Istanbul, una città ma anche un’esperienza!

Una serie di flash dall’intrigante metropoli a cavallo fra Asia ed Europa

Porta d’ingresso per l’Asia, Istanbul non può non affascinare il turista europeo, che trova nel suo skyline e nelle sue atmosfere il fascino dell’esotico senza sentirsi troppo lontano da casa. Siamo capitati ad Istanbul quasi per caso a Capodanno, senza alcuna consapevolezza della storia e della cultura di questa splendida città. E forse proprio per questo l’impatto è stato sorprendentemente piacevole.
Da non perdere
Irrinunciabili i monumenti storici, che catapultano il turista nelle atmosfere orientali da Mille e una notte. Nel corso dei secoli sono stati molti i sultani che hanno voluto lasciare il ricordo del proprio regno facendo costruire palazzi dall’architettura ingegnosa e dal decoro sfarzoso, così che oggi la città può vantare un patrimonio architettonico di valore altissimo.
In una ideale classifica al primo posto mettiamo Aya Sofia, la leggendaria struttura che fu prima chiesa cristiana, poi moschea e ora museo di se stessa. Pur senza conoscerne le vicende, entrando abbiamo subito avuto la sensazione di camminare dentro la Storia: l’ampiezza degli ambienti, la ricchezza di mosaici spettacolari e di marmi preziosi, la sovrapposizione dei simboli cristiani e islamici, i marmi consumati dal passaggio… mille particolari colpiscono l’occhio, ma soprattutto lo spirito.
Un altro gioiello architettonico da non lasciarsi sfuggire è la Cisterna della Basilica: il gigantesco serbatoio d’acqua di circa 80.000metri cubi costruito sottoterra intorno al 350 a.C. La foresta delle oltre 200 colonne è resa ancora più affascinane dalla luce soffusa e dalla musica medio-orientale che avvolge l’ambiente.
Da non perdere il palazzo del sultano Topkapi, con il suo harem e le sale dei tesori (qui si trova il diamante più grosso del mondo!): la gran quantità di turisti e le code da affrontare ad ogni sala smorzano la godibilità del luogo, ma il panorama dal caffè del palazzo ripaga di ogni attesa. Molto più ricco di arredi e decori è poi il palazzo del sultano lungo il Bosforo, il Dolmabache Saray, dove non c’è alcuna folla, forse anche a causa del costo del biglietto (25 lire turche, circa 13 euro).

Il sentimento religioso è vivo in molti quartieri di Istanbul. Ogni moschea ha la sua storia, legata al sultano che l’ha fatta erigere, e offre la sua parte migliore all’esterno grazie all’abbondanza di cupole, semicupole e minareti. Gli interni sono risultati per noi meno spettacolari di quanto ci aspettassimo, forse anche perché siamo abituati alle chiese cristiane che tendono alla sobrietà esterna per conservare le ricchezze all’interno. La stessa Moschea Blu, l’unica ad azzardare sei minareti come la Mecca, non può non affascinare all’esterno, soprattutto quando la si coglie al tramonto da uno dei numerosi battelli che attraversano il Bosforo, mentre l’interno non prenderà troppo tempo al visitatore che non abbia particolari interessi religiosi.
Una delle moschee più amate dai turchi è quella di Sultan Selim, quasi completamente costruita da maestri italiani, accanto alla quale abbiamo avuto la fortuna di assistere alla cerimonia della Haij, durante la quale le famiglie sacrificano vitelli e montoni per donare la carne ai poveri.

Ma Istanbul non è solo monumenti e moschee, è anche una città da vivere, visitando le zone dove i turchi amano passare il tempo libero. Lasciando il quartiere storico di Sultanhamet, si attraversa il ponte Galata, dal quale pendono le numerose canne da pesca dei pescatori così ben descritti da Pamuk nel suo “Istanbul”. Affollato da ristorantini (troppo turistici, sia nei modi sia nei prezzi) e baracchini dove grigliano le sarde appena pescate (da provare il panino di pesce a 3 lire, circa 1,60 euro), il ponte porta ai quartieri di “moda”, il Galata e, soprattutto, il Bayoglu. Qui si trova l’ampio Tarlatasi Bulvari, dove i ragazzi fanno lo struscio nei giorni di festa, disseminato di pasticcerie e negozi moderni, mentre nelle via laterali si trovano ottimi ristoranti e le caratteristiche taverne, dove si possono provare le specialità della cucina turca, ottomana e dell’Anatolia. Qui si trovano anche le gastronomie in cui acquistare il famoso caviale iraniano della marca Beluga a prezzi decisamente accessibili. Il grande vialone termina nell’enorme piazza Taksim, dove per Capodanno era stato allestito un palcoscenico per i concerti, dedicato ad un target decisamente troppo giovane per noi.
Piuttosto intrigante è poi il quartiere Ortakoi che si affaccia sul Bosforo e sulla cui punta sorge la moschea dai decori più ricchi che abbiamo visto, la Ortakoi Camii, che ci ricorda un po’ la leziosità dello stile veneziano. Poco lontano dalla moschea ci siamo fermati in un locale veramente accogliente, il Sedir; unico neo, i prezzi (piuttosto “europei”).

Un’esperienza da non perdere è l’acquisto (o il tentato acquisto) di un tappeto turco. A Istanbul ci sono circa 10mila negozi di tappeti e la maggior parte dei venditori sarà pronta a spergiurare che la propria bottega è la migliore e che gli altri sono tutti mascalzoni. Ma naturalmente i venditori non sono tutti uguali, abbiamo trovato anche persone serie e oneste.
Resta il fatto che comprare un tappeto è una bella avventura. Innanzitutto occorre avere del tempo a disposizione, perché la vendita per i turchi è una sorta di cerimonia che prevede: le presentazioni, l’offerta del thè, l’esposizione dei tappeti con la spiegazione delle varie tecniche (tappeti, kilim, sumak, beluc, ecc ecc), dei disegni, della storia di ognuno, della rarità di alcune specie, di quanto sia speciale quello che avete scelto, e via dicendo. Il tutto intervallato da domande personali che mirano a dimostrarti che l’acquisto di un tappeto è sì un piacere ma è soprattutto un investimento per i figli, “ah, non ne avete?” si stupisce il venditore, ma ha già pronta la risposta “beh, ne avrete sicuramente e vedrete che vi ringrazieranno perché state comprando un tesoro per loro”. Una volta scelti i tappeti che interessano si passa alla richiesta del prezzo. La prima cifra è ovviamente improponibile e qui inizia la contrattazione, più o meno sfacciata a seconda dello stile di ognuno. Se non si raggiunge un accordo non importa, si può lasciare il negozio ringraziando per la disponibilità e facendo tanti auguri di buoni affari. Se invece si arriva all’accordo seguono i complimenti per l’acquisto e ulteriore minuto di dialogo sul più e sul meno.

A Istanbul ci sono almeno due luoghi irrinunciabili per lo shopping: il Gran Bazar e lo Spice Bazar. Il primo è veramente immenso: 4000 negozi raccolti sotto chilometri e chilometri di portici. Comprare è piuttosto difficile a causa dell’enorme quantità di merci esposte e dell’insistenza dei venditori che cercano di attirare il turista nella propria bottega. Più interessante è invece alzare lo sguardo per ammirare la secolare sovrapposizione di aggiunte architettoniche, dal nucleo più antico, caratterizzato da passaggi angusti e spazi piccolissimi, alle arcate più moderne dove le gioiellerie fanno a gara a chi fa luccicare di più la vetrina.
Lo Spice Bazar è invece dedicato alle spezie. Purtroppo nei giorni della nostra visita era chiuso, ma sicuramente è uno degli angoli più interessanti della città.

Tra le curiosità che ci hanno colpito segnaliamo la grande quantità di gatti che popolano tutta la città. Amatissimi dai turchi, i gatti godono della simpatia di tutti, sono ben pasciuti e si avvicinano volentieri per farsi coccolare.

Da bravi amanti della cucina abbiamo poi assaggiato più volte il famoso caffè turco; il sapore è intenso e va assaporato con calma anche per non correre il rischio di bersi il fondo…

Last but not least, abbiamo sfatato un pregiudizio comune sull’aspetto dei turchi. Avevamo sempre pensato ai turchi come ad arabi con la pelle scura, le sopraciglia folte, i capelli corvini e dagli abiti di una taglia in più. Sbagliato! Quella è la tipologia dei curdi, peraltro numerosi ad Istanbul e abilissimi commercianti di tappeti. Il turco non ha una tipologia specifica, o meglio ricalca le fisionomie europee, spesso con occhi chiari e capelli castani o rossicci.
Questo per quanto riguarda i turchi. Per le turche non sappiamo dire, perché in giro non se ne vedono. Ci sono molte ragazzine in zona Taksim e non hanno nessuna differenza dalle europee, ma una donna a passeggio è una rarità. E soprattutto non abbiamo incontrato nessuna donna nelle attività commerciali, e questo spiega lo stile piuttosto “alla mano” di molti locali.

Qualche indirizzo che ci sentiamo di raccomandare:
- pasticceria: Koska a Tarlatasi Bulvari. Specialità fresche e già confezionate;
- negozio di tappeti: Noah’s Ark a Sultanhamet, Divanyolu Cad. Ticarethane Sokak no. 11. I proprietari sono molto seri e le contrattazioni non sono così drammatiche come in altri posti più turistici. Mail: mehmetyildiz0101@yahoo.com;
- hotel: Sultan Hill, antica casa ottomana con splendida vista sulla moschea blu. Camera doppia: 55/75 euro, http://www.hotelsultanhill.com;
- ristorante: Kir Evi a Sultanhamet, Divanyolu Cad. Haca Rustem Sk. no. 9/1. Consigliamo di chiedere di Kabir e trattare per un menù completo a 23/25 lire (circa 12/14 euro);
- guida in italiano: sig. Ibrahim, cell 0539.2797552 (circa 80 euro al giorno). Può organizzare anche per il resto della Turchia.

Un commento in “Istanbul, una città ma anche un’esperienza!
  1. Avatar commento
    eli
    20/11/2007 10:56

    grazie mi avete convinta! Ma 4 giorni possono bastare? Andarci nelle vacanze di Natale è il periodo giusto? Fa freddo?

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