Itinerario
Lunedì 25 luglio 2005
Partiamo un lunedì mattinata alla volta di Bergen, per complicare un po’ le cose faremo scalo prima a Francoforte e poi ad Oslo. La compagnia aerea è la Scandinavian Airlines il cui servizio a bordo è a pagamento: gli usi delle low-cost ma i prezzi delle compagnie normali!
Ad Oslo le cose si complicano un tantino. Nonostante la nostra condizione di viaggiatori in transito, abbiamo dovuto recuperare i nostri bagagli dal lato degli arrivi, andare al piano delle partenze e rifare il check-in da capo. Noi e le valige comprese. Non ho capito il perché di questa complicazione ma contenti loro.
Arriviamo a Bergen nel tardo pomeriggio, il cielo non promette niente di buono, ma Bergen, a detta delle guide è un posto molto piovoso, estate compresa. Quindi… c’è poco da stupirsi.
Il Flybusses (65Kr), proprio fuori dall’aeroporto ci porta in poco meno di 25 minuti fino in centro alla città.
Bergen sorge su una penisola contornata da sette monti e la sua piacevole atmosfera ne fa una delle cittadine più belle che abbiamo visto durante il nostro viaggio. Benché sia diventata un importante centro industriale e disponga di un altrettanto porto ha mantenuto le caratteristiche e l’aria da piccola cittadina.
Lasciato il Flybussen, ci dirigiamo verso il nostro hotel (Hotel Neptun). Posto serio, lussuoso. Non il posto che avremmo scelto noi ma acquistando i pacchetti delle agenzie questo ci tocca. Ci assegnano una camera al quinto piano, molto carina ma non è affatto adatta a noi. E’ una stanza fumatori e la puzza di fumo, appena apriamo la porta ci tramortisce. Ci siamo subito accorti di aver omesso di precisare al tour operator il tipo di camera che volevamo, speriamo bene per la cabina sulla nave. Comunque riprendiamo le nostre valigie e la nostra chiave e torniamo alla reception con l’intenzione di farci cambiare la camera. L’hotel non è pieno e quindi ci accontentano.
Dopo questo primo intoppo usciamo per la cena. Le vie sono gremite di gente, artisti di strada, musicisti, mimi. Una vivacità e una vitalità più da paesi latini che da paese nordico.
Per cena facciamo una puntatina da McDonalds tanto per vedere com’è da queste parti… tale e quali al resto del mondo, a parte il prezzo che qui non è cosa da poco nemmeno per questi pasti sintetici!
Martedì 26 luglio 2005
Oggi giornata di visita alla città di Bergen. L’Hurtigruten parte alle 20, per cui abbiamo tutto il giorno per conoscere questa città.
La colazione in albergo è un’anticipazione di quello che ci aspetterà in questi giorni. Purtroppo noi non siamo abituati a fare colazione ‘salata’ ma ‘dolce’ per cui troviamo qualche difficoltà nel scegliere il cibo. Suscitiamo l’ilarità di qualcuno quando utilizziamo i contenitori porta uovo, modello usa e getta, per metterci la marmellata. Erano posti vicino ai barattoli delle marmellate, non vi erano altri contenitori da usare per questo scopo... Bah… sono serviti benissimo allo scopo anche se un signore distinto ci guardava come se venissimo da marte. Io inizio la mia serie di colazioni con i cereali e lo yogurt mentre Marco si dispera perché non riesce a trovare il latte caldo. C’è freddo ma non caldo.
Tanto per ammortizzare il costo dell’albergo e il fatto che io mi faccio una colazione normale e non una stra-mangiata come certa gente che con quello che si mangia in un solo pasto ci sfamerebbe un intero villaggio in Africa. Dicevo per ammortizzare un po’ i costi e per fare ‘l’italiano’ fino in fondo mi confeziono due paninetti per il pranzo.
Lasciate le nostre valige in deposito presso l’albergo usciamo a conoscere la città. In alternativa avremmo potuto lasciare le nostre valige all’ufficio informazioni della città per un costo pari a 20Kr a valigia ma all’albergo è gratis quindi tanto vale lasciarle qui.
Bergen offre molte cose da vedere, un centro molto caratteristico, il mercato del pesce (il posto preferito di Marco che detesta il pesce), vari musei e palazzi nonché chiese e fortezze. E da cosa cominciamo noi? Da niente di tutto questo. Bergen, come ho già detto è contornata da 7 monti. Tra i più noti e visitati, il monte Floyen che si può raggiungere comodamente con una funicolare (60 Kr) ed il monte Ulriken, il più alto (m. 642) della zona, raggiungibile in funivia. Dopo le dovute indicazioni da parte di un gentilissimo ragazzo all’ufficio informazioni decidiamo per la gita, a piedi, sul monte Ulriken.
Dal centro città prendiamo il bus numero 31 che ci lascia nei pressi dell’ostello Montana, da qui parte il sentiero che porta sulla sommità del monte. Inizialmente si presenta come una strada sterrata che poi diventa un sentiero piuttosto ripido. In un’oretta di cammino raggiungiamo il punto di arrivo della funivia, da qui, in meno di un quarto d’ora si raggiunge la punta vera e propria del monte. La vista sulle montagne intorno è bella. Il paesaggio è molto particolare: si tratta di un ambiente fatto di laghetti e montagnole. Poco sotto la cima vediamo una lepre variabile intenta a fare colazione, le sue zampe portano ancora traccia del suo ‘manto’ invernale.
Dall’arrivo della funivia si gode di una bella vista sulla città e sul mare.
Rientriamo in città facendo una variazione del percorso. Invece di scendere con il medesimo sentiero ne scegliamo un altro che ci porta esattamente all’arrivo della funivia, è un po’ meno dritto del precedente ma un po’ più lungo.
Rientrati in città, passiamo il resto della giornata, passeggiando per le vie del centro, osservando i monumenti e i palazzi. Facciamo anche una puntatina nell’affollato mercato del pesce e nel quartiere di Bryggen per vedere i vecchi magazzini in legno. Questo quartiere è stato inserito, dall’UNESCO nell’elenco degli 89 monumenti internazionali da salvare. I banchetti del pesce pullulano di pesce fresco (o così si dice). Gamberetti, merluzzo, e tanto altro… Di fianco ai banchetti dei pesce altri bancherelle con miriadi di cestini di fragole e di frutti di bosco. Seduti per il porto tantissime persone si gustano i panini con i gamberetti venduti al mercato.
Infine seduti sul bordo della fontana, come tanti altri, a Torgalmenningen, osserviamo il via vai di gente e di turisti per la piazza. Una coppia di musicisti intona canzoni country (in inglese, ovviamente), uno strano clima che rende piacevole questa permanenza.
Una piccola nota di demerito per i norvegesi. Eh eh eh... brutta abitudine la loro di sputare per terra, capisco che possa essere un rimasuglio di qualche usanza vichinga ma... non è tanto carino. Non sto scherzando, non ho mai visto così tanta gente sputare per terra. E in quanto a pulizia non brillano nemmeno loro. Si dice che le nostre città sono sporche ma a me non sembra che le loro siano tanto più pulite.
Verso sera, recuperati i nostri bagagli ci dirigiamo al molo per l’imbarco sull’Hurtigruten fermo al porto in attesa dei suoi passeggeri.
In coda al check-in Marco inizia a disperarsi. A parte una giovane coppia che abbiamo visto entrare e una in coda il resto delle persone presenti al check-in ha da tempo superato l’età pensionabile. ‘Lo sapevo io che era una cosa da nonnini’, questo è il commento di Marco!
E così alle 20.00, l’Hurtigruten MS Polarlys lascia il porto di Bergen diretta verso nord promettendo un viaggio indimenticabile, in compagnia della corrente del Golfo (lo hanno scritto da tutte le parti, impossibile non ricordarselo!). Tanto per fare un po’ il Piero Angela della situazione, la costa norvegese è verde e rigogliosa anziché ricoperta da ghiaccio (in inverno si intende) come la Groenlandia proprio perché la corrente del Golfo penetra nei fiordi impedendo così la formazione di ghiacci durante l’inverno.
Mercoledì 27 luglio 2005
Sull’Hurtigruten è fornita una guida, in italiano, che descrive il viaggio e giornalmente sono distribuiti dei volantini con il programma delle giornata, le notizie utili e quello che si vedrà, rigorosamente in norvegese, tedesco, inglese e francese.
La nave viaggia anche di notte ma non è il caso di fare 24 ore non stop per vedere tutto tutto.
Andiamo a fare colazione piuttosto presto. La sala è già gremita di nonnini, la maggior parte di origine tedesca. Il buffet per la colazione è molto ricco, ma di piatti salati. Ci sono perfino delle sardine. Le sardine a colazione mi sembrano un po’ eccessive ma c’è chi se le gusta. Io mi prendo il mio solito succo di arancia e la mia scodellina di cereali con lo yogurt mentre Marco vaga alla ricerca del latte caldo (che ovviamente non c’è e va richiesto al personale) e di qualcosa di dolce. Troverà solo la marmellata e del pane nero con tanti semini.
E intorno a noi, tanti nonnini che si stanno abbuffando con uova e bacon, fiumi di caffè, formaggi e salumi. Non hanno problemi questi di colesterolo? Ce ne sono alcuni, che se gli chiediamo il passaporto rischiamo di scoprire che sono coscritti di Tutankamon! Mah…
Il piatto forte della giornata è il Geirangerfjord. In mattinata la nave entra in questo fiordo e lo percorre nei due sensi (andata e ritorno) nell’arco di tutta la giornata.
I fiordi si sono formati grazie ai ghiacciai, che in epoca glaciale, scendevano dalle montagne fino al mare. Scomparsi i ghiacciai queste profonde valli furono invase dal mare. Il Geirangerfjord è uno dei più bei fiordi della Norvegia.
L’Hurtigruten naviga lentamente verso Geiranger (il punto di arrivo all’interno del fiordo). Sono impressionanti le montagne che a picco cadono in mare, le cascate, tra cui le sette sorelle. E’ un susseguirsi di immagini da cartolina (a parte il cielo, sempre tra il grigio e il meno grigio) fino all’arrivo nei pressi di Geiranger e da qui si fa ritorno.
Verso sera la nave ritorna ad Alesund, punto di partenza, di sta mattina, per questo fiordo. La nave attracca al porto consentendo ai turisti saliti questa mattina, che hanno voluto vedere solo il fiordo, di scendere e proseguire il loro viaggio. L’Hurtigruten è ancora un traghetto, per cui è possibile utilizzarlo per spostarsi da una zona all’altra, coprendo parti del percorso oppure per fare questo tipo di escursione.
Sulla nave la giornata però è trascorsa lenta. I panorami da vedere erano belli ma noi non siamo abituati a tutta questa inattività.
Mentre il pranzo è a buffet e la gente si abbuffa a più non posso la cena viene servita al tavolo e conta di 2 portate più il dolce. Questa sera abbiamo anche modo di scoprire l’entità del gruppo di connazionali. In tutto siamo in 10 e contribuiamo ad abbassare l’età media dei presenti in sala.
La mia ironia sull’età un po’ avanzata dei partecipanti non ha da essere una critica negativa. Fa piacere sapere che i pensionati tedeschi, a differenza di quelli italiani, possono permettersi viaggi di questo tipo e che hanno l’intraprendenza e la voglia di farlo. Questa non mancherebbe ai nostri pensionati ma con le fantastiche pensioni che elargisce il nostro governo al massimo possono fare una crociera in gommone lungo il Po.
Giovedì 28 luglio 2005
Alle 8.15 la nave attracca a Trondheim ed effettua una sosta di circa 4 ore.
Trondheim fu la prima capitale norvegese e ora è la terza città della Norvegia. E’ una città suggestiva e tranquilla con un centro storico tutt’oggi ben conservato e due delle più grandi costruzioni in legno presenti nel nord del paese. Molto particolari sono le costruzioni del porto dove si dice abbondino anche i salmoni, noi però non li abbiamo visti. Fiore all’occhiello del centro è la cattedrale, una bella struttura medioevale. Ed è da questa che iniziamo la nostra visita della città.
Volendo l’Hurtigruten organizza un’escursione per conoscere la città, ma noi, come tanti altri, dotati di cartina e guida partiamo alla scoperta della città da soli. Il centro non è lontano dal porto dove ha attraccato la nave.
La cattedrale di Nidaros dedicata a Sant’Olav era, in passato, meta dei pellegrini provenienti da tutta l’Europa. E’ oggi il più grande edificio medioevale presente in Scandinavia. Al suo interno (35 kr) ospita le tombe di tutti i sovrani norvegesi ed è stata sede di tutte le incoronazioni fino al 1814. Dietro alla cattedrale sorge il Palazzo arcivescovile.
Dopo questa immersione nella storia riprendiamo la visita verso una meta molto più consona ai nostri interessi e alle nostre esigenze: Nidaro-Hallen. Attraversato il vicino ponte Gandbrua sul fiume Nidelva passeggiamo lungo il fiume. Si tratta di una zona tranquilla adibita a parco cittadino dove possiamo, in tutta tranquillità darci al bird-watching. Ci sono molte specie di uccelli e dei gabbiani veramente divertenti. Hanno il viso ricoperto da una mascherina nera. Ce n’è uno anche piuttosto fotogenico perché se ne sta bello bello in posa quasi a volersi far fotografare.
Riattraversiamo poi il fiume Nidelva nei pressi del nidereid bru passando dinnanzia ad un'altra chiesa per poi passare nella zona del porto dove sorgono molte delle costruzioni tipiche, in legno.
Rientrati sulla nave, la navigazione riprende verso nord. Guardando ad ovest si possono vedere moltissime piccole isole, in alcune di queste ci sono anche degli impianti di estrazione del petrolio. Per essere che tra le risorse del paese c’è anche il petrolio la benzina costa più che in Italia, se non altro in questo non vantiamo un primato.
Durante il pomeriggio si attraversa lo stretto di Stokksund che come dice il nome... è proprio stretto!!! E’ quasi impressionante la vicinanza della terra e delle scogliere che c’è da chiedersi se sono sicuri di quello che stanno facendo. Comunque il passaggio nello stresso è veramente impressionante e fortuna che la giornata è un po’ meno grigia del solito e un tiepido solo ci permesso di goderci il panorama direttamente dal ponte.
Venerdì 29 luglio 2005
Intorno alle 3.15 del mattino è previsto il passaggio di fianco ad una particolare montagna. Quando suona la sveglia ci abbigliamo bene e ci dirigiamo sul ponte, dopo essere passati dal salone denominato ‘Panorama’ dove i televisori riportano una cartina della Norvegia e la nave che avanza (un po’ come sugli aerei) che ci permette di verificare se il nostro calcolo dell’orario è corretto. Nel salone, le luci sono soffuse, il silenzio e la quiete del mare sono rotti solo dal ‘russare’ di alcune persone coricate sui divanetti. Non dimentichiamoci che l’Hurtigruten è anche un traghetto (n.d.r.).
Fuori fa freddo, rimaniamo giusto il tempo di vedere la montagna e poi ce ne torniamo in cabina a dormire. Poco prima delle sette del mattino la nave oltrepassa il circolo polare artico e per questo siamo stati tutti dotati di attestato nominativo che riporta questo importante evento (ooohhhhhh).
Per quel che ci riguarda, ci svegliamo intorno alle sette per fare colazione e per prepararci per la nostra prima escursione. Visita al ghiacciaio Svartisen (840 Kr). Lasciata la nostra nave, che prosegue il suo viaggio, per un battello di piccole dimensioni ci dirigiamo verso l’interno di questa area. In poco più di un'oretta, navigando tra scenari naturali e scrutando in lontananza montagne e ghiacciai arriviamo vicino al ghiacciaio Svartisen che si presenta in tutta la sua maestosità. Sottolineo che quello che noi vediamo è solo una piccola porzione di questo ghiacciaio. Lo Svartisen è il secondo ghiacciaio, per estensione, della Norvegia, secondo solo al ghiacciaio Jostedal. Letteralmente il nome Svartisen significa ‘ghiacciaio nero’ la guida ha giustificato l’origine del nome alla sua colorazione.
Durante il tragitto in barca abbiamo avvistato due aquile di mare, colpisce il comportamento fiero e austero di questi animali.
Lasciata la barca, per arrivare davanti al lago su cui sovrasta il ghiacciaio, è possibile o andarci a piedi in una decina di minuti, percorrendo una strada sterrata oppure prendere un bus che farà da navetta, percorrendo la stessa strada. A parte qualche persona anziana e qualche pigretto (non anziano) gli altri vanno tutti a piedi. Arrivati poi davanti al lago, un sentiero lo costeggia interamente consentendo di arrivare fino ai piedi del ghiacciaio, ne percorriamo una buona parte ma non riusciamo ad arrivare sul ghiacciaio. Il tempo che abbiamo a disposizione non è molto e dopo un po’ dobbiamo abbandonare il nostro proposito e tornare indietro. Scopriamo in seguito che all’interno del visitor centre, che non abbiamo visitato, era stato preparato un buffet con i dolci tipici.
Ripresa la barca per un breve tratto l’escursione prosegue in autobus con una giovane guida che parla francese ed inglese che illustra tutte le cose che ci sfrecciano intorno durante il nostro viaggio fino alla città di Bodo dove riprenderemo la nave.
La zona è molto bella, altre montagne, altri fiordi… ma il bus non si ferma ed è un peccato perché si vede tutto ‘passando’, le uniche due soste che ha fatto sono state una di carattere molto commerciale, nei pressi di un bar/negozio in una zona che non era un granchè, e l’altra, sempre nei presi di un hotel/ristorante sullo stretto del fiordo Salffjord dove passa la famosa (io nemmeno sapevo che esisteva) corrente Saltstraumen. Quattro volte al giorno questa corrente spinge in questo stretto 372 milioni di metri cubi di acqua ad una velocità media di 29 km orari. Come conseguenza di questa forte corrente le navi che vi devono transitare devono passarvi due ore dopo il flusso e il riflusso dell’acqua.
A parte tutta questa bella teoria quello che si vede è questo stretto (150 metri) con un bel ponte che lo sovrasta e qualche pescatore sulla riva.
Rientriamo sull’Hurtigruten a Bodo che sono le 15, un pranzetto veloce e poi la giornata riprende a scorrere lenta.
Bodo, che non abbiamo potuto visitare perché eravamo in giro con l’escursione, è il capoluogo della regione di Nordland (che nome originale!). Tra le curiosità della città ho letto che è sede del quartier generale della difesa Norvegese settentrionale e anche la sede vescovile. La città è comunque molto giovane, poiché è stata fondata nel 1816 di conseguenza ai numerosi branchi di aringhe che vi arrivavano, garantendo così uno sviluppo veloce della cittadina. Ma poi le aringhe se ne sono andate ma la città ha saputo sviluppare altre attività economiche. Durante la seconda guerra mondiale 2/3 della città venne distrutta dall’aviazione tedesca.
In serata raggiungiamo le famose Isole Lofoten. Si tratta di una catena di grandi isole e vette appuntite di immenso fascino che si estendono nel mar di Norvegia. E’ stato uno dei principali centri di pesca invernali della Norvegia, infatti all’inizio dell’anno la corrente del Golfo (sempre lei) si incontra con le fredde, diciamo pure gelide, acque dell’oceano, attirando così miriade di merluzzi dal Mare di Barents. Nonostante la stagione duri solo da febbraio ad aprile la pesca rimane una delle attività più importanti della zona anche nel resto dell’anno. Si possono infatti notare le innumerevoli stalliere di legno utilizzare per far essiccare il pesce poste qua e la in ogni porto.
Oltre ai merluzzi e al pesce, le isole ospitano colonie di uccelli marini a sud, mentre a nord ci sono le spiagge e i fiordi.
Speravamo tanto di riuscire ad ammirare questi luoghi e invece grazie a queste fantastiche nebbie basse ed alla pioggia, la visibilità è piuttosto scarsa.
Alle 22, arriviamo a Svolvaer e la pioggia continua a cadere incessante, qualcuno scende lo stesso, ma noi preferiamo rimanere a guardare la città sul ponte al riparo dall’acqua. I negozi comunque stanno chiudendo e in giro si vedono poche persone, vorrei vedere con sto freddo!
Sul porto si vedono le capanne di legno dei pescatori, chiamate Rorbuer, utilizzate dai pescatori per ripararsi durante la stagione della pesca, ora sono affittate come case vacanze ai turisti.
Riprendiamo la navigazione in direzione del TrollFjord, uno dei più bei fiordi, a detta delle guide. La pioggia ha smesso di cadere ma le nebbie non si sono alzate di molto.
Il TrollFjord, o il fiordo dei Troll, è lungo appena 2 km. Le imbarcazioni entrano nella stretta gola del fiordo percorrendolo lentamente in tutta la sua lunghezza per poi, con qualche manovra, girare la nave per dirigersi verso l’uscita del fiordo. Il tratto percorso è molto suggestivo, pareti di pietra lisce che sovrastano il fiordo per arrivare poi in fondo dove un panorama da cartolina, con le montagne che abbracciavano il mare, la fa da padrone.
La mia guida turistica, che a questo punto credo sia stata scritta da un masochista, sostiene che il paesaggio sia molto più suggestivo e spettacolare con il brutto tempo. Dico io… ma se con sta accidenti di pioggerellina e sta nebbia che gli fa compagnia si intravedono le sagome delle montagne e del fiordo, come si fa a d affermare che il paesaggio sarebbe più bello che con il cielo sereno? Sicuramente questo clima deprimente dà al paesaggio un non so che di misterioso e tenebroso in perfetta armonia con le più fervide storie sui Troll però... In ogni caso, tutti, o quasi, i passeggeri sono fuori sul ponte a godersi lo spettacolo, il personale della nave distribuisce quella che loro chiamano ‘minestra dei Troll’, una specie di brodaglia rossa dall’odore niente invitante che mi sono guardata bene dall’assaggiare.
Sono le 24 ed è impressionante quanta luce c’è ancora.
Per chi non lo sapesse, ma penso siano proprio pochi, visto che le statuette dei Troll sono ormai in vendita non solo nei negozi di souvenir scandinavi ma anche in tantissimi negozi di oggettistica in Italia. I Troll sono spiriti che vivono nelle viscere della terra. Sono spiriti che talvolta aiutano e talvolta ostacolano gli uomini. Inizialmente i Troll sono stati descritti come creature gigantesche per poi diventare i mostriciattoli dalla carnagione pallida dovuta alla vita sotto terra che conosciamo ora. Il sole si narra che è in grado di trasformarli in pietra; non è infatti inusuale sentir raccontare che la formazione di certe isole o montagne dalle forme piuttosto strane e grottesche sono dovute a Troll che si sono pietrificati.
Si narra che forgiarono la spada di Odino (dio della guerra) e il martello di Thor (figlio di Odino). Solo che quest’ultimo invece di ringraziarli gli ha scagliato contro l’arma che essi hanno forgiato. Da qui nasce la paura dei Troll per il rumore e l’usanza nei borghi norvegesi, fino al settecento, di suonare le campane per tenere lontano i Troll che, sempre secondo le leggente, rapiscono donne e bambini.
La mitologia e il folclore norvegese è ricco di storie e leggende, benchè queste storie assieme alle reali storie sui vichinghi mi abbiano appassionato parecchio non mi sembra il caso di propinarvele tutte.
Sabato 30 luglio 2005
La mattina procede senza niente da segnalare a parte una cosa un po’ pacchiana che sembra essere piaciuta un sacco ai nonnini presenti sulla nave. Alle 10 circa, annunciano l’inizio della cerimonia del battesimo artico, o una roba del genere. Marco ovviamente, non se lo sogna nemmeno di venire a mettere il naso, perché qualunque cosa che preveda un folto gruppo di persone ammassate non fa proprio per lui. Così lo lascio a leggere il suo libro e me ne vado sul ponte a mettere il naso.
E’ stato un po’ faticoso capire cosa succedeva perché la folla era tanta e il caos pure. In pratica, il battesimo artico consiste nel versare una bella mescolata di cubetti di ghiaccio sul collo del malcapitato proprio in corrispondenza del colletto in modo che questi possano scorrere lungo la schiena. La cosa diverte molto i presenti io non ci trovo niente di divertente e mi sembra un po’ pacchiana ma anche questo fa parte del viaggio!
Subito dopo pranzo la nave attracca a Tromso, che è stata definita la Parigi del nord. Mamma mia che parolone grosse. Una bella città, senza dubbio, ma proprio paragonarla a Parigi mi sembra un tantino presuntuoso, cosa ne pensano i parigini?
In ogni caso Tromso è la capitale della Norvegia del nord ed è anche la città più popolosa della zona. Nasce come porto ittico e centro mercantile, si sviluppa, verso metà dell’ottocento, grazie ai guadagni ricavati dai sui cittadini, cacciatori di pellicce che cacciavano la volpe artica, l’orso bianco e la foca alle Svalbard e qui rivendevano le pelli. Sempre da qui partirono anche molte delle spedizione nell’artico.
Il centro della città è vivace anche se non ci sono molti monumenti da vedere.
Scesi dall’Hurtigruten ci dirigiamo subito verso la cattedrale artica. Oltrepassiamo uno di questi ponti immensi che attraversano lo stretto (ve ne sono due uno di 1235 m e l’altro di 1016 m ed è in costruzione un tunnel che attraversa lo stretto). Non è possibile visitare l’interno della cattedrale artica a causa di un matrimonio che si sta svolgendo all’interno della chiesa.
Se la giornata fosse stata di sole avremmo di sicuro optato per la funivia che porta a 420 s.l.m. da dove si può ammirare un fantastico panorama.
Di interessante in città si può visitare il centro con i suoi negozi e il parco di divertimento a tema con l’Artide, l’Antartide e il Mare di Barents: Polaria, una serie di musei e il giardino botanico.
Rientrati sulla nave riprendiamo la navigazione passando sotto i due maestosi ponti che collegano lo stretto. Una delle cose che più impressionano sono proprio questi immensi ponti. Veri capolavori di ingegneria. Arcate che collegano costa ed isole e passargli sotto ha certamente il suo fascino.
Domenica 31 luglio 2005
Questa mattina ci svegliamo con il mare mosso, non l’avevamo ancora provata quest’emozione. La nave balla che è una meraviglia, tentiamo di andare a fare colazione ma dopo aver tentato invano di fare le scale decidiamo che la cosa migliore è tornarcene a letto in attesa che questo dondolio si plachi un pochino.
In mattinata l’Hurtigruten arriva a Honnisngsvag, punto di partenza per due delle escursioni da non perdere (essendo le due cose contemporanee e non avendo nessuno il dono dell’ubiquità, una delle due la si deve perdere per forza).
Dicevo… per quelli come noi, appassionati di natura, questa mattina c’è l’escursione alla riserva Gjesvaer, una riserva marina paradiso dei bird-watcher. Mentre la stra grande maggioranza dei turisti sceglie la gita a Capo Nord. Ebbene si.. siamo arrivati a due passi da Capo Nord e non ci siamo andati.
Honninsgsvag è il capoluogo di Capo Nord e conta ben 2800 abitanti. Considerate il clima favorevole della zona direi che sono più di quelli che avrei immaginato. E’ collegato alla terra ferma da un tunnel sottomarino, che ovviamente, arrivano in nave non abbiamo avuto la necessità di percorrere. Sull’isola si trovano industrie ittiche e nei verdi pascoli non è raro incontrare le renne.
A Honnisngsvag centro c’è proprio poco da fare. Capo Nord è collegato al paese da una strada lunga 34 chilometri. Capo Nord in se, non è altro che una altopiano con una scogliera a picco sul mare (305 metri di altezza). Il punto più settentrionale dell’Europa però è una piccola punta ad ovest dell’altopiano, la punta Knivskjellodden, raggiungibile con un sentiero da percorrere a piedi. Non ci sono andata ma ero ben informata!
Tornando a noi… La giornata e il mare sono proprio brutti ed essendo, l’escursione condizionata dalle condizioni metereologiche, ci informiamo se è stata annullata o meno. Ma noi siamo gente di montagna e loro gente di mare per cui l’escursione non è stata annullata.
Così ci troviamo, una ventina scarse di persone, sul bus diretti al piccolo abitato di Gjesvaer, dove un battello ci condurrà a vedere questa riserva. La guida parla solo inglese e norvegese, perché quella che sapeva l’italiano se ne va a Capo Nord con il resto dei nostri connazionali.
Il tragitto in bus ci consente di vedere meglio questa tundra artica, con qua e dei laghetti e qualche renna che pascola tranquilla. La guida ci fa sapere che una giornata grigia come quella di oggi non è un evento eccezionale, anzi.. sono le giornate di bel sole ad essere considerate eccezionali. Non so se l’ha detto per farci contenti o altro fatto sta che la cosa non ha cambiato di una virgola il viaggio.
Arrivati a Gjesvaer, piccolissimo centro di pescatori, a parte noi e il personale (2 persone) del battello ed un gatto con un pelo bello folto (ci credo, con sto freddo) non si vede anima in giro.
Una cosa che mi ha colpito di tutti questi paesi e case viste lungo la navigazione è l’assenza di vita esterna. Mi spiego, le case sono li ferme e immobili, idem l’esterno, non si vedono bucati ad asciugare, bambini in cortile o tricicli o biciclette appoggiare all’uscio di casa. Capisco che il clima e il fatto che per molti mesi l’anno sia notte non incentiva la vita esterna ma tutto questa assenza di vita, abituati noi a sentire le grida dei bambini per strada, il vociare degli anziani seduti sugli usci delle porte, mi trasmettono la sensazione di paesi privi di vita, con un velo di malinconia.
Tornando alla nostra escursione, tutto procede tranquillo fin tanto che la barca, lasciata la costa, non prende il largo.. oh già.. non è che sta riserva era collocata lungo la costa e quindi il mare molto mosso non era un problema. Ste accidenti di isolette, dove cormorani, gabbiani, pulcinelle di mare e quant’altro e ne stanno appollai sono in mezzo al mare. Lasciata la costa il mare mosso ha iniziato a farsi sentire e non mi riferisco solo al mal di mare che era il più piccolo dei nostri problemi o al freddo terrificante ed alla pioggia che intanto era iniziata a cadere ma al tentativo di non finire in mare. E’ bene precisare che il battello o la barchetta (chiamiamola come vi pare ma resta sempre piccola) era dotata di una mini cabina e di un ponte con una ringhiera piuttosto scarna. La barca oscillava in balia del mare che era una meraviglia, per non parlare dei ‘salti’ che faceva quando, contro corrente, prendeva le onde. La gente era tutta indaffarata a tenersi tutto dove poteva per non scivolare. Due signore anziane si sono legate con una corda che hanno trovato (eccessive ma non troppo). Insomma… rafting in mare aperto, questa è la giusta definizione. Vi starete chiedendo, ma li avete visti sti uccelli… non parliamo di fotografarli o di vederli con un binocolo, come si conviene ad un bird-watcher, ma essendo tutti piuttosto impegnati a non andare a mollo gli uccellini sono finiti un tantino in secondo piano. In ogni caso la barca non poteva avvicinarsi troppo alle scogliere perché il vento e il mare mosso potevano scaraventarla contro (ci mancava solo più questo), il fatto di non essere per niente stabile rendeva comunque difficoltoso avvistare gli animali, che forse per le condizioni climatiche non particolarmente favorevoli erano piuttosto agitati e in fermento. Insomma.. un disastro su tutti i fronti. Sinceramente, considerato che su questa nave c’erano anche delle persone anziane (e una di queste è stata aiutata a scendere! N.d.r.) mi è sembrato un po’ imprudente da parte loro effettuare, viste le condizioni metereologiche, quest’escursione. In questo caso, mi spiace dirlo, ma qui, più che la soddisfazione del cliente è stata pensata e soddisfatta la necessità dell’Hurtigruten o chi per essa di riempirsi il portafoglio.
A dover di cronaca chi è andato a capo nord, non ha rischiato di finire in mare ma sia per il freddo che per il forte vento ha potuto permettersi solo una toccata e fuga in esterno, se non voleva essere riposto in freezer di fianco al merluzzo.
Ripreso il viaggio con l’Hurtigruten, che ha continuato a dondolare in balia del mare visto che questa è anche l’ultima sera sulla nave, non so perché ma non ne avrò nostalgia, c’è il buffet artico. Quintalate di pesce e di crostacei e per i carnivori, renna e balena. Non male la renna, decisamente poco gustosa la balena. I Norvegesi e i Nipponici sono gli unici due popoli che ancora cacciano le balene e ovviamente, non hanno proibito questo tipo di caccia in favore della conservazione della specie. Sostengono, come tutti i cacciatori, che la caccia non influisca più di tanto a far ridurre le popolazioni di questo mammifero. Le associazioni ambientaliste la pensano diversamente ma questa è la situazione.
Assaggio anche qualche gamberetto e dei crostacei non bene identificati, o meglio, sono io che non so cosa sono. Per prendere i gamberetti ho rischiato il linciaggio. Mamma mia se sono agguerriti sti nonnini, sembra che non mangino dalla prima guerra mondiale!
Lunedì 1 agosto 2005
Le condizioni meteorologiche anche per oggi non lasciano intravedere nessuna possibilità di farsi scaldare dai raggi del sole. Il cielo è come sempre coperto e sembra tanto di essere in autunno. Chissà com’è qui d’autunno se d’estate è già così!
Come da orario l’Hurtigruten alle 10.00 attracca a Kirkenes. Sulla banchina sono pronti diversi bus, quelli per le escursioni, quelli per l’aeroporto è quelli per il centro città. Noi però decidiamo, come tanti altri, di farla a piedi, in meno di un quarto d’ora raggiungiamo l’ufficio informazioni dove lasciamo le nostre valigie in deposito per 25 kr a pezzo.
Sulla mia guida si citava la presenza di un bus pubblico che arrivava fino al confine con la Russia. Così tanto per mettere il naso chiediamo informazioni sul questo bus: non esiste più. Con una coppia di ragazzi romana, conosciuti sulla nave valutiamo la possibilità di andarci tutti e 4 in taxi ma i costi sono alti e non sembra che la corsa ne valga la pena così abbandoniamo questo proposito.
Kirkenes è una cittadina quasi tutta moderna che si affaccia sul Bokfjord nella stretta insenatura del mare di Barents. Una notizia curiosa è il fatto che il porto, situato in fondo al fiordo, non è toccato alla corrente del Golfo, insomma proprio dappertutto non può andare, e di conseguenza d’inverno le sue acque gelano e sono costretti ad usare le navi rompighiaccio per aprirsi un varco per far passare le navi.
Da fare, in città, veramente non c’è molto e noi abbiamo tutta la giornata da spendere. Attraversiamo il centro, una via pedonale con un susseguirsi di negozi, e ci spostiamo in direzione del museo Grenseland, ossia il museo di confine dove il tema dell’esposizione è la zona di confine tra la Norvegia, Finlandia e Russia. Poco prima del museo troviamo il solito cartello con l’indicazione e la direzione di alcune città in Europa. Non so.. questi cartelli sono sempre ubicati in posti per così dire ‘lontani’ dal resto del monto, chissà forse è un modo loro per sentirsi meno soli o meno lontani.
In prossimità del museo, che non siamo affatto interessati a vedere, vi è l’indicazione di un percorso pedonale e di un punto di interesse. Prendiamo questo percorso e seguiamo le indicazioni. Ci sono parecchi bivi e stradine, questi percorsi non sono altro che un’insieme di piste da sci da fondo che si estendono in questa tundra artica. Si tratta di un ambiente molto particolare, fatto di collinette che si vedono a perdita d’occhio, laghi e arbusti e piccoli alberi. Su una di queste collinette troviamo dei ruderi di costruzioni in pietra, residui bellici. Infatti, durante la seconda guerra mondiale, Kirkenes era una città portuale di minatori, insieme a Malta vanta il triste primato di essere stata una delle città europee più bombardate e quello che non è stato distrutto dai bombardamenti fu dato alle fiamme dai tedeschi in ritirata. Le persone sopravvissero rifugiandosi nelle miniere che vennero chiuse solo nel 1996.
Ma, non so se è per la giornata grigia o che altro, ma mi sembra tutto così desolato e triste. Le betulle sono tutte piuttosto nanette, sono infatti tutte alte più o meno uguale e questo pare serva per proteggerle dai venti e dal freddo.
Una veloce passeggiata in centro, fa piuttosto freddo e poi un salto al centro commerciale, deprimente anche lui, una puntatina al supermercato per prendere qualche vivere e sono appena passate le 14.00. Non è che di gente in giro ce ne sia tanta, ogni tanto riconosciamo qualche volto proveniente dall’Hurtigruten, tutti che vagano tutti che girano in cerca di qualcosa da fare o da vedere.
Alla fine, il tempo non sembrava migliorare mentre il fredda aumenta decisamente, così recuperiamo le nostre valigie e con il bus (Kr. 65) delle 15.30 andiamo all’aeroporto.
Lungo la strada incontriamo delle renne che pascolano lungo il bordo strada. Non sono lontane dall’aeroporto così, una volta fatto il check-in e quindi risolto il problema valige torniamo indietro a piedi alla ricerca delle renne. Ne troviamo ancora una che, con il suo andamento ciondolante (mi ricordano i pupazzi di pezza) pascola tranquilla lungo la strada.
L’aeroporto di Kirkenes, beh... è tutto un programma, ma intanto Kirkenes ha un aeroporto mentre tanti centri molto più grandi in Italia non ce l’hanno e per prendere un aereo bisogna spostarsi e anche parecchio.
Dicevo, l’aeroporto è piccolo, due sole postazioni per il check-in. E’ presidiato dall’addetto solo in prossimità di un volo, diversamente occorre premere un campanello (come quelli delle hall degli alberghi di una volta) è l’addetto arriva subito. I cancelli d’imbarco sono tre ma fanno tutti riferimento ad un'unica piccola saletta. C’è un piccolo bar ed è tutto qui. Quando è ora dell’imbarco la porta del cancello viene aperta e i passeggeri si dirigono verso l’aereo pronto sulla pista.
Dopo due ore di volo atterriamo a Oslo. Recuperiamo i bagagli e andiamo a cercare il flybusses che ci porterà nel cuore di Oslo (costo 110kr solo andata o 160kr A/R). La fermata del bus è proprio di fronte al nostro Hotel (Rica Oslo Hotel).
Martedì 02 agosto 2005
Sveglia non tanto presto, tant’è che alle nove la tizia che pulisce le camere viene a darci la sveglia. Va beh... poco male Oslo ci attende. Una veloce colazione in tutti i sensi, perché la cameriera alla nostra richiesta di avere una tazza di latte caldo ci liquida dicendo che l’ha finito e gli è rimasto solo più freddo! Dico io… non ce lo avete il gas o il forno a microonde in sto albergo? Tutte ste stelle che stanno appese fuori per cosa stanno se non siete in grado di portare un misero bicchierino di latte caldo ad un povero turista che non se ne fa un bel niente del latte freddo per fare il caffelatte con il caffè solubile?
Insomma, usciamo alla scoperta di Oslo con un diavolo per capello.
Ovviamente anche oggi il sole è andato a farsi un giro e il cielo è grigio. Comincio a pensare che sui deplian turistici siano andati di photoshop in maniera massiccia, non si spiegano diversamente i bei cieli azzurri delle brochures!
E’ ancora presto e la città è animata solamente dal via vai di coloro che vanno a lavorare, i turisti, gli artisti di strada e quant’altro alimenta le strade delle città non ci sono ancora.
Oslo è la capitale più antica della Scandinavia, il suo nome è composto di due parole norvegesi As e Lo che significano rispettivamente: Dio e campo.
Iniziamo la nostra visita dal vicino duomo Domkirke che risale alla fine del settecento. Il duomo si affaccia su quella che una volta era la piazza maggiore di Oslo: Startorvet, oggi, ha perso molto di questo lustro e non rimane altri che una piazza dove zampettano gli uccellini e qualche persona di strada dorme sulle sue aiuole.
Da qui ci spostiamo verso il parlamento (Stortinget). L’interno è visitabile solo partecipando ad una visita guidata che non abbiamo voglia di fare per cui proseguiamo la nostra visita lungo Johans gate passando dinnanzi al Nationaltheatret per arrivare poi davanti agli austeri edifici dell’università. Entriamo alla ricerca dell’aula Magna citata sulla nostra guida ma non la troviamo, è anche agosto e in giro non c’è nessuno a cui chiedere informazioni. Riprendiamo così il nostro percorso lungo Johans gate per arrivare al palazzo reale (Det Kongelige Slott). Eretto tra il 1825 e il 1848 non presenta ne cancellate e ne mura difensive. Alcune ale del palazzo, durante il periodo estivo, sono aperte al pubblico e visitabili con una visita guidata. Le lunghe code d’attesa per la visita non ci invogliano affatto ad accordarci anche noi, mentre il giardino è visitabile gratuitamente senza bisogno di fare nessuna coda. Davanti al palazzo sorge una delle tante statue presenti ad Oslo, mai visto una città con così tante statue e sulla testa di ognuna di esse l’immancabile gabbiano, forse ne hanno erette così tante per avere tanti posatoio per questi uccelli. Il parco è un piccolo paradiso di verde in centro città, c’è un laghetto e tanti anatroccoli che sguazzano, c’è per fino una bambina piuttosto impestata che si diverte a farli scappare, ad un certo punto, scivola sul prato bagnato e per poco non finisce in acqua anche a lei. Giustizia è stata fatta!
Dobbiamo camminare parecchio per la città ma alla fine arriviamo ai giardini del Frognerparken. Ci sono dei tram per raggiungere il parco ma dopo tutta l’inattività sulla nave abbiamo proprio voglia di camminare.
All’interno del parco si trova uno dei luoghi più famosi di Oslo, il Vigelandsparken. Si tratta di un pezzo di questo parco dedicato ad uno scultore moderno norvegese, un certo Gusta Vigeland. Il parco ed il vicino museo espongono una buona parte delle sue opere. Nel parco sono ammirabili, tra le altre, le statue che compongono la fontana, l’obelisco e che adornano la scalinata e lungo il ponte che porta alla fontana. Si tratta di statue che rappresentano donne, uomini e bambini. Alcune sono di una realtà pazzesca. Vigeland comunque non è il solo artista a cui Oslo dedica un museo, ma bisogna ricordare anche Edvard Munch. Per chi non lo conoscesse, come la sottoscritta prima di andare ad Oslo, si tratta di quel pittore che ha dipinto quel quadro agghiacciante intitolato ‘Urlo’, la sua bibliografia, riportata sulla mia guida, ne traccia le linee di un uomo con qualche rotella fuori posto, non ne avevo dubbi, viste le sue opere. In ogni caso alla sua morte donò tutte le sue opere alla città di Oslo, che ora le espone in un museo a lui dedicato.
Il parco è enorme, lasciata la zona del Vigelandsparken i turisti si disperdono e il parco ricorda, per lo stile e la gente che vi passeggia tranquilla, un parco Londinese.
Nel pomeriggio decidiamo di prendere un traghetto (10 kr solo andata) e di andare nella vicina penisola di Bygdoy dove ci sono ben cinque degli innumerevoli musei presenti in città tra cui il museo delle navi vichinghe (40 Kr), che scegliamo di visitare. Nel museo sono esposti i resti di tre navi vichinghe. Il vicino museo delle tradizioni popolari norvegesi che io avrei voluto vedere ma che richiede molto tempo a disposizione, presenta infatti sia una parte al chiuso, dove sono custoditi costumi, manufatti di arte popolare, ecc, che una parte all’esterno che ricostruisce abitazioni, granai, stalle, ecc. del XVII-XIX secolo. Vicino all’imbarco del traghetto c’è invece il museo marittimo e il museo Kon-Tiki: dove è esposta la zattera con cui un navigatore norvgese, un certo Thor Heyerdahl compì, nel 1947, la famosa traversata dal Perù alla Polinesia. Davanti al museo si erige un’enorme statua che ricorda le statue dell’isola di Pasqua.
Rientrati al porto, è quasi ora di cena, ma prima di scegliere un posto dove andare a cenare andiamo ancora a vedere la fortezza di Akershus, si può visitare il parco di questa fortezza e anche il castello, ma per il castello è ormai passato l’orario di chiusura (18.00).
Per cena andiamo a mangiare nel vicino centro commerciale Palèet, non abbiamo proprio idea di dove andare e dopo aver visto tanti posti, molto affollati, decidiamo di lasciarci consigliare dalla nostra guida. Nel piano terra del centro commerciale ci sono parecchi esercizi che consentono di scegliere diversi tipi di menù, dalla cucina cinese, quella italiana, quella greca ed altre. Si sceglie cosa mangiare e poi si cerca il tavolo.
Mercoledì 03 agosto 2005
Tanto per non smentirsi, anche oggi il sole non si vede.
Dopo una bella colazione depositiamo le valigie nella hall dell’albergo e ce ne andiamo in giro a vedere la città per quel che resta di questa ultima giornata.
Questa mattina la nostra metà è il giardino botanico, sede anche del museo di scienze naturale e di zoologia. La nostra guida non li menziona nemmeno ma noi abbiamo una cartina ed un opuscolo dove sono segnati. Non è semplice arrivarci ma cammina e cammina arriviamo all’ingresso del giardino botanico. Non c’è nessuno, a parte qualche addetto che sistema qualche aiuola. Il giardino è un incanto, piante, fiori, un angolo verde in mezzo alla città. I musei, dell’università, sono chiusi, non si capisce bene se sono chiusi e basta o se qualche volta aprono, comunque passeggiamo e ci godiamo questo verde in città.
Per rientrare in centro cambiamo percorso e attraversiamo quella che si potrebbe definire la zona araba della città. Improvvisamente i negozi ed i locali arabi sono sbucati dal nulla e per la strada, i tratti della gente, i loro abiti, indubbiamente il quartiere arabo.
La nostra guida definisce Oslo una città vivace che non ha nulla da invidiare ad altre capitali europee, non si può che concordare.
E così, arriva l’ora di rientrare a casa. Recuperate le nostre valige, riprendiamo il flybuss che ci porta in aeroporto.
La Norvegia è indubbiamente un bel paese, il tempo non è dei migliori ma torneremo sicuramente in questo paese, via terra s’intende.
Guide utilizzate:
The Rough Guide: Norvegia - Vallardi Editore - Seconda Edizione
Hurtigruten di Erling Storrusten - Distribuita sull’Hurtigruten
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Anche io ho fatto lo stesso giro quest'estate, dal 20 giugno in poi, proseguendo poi per la Finlandia anziche'tornare a Oslo. Meraviglioso, posti incantati, anche con il cielo plumbeo, a volte!! Davvero una favola, a me ha impressionato molto il paesaggio pienodi colori, nonostante il grigiore del cielo, a volte. E la sensazione di onnipotenza arrivando a Capo Nord mi rimarra'per sempre nel cuore, senza contare che eravamo anche in viaggio di nozze...la cosa più spettacolare?Difficile, ma senza dubbio unico e'il ghiacciaio Svartisen, tanto bello,quasi finto.Un bacio e buon viaggio!!!
Ottime informazioni per il mio viaggio estivo! E complimenti per l'ironia!
Grazie per aver redatto questo diario. Veramente bello e dettagliato. E' stato utilissimo per la scelta del viaggio.