Dale Dale Boca, uno sguardo all'Argentina del nord - part 2, Iguazu e le Ande

Non c’è verde più vede di Iguazu, rosso più rosso della terra delle Ande e fango più fangoso di quello della Pampa. Non c’è luogo più lontano da tutto il resto come Buenos Aires…

Riprendo il racconto della mia esperienza e delle persone che mi hanno accompagnato. Nella seconda parte del viaggio entra in scena una nuova incontrastata protagonista: una Natura grande, dirompente, sconvolgente, avvolgente.

Da non perdere

FABIAN – Iguazu
L’arrivo a Iguazu è traumatico: lascio la macchina fotografica sul sedile dell’aereo, quindi Fabian e il collega Alfredo incontrano un idiota disperato che li prega incessantemente di telefonare alla compagnia aerea (e la cosa più incredibile è che la macchina fotografica viene recuperata, approfittando della sosta dell’aereo in attesa della ripartenza per Salta).
La foresta che avvolge la zona è coperta da nuvoloni bassi carichi di pioggia e la strada che la taglia sembra portarti in un mondo irreale, l’impressione, che non mi avrebbe abbandonato per le giornate trascorse qui, di essere all’interno di “Jurassic Park” o sul pianeta di Avatar.
Non facciamo tempo a scendere dal pulmino che ci porta in hotel, che Alfredo ci presenta le escursioni più frequentate della zona; ovviamente sono da prenotare subito in quanto affollate, tanto che preferiamo rimandare per cercare di non cadere in qualche trappolone per turisti appena arrivati.
L’hotel è un sogno, probabilmente il più affascinante in cui siamo mai stati, letteralmente immerso nella foresta vergine; potremmo godercela straiati sull’amaca della terrazza della camera, se non fosse per il freddo feroce e l’umidità insistente, per fortuna che ci avevano consigliato di portarci un costume da bagno per Iguazu…
La pioggia battente consiglia di rimandare le cascate al giorno successivo, quindi il pomeriggio stesso partiamo verso la miniera Wanda, in cui si scava alla ricerca di ametiste, topazi e agate; niente di eccezionale, però l’occasione è buona per acquistare allo shop regalini a prezzi davvero sorprendenti.
Più interessante è la visita presso la locale comunità Guaranì, poco distante dal nostro hotel, in cui si può osservare, con l’imbarazzante sensazione di invadenza, la vita del villaggio fatto di capanne di fango, in cui i bambini scorrazzano scalzi sulla terra rossa, spesso con il pallone tra i piedi, e ti avvicinano diffidenti solo per un paio di pesos in cambio di una foto. Siamo consapevoli che queste persone sono comunque ben abituate ai turisti e il loro villaggio è in parte una scenografia, come dimostra la televisione che si scorge dalla porta di una capanna, comunque compriamo un paio di souvenirs di artigianato locale e ci godiamo l’emozione di essere qui, io mia moglie e mia figlia, nella foresta tra gli indios Guaranì.
Siamo affidati a Fabian per il nostro incontro con le pazzesche cascate di Iguazu
Fabian è un uomo dall’aspetto mite e accondiscendente.
Ricordiamo spesso il suo tranquillizzante intercalare “neeeeessun problema”, detto con voce leggera, quasi da ragazzino, con cui acconsente alle nostre richieste entusiaste.
Passa le sue giornate nel parco di Iguazu, di cui è guida ufficiale, ma sembra non smettere mai di entusiasmarsi per l’imponente spettacolo della natura: fotografa e commenta continuamente, come se fosse un turista alla prima visita, anche perché nei giorni che hanno preceduto la nostra visita c’è stata pioggia abbondante e la portata dell’acqua è circa 7 – 8 volte maggiore del normale, uno spettacolo eccezionale che vale la pena di immortalare.
Entrare con una guida dà il vantaggio non trascurabile di superare la coda interminabile alla frontiera e quella lunghissima alla biglietteria del parco.
Fabian ci spiega, con una malcelata punta d’orgoglio argentino, che lato brasiliano e argentino sono entrambe bellissimi, ma mentre il primo consente di “osservare” lo spettacolo delle cascate, il suo, quello argentino, te le fa “vivere”, ti fa andare dentro e sopra le cascate.
In effetti è vero: dal lato brasiliano si osserva più da lontano, come spettatori come in un teatro, peraltro spettatori molto bagnati dal vapore che si diffonde ovunque; il lato argentino, invece, si sviluppa su passerelle che affiancano, si addentrano e superano le cascate, offrendo una simbiosi perfetta con la Natura pazzesca del luogo.
L’acqua molto più abbondante del solito, da un lato offre uno spettacolo di potenza indescrivibile, dall’altro toglie la possibilità di percorrere le passerelle che di solito passano sopra il fiume.
E in condizioni del genere, con il freddo e con tale portata dell’acqua, sconsiglio la gita, peraltro molto costosa, che porta in gommone fin sotto la Garganta del Diablo, che in pratica si traduce in sofferenza pura e impossibilità di godersi fiume e cascate; per chi non abbia intenzione di desistere, raccomando di non farsi ingannare dall’ambiente tropicale e di premunirsi con abbigliamento pesante a più strati.
Fabian lo sa, ma sa anche che siamo arrivati fin lì con l’idea dell’escursione in gommone e che solo un divieto ufficiale potrebbe fermarci; quindi si limita a darci appuntamento per il nostro ritorno, con un sorrisino che sa un po’ di gentilezza e un po’ di presa in giro.
E’ forse il tratto del nostro viaggio in cui la guida si fa meno importante, ma con Fabian ci muoviamo con disinvoltura tra la gente, seguendo il suo simpatico “Familia”, con cui ci chiama per consigliarci uno scorcio o per darci notizie che arricchiscono la passeggiata e ci fanno capire che le cascate sono la principale ma non l’unica attrattiva del Parco Nazionale di Iguazu, che costituisce un ambiente ricchissimo che varrebbe la pena di esplorare.
Un paio di considerazioni su quello che abbiamo visto in zona.
Puerto Iguazu, la cittadina sul lato argentino, è piacevole, niente di particolarmente attraente, ma due passi sulla via principale si finisce comunque per farli e si fanno con piacere.
Consiglio, invece, l’escursione al Hito Tres Fronteras, luogo turistico ma molto suggestivo e con un fascino davvero particolare. Alla confluenza dei fiumi Iguazu e Paranà, si affacciano, appunto, tre paesi, Argentina, Brasile e Paraguay, sulle cui rive si innalza un obelisco colorato con i colori della rispettiva bandiera nazionale.
Il sito è poco oltre Puerto Iguazu e si raggiunge anche a piedi; noi ci siamo andati con l’autobus, il cosiddetto El Practico, molto comodo e facile da prendere; a proposito, di cosa ci avrà parlato l’autista? Ma di calcio, naturalmente, lui è un simpatizzante della Fiorentina (Batistuta…)

WALTER, ADRIANA, FABRIZIO, il nord-ovest
Dopo il grigio di Buenos Aires e quello della Pampa, dopo il tempo incerto di Iguacu, da cui partiamo sotto una pioggia torrenziale in un misto dai contorni indefiniti tra il grigio del cielo e il verde scuro della foresta, arrivati nel cielo azzurro splendente di Salta ci sentiamo come pipistrelli che per sbaglio escono dalla grotta a mezzogiorno.
Il salto è pazzesco: Iguacu è “il” Verde; qui non c’è un albero e tutto è marrone, la pista dell’aeroporto è invasa dal sole accecante.
In aeroporto ci attende Fabrizio, con il suo sorriso accattivante e gli occhi azzurri come il cielo di Salta che si scorgono appena nelle strette fessure della faccia abbronzata di chi ama la montagna.
Fabrizio è un folle che per amore ha lasciato lo stress del nord Italia, e il suo lavoro nel settore finanziario, per stabilirsi con la propria famiglia a Salta, dove ha fondato Socompa, con il sogno di accogliere numerosi i turisti per contagiarli con il suo incontenibile entusiasmo; l’amore, ovviamente, è quello per le Ande e la Puna argentina…
Fabrizio ci presenta sé, la zona e le persone che incontreremo nelle quali, dice, riscontreremo la passione e l’entusiasmo di chi veramente ama la terra in cui lavora.
Descrizione fatta su misura per Adriana, la prima persona saltena che conosciamo.
Adriana ha un fisico minuto, ma da lei emana un’energia travolgente quando descrive Salta e, soprattutto, il Maam, il Museo Archeologico di Alta Montagna nel quale vengono conservate le tre celebri mummie inca di bambini sacrificati a Dio.
Le mummie sono state rinvenute durante una spedizione su un vulcano dal nome impronunciabile a oltre 6.000 metri di altitudine.
Per le famiglie, ci racconta Adriana, era un onore che i propri figli fossero sacrificati; li sceglievano tra i più nobili, belli e intelligenti, li vestivano riccamente e li lasciavano a morire assiderati in buchi nel terreno ad alta quota, magari ubriachi di chica perché non soffrissero.
Restiamo sbalorditi quando, incuriositi dalla dovizia di particolari del racconto, chiediamo ad Adriana se abbiamo capito bene, se lei ha fatto parte di quella spedizione, e infatti è proprio così.
Leggo successivamente in internet che Adriana è stata premiata come scalatrice dell’anno ’99 e che ha partecipato a numerose spedizioni archeologiche, oltre a quella resa famosa dal ritrovamento delle mummie.
Avrei voluto trascorrere più tempo con lei, nelle poche ore (durante le quali non ha smesso per un secondo di parlare…) che abbiamo trascorso insieme mi ha dato l’impressione di una persona che arricchisce chi le sta intorno.
Salta, alla quale ci introduce, è una città decisamente carina, con qualche monumento in stile coloniale ad arricchirla, come la cattedrale e il Cabildo che le sta di fronte, la chiesa di San Francesco e il convento di San Bernardo e, finalmente, alcuni bei negozi in cui curiosare, i primi che vediamo in Argentina.
Passiamo in città tre notti e parecchie ore, assolutamente non sprecate; si respira un’atmosfera molto gradevole, sia in pieno giorno camminando nelle strade centrali molto vive e frequentate, sia di sera soprattutto lungo via Balcarce, dove si trova la maggior parte dei locali, le penas saltene che valgono appieno la fama che le accompagna.

Noi definiamo come Ande la zona del nord-ovest argentino che abbiamo visitato, in realtà la definizione sarebbe molto più articolata, visto che abbiamo girato in zone completamente diverse tra loro.
Allora, per comodità e per chiudere il discorso, diciamo che Walter “è” le nostre Ande; sì, perché è con i suoi occhi entusiasti che entriamo in questo mondo di rocce colorate e facce arse dal sole, di cactus e tessuti multicolori, e sono i suoi racconti ad avvicinarci alle tradizioni e al cibo eccellente di questo remoto angolo di Sud America.
Walter è porteno di nascita, ma ha successivamente vissuto in Italia (a dire il vero a San Marino) per una decina d’anni, prima di trasferirsi a Salta, anche lui come Fabrizio stregato dall’amore, ma nel suo caso per una donna saltena…
Questo mix di esperienze lo porta a saper meglio comprendere la nostra mentalità e ad incontrare perfettamente i nostri gusti e desideri.
Per noi non è facile accettare di condividere le giornate con un’altra persona e l’inizio non è facilissimo, a cominciare da quando, ancor prima di partire, Walter ci consiglia di eliminare dal percorso una delle mete più pubblicizzate in Italia, San Antonio de Los Cobres e la lunga traversata in quota della Puna argentina (mia moglie ancora oggi non è del tutto convinta che sia stata la scelta giusta per noi, ma lei non ha avuto problemi con l’altitudine…).
Invece, finiamo per condividere con naturalezza l’abitacolo del fuoristrada di Walter, le soste e i pranzi nelle locande incontrate lungo la strada.
Walter è uno che “ci sa fare”, o quanto meno sembra esserne pienamente convinto. Ha la capacità di non far pesare che sta lavorando; unisce la cordialità argentina ad un po’ di spavalderia romagnola e anche il suo italiano è il piacevole risultato del connubio tra lo strascicato spagnolo di queste parti e la cadenza della terra di Fellini che gli è rimasta appiccicata.
Per carità, non è una gita tra vecchi amici, ma in tante ore si chiacchera di un po’ di tutto, dalla politica alle scuole dei figli, e in questi giorni veniamo a sapere della terra che visitiamo più di quanto mi sia mai capitato negli altri viaggi.
Il viaggio di cui abbiamo con Walter tra Argentina, Bolivia e Cile, rimane un progetto assolutamente concreto.
Il nostro è un assaggio del nord-ovest: 5 giorni con base a Salta e 2 notti trascorse nelle località più lontane, e affascinanti, tra quelle toccate: Purmamarca e Cachi.
Scopriamo una terra entusiasmante, cui le numerose immagini che la ritraggono non rendono assolutamente giustizia, perché le immagini come sempre non trasmettono l’atmosfera, l’aria rarefatta e il silenzio impressionante delle Ande.
Purtroppo ci manca il tempo da dedicare ad escursioni a piedi, oppure semplicemente da passare seduti con calma a un tavolino dei colorati caffè di queste parti.
A dispetto delle mille foto che abbiamo visto, non proviamo affatto la sensazione dolceamara di dejà-vu nel trovarci nel mezzo dei mercatini andini, al cospetto di una chiesa di calce bianca che si staglia nel cielo blu, tra le facce scure delle persone vestite negli abiti tradizionali, la statura bassa e lo sguardo diffidente della gente di montagna.
Visitiamo Humahuaca e la fotografatissima omonima Quebrada; ci emozioniamo di fronte ai colori irreali delle rocce di Purmamarca, rosse, arancioni, gialle, verdi contro un cielo azzurro senza un’imperfezione, oppure sotto un’incredibile volta di stelle, tante da far girare la testa nel cielo nero limpidissimo.
Compriamo di tutto, ma compreremmo molto di più, nei mercatini e nei negozietti che si trovano nei villaggi, nonostante Walter ci dice che sia roba industriale (in effetti i prodotti sono sempre gli stessi) e ci accompagni nella cooperativa dove si vendono i bellissimi originali tessuti fatti artigianalmente in loco.
Sono giornate fatte di panorami incredibili e stupendi.
Le emozioni maggiori sono riservate a Purmamarca, un gioiello di case in adobe, strade sterrate e tessuti colorati, e alla Salinas Grande, un deserto di sale a 3.700 metri di altitudine con un’atmosfera assolutamente impossibile da descrivere, circondato da montagne di 5-6.000 metri lontanissime che ti sembra di poter toccare con un dito.
Tocchiamo la maggior quota a 4.170 metri sul passo prima di “scendere” verso le saline, altitudine non impossibile, ma sufficiente per farmene provare il vivo fastidio.
Altri paesaggi, ma non meno affascinanti, nella zona a sud di Salta, quella di Cafayate e delle Valles Calchaquies.
Qui le montagne sono meno alte e l’ambiente ricorda vagamente quello del west americano, con grandi formazioni rocciose di color rosso che si ergono in un paesaggio arido, a tratti quasi lunare.
Dopo Cafayate troviamo il luogo forse più incredibile della vacanza, il cosiddetto Anfiteatro, a cui si accede tramite un corridoio stretto tra le alte pareti rocciose che termina in una grande cavità con base rotonda, appunto un grande anfiteatro naturale; qui l’acustica è perfetta (dicono che vi abbia cantato anche Pavarotti) e vi si trovano sempre piccoli gruppi che suonano musica tradizionale, con un’atmosfera di raccoglimento da brividi. Non mi vergogno del fatto che mi siano venute le lacrime agli occhi...
Non posso non ricordare anche la soddisfazione provata nel trovarci a percorrere un tratto della mitica Ruta 40, che nel suo percorso di circa 5.000 km congiunge l’estremo sud dell’Argentina al nord del confine con la Bolivia, peraltro un tratto faticoso, con fondo stradale accidentato e percorso particolarmente tortuoso.
L’ultima nostra meta, prima del ritorno a salta e a Buenos Aires, è Cachi, un paesino nel mezzo del nulla, tappa d’obbligo (circa 4 ore di strada sterrata lo separano da Cafayate) per i viaggiatori che visitano la zona, famoso, oltre che per la bellissima chiesa, per essere uno dei migliori luoghi del mondo per l’avvistamento di ufo, tanto che un fantasioso “santone” svizzero (visto passeggiare in paese) vi ha addirittura costruito un “ufoporto”.
Da lì, pochi chilometri e si raggiunge la grande suggestione del Parque Nacional de los cardones, una prateria di cactus a perdita d’occhio contornata dalle montagne.
Aria tersa e cielo blu, silenzio immenso rotto soltanto dai versi di un grande stormo di pappagalli che stazionano su alberi nelle vicinanze; così colorati, quasi irreali, sembra che abbiano perso la strada, come noi...

Curiosità 

Molte le curiosità di un viaggo dai molteplici aspetti, piccoli ricordi e appunti in ordine sparso che mi vengono in mente man mano scrivo.
- Madres de Plaza de Mayo.
Abbiamo avuto la fortuna di assistere alla manifestazione delle madri di Plaza de Mayo, che sfilano compatte ogni giovedì pomeriggio intorno alle 15 per ricordare i figli scomparsi durante il regime dittatoriale degli anni settanta. Anche se qualche foto l’abbiamo ovviamente scattata, questo non è folklore, questa è la storia di una tragedia.
- Tassisti e autisti, calcio e amore per le chiacchierate.
Se sei italiano e aali su un taxi o su un bus in Argentina, sarai certamente interpellato dall’autista, che vorrà sapere da dove vieni, dirti che suo zio era di …. e sua nonna di…, oltre che scambiare un paio di opinioni calcistiche, che quasi sempre comprenderanno l’angelo Messi e il diavolo Maradona.
- Uffici di cambio
Incredibile la coda agli uffici di cambio, soprattutto a Buenos Aires. Ma perché, ci chiediamo, gli argentini affollano gli uffici di cambio? E perché agli angoli delle strade ci sono persone che tranquillamente, e ad alta voce, offrono di cambiare pesos con dollari?
La risposta ce la fornisce Walter: è un triste retaggio della crisi di un decennio fa, gli argentini preferiscono acquistare dollari per avere una moneta più forte,non fidandosi del peso. E per evitare di essere individuati dalla finanza, chi ha grosse cifre da cambiare le fraziona chiedendo a più persone di acquistare dollari per proprio conto; ecco spiegato il mistero degli argentini in coda…
- Portenos
Gli abitanti di Buenos Aires si definiscono “portenos”, in pratica persone che vivono in una città portuale, soprannome che è rimasto loro attaccato da quando Buenos Aires si allargava partendo dal porto sul Rio de la Plata.
- Fotocopie
Incredibile il numero di negozi che offrono il servizio di fotocopiatura. Abbiamo provato a chiedere perché, ma la risposta non ci ha soddisfatto: documenti… Ok, ma de che??
Tango
Non sono un esperto, ma da quello che ho capito non esiste un "tango argentino". Il tango è Buenos Aires, punto. Nel resto del Paese si ascoltano e si ballano altre musiche, e non è che ci sia una gran simpatia per il tango, proprio perchè lo si associa alla capitale
- Mate
Sulle guide si legge che il mate è una tradizione diffusissima e che gli argentini girano perennemente con la propria bevanda a disposizione.
Pensavo fosse un’esagerazione, invece è proprio così: ovunque si trovano le zucche scavate, con le più diverse decorazioni a seconda del gusto e della zona, e chi guida ha sempre a portata di mano un mate da sorseggiare.
A proposito, mi dicono che i più folli bevitori di mate siano i paraguayani, che c’è un mate zuccherato per i bambini (o le ragazze), e che d’estate si accetta di berlo freddo, in clamoroso contrasto con la tradizione.
Io mi sono portato a casa due confezioni di herba mate, oltre che tre contenitori per prepararmi l’amarissima tisana, ma devo ammettere che è passato del tempo dai primi entusiastici tentativi
- Boliviani e brasiliani
I boliviani sono gli immigrati del nord-ovest argentino e, tutto il mondo è paese, non sono graditi. Sono sinonimo di sciatteria, menefreghismo, scarso rispetto delle regole, quando non di sporcizia. I
I brasiliani, invece, sono rispettati dai cugini argentini ma non certo amati. Il brasiliano viene definito festaiolo poco serio, presuntuoso, sostanzialmente poco simpatico, nel rispetto di una rivalità che è sì tra i due maggiori Paesi sudamericani, ma che nasce soprattutto in ambito calcistico.
- Dog-sitter
In Buenos Aires di vedono ragazzi, o anche distinti signori, che portano a spasso una decina di cani legati da altrettanti guinzagli. Dicono che la professione del dog-sitter sia molto in voga e, soprattutto, ben pagata…
- Italia di 30 anni fa
Dopo qualche giorno di sconcerto, la rivelazione: l’Argentina è un po’ come l’Italia di 30-40 anni fa e gli argentini siamo noi ai tempi della mia infanzia.
Me ne sono convinto osservando i caffè, le vetrine dei negozi, così piene, così ridondanti di merce come accadeva un tempo da noi, oppure accettando il resto in caramelle, come mi accadeva da bambino, o ancora osservando i banconi dei fornai, che espongono (accatastati all’aria aperta, alla faccia delle nostre paranoiche norme igieniche europee) quelli che una volta chiamavo “panini dolci”, che vengono dati ai clienti avvolti in un semplice pezzo di carta.
Gli argentini assomigliano molto a noi italiani, ma non agli italiani di oggi: sono meno forzatamente ricercati, più entusiasti per le cose semplici, disponibili e sorridenti, senza essere falsi o invadenti.
Non si tratta di glorificare i “vecchi tempi”, è una sensazione strana, ma a me e mia moglie è sembrato di rivedere comportamenti di quando eravamo ragazzini.
- Penas saltene
A Salta sonone numerose le cosiddette Penas, locali aperti di sera che offrono cena e “musica folklorica”. Oltre a questo, offrono un’atmosfera molto suggestiva, con viva partecipazione alla musica da parte dei clienti. Per prima abbiamo provato la Vieja Estacion, che ci avevano consigliato; l’abbiamo trovata ricca ma molto turistica, meglio seguire il proprio istinto e scegliere un’altra Pena, come abbiamo fatto noi, in via Balcarce non c’è che l’imbarazzo della scelta.
- Locutorio
Il modo più economico per telefonare dall’Argentina è il “locutorio”, vale a dire un locale che ospita qualche cabina con telefoni pubblici “a scatti”, come da noi 30 anni fa. Con questa opzione, le telefonate in Italia costano veramente pochissimo. Se ne trovano parecchi nei principali centri urbani.
- Argentini e calciatori argentini
E’ una cosa che ripeto da quando sono tornato: siamo abituati ad associare gli argentini con i calciatori argentini che giocano qui in Italia. Niente a che vedere, gli argentini “normali” sono tutte altre persone, sarebbe come se in Inghilterra ci identificassero con Balotelli…
- Attenti al Fernet Cola
Il Fernet Cola è uno dei classici aperitivi argentini. Ma attenzione: in un suggestivo locale di avenida de Mayo a noi hanno dato una bottiglietta di Coca e l’equivalente quantità di Fernet, il tutto a stomaco vuoto; praticamente una bomba H nello stomaco!
- Puerto Madero e Palermo Soho
Puetro Madero e Palermo Soho sono le zone in cui oggi si accende la movida di Buenos Aires.
Puerto Madero è il lungo fiume, sul quale si allineano edifici ristrutturati con un’ampia offerta di ristoranti e locali.
Palermo Soho, zona che fa parte del più ampio Palermo Vejo, include alcune vie sulle quali si trovano negozi di tendenza, ristorantini e bancarelle illuminate; la zona la sera si riempie di gente, atmosfera molto viva, mi sembra che qui si trovi una Buenos Aires più giovane rispetto a quella di Puerto Madero, di livello economico più elevato e più adatto invece alle famiglie.
- Il River Plate è la Juve d’Argentina. La sua discesa in Seconda divisione dello scorso anno è stato un dramma per mezza nazione, anche se i tifosi parlano delle partite del River semplicemente facendo finta di ignorare che si tratti di Serie B. “Un minuto de silencio para River que esta muerto”, cantano i tifosi delle squadre rivali…
- Altitudine
Problemi con altitudine? Io sì, mal di testa e nausea, mia figlia sonnolenza feroce, mia moglie ovviamente niente. Walter ci racconta che lui stesso a volte sta male e a volte no, deduciamo che questi disturbi sono reali, ma non sono una scienza esatta.
- Coca e altitudine
Assolutamente normale masticare foglie di coca per combattere i malesseri dell’altitudine. Walter acquista per noi una bustina di foglie in un negozio di Purmamarca (prezzo irrisorio). Poi, ci offre una polvere che aiuta la saliva nel procedimento di macerazione delle foglie tenute in bocca. Non so sinceramente se la coca aiuti, non ne ho la controprova, comunque io non manco mai di avere il mio pacchettino di foglie in bocca.
- Coca
La coca è usata e consigliata un po’ per tutto: mal di testa, mal di stomaco, indigestione, tutto porta a bersi un bel tè di coca. Tra l’altro, ho cercato di acquistarlo nei negozi di Salta, senza successo; ho trovato in vari posti delle bacinelle ripiene di foglie di coca, ma non del “regolare” tè in bustine.
- Traffico Salta
Il traffico di Salta obbedisce ad una regola molto semplice: il primo che arriva passa. Agli incroci, salvo rare eccezioni, non ci sono semafori, quindi si arriva, si rallenta ma non troppo, uno sguardo alle macchine e uno fisso negli occhi degli altri autisti in arrivo, poi si passa.
E la cosa più incredibile è che sembra funzionare! Dimenticavo: Salta ha oltre 400.000 abitanti, non certo un paesello senza traffico…
- Gauchito Gil
Il Gauchito Gil è una figura mitologica della tradizione argentina. Vissuto nell’800, è una sorta di eroe popolare con poteri di guaritore. Oggi il Gauchito è il protettore dei camionisti; sulle strade sono molto frequenti piccoli altarini rossi di diverse forme e dimensioni dedicati al gauchito, passando davanti ai quali in teoria i camionisti dovrebbero suonare il clacson (in realtà non ne ho sentito uno suonare, ma gli altari sono davvero tanti e suggestivi)

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