La Processione dei Serpari a Cocullo

Il primo giovedì di maggio si rinnova un’antica festa popolare a cavallo tra religiosità e rito pagano

Cocullo è un paese abruzzese di circa cinquecento abitanti, posto ai confini tra la valle Peligna e la Marsica.
Il significato del nome si presta ad una duplice interpretazione: può derivare dal greco "conculion" conchiglia, oppure dal latino "cucullus" che vuol dire copricapo di forma appuntita. Entrambe rispecchiano la sua conformazione: un gruppo di case aggrappate sulla cima di una roccia impervia.
Dall'alto dei suoi 900 metri, Cocullo domina l'antica valle del Flaturno che va a congiungersi con le spettacolari Gole del Sagittario.
Circondano Cocullo ambienti naturalistici di notevole interesse, come il Parco Nazionale della Majella e l'altopiano delle Cinquemiglia, famoso per le sue stazioni di sport invernali.
Paese di tipica fattura medioevale con il castello in alto, il centro abitato intorno ed il tutto cinto da da mura. Nella piazza principale è posta la Chiesa della Madonna delle Grazie, di stile romanico-abruzzese, risalente al XII-XIII secolo, edificata sui resti di un tempio dedicato a Giove.
Cocullo con il suo passato ricco di storia e cultura, offre ai turisti una serie di manifestazioni che valorizzano usi e costumi folkloristici e culinari di grande suggestione. Oggi, la presenza della stazione ferroviaria e del casello autostradale consente un facile collegamento con i maggiori centri dell'Italia centrale.

Ogni primo giovedì di maggio (quindi, per il 2007, il giorno 3) ha luogo la Processione dei serpari di San Domenico, una delle più famose in Italia, ricca di una forte carica simbolica.
Il Rito trovò la sua collocazione definitiva all'inizio di questo secolo, inserendosi nel gran numero di manifestazioni che costituiscono la "Maggiolata Abruzzese", come celebrazione del ritorno della primavera e della fioritura delle messi dopo il lungo inverno.
Le origini del Rito dei serpari si perdono nella notte dei tempi.
In età romana il serparo era il sacerdote della dea Angizia, il cui tempio si trovava nella vicina Luco dei Marsi, e di Ercole Sanco, di cui sono state rinvenute numerose statue a Casale, frazione di Cocullo. Il serparo, secondo la tradizione, conosceva il segreto per rendere innocue le serpi con il suono, del Corno (kerallos). In epoca cristiana il ruolo del serparo si fonde con la devozione a San Domenico.
San Domenico, nato probabilmente, nel 951 a Colfornaro, nei pressi di Foligno, e morto certamente il 22 Gennaio del 1031 a Sora, è una figura molto complessa che si modifica, nel corso dei secoli, trasformandosi in un punto di riferimento molto forte per le popolazioni pastorali dell'Italia centrale. Diversi sono i patronati attribuiti a San Domenico e si diversificano in base alle aree culturali con riferimento ai pericoli che minacciano le popolazioni locali: la difesa contro la febbre e la tempesta, nel basso Lazio; la difesa contro le odontalgie, le morsicature di serpenti, cani idrofobi e lupi nell'Abruzzo centrale.

Il Rito dei Serpari, come manifestazione al confine tra contenuto religioso e pagano, ebbe inizio nel dodicesimo secolo.
A seconda dello spirito culturale prevalente nelle varie epoche storiche ebbe il sopravvento l'uno e l'altro aspetto. Tracce della difficile convivenza si trovano in numerose testimonianze storiche.
Il Serparo è un protagonista fondamentale per il suo contributo nella tradizione del rito arcaico, che, dopo il riscatto dall'idolatria, perpetua il calendimaggio cocullese. Oggi è un ragazzo o un contadino qualsiasi, che nella caccia ai serpi esprime con naturalezza l'agilità e la forza della gente dei campi. L'erede del vecchio serparo si presenta con una veste più aderente alle esigenze della vita contemporanea ed alle mutate condizioni economiche e sociali.

La grande giornata del Rito dei Serpari inizia alle prime luci dell'alba con l'arrivo delle compagnie di pellegrini provenienti da quei luoghi dove il culto del Santo è più profondo: Campania, Molise e Lazio. E' un momento di alta tensione umana: contadini per norma etica delle culture rurali poco avvezzi al pianto hanno, in questo lento avanzare, il volto commosso. Donne, uomini, vecchi giovani costituiscono la testimonianza più viva dei significati attuali del rito tra i quali, appunto, quello del recupero della identità sociale e antropologica smarrita.
Alle nove del mattino il paese già brulica di gente. Le vie sono piene di bancarelle che espongono per la vendita ogni tipo di merce. In piazza la commistione tra sacro e profano raggiunge il massimo. I parroci dei paesi vicini giungono alla spicciolata ed entrano subito in chiesa.
All’interno del Santuario, mentre l'altare maggiore è il luogo delle liturgie ecclesiastiche legate alla devozione a San Domenico, in altri luoghi si svolgono dei rituali dal contenuto fortemente simbolico: in un angolo vicino al portone d’ingresso, si ripete senza sosta il rito della catenella. I fedeli, a turno, addentano la catena di una piccola campana facendola suonare. Questa usanza secondo la tradizione, ha il potere di preservare dal mal di denti.
Intanto la piazza è il luogo dove sostano i serpari i quali, in attesa della processione, esibiscono orgogliosamente grappoli di serpi che sono riusciti a catturare. I rettili sono di tutte le dimensioni: dai capitoni, di colore giallognolo, che possono raggiungere anche un metro di lunghezza, ai cervoni dal colore bruno fino a serpentelli piccolissimi. I serpari sono per lo più giovani sui trenta anni e bambini intorno ai dieci anni. E' questo un momento durante il quale antichi timori, ingiustificate avversioni e oscure paure nei confronti dei rettili, pian piano si sciolgono fino al punto che, seppure con qualche residuo di ritrosia, ci si lascia convincere al contatto con una serpe, quasi per soddisfare la necessità di un rapporto più profondo con il mondo soprannaturale che questi animali rappresentano. I tanti che hanno fatto l'esperienza di posare con la serpe sul collo sostengono di aver provato la benefica e sensuale sensazione del massaggio, quasi si trattasse dell'esperta mano di un fisioterapista.
"Nella vita di ogni giorno - dice un serparo - questa gente non prenderebbe mai in considerazione l'idea di maneggiare una serpe. li nostro rito riesce anche a guarire le persone dalle paure di ogni giorno!".
A Mezzogiorno in punto la Processione, il clou della giornata; dal Santuario di San Domenico esce lo stendardo fra l’assordante e festoso rumore. Seguono i bandisti e i canestri con i cinque (in genere) "ciambellati": uno sarà poi donato al portatore dello stendardo e gli altri quattro a quelli della statua. I ciambellati sono grosse ciambelle fatte di pasta dolce e confetti nonché di un ricordo millenario: infatti da questa usanza sembra emergere una chiara reminiscenza di culti longobardi; vengono portati da alcune ragazze che partecipano alla sfilata dei costumi aviti.
La statua del Santo esce portata a braccia da quattro persone, appena uscita viene adagiata sul sagrato dove i serpari, stringendosi intorno ad essa, la "inghirlandano" con le serpi più grosse che si stringono intorno al collo ed alla testa del Santo lasciandogli il volto completamente libero. Un applauso liberatorio si leva a quel punto dall'enorme folla assiepata in piazza: secondo una tradizione orale infatti, se i serpenti coprissero il volto della statua sarebbe un cattivo presagio. Poi, risollevato e attorniato da alcuni sacerdoti e carabinieri in grande uniforme, è portato per le vie del paese, nel suono delle campane e negli squilli delle trombe; e dietro la statua il Sindaco di Cocullo insieme alle altre autorità civili e religiose.
Se la giornata è bella, a questo punto la gente sciama per le campagne circostanti approfittando dell'occasione per fare un pic nic.
Nel pomeriggio il momento più significativo è l'omaggio al ruolo dei serpari. Una volta si stilava una graduatoria eleggendo un vincitore in base all'aspetto ed alla grandezza delle serpi presentate. Da qualche anno l'omaggio si è trasformato nel riconoscimento del ruolo storico e culturale dei serpari. Terminata la festa i rettili - che un tempo venivano uccisi - vengono riportati nei campi, addirittura negli stessi areali dai quali erano stati prelevati.

Per informazioni:
Comune di Cocullo, Piazza Madonna delle Grazie: tel. 0864.49117, fax 0864.49449, e-mail comune.cocullo@katamail.it

Si ringraziano i siti
http://www.abruzzo-green.com
http://www.concapeligna.it/

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