Domenica 7 luglio 2013
A volte penso che non sia io a scegliere la Grecia, ma che sia la Grecia a chiamarmi. La Storia, il mito, il mare, il sole e quelle leggende che sono radicate nei miei ricordi e nei miei studi … tutto mi ricongiunge alla Grecia. E così scegliere Creta è stato facile. E’ un’isola grande, dove posso trovare tutto e non annoiarmi mai. La prima parte di luglio è ideale per partire, ancora non ci sono tantissimi turisti, anche se fa già molto caldo. Ma in questo mese il vento soffia sempre e muove l’aria e così il mare e allora in questo modo riesco a resistere sotto il caldo e posso sostare sulle spiagge, o avventurarmi sugli scavi.
Ma vediamo di raccogliere i ricordi di questa settimana, che avrei voluto durasse di più. Il tempo in Grecia è dilatato e i giorni sembrano più lunghi. Bisogna riuscire a memorizzare questo stato di lentezza e cercare di portarselo a casa, rinunciando un po’ alla frenesia che contraddistingue le nostre città e le nostre vite.
Il volo dall’aeroporto di Verona è perfetto, viaggio all’alba di domenica 7 luglio e sorvolo il Peloponneso, prima di vedere solo il mare sotto l’aereo. Finalmente appare l’isola di Creta, con le sue montagne e le spiagge che accolgono un mare turchese, come lo smalto delle unghie dei miei piedi. Qua siamo un’ora avanti, ma non fatico ad adattarmi. L’agenzia di viaggi, a cui mi sono affidata, mi ha prenotato il soggiorno in un piccolo villaggio nella località che si chiama Kavros, nel golfo di Georgioupolis, nella regione di Hanià. Viaggio con amici come me appassionati di Storia e archeologia, non ho intenzione di fare vita da villaggio, ma di noleggiare un’auto e di scoprire qualche luogo antico, anche se in una settimana si potrà vedere solo alcuni luoghi, perché l’isola è grande e le distanze abbastanza significative. Il villaggio è gestito da Eden Viaggi, non è chiassoso, le stanze sono abbastanza pulite, comode anche se un po’ piccole, ma per un appoggio vanno bene. All’alba ero all’aeroporto a Verona e nel pomeriggio sono qui, a Creta, davanti al mare degli Dei a passeggiare sulla spiaggia senza orario.
Lunedì 8 luglio 2013
Questa giornata è tutta dedicata al riposo in spiaggia, per staccare la spina e per godersi interamente il mare di questa terra tutta da scoprire. A Kavros, la spiaggia è lunghissima e di sabbia e consente di fare piacevoli passeggiate. Il vento scuote il mare, che sembra danzare con le sue onde. Il mare in questa zona è mosso e il fragore delle onde stordisce, stupisce, come il sole che è così forte e accecante che annienta le forze. Se si ha la pelle bianchissima come la mia, occorre proteggersi bene con una crema filtro 50, altrimenti ci si ustiona. Io ho messo sempre questa protezione, anche e soprattutto durante le escursioni, ma mi sono bruciata lo stesso, tanto il sole è rovente. Per fortuna che c’è il vento, fresco e insistente, che rende possibile sostare sulla spiaggia, finalmente sdraiata sull’asciugamano a dimenticare gli affanni, il lavoro, le ansie, il rumore, lo smog della città, la vita quotidiana insomma … Resto in spiaggia tutto il giorno, tra bagni e sonnacchiose soste sotto l’ombrellone. Alle 19 il sole è ancora alto e non più rovente ed è bellissima quest’ora, quando la spiaggia si spopola della maggior parte dei bagnanti. Il golfo protegge la tranquillità di questo luogo e alle spalle la montagna bianca a quest’ora diventa nera e quasi cupa. Ma questi monti altissimi si chiamano Lefka Ori (Monti bianchi) e mi viene da ridere, pensando che sono nel posto giusto, un luogo che porta il mio cognome … Sull’azzurro dell’acqua che si increspa sulle onde, cala a quest’ora l’oro della luce del sole, che si tuffa e si allarga come un mantello prezioso sull’orizzonte. Scatto alcune foto al tramonto, un tramonto che sembra infinito. Ora il vento è diventato più leggero, lo sento come una carezza sul viso, le orecchie protette dalla fascia, come qui portano le donne, il lettino collocato proprio in riva al mare, per stordirmi con il rumore delle onde. Potrei confondermi con le onde che stanno avanzando e bagnano i sassolini della riva. Potrei annullarmi in questa pace che avanza e lasciarmi conquistare da questo senso di assoluto. Io e il mare. Basta. Il sole è una palla rossa di fuoco e se va a dormire oltre le montagne bianche, ma prima saluta il cielo, lasciando una scia rosa come il colore dei profumatissimi gerani, che ornano la terrazza del villaggio bianco. Bene, è ora di andare in camera a prepararmi per la cena. Mi piace tanto la cucina greca, è leggera, con tutte quelle verdure, che qui non sanno di plastica, come quelle che acquisti al supermercato in città …
Martedì 9 luglio 2013
Oggi visito il sito di Knossos. Si parte dal villaggio di Kavros presto, alle 7,30. Considerando che in Grecia sono un’ora avanti, devo dire che la levataccia, per il mio orologio biologico, è dura, vale a dire che nel mio orologio sono le 6,30. Ma ne vale la pena. Al mattino presto, durante il viaggio, si ammirano colori più delicati della natura e il sole dipinge di arancio chiaro l’orizzonte bianco del cielo, che si tuffa su un mare ancora addormentato. Ho scelto di fare questa prima escursione con il pullman e con la guida, così non mi perdo nel sito archeologico a capire quello che era in passato. È noioso tuttavia andare con il gruppo, dato che si impiega parecchio tempo, a causa del rispetto delle esigenze di tutti, ma la guida è una donna abbastanza preparata e si chiama Maria, come tutte le donne in Grecia. Come facciano a distinguersi tra loro tutte queste Maria non lo so, dato che molte per lo più portano questo nome. Oltretutto questa Maria greca, dal viso olivastro e dagli occhi e capelli nerissimi e il corpo abbondante, assomiglia in modo inquietante ad una mia amica Maria, parrucchiera, di origine siciliana, ma trapiantata a Modena da anni. Stessa corporatura, stessa voce, stesso gesticolare. Veramente singolare questa cosa, che però non mi stupisce più di tanto. I Greci sono i nostri avi e sbarcarono in Sicilia molti secoli fa e così di certo qualche cromosoma è rimasto nel patrimonio genetico, al punto da emergere con queste stravaganti somiglianze.
Il sito di Knossos si raggiunge, dal mio villaggio, dopo un’ora e mezza di pullman e quando si arriva, si è travolti da una marea di turisti. In effetti il Palazzo di Cnosso, come recitano tutte le guide, è il sito turistico più affollato di Creta e in ogni caso chi sceglie una vacanza a Creta non può non vederlo. E’ assolutamente sconvolgente pensare che la civiltà minoica abbia dominato l’Europa meridionale circa 4.000 anni fa. Questo sito, così difficile e complesso, fa comprendere quanto era sofisticata quella società. Guardo con curiosità la marea di gente, che arriva fin quassù. Come sempre i gruppi più numerosi sono quelli dei turisti nordici, tedeschi, olandesi, danesi, svedesi, ma ci sono anche molti russi e americani e inglesi … insomma si sentono miriadi di lingue e la fila è davvero enorme, soprattutto per accedere a quelle parti degli scavi più noti, come la sala del trono e le ricostruzioni di Evans. Lo so, questo sito è parzialmente ricostruito, secondo le interpretazioni dell’archeologo Arthur Evans e le parti ricostruite sono un esempio di un pessimo restauro invasivo e per nulla filologico, che peraltro sta creando non pochi problemi alla struttura originaria di quei palazzi, che lo studioso Evans volle, a modo suo, ripristinare. Lui non conosceva le regole che ci sono oggi, dove grazie all’archeologia informatica, abbiamo i mezzi per ricostruire al computer come doveva essere l’organizzazione dei vani e dei corridoi, delle scale e dei cortili più imponenti. Ma nel 1900, quando l'archeologo cominciò i restauri, non la si pensava così e non si aveva la strumentazione di oggi e così Evans pensò di ricostruire veramente parti degli edifici e grazie al suo lavoro oggi vediamo questo meraviglioso sito e grazie a lui, che ci ha speso soldi e anni di vita, possiamo sognare su una civiltà, così assolutamente avanti, rispetto al resto del pianeta. Ed è infatti questo che più mi sconvolge. Come può essere che il popolo greco, oggi, si sia ridotto così, con tutta questa corruzione e disorganizzazione, che ne ha annientato la fama e l’economia, quando in passato loro, i Greci, erano portatori di una cultura così raffinata e perfetta, così sublime nelle architetture, negli affreschi e nei miti, così profonda nella poesia e nel teatro? Architetture colossali, come giusto il sito di Knossos, il palazzo del mitico Re Minosse, sono esempi che lasciano senza respiro. In realtà il labirinto è il palazzo stesso, così organizzato e complesso e difficile da leggere e da capire oggi. I simboli mi affascinano e l’ascia bipenne, che nell’antica lingua greca significa giusto labirinto e il toro, oggetto di venerazione nella società minoica, fanno pensare a storie antiche di forti cerimonie e riti. Gli affreschi sono tutti rifatti, perché gli originali sono al Museo di Hiraklion, ma anche queste riproduzioni sulle pareti sono interessanti per vedere come erano fisicamente e come si vestivano le donne e gli uomini di quel tempo. Belli i loro capelli lucidi e nerissimi che portavano lunghissimi e ondulati dietro la schiena, sia gli uomini sia le donne. Sontuosi i gioielli che portavano al collo. Interessante quell’abito femminile, con il corpetto stretto su un girovita sottile, ma con il seno nudo completamente scoperto. Negli affreschi le donne sono dipinte di bianco, i maschi di rosso. Rosso è il toro, che appare ovunque, così mi immagino il culto e il gioco violento degli acrobati, uomini e donne, senza distinzione, che saltano sul toro con abilità. Penso a quanti incidenti e a quanti morti in questo gioco di coraggio e morte, un gioco che segna la sfida ancestrale dell’uomo (e anche della donna) contro la potenza dell’animale, ma poi credo che oggi non si possa ragionare con la mente di uomini e donne di tanti secoli fa. Non so molto della cultura minoica e mi è venuta voglia di studiare qualcosa di più. A scuola ci insegnano del mito del Minotauro, ma io la mia idea me la sono già fatta anni fa, la prima volta che venni a Creta e un mio raccontino su Pasifae e Minosse l’ho già scritta e pubblicata nell’Antologia “Solitudine giapponese e altre storie” (Il Fiorino, Modena 2007). Quello che ancora mi sconvolge oggi, che torno a calpestare il pavimento del sito di Knossos, è quanta distanza mi divide da questa gente, quanti secoli e quanti terremoti da questi palazzi, innalzati e distrutti e poi ancora ricostruiti ancora più sontuosi e imponenti. Quanta distanza di tempo, ma quanta affinità d'animo... Fa molto caldo e ho esaurito la mia borraccia piena di sali minerali, credo che il sole mi dia allucinazioni, ma in questo sito, con il vento caldo che mi annienta il respiro e il bosco attorno che sembra chiamarmi con i suoi profumi e la promessa di un riparo all’arsura, ecco in questo luogo sento la magia di un tempo lontanissimo e lentissimo, che mi piace assaporare con la fantasia. La Maria greca, la nostra guida, chiama il gruppo, per risalire sul pullman diretti verso la capitale Hiraklion. Avrei voluto perdermi ancora tra i ruderi del sito di Minosse, ma forse con la fantasia mi sono già persa abbastanza.
Arrivati a Hiraklion, mi rendo conto che la città è assolutamente caotica, piena di smog, traffico e turisti e negozietti e confusione. E naturalmente fa un caldo infernale. Non mi piace. L’unica cosa positiva è che ad Hiraklion c’è il museo archeologico, ma l’edificio, dove le collezioni minoiche sono storicamente allestite è chiuso per restauri. Da ben sette anni è chiuso per restauri. Andai a Creta per la prima volta giusto una decina di anni fa e riuscii a vederlo, ma poi cominciarono le ristrutturazioni, che stanno andando avanti con una lentezza spropositata. Ecco, in questo sono veramente carenti i Greci. Ma non potrebbero sbrigarsi a predisporre una sede adeguata per un museo così famoso nel mondo, che attira ogni anno una mole incredibile di studiosi e turisti? Allora mi dirigo nella struttura provvisoria, dove sono allestite le teche con i reperti più importanti e lì mi rifaccio gli occhi. I gioielli, le armi, i vasi di Kamares, i fiori, il sarcofago di Agia Triada e quell’ascia bipenne gigantesca … sono tutti gioielli che non posso descrivere, se non abbandonandomi ad un sospiro di emozione. Ma il reperto per me più sconvolgente è il disco di Phaestos, così piccolo e così denso di attrazione. Lo so, hanno scritto di tutto su questo oggetto, ma anche qui ho la mia idea. L’ho guardato e riguardato e l’ho osservato da entrambi i lati, fino all’ultimo, io la mia tesi ce l’ho e, in ogni caso, anche se non è stata decifrata la scrittura incisa su questo disco, la magia che ne deriva è intatta … Anche qui al Museo avrei voluto restare di più, ma il tempo delle gite organizzate è inclemente e così con il pullman si rientra al villaggio, sono le 14,30 e si fa un pranzo veloce a base di insalate greche sulla spiaggia. Poi un dolce riposo nella stanza, dove il riparo dalla calura delle prime ore pomeridiane è assolutamente necessario. Verso le 17 scendo in spiaggia per un ozio sognante e mi lascio cullare dal rumore del mare verso sogni antichi di serenità. Si sta benissimo e le serate di luglio sulla spiaggia sono lunghe, dato che il sole tramonta bel oltre le ore 21, ora greca locale naturalmente.
Mi piace molto il mare al tramonto, quando il rosa abbraccia l'orizzonte e la
folla, come la calura, abbandona la spiaggia. A quell'ora, con il vento sul volto, guardo le onde e accarezzo la nostalgia di una terra dove il tempo è più lento. E così, ancora una volta, mi accorgo che non sono io che torno in Grecia, ma è proprio la Grecia che mi chiama a sé ogni tanto …
Martedì 10 luglio 2013
Oggi noleggiamo un’auto assieme ad un amico studioso di Storia e ce ne andiamo alla scoperta di una città davvero affascinante: Hanià, che era l’antica capitale di Creta, prima di Hiraklion. Nelle guide e nelle cartine vedo indicata questa città anche con il nome Chania, ma io sento che la gente del luogo la pronuncia Hanià e così mi adeguo. In greco però la H è una X, anzi è una “csi” greca ed io, memore dello studio del greco antico, riesco a leggerla, anche se il greco antico (di cui peraltro ho dimenticato la grammatica) è diverso dal greco attuale. Un po' come l'italiano rispetto al latino. Però la soddisfazione di riuscire a leggere la grafia greca, rispetto a quanti non hanno fatto il liceo classico, è tanta. Hanià non dista molto dal villaggio in cui alloggiamo, così ci dirigiamo a nord, nella parte settentrionale di Creta, lungo la strada litoranea. E' una strada larga, ben costruita e non è vero che qui guidano tutti come pazzi, come ho letto nella guida turistica. Guidano normali, anzi devo dire che c'è anche una certa flemma, il che, per me, in vacanza, non guasta. Inoltre i camionisti, quando vedono un turista e c'è uno spazio nella strada, accostano e ti lasciano passare. Molto gentili davvero. Prima di arrivare ad Hanià, vediamo sulla destra emergere la mole vigorosa di una fortezza. Ci ripromettiamo di fermarci al ritorno, perlomeno per scattare un paio di foto. Quando arriviamo nei pressi di Hanià, cerchiamo le indicazioni per il centro storico. C'è infatti un bivio e bisogna andare dritti, perché le indicazioni verso destra ti portano altrimenti alla città di Souda. Devo dire che la periferia di Hanià si presenta alquanto squallida e piena di traffico e smog. Però arriviamo in centro e riusciamo a parcheggiare, grazie al consiglio di un signore, al quale abbiamo chiesto indicazioni lungo la strada e che sa benissimo l'italiano, dall'aspetto sembra un meridionale dei nostri, invece è greco. Eh sì, come diceva Abatantuono nel film “Mediterraneo” gli Italiani con i Greci: “stessa faccia, stessa razza”... Parcheggiamo anche all'ombra di una fila di alberi, giusto in riva al mare e davanti a noi si staglia la mole assolata della fortezza veneziana. É il ricordo della potenza della Serenissima che qui, nel cinquecento, dominava l'isola. Fa molto caldo e così decidiamo di avventurarci dentro i vicoli del centro, protetti dall'ombra, girovagando in realtà senza una meta precisa. L'atmosfera che si nota subito è molto particolare, le case hanno architetture greche unite a quelle veneziane e altri elementi di ricordi ottomani. Il susseguirsi delle dominazioni ha lasciato segni evidenti nelle architetture. Colpisce un miscuglio di eleganza e colori, dove domina però il rosa e il bianco. Viuzze e negozietti, localini e turisti stranieri e colorati, riempiono di allegria questa città antica. Mi piace molto. La fortezza veneziana si stende imponente lungo il mare, ma fa troppo caldo per visitarla. Il vento ad Hania, almeno in questa mattinata, non soffia molto, anzi sembra essersi fermato, così non riesco proprio a sopportare questa afosa temperatura. Preferisco girovagare al riparo delle viuzze. Avrei voluto fare acquisti, perché qui le cose sono davvero a buon mercato, ma finisce sempre così, guardo guardo e non compro mai niente...in realtà sono già paga della bellezza dei luoghi per aver desiderio di comprare qualcosa, dopotutto non sono una fanatica dello shopping, per cui mi limito ad acquistare le cartoline, da portare a mio padre, che ne fa collezione, poi basta. Ma devo dire che qua la pelletteria è davvero morbidissima, colorata e ben fatta. Ci sono calzature e portafogli e borse davvero di buona fattura. Mi piace anche un certo tipo di cotone leggero, sembra lino, è freschissimo, mi sono provata una casacchina rigorosamente bianca, peccato non ci fosse la mia taglia, quel modello lo avrei acquistato... Lungo le stradine di Hanià mi accorgo di una serie di insoliti negozi che contengono vasche trasparenti con dentro pesciolini piccoli e scuri. I turisti più arditi ci mettono i piedi dentro. Leggo il dépliant che dice di questi pesciolini che mangiano le pellicine morte dei piedi. Insomma i pesci ti fanno il pedicure...Sarà, ma io non ho il coraggio di farmi mangiare i piedi, così ringrazio e vado oltre. Arriviamo fino alla Moschea di Kioutsouk Hasan, detta anche Moschea dei Giannizzeri, che sorge sulla sponda orientale, è restaurata ed è molto grande. É una bellissima architettura, dentro però c'è un negozio di souvenir e nella parte più grande si sta allestendo un Mostra a cura di un'artista nordica che mi invita ad uscire, perché la mostra non è ancora pronta. Sbircio i suoi quadri e devo dire che non sono per nulla interessanti. Avrà avuto dei privilegi questa teutonica per poter esporre qua, giusto vicino al passaggio dei turisti...Nelle viuzze incontriamo il signore che ci ha dato prima le indicazioni per il parcheggio, gestisce un ristorante e ci invita a mangiare nel suo locale. Non gradiamo mangiare ora, preferiamo continuare a girovagare per la città. Ma ora desideriamo andare a visitare la Chiesa di Agios Nicolaos, prima di rientrare al villaggio per il pranzo. La chiesa è singolare, si trova nel quartiere arabo, di cui si leggono bene le caratteristiche. L’architettura è memoria dell’alternanza dei culti che si sono celebrati in questo edificio, prima infatti era una moschea e poi è diventata chiesa ortodossa. Infatti convivono sia il campanile, sia il minareto e l’effetto è davvero curioso. C'è il pope fuori dal sagrato con un paio di uomini locali. La chiesa è aperta ed entro con il mio amico. Bella come tutte le chiese ortodosse, molte icone, molto oro, molto argento. Un custode ci fa cenno di uscire, perché l'orario di visita è finito. Usciamo e ci mettiamo un attimo davanti alla porta della Chiesa, il tempo di sorseggiare un po’ d'acqua dalla borraccia. Non ce ne accorgiamo, ma il custode ci chiude dentro. Il cancello, quando ce ne accorgiamo, è sprangato da una catena chiusa da lucchetto. Mi prende un po' di panico. Inutile gridare aiuto, lì fuori ci sono localini e baretti e la gente è tutta intenta a mangiare, a bere e a chiacchierare e nessuno si accorge di noi. Provo a salire su un muretto, l'unica idea che mi viene è quella di saltarlo. Ma c'è una inferriata di ferro, con aculei acuti e alti e il rischio di infilzarmi è totale. Inoltre il muretto è alto oltre due metri e non ho il coraggio di saltare. In quel momento, un turista credo francese, molto robusto, si accorge del mio stato di panico e così mi aiuta, piano piano, ad acquistare coraggio, per salire sul muretto, dal quale prima scendo sulle sue spalle, poi a terra. L'amico invece ha più facilità a scendere e non ha paura del salto. Una bella avventura, finita bene. Se non ci fosse stato il turista gentile ad aiutarci, saremmo di certo rimasti dentro il cortile della Chiesa, fino alla riapertura pomeridiana, prevista non prima delle 16.... Conclusa positivamente questa avventura, decidiamo di rientrare al villaggio. Quando arriviamo, sono le 14,30, il ristorante principale è chiuso, così andiamo a mangiare al ristorante sulla spiaggia, ho voglia solo di verdure e anguria, per dissetarmi e poi un buon caffè americano sorseggiato lentamente davanti al mare, per ritrovare un po' di forze. Tutto il pomeriggio lo passiamo in relax sulla spiaggia, tra bagni di sole e di mare, un mare così ristoratore, che ci fa passare la paura del muretto saltato e degli aculei e del custode del pope così assonnato da non averci manco visto, quando ha chiuso il cancello..
Bellissima la cena al villaggio, a base di pesce. Poi di nuovo, dopo cena, riprendiamo l'auto e questa volta si va dalla parte opposta, in direzione di Rethymno, per vedere la città di notte. Dal nostro villaggio dista circa mezzora di auto. Quando arriviamo, troviamo molto traffico e molto caos, al punto che rintracciare un parcheggio appare un'impresa piuttosto difficile. Di certo siamo in presenza di una città, raggiunta da molti turisti per la “movida”, ma anche per il fatto che, giusto questa settimana, c'è il festival del rinascimento greco. Niente a che vedere con le feste di rievocazione storica che avvengono in Italia, per commemorare il quattrocento. In realtà, si tratta di un festival musicale, dove si esibiscono cantanti e gruppi canori, anche di danzatori della tradizione greca e cretese. Ma noi vogliamo visitare la città, più che ascoltare un concerto. Ci sono due possibilità di visita. Una è addentrarsi dentro le stradine del centro storico e anche qua si vedono case dall'impronta veneziana, come quelle che abbiamo ammirato la mattina ad Hanià. Belle, ma devo dire che, al confronto, le viuzze di Hanià, tutte su e giù, sono più suggestive. In alternativa, il percorso lungo il porto costeggiando il mare è più turistico, per vedere i localini e i tanti ristoranti di pesce e i turisti, soprattutto nordici, che sono presenti in questa città. Saliamo fino alla spettacolare fortezza veneziana, tutta illuminata e sulla sommità ci sediamo in un raffinato localino, dove ordiniamo un bel bicchiere di ouzo. Da qui in poi il mio ricordo è rarefatto, dato che, siccome non reggo l'alcool, sono stata piacevolmente annientata dal profumo e dal gusto di ouzo e la mia vista si è annebbiata. Così ritornando indietro, tra i vicoli del centro storico e i negozietti, non ricordo molto, se non la simpatia della gente, i colori dei gioielli che riproducevano monili antichi e i gruppi musicali, che suonavano ovunque. Anche qui non ho comprato nulla, ma devo essere sincera, non ero molto in me... Ricordo solo - e questo ricordo meraviglioso me lo porterò nel cuore per sempre - la luce sfavillante della luna che brillava illuminando la fortezza veneziana e tuffandosi nel mare nero del porto di Rethymno. A proposito, Rethymno si pronuncia con l'accento sulla “e”, almeno così leggo il nome in lingua greca.
Giovedì 11 luglio 2013
Questa è davvero una giornata bellissima da ricordare. Facciamo colazione con calma, poi prendiamo l'auto e ci dirigiamo verso Hanià. La destinazione della giornata è la mitica spiaggia di Elafonisi, sul Mare Libico. Il viaggio sarà lungo e oltrepasseremo i Monti Bianchi, ma non ci corre dietro nessuno, ce la prendiamo con calma e faremo le tappe necessarie. Percorrendo la stessa strada fatta ieri, ancora una volta mi sorge davanti agli occhi quella imponente fortezza, che svetta a picco sul mare. Ma non la vedrò neppure questa volta, dato che non si può vedere tutto, così la saluto con lo sguardo e proseguiamo il viaggio. Anziché svalicare, per non dover percorrere strade troppo tortuose di montagna, cerchiamo di percorrere le strade il più possibile a ridosso del mare. In questo modo, attraversiamo paesi diversi, con lo sguardo sempre rivolto al mare, che resta alla nostra destra. Arriviamo al paese di Kissamos-Kastelli, un paese piccolissimo, dove vivono per lo più gli oriundi di quest'isola. Non ci sono infatti le strutture per turisti, né resort, o alberghi lussuosi. Il paese è caotico per il traffico e in realtà non c'è nulla. Dal nome ci si aspetterebbe di vedere un castello, ma spesso i nomi delle città sono ricordi di nomi più antichi, o situazioni, o siti di un passato. Il paese infatti in antico si chiamava Kissamos, ma quando arrivarono i Veneziani, costruirono un castello e la rinominarono Kastelli. Oggi il paese si chiama con entrambi i nomi, anche se del castello non ci sono tracce, o forse ci sono resti, ma non li abbiamo visti… Nell’antichità Kissamos era il porto dell’importante città-stato di Polirrinia, che si trova all’interno, sui monti. E’ chiamata anche villaggio di Ano Paleokastro e anche in questo termine c’è il ricordo del castrum. Leggo che questa città fu fondata dai Dori nel VI secolo a.C. e fu sempre in guerra con Cidonia, l’attuale Hanià. Sono state trovate monete di Athena, Dea della guerra in questo luogo. Meritava una visita, ma c'è un caldo pazzesco nell’ora del mezzogiorno e in ogni caso il sito è lontano. E' proprio così, perlomeno in questa stagione, se resti vicino al mare, il vento rende il caldo sopportabile, se ti allontani non respiri più. Sì, sarebbe stato bello raggiungerla, ma la meta della nostra gita oggi è un'altra. In ogni caso leggo sulla guida che questa antica città non oppose resistenza, quando arrivarono i Romani, così non venne abbattuta e anzi rimase l’insediamento meglio fortificato di tutta Creta. E quando poi i Veneziani, secoli dopo, si impadronirono dell’isola di Creta, utilizzarono questa città come fortezza. Che dire? Devo proprio tornarci e studiare bene questo luogo di grande forza. Oltretutto, quasi in contrapposizione con la realtà guerriera delle genti di Polirrinia, pare che qui sorgessero le grotte delle ninfe. E allora mi spiego tutte quelle bambole raffiguranti le ninfe di tanti colori, che ho visto in un negozio di Hanià. Forse l’antica Cidonia, per cercare di difendersi dalla bellicosa Polirrinia, chiedeva aiuto alle ninfe, dee che intercedevano con la grande Dea della guerra? Proseguiamo e arriviamo al villaggio di Sfinari. E' l'ora di pranzo e cerchiamo una taverna dove mangiare qualcosa. Il paese è piccolo, ma la strada prosegue giù verso la spiaggia deserta e ampia. Il mare è mosso ed è blu intenso. Il vento scuote le onde che si infrangono sulla riva e gli scogli fanno una corona, che protegge una spiaggia assolutamente deserta. E' spettacolare. Scatto un paio di foto e mi colpisce la spiaggia lontana che si vede all’orizzonte. Laggiù sul mare, sorge la famosa spiaggia di Falasarna, la spiaggia selvaggia che un tempo era prima il porto di Polirrinia, poi divenne la più acerrima nemica di Polirrinia. Torno verso l’auto, inseguita da un forte vento. A questo punto la strada sembra finire, perché c'è un dosso e non si vede la carreggiata proseguire. Invece poi scendendo per fare un’altra foto, vedo la strada che prosegue e l'indicazione di una taverna. Decidiamo di raggiungerla. E' un luogo davvero sperduto. E' la taverna di Capitan Fidia, con i tavoli riparati sotto le palme, giusto in riva al mare. All'ombra si sta benissimo, il vento mi accarezza le guance e il concerto delle onde che si infrangono sulla riva è più riposante di un sonno tranquillo. Qui parlano solo il greco e anche il menù è tutto in greco, ma ci facciamo capire lo stesso. Ordiniamo un'insalata greca, di quelle che mi piacciono tanto, con la feta, i pomodori rossi succosi, i cetrioli bianchi e il buonissimo olio cretese sopra. Anche il vino è delizioso. Alla fine ordiniamo il caffè greco, che è un rito con quel profumo d'anice e di zucchero, che ti rasserena. Alla fine del pranzo, quando crediamo di aver mangiato e bevuto tutto, la proprietaria della taverna (che di certo si chiama Maria, perché in Grecia ogni donna si chiama Maria) arriva con un dolce bianco e con un bicchierino. Il dolce è a base di feta e miele e nel bicchierino c'è la grappa greca. Un gradito dono agli ospiti. Mi fermo a respirare questa magica atmosfera. Adoro il silenzio di questo luogo sperduto. Mi sarebbe piaciuto sonnecchiare all'ombra delle palme su quella spiaggia selvaggia, ma il nostro viaggio prosegue. A questo punto, usciti da Sfinari, la strada si inerpica tra le montagne e il panorama è mozzafiato. Mi viene in mente il viaggio estivo in Abruzzo dello scorso anno e riemerge l'emozione dei Monti del Gran Sasso. Lo stupore è lo stesso, come ogni volta in cui ti sovrasta una possente montagna. I Lefka Ori, ovvero i Monti Bianchi di Creta, sono altissimi e ti trovi le rocce di calcare lì davanti, che ti guardano come giganti che proteggono segreti antichi e inaccessibili. Si arriva ad un paese dal nome stranissimo: Moni Hrysoskalitissas. Questo nome significa “scala d’oro” e qui sorge un monastero, pare edificato sul sito dove in antico sorgeva un tempio minoico. Non faccio fatica a crederci, dopo tutto, la storia prosegue uguale e dove un tempo era un luogo di culto, in genere, cambiata la popolazione e la politica, quell’edificio resta sempre sede del culto nuovo. Ed ecco, finalmente, compaiono chiari i cartelli con le indicazioni per Elafonisi e poco dopo la strada comincia a scendere, tra tornanti e dirupi. Non la vedi bene in lontananza, perché ci sono molte auto ovunque. Arriviamo ad un orario buono, dato che chi era giunto qua nella mattina, forse è già sulla via del ritorno. Sono le 17, ora greca, parcheggiamo e ci cambiamo in auto, tanto lo fanno tutti. Poi ci avviciniamo a scoprire questa spiaggia tanto famosa e tanto lontana. Elafonisi è una vera scoperta. In effetti lo stupore è tanto, il paesaggio è incredibile, bisogna proprio vederlo questo luogo per apprezzarne appieno la magia. Intanto si è abbagliati da distese enormi di azzurro chiaro e si vedono bagnanti immersi in queste distese di mare chiarissimo a perdita d'occhio. Infatti la terra sommersa dal mare è vasta e l'acqua degrada pianissimo, nel senso che puoi camminare per molto, toccando sempre il fondo. L'acqua è trasparente e calda, sembra di essere dentro ad una piscina termale. Cammino, cammino piano dentro a questa sorta di lago salato turchese e raggiungo scogli e piccole isolette che emergono dolci e scure. E’ una serie di isolette caratterizzate da basse dune sabbiose e da una serie di calette. Sembra quasi una spiaggia tropicale. E quando mi giro, ammiro la montagna che abbraccia tutto questo paradiso, con la sua mole imponente e protettrice. Ne è valsa la pena fare tutta questa strada, il bagno riparatore rinfranca dalla fatica e dalla calura. Ma ciò che più stupisce è la sabbia rosa della spiaggia. Sì, è proprio rosa, pare che la tonalità rosata della sabbia sia dovuta alla presenza di finissima polvere di corallo. Questi granelli minuscoli brillano a riva e sotto il sole è tutto rosa...Si sta benissimo, il vento è mite e si vorrebbe restare qua fino al tramonto del sole. Ma è necessario riprendere il viaggio, anche perché qua i cartelli stradali sono rarissimi e se scende il sole, non si vede più nemmeno la strada e si rischia di non riuscire a rientrare nel villaggio. Se mai tornerò a Creta, voglio organizzare il viaggio diversamente, ovvero scegliere di pernottare in più luoghi diversi, così i viaggi diventano più agevoli e si può godere della bellezza di un posto più a lungo, senza dover avere la preoccupazione di dover rientrare. Ecco per esempio pernottare ad Elafonisi sarebbe bellissimo, ho visto infatti un alberghetto, o un affittacamere. Così ci si potrebbe godere lo spettacolo del tramonto sulla spiaggia rosa. Oltre ad aver curato gli occhi, per aver contemplato tutta questa bellezza di natura, Elafonisi mi lascia anche una pelle morbidissima, forse nell'acqua ci sono sali minerali, ma devo dire che una volta fatta la doccia serale, al rientro, mi sento la pelle rinnovata, quasi illuminata. Che meraviglia! Il ritorno lo facciamo attraverso le montagne ed è una strada ancora diversa da quella fatta all'andata. Ad un certo punto, ci troviamo come dentro ad un canion, con gole così profonde da far paura. Mi fermo per scattare un paio di foto e mi vengono le vertigini. Chi viene a Creta per trovare il mare, ha la sorpresa anche di scoprire una montagna sorprendente.
Venerdì 12 luglio 2013
Mattinata in spiaggia a rosolarci al sole e a rinfrescarci con molti bagni. Che meraviglia! Fa più caldo del solito stamane e il mare è calmo, insolitamente, visto che qui sul golfo di Georgiopolis è sempre mosso.
Ma non si può lasciare Creta senza aver visitato uno dei luoghi, che più di tutti mi attrae da sempre. Phaestos, quel sito dove venne ritrovato il famoso disco, quel reperto scolpito da entrambi i lati, che non sono ancora riusciti a decifrare. Allora nel pomeriggio di questo venerdì caldissimo, di nuovo saliamo in auto, per l'ultimo viaggio lungo le montagne, per raggiungere un sito di grande bellezza e meraviglia. Ci si dirige verso Rethymno e poi si svolta verso il centro dell'isola. La strada da Georgiopolis a Phaestos si snoda per circa 80 km attraversando le montagne della parte centrale di Creta. Un'ora e mezzo di viaggio tra curve e montagne a volte dolci, a volte aspre, bruciate dal sole acceso. Si arriva ad un delizioso paesino di montagna, di nome Spili, molto folkloristico con negozietti e piccole taverne, che si affacciano sulla strada. Ma poi oltrepassato questo paese, le case spariscono e l'ambiente ritorna brullo e desertico, solo montagne, distese infinite di montagne a perdita d'occhio. Non ci sono molte auto questo pomeriggio, dirette verso Phaestos, forse con il caldo che fa, i turisti hanno preferito restare in riva al mare... Proseguiamo verso un paese di nome Agia Galini, un antico paese di pescatori, poi trasformato in località costiera cretese, molto costruita. Il paese ci appare di fronte mentre la montagna cala, all'orizzonte, quasi a picco, sul Mare Libico. Laggiù si apre il porto di Agia Galini. E finalmente arriviamo al sito di Phaestos, ci sono pochissimi turisti, per questo mi piace. Festo (Phaestos), secondo la mitologia, fu governata da Radamanto, fratello di Minosse, e dominò la pianura della Messarà. Il palazzo, secondo solo a quello di Knossos, fu costruito nel 1900 a.C., ma in seguito a una distruzione fu rimpiazzato da un altro palazzo ancora più grande. Il sito è su una posizione davvero isolata, abbracciato e protetto dalle montagne, con un bosco attorno e tanto silenzio. Solo il concerto dei grilli accompagna l'ingresso agli scavi. E' molto lontano dalle spiagge questo luogo e tutti preferiscono andare solo a Knossos, ma a me è piaciuto più il sito di Phaestos, forse perché c'è poca gente, o forse perché più piccolo, o forse per l'emozione di vedere un luogo, pieno di magia. Il sito è di difficile lettura, come i siti minoici. Me ne sono resa conto, dato che l'impianto è molto complesso. Qui peraltro ci sono più palazzi che si sono succeduti, costruiti uno sulle rovine dell'altro, con ingressi differenti. Ma c'è il solito grande cortile e qui si notano bene i basamenti delle colonne, che dovevano delimitare il perimetro. Di certo era come una grande piazza, dove si celebravano cerimonie, si facevano spettacoli e processioni, insomma si tenevano feste o adunanze di molta gente, forse con tutti gli abitanti del grande palazzo. Sono le 17 quando arriviamo e il sole è ancora caldissimo e alto nel cielo. Ma la luce è buona e così le foto vengono benissimo. Mi guardo attorno e il panorama è davvero stupefacente. Pensare che si tratti di rovine di un palazzo, che risale a molti secoli prima della nascita di Cristo, mi sconvolge. Quanta perfezione, quanta magnificenza... Bellissime sono la stanza del Re e quella della Regina, rigorosamente separati ed entrambi elegantissimi. Sotto gli appartamenti reali, a nord, è stato trovato il famoso “disco di Festo”, pregevole manufatto d’argilla con incisi geroglifici non ancora decifrati dagli studiosi. L’ho osservato a lungo al Museo di Hiraklion. Ci sono molti simboli ripetuti, poi quel modo di riportare i segni in senso circolare mi fa davvero pensare ad una litania, con parole ripetute, come nelle preghiere. Sì per me era davvero un oggetto utilizzato in un rituale sacro e di certo ciò che è scritto, è una preghiera, o una canzone liturgica, o la formula di un rito… Mi ha stupito anche la parte del sito che presenta piccoli vani distinti, molto in fondo al grande cortile, dove mi sono divertita a ricercare scolpiti nella pietra i simboli rupestri e religiosi: la stella e l'ascia bipenne. Ma ho faticato, perché questo sito è di difficile lettura, il palazzo è davvero un labirinto. Ma ora cito una cosa curiosa che ho letto. Il termine greco labrys indica appunto il simbolo sacro della civiltà minoica che rappresenta una doppia ascia (l’ascia bipenne). Da questo termine deriva la parola labirinto. Quindi il labirinto è il simbolo minoico che troviamo nel palazzo. Per questo si dice che il palazzo minoico è in realtà il labirinto, ovvero il palazzo dell'ascia bipenne. Poi nella Storia il concetto di labirinto viene a significare qualcosa di tortuoso, complesso. E in effetti i palazzi minoici sono molto complessi nell'architettura e nell'allestimento degli spazi. Ho cercato con passione i simboli magici. Ne ho ritrovati e mi sono chiesta in quanti altri punti avrei voluto cercarli, se avessi avuto più tempo. La luce del tramonto dona al sito un'atmosfera mistica, il rosa cala sulle rocce e finalmente il vento rende piacevole restare anche al sole. Sui gradoni del teatro mi affaccio e vedo la corona dei monti tutti attorno. Chissà cosa recitavano quassù gli attori del passato? Quali commedie mettevano in scena? Quando è ora di uscire, ci accorgiamo con rammarico che il negozietto dei ricordi e dei libri ha già chiuso. Peccato davvero, il sito archeologico chiude alle 19 e il negozietto ha chiuso prima, senza nemmeno che potessi compare una guida, una riproduzione del disco di Phaestos, o una cartolina...che peccato, ma che disorganizzazione però...
Sabato 13 luglio 2013
Tutta la giornata in spiaggia. Oggi non ho voglia di andare da nessuna parte. Voglio solo godermi il dolce far nulla. In vacanza è un diritto irrinunciabile ed è salutare dimenticare orari ed impegni e lasciarsi andare al solo meraviglioso e irrinunciabile relax. Se poi davanti agli occhi hai un mare di un blu sublime, dall'acqua fresca, senza essere gelida, dolcemente mosso da onde che ti cullano e divertono, ecco, ti domandi per un attimo se stai sognando o se sei veramente in un paradiso. Sì sono qui, a Creta, l'isola più varia finora visitata della Grecia e sono qui su una spiaggia dorata del Mare degli Dei. E allora chiudo gli occhi e comando al mondo di non svegliarmi da questo sogno. Voglio farlo durare più che posso, anzi non voglio proprio svegliarmi. Non oggi.
Domenica 14 luglio 2013
Il viaggio di ritorno è un po' allucinante, per la disorganizzazione all'aeroporto di Hiraklion. A fare il check in sono lentissimi e prima ti fanno fare la fila per il controllo documenti, poi torni a fare la fila, per imbarcare la valigia, finalmente passi dall'altra parte ed è già ora di salire sull'aereo, senza neppure fare un salto al duty free, che è il divertimento massimo degli aeroporti. Poi senza essere stati avvisati, l'aereo poco dopo il decollo scala nel Peloponneso, a Patrasso, per scaricare passeggeri e per rifornirsi di carburante. Si riparte dopo mezzora e alla fine da quando ci siamo alzati (ore 6) all'arrivo in Italia all'aeroporto di Verona, sono passate 8 ore. Una sfacchinata pazzesca. Ma non voglio rovinarmi il ricordo di una vacanza molto bella, a contatto con la natura e la Storia e con un mare spettacolare. Perché di tutto il breve viaggio della mia settimana, quello che più mi resta nel cuore è il profumo di questo mare, con le sue onde alte che mi hanno abbracciata, durante i miei bagni, consentendomi di rinfrescarmi le membra e la mente e facendomi dilatare il tempo, come se i bagni mi riportassero indietro, in una dimensione tranquilla e senza impegni. Grazie Creta! Alla prossima....
Daniela Ori