Quattro giorni in Molise

Spesso “oscurata” dal vicino è più celebrato Abruzzo, scopriamo una regione quasi incontaminata e prodiga di bellezze

Luoghi selvaggi, borghi arroccati sui cucuzzoli di aspre alture rocciose, un insieme inaspettato di paesaggi alpini ed appenninici mischiati tra loro. E' una montagna d'altri tempi, con una personalità rara... non è solo sconosciuta, è antica!
Siamo nell’interno del Molise, nell’alta valle del Volturno, zona poco frequentata dalle normali rotte turistiche, entrato dal 1990 a far parte del Parco Nazionale di Abruzzo, Molise e Lazio. Se dovessi attribuire un aggettivo a questi luoghi li definirei “sereni”, ricchi di acqua e di verde, fitti boschi che finiscono là dove la roccia prende il predominio o, più in basso, intervallati da ampie radure dove è possibile avvistare cinghiali, cervi, orsi o lupi.

Itinerario
1-4 giugno 2012
La zona interessata alla nostra escursione si può circoscrivere tra l’abruzzese e turistica Pescasseroli e il molisano Gruppo Montuoso delle Mainarde nel quale spiccano il Monte Marsicano, il Monte Petroso, l’Altare e il Gruppo del Monti Tartari.
La base è a Castelnuovo Volturno in un vero Agriturismo dove si mangia solo quello che i proprietari coltivano, allevano o producono, o che la natura circostante offre (erbe di montagna, acqua di sorgente, tartufi e funghi secondo la stagione). I gestori sono cordiali, allegri, ma mai invadenti, con una grande carica di umanità che mette a proprio agio gli ospiti. La cordialità delle persone è una costante e in ogni borgo che attraversiamo gli abitanti si interessano al nostro gruppo, forse anche perché non siamo affatto silenziosi e la nostra presenza non passa inosservata.
Purtroppo non passiamo inosservati nemmeno nei boschi o nelle radure, cosicché l’avvistamento degli animali selvatici diventa più problematica e sola a distanza riusciamo a vedere un branco di camosci, ma soprattutto…
La nostra Guida in terra molisana sarà Simone, G.A.E., che ci attende presso il lago artificiale di Castel S.Vincenzo. Competente, simpatico e soprattutto “paziente”, ci prende per mano in questa bella avventura e sarà fondamentale per capire una realtà non facile per chi proviene come noi da zone molto diverse.
Il lago ci accoglie con le sue acque turchesi e ci fa da base per la prima “passeggiata” in terra molisana alla volta dell’Eremo di S. Michele. Una strada, una forra profonda scavata da un torrente, una parete diritta e strapiombante e al centro della parete, inserita in una specie di nicchia (in realtà una grande grotta naturale), ecco una piccola costruzione di mattoni, senza pretese, quattro pareti protette dalla roccia. Dalla strada mi chiedo come è possibile arrivare a quell’incastro sospeso a mezz’aria, visto che non si vedono sentieri, ma solo un ripido ghiaione che sale dalla base del torrente. Naturalmente esiste un sentiero nascosto in mezzo alla vegetazione che tranquillamente ci permette di salire fino all’Eremo. Di datazione incerta, l’Eremo era molto importante in passato legato alla transumanza e venerato due volte l’anno a Maggio e Settembre.
Per completare la giornata ed iniziare ad assorbire la realtà dei luoghi, saliamo a Castelnuovo Volturno, centro con pochissimo abitanti con il cuore del paese abitato e restaurato, mentre le vecchie case costruite sullo strapiombo della collina, sono ormai disabitate e in abbandono.
La parete alta e diritta che sorregge il paese è utilizzata come palestra di roccia.
Siamo nel Gruppo Montuoso delle Mainarde e il nostro percorso prevede la salita, attraverso la Val Pagana, al Passo dei Monaci e alla cima del Monte Meta (mt. 2.242). Il punto di partenza è un vasto verde e fiorito pianoro chiamato Valle Fiorita, bellissimo, completamente piatto, circondato da boschi e sovrastato da un anfiteatro di alte montagne, meta ideale per il turismo domenicale. Si inizia a salire dentro boschi di faggio ad altissimo fusto, dovremmo stare in silenzio per cercare di avvistare qualche animale selvaggio, ma siamo “un po’” indisciplinati. Finisce il bosco ed inizia un paesaggio che si potrebbe definire alpino, bianca roccia intervallata da un tappeto verde dipinto dai mille colori dei fiori, piante di Ramno che paiono secche, ma che in realtà stanno iniziando a germogliare e saranno succulento cibo per gli orsi, nevai nei tratti in ombra e, all’improvviso… un bel branco di camosci! Cala il silenzio e tutti stiamo in ammirazione delle evoluzioni di questi acrobati della roccia, mamme che rincorrono i piccoli disubbidienti, il branco che bruca tranquillamente l’erba fresca. Purtroppo non riusciamo a salire sulla cima del Monte Meta perché grossi nuvoloni coprono tutto e sconsigliano la salita. Il paesaggio dalla cima sarebbe stato suggestivo, con visuale fino al Vesuvio, Capri ecc. Peccato! Vuol dire che dovremo tornare!
Percorso un sentiero a mezza costa ed una grossa sassaia, cominciamo a scendere lungo la zona dei Biscurri. Mentre i nuvoloni coprono e scoprono la montagna e noi riguadagniamo il bosco non prima di aver ascoltato Simone, in mezzo ai ruderi di un fortino piemontese, narrare storie di Briganti che popolavano queste terre dopo l’Unità d’Italia.
L’inizio del bosco è costituito da una faggeta con tronchi contorti come spirali di fumo che salgono verso il cielo, così strani da fare pensare ad un luogo magico che chiama alla meditazione. Su suggerimento di Simone ci fermiamo per una pausa interiore, nel più assoluto silenzio, mentre le nostre menti si liberano dalle scorie e la serenità riempie i vuoti. Qui abbiamo avuto modo di capire ed apprezzare ancora di più il modo personale e rispettoso che ha Simone di intendere la montagna ed i suoi abitanti. Il chiedere alle persone il silenzio, la ricerca della propria interiorità, il cercare di far capire il quotidiano di chi vive quei luoghi attraverso pezzi di storia e dati tecnici è un lavoro importante come l’accompagnare sui sentieri.
Dispiace lasciare un luogo simile, ma ridiscendiamo verso un'altra grande piana popolata di cavalli al pascolo. Il rientro è movimentato da un probabile avvistamento di orso che fa “stoppare “ il pullman, scendere precipitosamente tutti, ma naturalmente l’orso se ne è già andato, altra fermata per un gruppo di asfodeli bianchi che non si poteva non fotografare, e soprattutto una ulteriore passeggiata ad un altro pianoro dove si spera di poter avvistare il cervo.
Con tutta il silenzio possibile per 16 persone, arriviamo alla piana, mentre un’ombra fugge per nascondersi all’interno del bosco e anche questa volta rimaniamo a bocca asciutta.
Il Parco è stato fondata in Abruzzo negli anni ’60 ed è molto più sviluppato turisticamente rispetto al Molise.

Lago di Barrea, Civitella Alfedena, sono i luoghi da cui partiamo per raggiungere la Camosciara, luogo estremamente selvaggio ed affascinante, un cuore verde di folti boschi circondato da una corona di monti, incastonato in un insieme di catene montuose alte, brulle e con le cime completamente libere da vegetazione. Panorami magnifici e del tutto inaspettati a queste latitudini.
Altra meta odierna sono le cascate delle Tre Cannelle e delle Ninfe, salti d’acqua non altissimi, ma piacevoli e freschi in una giornata molto calda. Nello sviluppo del Parco, naturalmente, c’è il pro ed il contro e porta anche strade asfaltate percorse da trenini su gomma, carovane tipo west cariche di turisti e le cascate sono purtroppo invase da una moltitudine di persone.
Poi… una delle chicche della giornata! Lungo il percorso di ritorno, ai bordi di un torrente, nascosta, c’è LEI, LA RARA E BELLISSIMA SCARPETTA DI VENERE, nei suoi fulgidi colori ed in piena fioritura. Solo due esemplari, ma sono sufficienti per scatenare, con tutte le cautele, la furia fotografica. Orchidea rarissima che non mi aspettavo di vedere in questi luoghi (confesso di essere ignorante in materia), ma un regalo vero e proprio della natura.
L’avventura continua ed ora dopo un bel giro sul crinale, andiamo all’appostamento all’orso a Gioia Vecchia, paesino disabitato con terrazza su un’ampia valle. Per non farci mancare nulla durante il tragitto di crinale incontriamo un gruppo di 5 cinghiali che sopportando la nostra presenza ci lasciano il passo. Dalla nostra postazione nel luogo di appostamento osserviamo a lungo la valle in lungo ed in largo, ma dell’orso nemmeno l’ombra, poi un brivido percorre tutti i presenti: chi ha i binocoli e gli obiettivi avvista un branco di 6 LUPI. Scompaiono, poi piano piano uno di loro torna vicino ad un gregge di mucche e vitellini, si aggira guardingo per cercare una eventuale preda, noi osserviamo con il cuore in gola la sua bellezza e le sue movenze eleganti, poi arriva un cane maremmano di guardia al gregge e mette in fuga il nostro lupo. Non lo rivedremo più, ma tanto basta per completare questa splendida ed emozionante giornata. Una torta con due ciliegine, anzi ciliegione.

Per completare la nostra avventura ci trasformiamo in turisti per visitare il Museo della Zampogna a Scapoli e soprattutto gli scavi archeologici di S.Vincenzo, immenso insediamento monastico medioevale riportato alla luce solo per il 20% della sua estensione. Luogo ricchissimo all’epoca, con basiliche e chiese e cucine e giardini, con affreschi e pavimenti policromi di pregevole fattura. Distrutto durante una invasione saracena e ricostruito, poi andato in decadenza nel corso degli anni. La cosa più importante è senz’altro la Cripta di Epifanio tutta dipinta con affreschi della vita del Cristo e dell’Apocalisse di S. Giovanni in stile che richiama Bisanzio ed ancora in ottimo stato di conservazione.
Questi quattro giorni sono stati una esperienza importante, in luoghi che dovrebbero essere maggiormente conosciuti pur nel rispetto del geloso ed affascinante attaccamento alle proprie tradizioni di questa gente gentile e riservata.

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