Quando nell’ottobre 2003 ci è arrivata a casa, in Nuova Zelanda dove noi abitiamo, la rivista “Lo Scarpone” (che ci viene recapitata con cadenza regolare), dopo averla letta abbiamo esclamato all’unisono: “questa sì che è un’occasione da non perdere!”
Stavamo già organizzando un nostro viaggio in Italia per visitare le famiglie e, quando abbiamo saputo dell’iniziativa del CAI al K2 per celebrare il 50° della prima salita italiana, è stato facilissimo per noi “collegare” i due eventi ed aggregarci ad uno dei gruppi CAI in partenza per il Pakistan durante il mese di settembre 2004.
Da non perdere
Il 9 settembre eccoci infatti all’aeroporto di Milano pronti ad incontrare i nostri compagni di viaggio. Eravamo gli unici liguri del gruppo: tanti romagnoli, milanesi, trentini, friulani ed un solo torinese. Le prime impressioni che abbiamo avuto sono state molto favorevoli: i partecipanti erano tutti molto cordiali e simpatici, c’erano molte tipiche figure di “montagnini” un po' anzianotti, qualche mia coetanea (tra cui le due dottoresse del gruppo), le due guide alpine che ci hanno dato subito una sensazione di fiducia. Gli organizzatori ci hanno “bollato” immediatamente come “quelli della Nuova Zelanda”, la voce si è sparsa fra i partecipanti e noi, al solito, siamo stati investiti da una lunga serie di domande al riguardo.
Fra le signore c’è stato, poi, un reciproco scambio di opinioni riguardo le possibili difficoltà del percorso che ci stavamo accingendo ad affrontare.
Il volo Emirates ci ha catapultato in un mondo totalmente diverso dal nostro, in un paese islamico dove per fortuna la gente è cordiale e disponibile. Dopo alcuni disbrighi burocratici visitiamo Rawalpindi, la parte vecchia della capitale Islamabad e finalmente il giorno dopo si parte per la nostra meta: viaggiando su pulmini a 18 posti, abbiamo percorso la cosiddetta “Karakorum Highway”, la grande arteria costruita 20 anni fa, che sale in direzione del Passo Khunjerab e che prosegue poi in Cina verso Kashgar. Percorriamo questa strada per ben 920 km, impiegando tre giorni pieni. Il panorama intorno è arido e nudo a causa del forte sole estivo, del freddo inverno e dall’incessante vento.
Risaliamo parte della Valle dell’Indo, sostando in villaggi che per millenni sono stati crocevia di commerci, pellegrinaggi e storia. La terza giornata di trasferimento vede la fine della strada carrozzabile per proseguire lungo la più verde e fertile valle di Shigar, lungo una strada sterrata e a tratti decisamente esposta, tipica delle montagne pakistane, soggetta a frane e smottamenti.
Si arriva al villaggio di Askoli (3050 m.) dove troviamo il primo campo tendato e dove incontriamo i nostri portatori. Ci dà il benvenuto uno striscione del CAI con il logo dell'iniziativa, ci siamo sentiti quasi a casa!
Il mattino dopo cominciamo finalmente il nostro percorso a piedi che, in 8 giorni, ci porterà fino al Circo Concordia, con tappe lunghe che le nostre guide ci fanno affrontare con molta calma e con un passo molto lento, così da favorire l’acclimatamento.
Io la notte ho, purtroppo, i sintomi della dissenteria, ma le nostre dottoresse la bloccano subito con le cure idonee. Per fortuna, perché la prima tappa prevede 8-9 ore di cammino sotto un sole cocente ed un caldo da deserto africano. Beviamo continuamente per evitare la disidratazione e camminiamo molto lentamente.
Arriviamo al secondo campo, Jhula, a 3200 metri (abbiamo percorso solo 150 m. di dislivello in quasi 9 ore!). Il terreno intorno continua ad essere molto brullo, si costeggia quasi continuamente il fiume Braldo, che dobbiamo anche attraversare con l’ausilio di un ponte sospeso costruito nel 1998.
La seconda tappa ci porta al Campo Bardumal (3250 m.) in 4 ore di cammino. Il percorso si svolge lungo un sentiero a tratti esposto, a tratti roccioso, sempre lungo il fiume Braldo. Il campo è situato in una zona di sassi, così ventosa che bisogna stare rintanati nelle tende tanta è l’impetuosità di questo vento! Oggi abbiamo incontrato il gruppo di ritorno dal Concordia: scambio di saluti, notizie, impressioni.
Il terzo giorno di cammino ci porta al campo di Paiju (3430 m.), che in lingua Balti significa “sale”: è un luogo sempre molto affollato che funge da alpeggio per i pastori di Askoli. Sosteremo in questo campo per un giorno intero, sempre per favorire l’acclimatamento. Non ci dispiace, in quanto è un posto molto bello: c’è un bosco di salici, la vista sul fiume e sul fronte del ghiacciaio del Baltoro con le prime montagne innevate. Dopo esserci riposati, ripartiamo e copriamo le due tappe successive, tutte lungo il ghiacciaio Baltoro, che ci portano rispettivamente al campo di Khuburse (3850 m.) e a quello di Urdukas (4062 m.).
Avvistiamo le Torri di Trango (bellissime!) e il Paiju Peak. Di notte nei campi fa sempre più freddo, ci stringiamo nei nostri sacchi a pelo e cominciamo ad aggiungere strati di vestiario. Il percorso diventa più difficoltoso, un saliscendi continuo e faticoso a volte su tratti ghiacciati, ma le nostre valide guide alpine cercano i passaggi meno pericolosi e più agevoli.
Il sesto giorno di cammino è forse il più faticoso, sia per la quota raggiunta che per il sentiero stesso, che attraversa obliquamente tutto il ghiacciaio, su sfasciumi e sassi. In 7-8 ore di cammino percorriamo 320 metri di dislivello circa, per arrivare al campo di Gore2 (4300 m.) dove la vista spazia sul Gasherbrum IV e sulle Torri Mustagh.
Durante la notte il freddo è sempre più intenso. Quando infatti ci svegliamo, troviamo tutto bianco di neve fresca! Anzi, continua a nevicare tanto che le guide consigliano di non proseguire e di aspettare il giorno dopo per sperare in un miglioramento. Fortunatamente smette di nevicare ed esce un po' di sole, cosicchè possiamo continuare il cammino fino a destinazione: il Circo Concordia!
Eccolo finalmente, dopo altre 6-7 ore di cammino e 300 metri circa di dislivello, seguendo una traccia sulla destra del ghiacciaio e poi la lunga e alta morena centrale.
Nel pomeriggio ricomincia a nevicare e, al nostro arrivo, a causa del maltempo non possiamo vedere il panorama sperato. L'organizzazione ci fa però trovare deliziosi tortellini al sugo di funghi per pranzo ed un bel pezzo di bresaola! Così festeggiamo ugualmente la meta raggiunta!
La mattina dopo, all’alba, dopo aver dormito malissimo per via del freddo intenso nelle tende, veniamo svegliati dall’urlo della guida locale; “Signori, Kappa Du! Signori, Kappa Du!” che significa che finalmente il K2 si staglia magnifico in una luce cristallina per la nostra gioia di piccoli uomini! Tutti (o quasi) usciamo dalle tende, chi comincia subito a fotografare per cogliere la luce favorevole del momento, chi se ne torna a dormire, tanto ci aspetta un altro giorno di riposo e permanenza al Circo Concordia.
Il panorama a questo punto è veramente spettacolare: una veduta a 360° su K2, Gasherbrum IV, Mitre Peak, Golden Throne, Broad Peak e tanti altri. Io avevo portato con me l’ultimo libro di Lacedelli, “K2 il prezzo della conquista” e ho così potuto “seguire” la famosa ascesa del 1954 posando lo sguardo sull’originale. Con Sandro ci siamo chiesti come abbiano potuto i nostri connazionali avere abbastanza forza e coraggio per compiere un’impresa di quella portata, considerati i disagi, il lungo avvicinamento, il freddo, i materiali di allora.
Il giorno successivo, come da programma, avremmo dovuto incamminarci verso il Campo Base vero e proprio, ma le guide hanno optato per una veloce discesa a valle a causa di vari motivi: innanzi tutto quattro membri del gruppo accusavano sintomi di “mal di montagna”, inoltre l’abbondante neve fresca caduta alle quote più alte, ci avrebbe creato difficoltà. La decisione presa dalle guide e la scelta fatta si sono rivelate sagge, in quanto un membro del gruppo è stato poi trasportato in ospedale con l’elicottero per l’aggravarsi del malessere.
Nonostante il rammarico per il rientro anticipato, siamo stati molto contenti e soddisfatti per aver raggiunto il Circo Concordia. La via del ritorno si articola attraverso due lunghe tappe, rese più faticose e difficili dalla neve fresca dei giorni precedenti.
Dal Concordia scendiamo direttamente al campo di Urdukas impiegando più di 10 ore di marcia e arrivando a destinazione con il buio. Per fortuna, i portatori ci vengono incontro sul ghiacciaio aiutandoci e illuminando il sentiero con le loro lanterne; sembrava quasi di aver fatto ingresso in una dimensione onirica.
Gli ultimi due giorni di discesa si svolgono tranquillamente, la temperatura è definitivamente cambiata: non c’è più quel caldo torrido neppure alle quote più basse, si è rinfrescato ovunque.
Incontriamo 1’ultimo gruppo di italiani che salgono al Concordia e individuiamo tra loro un socio di Chiavari: un altro ligure! Anche loro viaggiano insieme ad una persona con problemi legati all'alta quota. Costui si aggregherà a noi quando sarà il momento di ritornare ad Islamabad e successivamente in Italia.
Dell’ultima parte del nostro viaggio vorremmo ricordare la convivialità scaturita nel gruppo, l’ultima cena di arrivederci, lo scambio di indirizzi. Meritano una sottolineatura anche la disponibilità degli abitanti, il lavoro dei portatori, del cuoco, delle nostre due guide locali: Aslam e Alì.
Un ringraziamento particolare a Luigi e Plamen, le nostre due guide alpine. E soprattutto siamo riconoscenti al CAI per l’organizzazione precisa ed appassionata che ci ha permesso di vivere questa bellissima esperienza.