In questi ultimi anni, di volta in volta e con brusche alternanze, la cucina romana è stata tanto osannata quanto disprezzata.
Questo succede, forse, perché a Roma la cucina e la ristorazione risultano più difficili da gestire che altrove, esposte come sono a facili incroci e a pericoli di "inquinamento". Per questo, non è così semplice trovare locali e menù, nei quali si rispecchi con ogni evidenza l'istintiva, autentica fedeltà alla cucina di questa terra.
Nella cucina romana, quando è possibile, canta ancora l'elogio del piatto assolutamente genuino, del "fatto in casa": agli spaghetti (spaghetti alla carbonara), ad esempio, si preferiscono spesso le fettuccine della "sfoglia" (fettuccine alla romana / fettuccine alla papalina); per il resto, vengono creati piatti pochi ma buoni ed a scadenza fissa, secondo un tradizionale calendario settimanale: giovedì gnocchi (gnocchi di patate), sabato trippa (trippa alla romana / uova in trippa alla romana).
Si potrebbe iniziare dal pane, dalle innumerevoli forme e confezioni: il pane della "panzanella" e della bruschetta (nella sua primitiva ricetta si utilizzavano fette di pane appena "bruscato", strofinate con aglio, condite con olio e sale).
I primi piatti: regnava un tempo e potrebbe continuare a farlo: il brodo ...
* di carne (vitella o manzo);
* di gallina.
Elemento fondamentale per preparare la tazzetta in brodo (brodetto alla romana), la minestra in brodo e la stracciatella.
Verdure e legumi sono, invece, la materia prima per le zuppe e le minestre; classiche quelle con i ceci (minestra pasta e ceci), i fagioli (fagioli a corallo), le lenticchie (minestra di pasta e lenticchie), le fave (minestra di fave fresche), i broccoli (minestra di pasta e broccoli) e le patate (minestra pasta e patate).
Non si può certo saltare la pastasciutta, che è sempre vigorosa e piccante: dai conosciutissimi bucatini all'amatriciana, agli spaghetti aglio olio e peperoncino ed alle penne all'arrabbiata; più delicati i ravioli, molto elaborati i timballi e coloratissimi i pasticci di maccheroni (maccheroni con ricotta).
Una sosta ed arrivano i secondi.
Sua maestà l'abbacchio: al forno con patate arrosto, alla cacciatora, alla "scottadito" (braciolette d'abbacchio alla scottadito) e la coratella d'abbacchio (coratella d'abbacchio con carciofi).
Il pollo: arrosto con o senza peperoni o alla diavola.
La porchetta fa storia a sé e nel nord del Lazio, in terra etrusca, il cinghiale è di casa.
Dal sud sembra rispondere la bufala, con i suoi gustosissimi latticini.
A questo punto, va aggiunta la particolare cucina che utilizza altri componenti del bovino: cioè le interiora (rigatoni con la pajata e la minestra di coratella), le frattaglie, la coda, la testa. Si parla, dunque, di pietanze povere, che hanno fatto di una necessità una virtù, tirando fuori piatti come la coda alla vaccinara, le animelle, gli schienali, i torcioli e tutto il resto.
Si scende, poi, al grande spazio del mare: il pesce (filetti di baccalà alla romana) ha invaso da qualche anno le nostre mense, in maniera non molto discreta. Anzio, Fiumicino e Civitavecchia erano già in tempi antichi alcuni tra i più importanti centri consacrati alla pesca e di conseguenza alla gastronomia ittica (puntarelle in salsa di alici). Una buona zuppa di pesce si trovava un po' ovunque e non mancavano le triglie, i cefali, i frutti di mare ed i crostacei. Oggi, invece, il pesce di mare arriva da tutte le direzioni e quando non c'è lo si alleva. Roma ed i suoi immediati dintorni, però, beneficiano anche dei prodotti delle acque interne: facile citare le dantesche anguille di Bolsena; a questo lago ed a quello di Bracciano vanno però associati anche il coregone ed il pesce persico (ghiotti i filetti fritti dorati).
Per accompagnare i secondi si usa servire anche i contorni: il fritto di animelle, cervello e carciofi ha un suo trono ideale nella cucina romano-laziale.
Il carciofo (frittata di carciofi) rappresenta un altro elemento di questa cultura: preparato "alla romana", alla "giudìa", a spicchi, con le animelle, alla "matticella" (cotti in vigna sulla brace dei sarmenti di vite e appena conditi con olio e sale).
E che dire dei "facioli co' le cotiche" (fagioli con cotiche)?? Della fava col guanciale?? Fino a discendere alle verdure cotte (cicoria in padella) ed alle insalate.
Broccoli e broccoletti, più o meno ripassati in padella con "ajo, ojo e peperoncino", "misticanza" preziosa, indivia e ascarola ... magari un po' di fava fresca (fave dolci) con accompagno di pecorino romano (spaghetti pecorino e pepe).
Infine, la frutta, i dolci: crostate (crostata di ricotta), zuppa inglese, amaretti, "serpette" ecc. ecc.), gelati e sorbetti.
Esistono delle buone guide gastronomiche, che sono in grado di abbinare ad ogni piatto un preciso vino romano-laziale (cavolfiore al vino). Un tempo si trovava sfuso il Cannellino, che attualmente rimane presente solo nel retrogusto della memoria, mentre oggi consorzi, enopoli, nuove tecniche ed una precisa normativa hanno finito per far pendere l'ago della bilancia verso il recipiente chiuso: bottiglia sigillata, etichettata e provvista o meno della "denominazione di origine controllata" (DOC).