, molto piccolo ma interessantissimo, lo vedremo il pomeriggio.
La vista sul Meno, a sinistra, è bella, con grattacieli altissimi, di vari colori, del Quartiere Fieristico e della Borsa. Sono tanto belli riflessi sul fiume, quanto inutili per il resto della gita. Il centro storico è piccolissimo, ridotto al duomo (ricostruito) a una piazzetta di antiche cose della dominazione romana, un’altra piazza, molto allegra, del Comune. Come si vedrà anche in seguito, la gente vi si sposa, è sabato, amici portano scatoloni di cartone con bottiglie di spumante. Gli sposi sono giovani e allegri. Sorprendono la semplicità della cerimonia, la modestia degli abiti, la gioia tranquilla di sposi e invitati. Invece del riso si gettano fiori. Se volessimo potremmo bere anche noi un bicchiere ma siamo troppo timidi.
Si gironzola per il centro, dove si hanno grandi viali e tranquille stradette: i lavori in corso stancano un po’, ma c’è tanta gente che fa festa nella grandissima piazza davanti al Posto di Guardia (Hauptwache). La città finisce però subito, solo alle estremità del brevissimo giro alberato dei viali si vede gente del Quartiere Fieristico che va a pranzo nella pausa di lavoro. Noi, che non ci importa nulla della Borsa di Francoforte, andiamo invece alla casa di Goethe, anche per ripararci dalla pioggia. Si tratta di un buon museo, che tutti quelli che amano il personaggio non potranno non apprezzare. Da ricordare che Goethe fu non solo poeta e romanziere ma anche scienziato, dimostrandosi romanticamente uomo aperto a mille suggestioni diverse. Purtroppo nel suo museo, come in quasi tutti i musei, tutto è scritto solo in tedesco.
Interessantissimo infine il vecchio Parlamento, di forma stranamente circolare: lì Jacob Grimm fu eletto deputato nel 1848. Lui e Wilhelm erano tenaci liberali, vicini al popolo e oppositori prima di Napoleone e poi di principi e re tedeschi. Il parlamento ebbe vita breve, come le rivoluzioni del ‘48, subito dopo si affermò il potere militare della Prussia. Il palazzo è molto strano. Da consigliare a chi ama la storia, ma, ripeto, le colonne e la forma meritano da sole una visita.
Il pomeriggio è un attimo. Qualche passeggiata sulla zona antica (sempre duomo e cose romane), passeggiata sul Meno, icone ortodosse, e in un attimo risiamo al mercato. Si monta in treno - la stazione centrale di Francoforte è la metà di quella di Bologna - e a razzo torniamo ad Hanau. A piedi al castello di Philupruhe, dove ci attendono begli ambienti ed una ricca documentazione sui Grimm. Vale senz’altro la pena. Chi non gliene frega nulla dei Grimm si goda solo il castello, e il giardino se non piove. La cittadina sotto la pioggia ha un che di tenero, fuori dalle grande piazze tutto è silenziosissimo, sulle panchine ci bagniamo il sedere ma si può parlare, sotto l’ombrello.

3) L’indomani siamo andati a Wetzlar. Qui ci sono forti ricordi goethiani. La cittadina è alta e un po’ sghemba, si lascia la macchina alla periferia est e si scende appena. In alto il duomo merita veramente una visita, la piazza è deliziosa, scoscesa che fa pensare alle nostre città toscane. Tutto però qui è tipicamente tedesco.
La città è molto piccola, ci stiamo bene, l’idea è di una festa continua. Qui c’è la casa di Lotte, il personaggio di cui si innamora il giovane Werther di Goethe: la sua casa è molto intatta, e non è tutta reinventata o spoglia, come capiterà altrove per altre case. Curioso, accanto, il museo della città, città prevalentemente mineraria, con oggetti legati al lavoro di officina e di miniera; e da non dimenticare per nulla la Jerusalemhaus, sempre in piena città. Questo Jerusalem dette spunto, col suo suicidio, ad analogo episodio del Werther. Una gentile signora ci spiega tutto in un ottimo francese, finalmente abbiamo una guida. Gli arredi sono molto simili agli originali, si entra quindi in una casa di più di duecento anni fa.
Vale la pena anche traversare un ponte: c’è una mostra missionaria, con tanto di raccolta di fondi per il Bourkina Faso. Su una grande striscia di nastro isolante marrone i passanti e i visitatori mettono le monete. L’obiettivo è traversare tutto il ponte con una striscia di monete. Belle ragazze vendono dolci di loro produzione, l’aria è piacevole. Turisti dappertutto.
Mangiamo, come spesso a pranzo, a un ristorante italiano; si parte per Marburgo. Il viaggio è breve, come tutti del resto, l’albergo è davanti alla famosa cattedrale dedicata a Santa Elisabetta. E’ senz’altro una delle chiese più belle di tutto il viaggio, nel giardino, con cattivo gusto, c’è la statua di Hindenburg, militare della prima guerra mondiale e cancelliere che incoronò Hitler.
La città è bella, la salita al castello, il tardo pomeriggio sotto una pioggerella battente, molto bella, lunga e anche faticosa. Si arriva che il castello è stato chiuso da poco, ma, del resto, il castello non è il pezzo forte: molto più bello sembra girare nelle stradette sotto il castello, andare in su e in giù per viuzze silenziosissime. Eppure i turisti invadono la cittadina, il vantaggio è che sono moltissime le vie per il castello e così anche chi scende si disperde in mille rivoli.
Passeggiamo davanti a un bell’orto botanico, la strada diventa un po’ lunga, la cittadina è tutta in salita. Jacob Grimm diceva bene: “Ho l’impressione che qui ci siano più scale per le strade che nelle case”. La piazza del Mercato è deliziosa, scoscesa, i ristoranti aprono molto presto.
Il dopocena si passeggia dietro la chiesa di Santa Elisabetta, dove osserviamo con molto stupore alcuni alberi fossili portati da una università statunitense. I tedeschi sembrano molto civili, perché questi pezzi di milioni di anni fa sarebbero stati, a casa nostra, spezzati da vandali o addirittura portati via.
Si può restare a lungo in giardino, osserviamo sorpresi alcune ragazze che aspettano alla fermata di un autobus. Passano molti autobus la sera alle dieci, e molte macchine rimorchiano le ragazze, l’impressione è che in città si conoscano veramente tutti.

4) L’indomani Fritzlar. E’ piccola e molto carina. E’ una città murata, incantata, silenziosa, anche se pure qua ci sono turisti. Nella solita Piazza del Mercato c’è un negozietto di cartoleria dove si riesce a comprare di tutto. Fritzlar sembra una nostra città medievale, se l’architettura e le decorazioni non ci ricordassero che siamo di là dalle Alpi. Ci sono le mura, le torri, il bel duomo di San Pietro di cui però non riusciamo a vedere cripte e museo. Sono aperti solo il pomeriggio.
Pioviscola anche oggi, il paese è molto piccolo e merita solo due ore. Così facciamo un fuori programma e allunghiamo: andiamo a veder Bad Wildungen, allegrissima cittadina termale: in alto la cittadina è esattamente come tutte le altre, quindi sembra di vedere un’altra Wetzlar o un’altra Fritzlar. Ma la cittadina termale, nella circonvallazione, è grande, tutto è vivibile, probabilmente c’è un grande vita serale: E’ piena zeppa di cliniche. Il pizzaiolo siciliano dove andiamo a mangiare ci dice di procedere un po’ oltre, così il fuori programma si allunga, passando per un’altra cittadina solo termale, fino a Edersee; c’è un bel lago artificiale, arriviamo in cima al lago, lo percorriamo tutto intorno, l’aria è fresca, partono molte escursioni per gli amanti delle scampagnate e delle gite in montagna. Il lago dà un’idea di fine del mondo, di fine della strada, di Finisterrae. Ma non abbiamo il tempo di pensarci molto su perché abbiamo da arrivare a Kassel.
Kassel è una città strana, che non piacerà quasi a nessuno, ma che merita senz’altro una visita. E’ nota agli amanti dell’arte contemporanea per i Documenta, grandissima mostra quinquennale che invade una miriade di spazi della città. Conta 200.000 abitanti e fu pressoché per intero distrutta dagli angloamericani, che iniziarono a massacrarla già nell’ottobre del 43. E’ perciò una città inusuale: il castello da un lato, una città anonima, ma verde, per cinque chilometri, con un lunghissimo scenografico viale che parte dal castello, e la vera città storica, tutta nella zona est.
Questa città ha un grandissimo polmone verde, fiume, laghetti, parchi scenografici, e una parte storica, ricostruita per intero. Le distanze sono più grandi di quanto qualunque piantina possa fare immaginare, sembrano tutte casette e strade messe addossate l’una sull’altro, invece cammini cammini e non arrivi mai.
Senz’altro emozionante la visita al museo dei fratelli Grimm, belle le passeggiate lungo il fiume, davanti al palazzo comunale. Piacevolissime le bancarelle sulla Fulda, spettacolare la città nel mezzo dei Documenta, con gelatai, birrerie, padiglioni montati per l’occasione. I giganteschi spazi vuoti, resto delle distruzioni, permettono alla gente di stare sdraiata, bere, mangiare, passeggiare nei parchi. Se però appena il tempo di oscura, girare dall’Orangerie al lago diventa inquietante. Se nel centro non ci muoviamo dalla ressa, può capitare di passeggiare nel vialone centrale del Parco per mezz’ora e non incontrare nessuno, e, alla fine, trovarsi davanti al laghetto, su cui campeggia una enigmatica costruzione, e chiedersi dove siamo: il tempo è sospeso, ogni tanto, lontano passa qualche giovane intento a fare jogging, o qualcuno porta il cane a spasso. Per il resto, nessuno.
Kassel bella come può essere Genova, diremmo senz’altro di meno. Ma il castello vale da sé un biglietto del tram. Le collezioni d’arte sono interessanti, bello è salire il vialone per vedere il Belvedere. Ma attenzione: nel grande parco del castello non ci sono cartelli, ci si perde. E’ meglio rimanere ai margini, dato che tanto pioviscola sempre, ed assistere ad un concerto vocale. Ancora mi è rimasta in testa l’ultima canzone sentita, e sono passati quindici giorni.
I Documenta sono insieme seri e una presa di giro. Fanno chiudere importanti musei per sostituirci grossi pannelli bianchi granulosi (opera d’arte) e proiezioni di un triangolo nero su fondo bianco (altra opera d’arte). Cose serie e kitsch sempre visto, la sagra della novità e del déjà vu trito e ritrito. Ma piace la ressa di gente che affolla la città. La sera, nel ristorantino davanti l’albergo dove ovviamente sanno solo il tedesco, è un piacere puntare l’indice a caso su un cibo che costa poco e aspettare quel che ti danno: è sempre una sorpresa. La sera piove, è strano arrivare alla grande stazione ferroviaria, ci fanno concerti, spettacoli di burattini, mimi.

5) Heidelberg è altra cosa: albergo centralissimo, l’unico appena sopra i 100 euro, davanti al ponte storico. Centro che più centro non si può. La città è semplicemente deliziosa, pur nella sua ingenua piccolezza. Nota, un po’ come tutte, per essere centro universitario, ha un bel lungo corso, pieno di negozi anche carini, dove si possono comprare tutte le opere di Beethoven in CD (87) per 50 euro.
Qui piove come Dio la manda, fa più fresco ancora ma si sta che è una meraviglia. Anche qui c’è un castello dove arrivare, ed è certo il più spettacolare di tutti. La pioggia lo rende ancor più interessante, specialmente da vedere è l’antica farmacia. Ma è tutto bello. Non facciamo visita guidata, che ha orari strani e non possiamo prendere a quest’ora neanche in inglese, e torniamo giù per piacevoli emozionanti stradelle romantiche. Edera sui muri, abbaini sui tetto, tetti spioventi, case a graticcio. Da non perdere il carcere “goliardico” degli studenti universitari, curiosissima prigione piena di graffiti.
E’ forse la città più ospitale di tutte, come tutte candida, pulitissima, ogni cosa sembra a suo posto. E’ davvero animatissima. Il tardo pomeriggio la città, a differenza della norma, non si addormenta. Mentre altrove tutti i negozi alle 6 sono già chiusi, qui restano aperti fino alle sette, perfino le sette e mezzo. il dopocena la città si rianima ancora di più. Alcuni negozi riaprono, si capisce che la città è turistica, ma è impressionante la quantità di barrini, birrerie, pub aperti. La gente fa ressa per entrare. Al buio della sera tutto si illumina, la cittadina è piena zeppa di giovani, straordinari i giochi di luce. A mezzanotte c’è ancora tanta gente sul ponte sul Neckar, davanti cui alloggiamo, si scattano foto, l’aria è frizzante, quasi pungente, occorre l’ombrello per potere scattare le foto.

6) La Guida Touring segnala la curiosità di Mannheim, città fatta nel 700, dove in centro le strade non hanno nome, sono divise solo in blocchi di numeri e lettere. La cosa è davvero bizzarra, così l’indomani ci andiamo come da programma, c’è un castello, di là dal ponte c’è un’altra città incollata, con la BASF, la famosa azienda chimica. Purtroppo Mannheim di curioso ha solo la denominazione delle strade D!, L5, M4. Il castello, bellissimo dalle foto, è chiuso e da fuori non è affatto scenografico, non c’è il laghetto come-da-foto, ci sono lavori in corso.
Piove forte, così che vale la pena fermarsi in un bar nuovissimo, vicinissimo al Municipio, fatto di spazi vuoti. Anche qui notiamo una curiosità: i fornai sono pasticcerie e bar insieme: il fornaio fa il cappuccino. Mannheim è tempo perso, anche traversare il ponte sa di poco: il grande mosaico di Mirò, un paretone gigantesco di un palazzo, si dimostra poco interessante. Del resto ci aspetta la celebre abbazia di Maulbronn, quella dove visse Hesse, dove vissero molti giovani chiamati a diventare intellettuali.

La corsa a Maulbronn ottiene un gran successo: arriviamo giusto in tempo per vedere l’abbazia dal di dentro. L’albergo è sulla strada, è tedeschissimo, è un ristorante dove ceneremo benissimo e faremo ancor più un’ottima rustica colazione. Il posto più simpatico, dove la gente del luogo si ritrova tra loro.
Maulbronn merita da sé un viaggio. Rivisitata da Hesse come Mariabronn in Narciso e Boccadoro, luogo di eccezionali fermenti e di disciplina rigida inconciliabile col giovane protestatario narratore, mantiene intatto un grandissimo fascino. E’ senz’altro ancora luogo di studio e di intensa spiritualità. Il portone rimane aperto, così, anche dopo che l’abbazia, i locali, il chiostro, la fontana, i negozi, tutto chiude, si può sempre passeggiare nei grandi spazi, nei cortili. Anche la sera alle dieci si può entrare, riflettere, salutare giovani, sorridere, scattare foto. Il luogo è molto bello col sole splendente, sotto la pioggia battente che ci ha costretto a rifugiarci negli interni, la sera dopocena, nel silenzio privo delle parole dei turisti. Scarsissima la paccottiglia dei negozi, irrimediabilmente in tedesco tutti i libri su Hesse.

7) L’indomani andiamo a Baden Baden! Hesse pensava a questa città quando scrisse la cura. E infiniti sono i rimandi culturali a scrittori, primo per tutti Dostojevsky con il suo Il Giocatore. Città internazionale, come tutti i grandi centri termali, città in su e in giù, con strade strettissime, arrampicate, scalinate e grandi viali alberati in basso. Città senz’altro turistica quant’altre mai, ma non senza fascino, tutt’altro. Anche qui i Romani vi scoprirono le terme, di cui è gran copia in tutta la città.
Ci sono belle chiese, spazi angusti e larghissimi, la chiesa russa e i viottoli pieni di negozietti. Scenograficamente si presenta molto bene e si riesce a girarla bene nonostante la pioggia sempre più battente. La città è carissima, piena di negozi di alta moda, di gioiellerie e casinò. Ripensando ad altre città del genere, dobbiamo dire però che Karlovy Vary, cittadina ceca prossima ai confini tedeschi, è più interessante, più ricca, più poetica, Baden Baden però ci offre una bellissima mattinata e una pizza bollente in un luogo riparato.

Calw è altro luogo mitico, è la città natale di Hesse. Ci arriviamo per tempo, poco prima delle 4, dato che il museo di Hesse sappiamo chiudere alle 5. L’albergo, lindissimo e delizioso, ha una camera chiamata Siddharta, all’ultimo piano, da lì si vede la piazza, dedicata al grande scrittore in occasione del suo Nobel, quindi quando era ancora vivo: caso più unico che raro. La vista è stupenda.
La cittadina, piccola, è affascinante, il ponte sul fiume, la statua di Hesse, una lapide con la poesia All’Italia tradotta in italiano, il circolo culturale italiano di Calw, una chiacchierata con un italiano che ci racconta della Mercedes e delle centinaia di italiani là venuti a lavorare. Il museo si fa vedere molto volentieri, e come al solito siamo gli ultimi ad andare via. Tuttavia, anche qui tutto scritto solo in tedesco, che facciamo fatica a capire.
Il resto è una passeggiata per la bellissima piazza del Mercato, le stradine che tagliano la città, In più riusciamo ad andare a Hirsau, a tre chilometri di distanza, di cui si possono apprezzare, in assoluta solitudine, gli esterni dei resti dell’antica abbazia benedettina. Questa somiglia in molte cose a Maulbronn, ma è forse ancor più spettacolare a causa delle rovine: fu semidistrutta in una guerra e non ripristinata per intero: sarà per i primi squarci di sole, sarà perché siamo gli unici visitatori (gli interni sono già chiusi) ci trascorriamo mezz’ora a meraviglia.
Torniamo a Calw. Percorriamo un lungo corso alla cui fine sta un grande ipermercato aperto fino alla sera alle dieci. Spiace non farci la spesa, da quanto è allegro, io mi compro però un altro paio di scarpe e altri calzini ancora, ce n’è bisogno.
Ceniamo nell’albergo del ristorante: anche se di classe superiore alla sistemazione di Maulbronn, c’è la stessa aria tipicamente locale, è bello cenare e vedere la pioggia che batte sul ponte. Il dopocena facciamo un’altra breve passeggiata, giusto per vedere le ultime luci spengersi in Piazza del Mercato: l’indomani inizierà una grande kermesse per il gemellaggio con Bolzano.

8) Stoccarda dicevano tutti che è brutta. Doveva essere una tappa di grande città dopo tanti paesi. Lo è stato, ma potevamo lasciare perdere e passarci al massimo due o tre ore. Invece ci siamo stati una notte, così ne abbiamo girato il centro in lungo e in largo, abbiamo fatto spese comprando piante, articoli di cancelleria, regali, giochi, bottiglie di vino del Reno, una sedia rustica pieghevole ed altre piacevoli amenità.
E’ città totalmente nuova, cioè rifatta con grandi spazi verdi. Si può passeggiare amabilmente per i grandi giardini, vedere l’esterno di un bel palazzo (abbiamo fatto uno stop ai musei) apprezzare le grandi fontane e in genere l’aria vivacissima di nuova città. E’ l’unico posto in cui non siamo riusciti a sederci a pranzo: in tutto il centro non abbiamo trovato un solo ristorante, la gente pare tutta a lavoro e mangia in piedi o su tavoli microscopici un piatto d’insalata, patate fritte, panini. Se si ha fame conviene entrare nel primo bar e tentare di sedersi al primo posto libero, che non è facile. Unica chance era il bar del Teatro, ma ormai era distante.
Piacevole entrare, invece, nella storica stazione ferroviaria e sorseggiare un tè in una pregiata teieria mangiando qualche biscotto. E’ strano ma è così. Bello, infine, il museo d’arte moderna, modernissimo anche lui, coloratissimo, accanto la Stazione. Se non si viene arrotati dalle automobili che sfrecciano, vale la pena senz’altro vederlo. E’ l’unico pezzo di storia che abbiamo visto in città.
Da notare la grande quantità di negozi con gli articoli più strani per fumare. Se il fumo danneggia i clienti nei ristoranti (non esistono sale separate) è però oggetto di interesse: in ogni dove vengono sigari dei più strani tipi e in special modo narghilé: specialmente a Stoccarda, ma non solo, ce n’è di tutti tipi e tutte le tasche, e, sia chiaro, sono venduti quasi sempre da tedeschi, mica da turchi. I narghilé vengono abbinati spesso a libri, magliette dark, miele. Anche se sono sempre in vendita, sembrano spesso oggetto di arredamento delle vetrine: si notano vetrine con gli oggetti più disparati, molti dei quali fanno arredamento e non sono in vendita. Esempio: un negozio vende onice e alabastro, abbigliamento da uomo o prodotti elettrici? Se non fosse dalla assenza di prezzi su alcuni oggetti, non sarebbe possibile stabilirlo.

9) Un tuffo nel passato a vedere Tubinga. Città di Hegel, Schelling e di una miriade di filosofi e letterati tedeschi, è anch’essa centro universitario importante. Qui Hesse lavorò per anni in una libreria antiquaria, ancora presente. Bagnata anch’essa dal Neckar, Tubinga era tappa indispensabile per vedere la casa torre dove soggiornò per 40 anni il poeta tedesco Holderlin, là rinchiuso per una stravagante e dolorosa follia, ospitato per ordine del Tribunale presso una onesta famiglia di un falegname. La casa torre, serenamente sporgente sul Neckar davanti alla romanticissima isoletta con il grande viale dei platani, è visitata da molti tedeschi, che però la contemplano e da fuori e non ci entrano. E’ molto spoglia, certo deludente per chi si aspetta qualcosa di importante, totalmente rifatta a fine Ottocento e priva perfino degli arredamenti che avevamo trovato a Wetzlar o a Francoforte per Goethe. Inoltre, tutto sempre e soltanto in tedesco. Bisogna soltanto lasciarsi andare al fascino del grande poeta che, nel pieno delle guerre napoleoniche, tornò da Bordeaux in Germania senza più sapere bene il suo nome. In preda alla follia, riuscì comunque in quella torre a lasciare grandi tracce di genio.
La città merita una mattinata, e certo anche di più se se ne ha il tempo: è infatti estremamente carina: da non perdere la piazza del Comune, dove la gente si sposa in continuazione e quando esce dal portone viene accolta da un suonatore di fisarmonica, la passeggiata al castello, vicinissimo, il piccolo Museo della città con oggetti tipici d’epoca. Da non perdere l’ultimo piano, dedicato a Lotte Reiniger, sconosciuta (da noi) autrice di film d’animazione su opere liriche impiantati sul teatro d’ombre.
Tubinga è una bella boccata di ossigeno: è l’unico giorno in cui non piove, di lato alla chiesa ci sono i banchi della frutta.

10) Friburgo non è da meno. Città di frontiera con la Francia, sta tra il Reno e la Foresta Nera, quindi risente molto dell’influenza francese. Ci arriviamo a metà pomeriggio. L’impressione è smagliante. Piazza del Comune è strapiena di baldacchini per la grande festa della birra, c’è un gruppo che suona. A cento metri piazza Duomo è strapiena per la grande festa del vino, e c’è un altro gruppo che suona. Si passeggia tra una ressa indescrivibile. Da notare la statua di Bertold Schwartz, monaco alchimista a torto ritenuto inventore della polvere da sparo. La città piace subito molto, è circondata da belle mura, belle porte, belle strade, la gente si dà alla pazza gioia. La visita al duomo la rimandiamo all’indomani (è già chiuso). In una città rasa al suolo, rimase miracolosamente illeso, lui e le sue vetrate del Quattrocento. Ci fermiamo in qualche spiazzo d’erba, si chiacchiera, si telefona, si vede la gente bere e ribere.

11) L’indomani finiamo di vedere Friburgo: si entra nella cattedrale, stupefacente, e si vede un piccolo museo di Sant’Agostino, in forte ristrutturazione. Gironzoliamo poco.
Partiamo però senz’altro per la Foresta Nera che dista pochi chilometri. Il tempo torna quello di sempre. Inizia a piovere in modo selvaggio. Riusciamo a comprare caramelle al miele e miele in barattoli di latta da una anziana signora vestita di verde, protetta da un ombrello e che esce dalla macchina non appena ci vede fermare.
Le nuvole quasi ci impediscono di procedere sul passo della Foresta Nera, da dove si dividono i bacini del Reno e del Danubio: non si riesce a vedere nulla. Arriviamo a Feldberg, il punto più alto; buio anche qui dal belvedere, fa anche molto freddo, ma in compenso si mangia una specie di spaghetti di formaggio conditi, che non si è mai vista prima. Riusciamo a fatica ad andare oltre, spingendoci fino al lago Titisee; si zigzaga un po’ per Sankt Blasien, simpatico paesino sul fiume, dove c’è una chiesa così bianca e tonda che non se n’è mai vista un’alta in vita nostra.
L’ultimo momento, ora che ha smesso di piovere, è lo Schluchsee, lago artificiale di un certo interesse. E’ l’ultimo posto che si vede, c’è una piccola stazione ferroviaria, lì a quasi mille metri, è luogo di vacanze domenicali, è domenica tra l’altro. E’ un lago come un altro, la Foresta Nera sembra ben poca cosa se non ci si addentra nei sentieri. Ma il bosco è fradicio, e noi siamo all’ultimo giorno.
Torniamo a Friburgo. L’indomani alle cinque partiremo per Firenze. Alle due ci saremo.La ricerca degli alberghi è stata fatta dalla guida Michelin e dai vari portali, Booking, Venere, Expedia e in specie Hotel.de. C’è da dire che le grandi offerte strombazzate dai portali risultano del tutto finte. I prezzi stanno scritti nelle camere, negli alberghi non c’è traccia alcuna dei mirabolanti sconti speciali vantati su internet. Consiglio un po’ www.hotel.de e la guida cartacea, forse anche on line, di Michelin. Esistono paesi, come Calw, dove sul web non si trova alcun albergo se non molto lontano, mentre Michelin ci trova un ottimo hotel in pieno centro.
La scelta è stata di cambiare albergo spessissimo per non fare chilometri, e di trovare sempre l’albergo con bagno, sempre molto centrale ma quello dal costo più basso. Le scelte sono risultate tutte ottime, i prezzi non sempre, ma si sapeva prima. Le tappe del viaggio sono state decise da noi in questa maniera per nostri personali motivi: è perciò facilissimo, a seconda delle esigenze, cambiarlo completamente: la cosa è oltremodo fattibile perché i luoghi sono vicini gli uni agli altri e si può in particolare risparmiare la ricerca di qualche albergo rimanendo nello stesso per più notti.

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