Gli avvenimenti che concernono l’antica storia di Roma non si possono separare nettamente dalla leggenda. La storia stessa si è servita della leggenda per guidarla sulle strade ad essa più convenienti.
La storia di un popolo, e quella dei romani è certamente una vicenda irripetibile, è tracciata da una ragnatela di fatti sovrapposti, dai quali è quasi impossibile districare la verità, che a volte si mostra così poco rappresentativa.
Prendiamo ad esempio un episodio abbastanza famoso: quello riguardante Tarpea, ora dipinta come un’eroina, ora come una traditrice. Bisogna considerare, inoltre, che neppure sulla sua morte i dati offrono qualche certezza.
Ripercorriamone la vicenda nei modi che la storia e la leggenda ci consentono.
La PRIMA VERSIONE, che è quella più nota, ci viene raccontata da Plutarco. Tarpea viene descritta come una giovinetta sciocca e vanesia che, tradendo il suo popolo, indicò ai nemici Sabini un passaggio nascosto sul Campidoglio. Questo permise ai guerrieri nemici di penetrare nella rocca, il cui comandante era il padre stesso di Tarpea: un tradimento, dunque, perpetrato due volte. Lei fece tutto questo per ottenere qualche bracciale d’oro che aveva visto brillare al braccio sinistro dei guerrieri nemici. I Sabini mantennero la promessa in modo rigorosamente burocratico: Tito Tazio per primo si tolse il bracciale e lo gettò a Tarpea, ma così facendo le lanciò anche il suo pesante scudo, che era legato al suo braccio sinistro insieme al bracciale. I suoi uomini lo imitarono e la sciocca fanciulla fu presto soffocata sotto gli scudi. In questo modo i soldati riuscirono tranquillamente a recuperare i loro preziosi oggetti.
La SECONDA VERSIONE ci racconta che Tarpea era una coraggiosa fanciulla, che aveva in effetti stipulato un accordo col nemico, ma solo al fine di ingannarlo e consegnarlo ai Romani.
Questo patto prevedeva infatti anche la consegna degli scudi da parte dei Sabini, che a quel punto non avrebbero potuto più difendersi. Quando Tarpea tuttavia cercò di inviare un messaggio a Romolo per avvertirlo della trama ordita, il nemico lo intercettò e la fanciulla fu uccisa.
La TERZA VERSIONE ci dice che Tarpea tradì Roma perché si era perdutamente innamorata del re dei Sabini. Così, quando la circostanza fu scoperta, i romani scaraventarono l’incauta giù da una rupe del Campidoglio; da allora la rupe portò il suo nome a monito dei traditori. In questo caso l’elemento di base, cioè l’amore, riscatterebbe in qualche modo l'azione scelllerata della ragazza, perché causata da un nobile sentimento. Pur essendo particolarmente benevoli verso la credibilità del racconto, lo si può prendere come variante romantica ad uso delle fanciulle.
Attenzione!! Non è finita qui. Storia e leggenda sono in grado di fornire molteplici varianti per un solo elemento leggendario: ad esempio, secondo Plutarco, anche il padre di Tarpea fu accusato di tradimento da Romolo.
E la Rupe Tarpea? Può anche essere possibile che questo nome abbia origine da avvenimenti che non hanno nulla a che fare con la leggenda popolare che vuole la bella traditrice scaraventata giù dalla rupe. Si racconta del ritrovamento di un teschio ai piedi della rupe, il quale venne immediatamente indicato come appartenuto alla ragazza, che lì sarebbe stata sepolta.
Poche persone, però, sembrano dare la giusta importanza al fatto che da quello sperone venivano gettati i malfattori condannati a morte. Il significato sinistro che assumeva il nome era dovuto a questa pratica, in quanto si escludeva che questo volo nel vuoto potesse dare scampo al condannato.