Un Natale ai tropici decisamente diverso!

Viaggio tra le contraddizioni e i problemi di un Paese

Heilà, bentrovato!
Mi è capitato di girare (più o meno per lavoro) e di scrivere qualche
appunto. Ora questa specie di diario è finita su internet, a disposizione di
tutti. La cosa è nutrimento per la mia vanità, ma mi costringe a premettere
due parole, giusto per precisare che sono cose viste, vissute e lette dal
punto di vista della mia soggettività, e niente di più. Chi cercasse una
"versione vera" farebbe meglio a rivolgersi ad altri testi (che so, un testo
sacro, o la finanziaria); qui tutto è relativo e dietro all'apparenza la
realtà si ramifica in mille labirinti. Soprattutto quando si tratta di
popoli e Paesi.

Buon viaggio2 dicembre 2001
... e finalmente ci si legge!!

Per la verità, ad un certo punto pensavo che vi avrei scritto un contrordine da Vigonza, dopo che:
- venerdì mattina il Ministero ha bloccato le partenze dei cooperanti (pazienza, vado lo stesso);
- sabato mattina, al check in, scopro che l'agenzia non mi ha prenotato il volo. A Venezia possono sistemarmi solo fino a Miami; poi? Arrivo a Miami e vedo;
- a Milano non si parte più perchè hanno trovato uno con il passaporto falso e il bagaglio a bordo e un altro con bagaglio a bordo e lui sparito.

Invece a Tegucigalpa (Tegus, per quelli che sono già in confidenza) ci arrivo puntualissimo.
Con tanta voglia di stringere la mano al pilota .L'aereoporto h in una posizione spettacolare: l'aereo sembra infilarsi in una specie di canyon, inizia una virata leggera a sinistra, scende a 300 metri da terra lungo il pendio di una collina, vira ancora stretto sulle case fitte della periferia e passa 30 metri sopra a una strada con semaforo rosso ad ogni atterraggio. Infine, lasciando a destra un salto, tocca la pista e si ferma a 100 metri dal buco che lo separa dalle case di fronte.
Il tempo è splendido... sempre sia lodato!

I due cooperanti che stanno qui sono un catano-torinese e un palermitano. In mezzo a loro mi sento come Aldo fra Giovanni e Giacomo, ma a parti invertite, e sentirli parlare in siciliano mi rallegra le giornate.
Per quel che ho visto finora, complimenti al progetto!
Da queste parti tradurre in pratica quello che si potrebbe fare in teoria richiede una pazienza certosina e una dose di fatalismo sufficiente alla sopravvivenza. E loro due ce l'hanno. Io c'ho messo qualche giorno; poi il caldo del sud mi ha indirizzato sulla stessa via.

E dell'Honduras, che vi posso dire?... ho visto solo Tegucigalpa e il sud, verso la costa pacifica.
Fra il pianeta Cuba, gli alti e bassi ecuadoriani e gli opposti estremi della Colombia, forse mi ero abituato troppo bene, ma l'impressione che ho di questa parte del Paese è che sia piatto. Senza fremiti, sussulti, senza qualcosa di caratteristico.
Non che non abbia incontrato gente dotata di personalità, ma mi h sembrato che avesse il vuoto attorno.
E' un'atmosfera amorfa che si riflette anche nell'arte, nell'artigianato e nell'architettura, che non lasciano allo spettatore nessun particolare ricordo.

E in questo quadretto, mi viene un'osservazione: pochi anni fa, mentre i confinanti Guatemala, El Salvador e Nicaragua facevano i conti con rivoluzioni ed altri fronti interni, l'Honduras ospitava senza agitarsi le forze armate statunitensi destinate a proteggere gli interessi USA nel Centro America (fonte: guida Lonely Planet, australiana, giusto per non passare per tendenzioso)... insomma non voglio dire che i bagni di sangue siano sintomo di vivacità culturale, ma anche nella storia recente, l'Honduras sembra proprio mostrare una personalità piuttosto debole (ben contento di leggere strali e idee sul tema).

... molto ho ancora da vedere: non è escluso che finisca per cambiare idea.

Comunque sia, non fraintendetemi: noia e apatia non fanno parte del viaggio; tanto meno di un viaggio come questo.

15 dicembre 2001
Da Tegus (Tegucigalpa), il vostro inviato che vi scrive! Come state?

I giornali locali, che vanno pazzi per il calcio italiano, mi informano che Milan e Lazio è stata sospesa per neve. Ne deduco che, al mio ritorno, l'impatto con il clima avrà l'effetto di una badilata in faccia. Chiudermi in frigo qualche ora al giorno sarebbe forse l'unica soluzione, ma non l'adotterò, anche perchè è frequentato da una prolificissima famiglia di scarafaggi.

Qui il quotidiano più diffuso è La Tribuna, politicamente schierata con i nazionalisti (non prendetela per una cattiveria, ma per quanto abbiano vinto le ultime elezioni, continuo a non capire la ragion d'essere del nazionalismo hondureqno). Se, come
me, non amate La Tribuna di Treviso, dovreste provare quella di qui (forse è il nome a portare sfiga). Un esempio di articolo da prima pagina? Il nuovo sindaco di Tegucigalpa già al lavoro per migliorare la viabilità della capitale, con foto di lui, camicia,
pantaloni con la piega e Timberland, che sistema l'asfalto davanti al cancello di casa sua; oppure SANAA (l'istituzione locale per acquedotto e fognatura) ha aggiustato 200 metri del Boulevard Moraz`n (una via di Tegus).
La vivacità culturale viene poi alimentata dalle numerose pagine della rubrica Nuestra Sociedad, in cui il giornale riporta le cronache e le foto della festa di compleanno del piccolo Armando Bigote, della cena di laurea della promettente Marjota Silicuado, e di un sacco di altre storie interessantissime di anniversari, onomastici e promozioni.
La vetrina nazionale ha sempre spazio per chi paga.

Gli ultimi 15 giorni sono trascorsi macinando chilometri fra il sud e El Salvador, a caccia di informazioni su fogne e immondizia (... qualcuno lo deve pur fare...).
Che non ci fosse molto da dire mi è sembrato evidente già al secondo giorno: stavamo cercando di arrivare al depuratore di Nacaome quando ci siamo trovati di fronte ad un fiumiciattolo abbastanza grande da non poter proseguire neanche con il pick up. Odore e colore inequivocabili. Destinazione: Rio Nacaome. Lo stesso fiumiciattolo di m.... ospita anche quasi tutti i rifiuti da cucina e, ovviamente, branchi di maiali e stormi di galline. Con contorno di 35 C all'ombra.
Sicuramente è carne che ho mangiato anch'io, e sto benissimo.

E il depuratore? USAID, il colosso statunitense della cooperazione, l'ha costruito un paio di anni fa spendendo più o meno 100.000 $ (!!!). Si trova su un'altura, una decina di metri sopra l'arrivo del tubo della fognatura. Ci vuole una pompa. La pompa si è rotta. Soldi non ce n'è. Punto.

Per quanto possa sembrare paradossale, la debolezza della struttura produttiva hondureqna si vede anche dal fatto che c'è pochissima gente che fruga nei rifiuti per vendersi i materiali da riciclare. Qui si recuperano solo le lattine e qualche pezzo delle
decine di carcasse di macchina sparse ai bordi della Panamericana. Ed anche questo poco, viene venduto a salvadoreqni e guatemaltechi perchè qui nessuno saprebbe trasformarlo.
Ebbene, in questo panorama tenebroso, c'è una luce che brilla: recuperano l'olio lubrificante!!!
<<Non ci posso credere; cosa ne fate?>> <<Nei periodi secchi lo spandiamo sulle strade per tenere giù la polvere>>. <<Ah!>>.
Parole chiave: polvere; olio; asfalto. Il recupero delle carcasse d'auto ha solide basi...

Vado a tagliarmi la barba (ieri, per strada, mi hanno urlato <<Holaaaa, talibàn!>>).

Vi auguro una notte vivace!

vuestro Omar

24 dicembre 2001
Mitch (l'uragano) ha fatto dell'Honduras un polo di attrazione per tutti quelli che vogliono cooperare. Mi risparmio l'elenco completo, ma vi basti sapere che c'è perfino Taiwan, che ha fornito qualche decina di macchine alla polizia di Tegus.
La formazione professionale, invece, dev'essere stata affidata a un trombettista: il fischietto, qui, non si fischia, si suona, modulando l'espressione con l'anulare e il medio.
L'effetto sul traffico non sembra essere un granchè, ma aiuta a passare il tempo, in mancanza della radio.

Il cosmopolitismo cooperativo ha risvolti ludici per nulla trascurabili. Potendo andarci, ogni settimana c'è qualcuno che organizza una festa a casa sua, riunendo spagnoli, svedesi, hondureqni, finlandesi, italiani, statunitensi, francesi, franco-irlandesi-tedeschi con bisnonno italiano, e così via.
Non so come raccontarvelo, ma è entusiasmante avere una lingua in comune, e a momenti mi incanto ad ascoltarli. Finchè mi rendo conto che parlano tutti meglio di me, e l'invidia fa scoppiare la bolla di sapone in cui stavo flottando.

La scorsa settimana l'agenzia di viaggio ha proposto la discarica di Tegucigalpa. Premettendo che ognuno ha i suoi problemi, i stato uno dei posti più emozionanti di questo viaggio. Quella di Tegus è una discarica sconfinata, fumante e spazzata da un vento teso, pieno di polvere. In mezzo, decine di uomini e bambini, ciascuno con il proprio sacco.
Corsa all'oro, nuova edizione.

So che vi avevo scritto che qui non si fruga fra i rifiuti, ma questa è stata una sorpresa anche per me. Lungo la strada per la discarica è un susseguirsi di baracche in cui la gente vive in mezzo ai mucchi di carta straccia, bottiglie di vetro e plastica, rottami
di ferro ammassati dentro e fuori. Ogni tanto passa un camion di non si sa chi, compra un po' dall'uno e un po' dall'altro e porta all'estero.

Questa umanità di liberi professionisti individuali conosce un'eccezione: in uno spiazzo un più grande degli altri c'è il magazzino di un'impresa che compra e vende carta straccia. Il proprietario è un uomo robusto, sulla cinquantina, che non si allontana mai dal telefono a muro. E' cieco. Lo ascolto mentre mi parla dei prezzi della carta BIANCA e di quanto sia importante togliere il cartoncino GRIGIO, e del fatto che il cartone MARRONE non lo vuole più nessuno.
Lo seguo con lo sguardo mentre col dito mi indica la pressa più grande e le due più piccole, descrivendomene caratteristiche, pregi e difetti. Mi viene in mente Rey Charles, nei Blues Brothers.

Spesso incappo in qualcosa che mi ricorda che i quasi Natale. Capita soprattutto vicino ai centri commerciali, dove il Natale è più Natale che altrove. I simboli sono del tutto identici a quelli europei: Babbo Natale, le commesse dei negozi con il berretto
rosso contornato di peluche, l'abete addobbato, il presepio, le lucine, i regali.
Solo che qui siamo ai tropici, Babbo Natale vive in un bagno di sudore, le commesse alzano l'aria condizionata, gli abeti sono di plastica perchè quelli veri non crescono.
La sola particolarità i che alla mezzanotte del 24 iniziano a mangiare e bere come squali, persistendo nell'attività fino allo sfinimento. Chi sopravvive dedica il 25 alle funzioni vitali di base; il resto è rinviabile al 26.
Almeno così mi dicono; il 24 e 25 sarò in giro e vedrò.

Hasta la proxima
Omar

01 gennaio 2002
Sono sufficienti otto o nove ore di corriera per coprire la distanza che separa Tegus da San Salvador, attraverso un confine che è l'immagine della frontiera centroamericana.

Caldo appiccicoso; paesino con baracche dove comprare e vendere di tutto; cambiavalute che sventolano pacchi di lempiras e
colones; casa frontaliera hondureqna a galleria, con coda agli uffici della dogana; ponte sul fiume di confine che i passeggeri degli
autobus attraversano a piedi; casa frontaliera salvadoreqa a galleria, con coda agli uffici della dogana; cambiavalute che sventolano pacchi di colones e lempiras; paesino con baracche dove comprare e vendere di tutto; caldo appiccicoso.
... simmetria apparente...

San Salvador da l'impressione di essere una città vivace, tutt'altro che noiosa, ma fatalmente inquieta. Non ho la sensazione di essere in un posto pericoloso neanche quando, di notte, vado in periferia, però l'opinione di tutti, salvadoreqni e non, è che lo sia.
Moltissimi giovani appartengono a bande criminali e, fra di loro, se c'è una cosa che non manca, sono i morti ammazzati.

Le ferite della guerra civile terminata nel '92 sono ancora belle aperte, e non ho bisogno di cercare per trovare chi mi racconti di quel periodo o mi dica che era un guerrigliero o figlio di guerriglieri.
Nell'autobus fermo in un ingorgo da guinness conosco un tipo che ha voglia di esercitare il suo inglese (minchia, casca proprio male!). Quando gli dico che sto lavorando in Honduras, mi guarda e fa: <<Sono dei pelandroni!; figurati che hanno permesso agli Stati Uniti di mettere una base militare nel loro territorio... qui non sarebbe mai successo!>>. Mi dà il suo biglietto da visita, casomai mi servisse un elettricista.
Di cognome fa Guevara....!

La completezza dell'informazione richiede di precisare che in Honduras compensano considerando ladroni i salvadoreqni.

Quella dell'El Salvador fu davvero una guerra spietata in cui nessuno rimase fuori: o si appoggiavano i guerriglieri, o l'esercito. L'alternativa era scappare all'estero, spesso continuando comunque a parteggiare per gli uni o gli altri.

Anche in Honduras gli anni '80 furono il periodo dei militari e dei desaparecidos, ma la dittatura fu decisamente meno feroce che nei Paesi vicini. Forse anche per questo non nacquero gruppi guerriglieri capaci di avere un grande seguito. Ma potrebbe essere
vera anche l'ipotesi inversa.
Comunque, in quegli anni gli Stati Uniti stavano in Honduras con qualche decina di migliaia di soldati (solo la base di Comayagua superava i 10.000),utilizzando i campi profughi di confine per addestrare i contras nicaraguensi e i militari (e paramilitari)
salvadoregni. Ovviamente, i fronti opposti (guerriglieri e sandinisti) erano appoggiati da Cuba. I fatti e i numeri mi permettono di aggiungere, con ben altro stile.

L'atto che decretò la fine della guerra in El Salvador fu l'uccisione di sei gesuiti, da parte dei militari.
Non che fino ad allora gli stranieri e gli ecclesiastici fossero stati risparmiati, ma questo fece traboccare il vaso e le pressioni internazionali condussero agli accordi di pace.
A quasi dieci anni di distanza la dittatura non c'è più, ma, sottilmente, l'El Salvador è tornato in mano a una decina di famiglie e, tramite loro, agli Stati Uniti.
C'è chi dice che la situazione è simile a quella del periodo embrionale della guerriglia, perchè la riforma agraria è un mezzo fallimento e il Fronte Farabundo Martl (ex guerriglieri), pur avendo la maggioranza dei voti, non sta al governo. Ma è certo che anche il rancore ha il suo peso.
Ho conosciuto un ragazzo che ai tempi della guerra era un bambino. I suoi erano entrambi guerriglieri, e lui scappò in Messico con il nonno, rimanendoci una decina d'anni. Suo padre fu ucciso durante una delle ultime operazioni militari dell'esercito.
Adesso è una persona simpaticissima e tranquilla, ma non occorre essere psicologi raffinati per capire che, se dovesse riaccendersi la miccia, lui non sarebbe uno spettatore.
D'altra parte, è anche vero che molti ex guerriglieri sostengono che, se all'inizio avessero saputo quanto lunga e dura sarebbe stata la guerra, non avrebbero neanche cominciato.

Lascio l'El Salvador dopo un giorno e mezzo; non riesco a mettere ordine fra i pensieri...

La sola cosa certa è il basso rango delle informazioni che normalmente ci raggiungono. Capire non ha niente a che fare col cercare conferme alle proprie ipotesi, e richiede un sacco di tempo.
Forse è anche per questo che nessuno ne ha.

Que les vaya muy bien!!!

Omar

Vi piace spostarvi, ma non improvvisare?
CAMBIATE ARIA: L'HONDURAS NON FA PER VOI!

Sabato mattina vado al terminal di una compagnia di autobus che mi dicono faccia un servizio diretto per la mia destinazione:
<< Un biglietto per Copàn, per favore>>.
Pago e mi allontano. Poi mi accorgo che sotto a un timbraccio si intravede un'altra destinazione.
<<Scusi, ma le avevo chiesto un biglietto per Copàn>>
<<Il diretto era già pieno>>. Gentile ad avermelo detto; cambierò a San Pedro Sula. La corriera non è delle migliori: il motore si
raffredda scambiando calore direttamente con i miei piedi e il fumo dell'olio bruciato lubrifica narici, bronchi e polmoni.
Dopo due ore, in un fracasso da investimento (strano verbo, questo), perdiamo un pezzo dell'albero motore.
Tutti a terra a cercare i pezzi. Ne recuperiamo tre, e non dovrebbe mancare niente. E adesso, che si fa? <<Chiamiamo la sede, che chiama un meccanico, che viene e vede cosa può fare>>. E' sabato; la città più vicina è a un'ora...

Il dio dei viaggiatori indifesi fa passare un bus vuoto, con la stessa destinazione. L'autista odora l'affare e ci carica al prezzo di un altro biglietto.

A San Pedro Sula mi lasciano vicino al terminal di una compagnia che va diretta a Copàn. Il bus sta per partire e, più che farmi salire, mi sequestrano trascinandomi per un braccio. Saremmo in 80, con 50 posti a sedere; il viaggio dura 4 ore...!

La strada è bagnata e l'autista mette a nudo la mia anima forcaiola: meriterebbe una condanna a trent'anni per tentato omicidio plurimo, senza diritto né alla difesa, né all'appello. Visto da qui, l'aereo non può che sembrarmi il mezzo più sicuro, dopo il materasso.

Un'ora e mezza dopo mi fanno notare che questo è un diretto, ma per Santa Rosa di Copàn, caratteristico paesino coloniale a 107 km da Copàn.

Arrivo dopo 8 ore di viaggio. La prima occupazione è organizzare la prossima trasferta, fra due giorni.
L'esperienza di oggi, però, ha fatto di me un detective: le mie non sono più domande, ma interrogatori, con riscontri incrociati delle risposte e un'osservazione ossessiva dei visi, alla ricerca dell'espressione di incertezza capace di rivelare l'inganno.
Sarà inquietante, ma funziona.
Qualcuno dirà che è normale approssimazione latina. Ma in Honduras i trasporti raggiungono vertici inarrivabili, tanto da farmi pensare che si tratti, in realtà, di un'approssimazione organizzata con puntiglio.
Qui non esistono stazioni delle corriere: le varie tratte sono coperte da diverse compagnie, ciascuna con il proprio terminal. I terminal sono sparsi a caso per tutta la città. Se la città è piccola non è difficile; se ha mezzo milione di abitanti, bisogna avere i nervi saldi.
Al di fuori degli autisti, poi, la conoscenza degli orari è affidata a medium e veggenti. E neanche questo è sicuro: a Trujillo (città sulla costa caraibica), la Cotraipbal ha tre corriere che vanno dirette a Tegucigalpa (11 - 12 ore). <<A che ora partono?>>
<<Non si sa>>, mi dice l'autista, <<All'una di notte si trovano tutte e tre al terminal e vanno via quando sono piene>>.
Rinuncio. Ma il destino, in un eccesso di generosità, tiene fermo il terzo autobus fino alle 5, ed io lo prendo in corsa osservando che, in effetti, In queste condizioni, le sole coincidenze possibili sono quelle legate al caso.

A supporto delle compagnie e sostegno dei clienti opera una folla di venditori, pazientemente in attesa ovunque la corriera possa, non dico fermarsi, ma almeno rallentare.
Se nulla di ciò che vi propongono fa per voi, vuol dire che siete incontentabili: orologi, acqua, biglietti della lotteria, pepsi, quotidiani, coca (cola), sacchi per le immondizie, pollo con riso, patate, salsa e tortillas, bambole tipo Barbie, ma di
nome "Roquera", snack, sigarette, cioccolata, stracci per pulire i vetri, mele, uva, pistole venusiane a batteria, chicharrones, astucci per cellulari, pupusas, succhi di frutta, pasticcini.
L'abilità con cui avviene lo scambio fra il venditore a piedi, fuori dalla corriera, ed il cliente, pure lui a piedi, ma dentro alla corriera in corsa, ha qualcosa di sovrumano: merce, soldi e resto attraversano il finestrino nelle due direzioni, disponendosi ciascuno
nelle mani del legittimo proprietario. Mai un errore; mai un imbroglio.

Dodici ore di autobus possono far venir fame. Io ho risolto il problema scegliendo una compagna di viaggio che vomita sul vetro, ma la maggior parte delle persone preferisce il pollo. Visto da fuori, un bus hondureño all'ora di pranzo è una scia ininterrotta di coriandoli di polistirolo, stelle filanti di nylon e bottiglie di plastica. Non fosse per la velocità, si potrebbe scambiare per un
carro mascherato alla sfilata di carnevale.
In autobus gli hondureñi seguono con rigore le migliori regole della raccolta differenziata: i rifiuti non biodegradabili si buttano fuori, quelli organici, sul pavimento. Scendendo dalla corriera per Trujillo cammino su un tappeto di tortillas e ossa di
pollo. Ne deduco che il pollo è consigliabile, letortillas no.
Tutti i bus espongono un cartello che invita la gente a non sputare e buttare immondizia. C'è da rallegrarsi che almeno il primo invito venga accolto, anche perché sputare è sport praticato diffusamente, senza distinzione di sesso, età, né razza.
Da San Pedro Sula, la strada verso il nord e poi l'est attraversa le pianure più fertili del Paese, coperte da distese di banani, palme da olio, canne da zucchero. I cartelli sui latifondi parlano di Dole e Stati Uniti.
Le baracche dei braccianti allagate da un normale giorno di pioggia tropicale parlano di economia.

L'economia in sé è priva di morale e spesso produce sottosviluppo. Prima di questo viaggio avevo tanti elementi per capire, ma non capivo. In Centro America, almeno nel settore agricolo, già all'inizio del '900 le grandi società statunitensi si erano accaparrate tutte le terre più fertili, e adesso hanno capitali sufficienti a comprare qualsiasi cosa (lecita o non).
Da allora, la produzione è destinata ai mercati nordamericani ed europei, ricchi e capaci di assorbirla per intero. Ma mercato e impresa richiedono prezzi bassi e grandi profitti, e quindi minimizzazione dei costi: non c'è spazio per lo sviluppo locale, tantomeno per salari dignitosi.
Spesso non c'è spazio neanche per l'illusione che le imposte pagate da queste società allo Stato possano servire. Per favorire gli investimenti stranieri in Centro America si sono inventati le maquilas, fabbriche escluse per legge da ogni imposizione fiscale e, di fatto, anche da qualsiasi tutela dei lavoratori.
L'equilibrio fra economia e interesse collettivo dovrebbe essere perseguito dallo Stato. Ma qui lo Stato è proprietà (economica e politica) di una manciata di famiglie, tutte legatissime agli Stati Uniti. Ne deriva che l'uomo politico più importante non è il presidente hondureño ma l'ambasciatore statunitense. Il quale, per mestiere, difende gli interessi del suo Paese (e gli USA sono dei maghi, in questa attività).

In aereoporto, un tipo che gira queste zone da più di vent'anni mi dice: <<Dopo averci lavorato, è difficile andarsene da 'ste parti senza essere comunista>>.Sorrido e annuisco.

Io non sono comunista, e non mi piacciono i monocromatismi che negano le sfumature. Ma con tutte le approssimazioni che una sintesi deve ammettere, riconosco che è un'ottima sintesi.

In aereo il traffico delle informazioni e delle idee non mi dà tregua, intasa le sinapsi e non mi lascia dormire. Di fronte a me, la "busta del malessere" sponsorizzata dalla Xamamina, dice: <<Per ogni tipo di mal di viaggio>>.

... sarà vero?...

Al prossimo giro, speriamo presto;
buon anno a tutti!

Omar

2 commenti in “Un Natale ai tropici decisamente diverso!
  1. Avatar commento
    Kekko
    19/04/2004 23:34

    Ciao, Omar, mi è piaciuta molto la descrizione del tuo viaggio in Honduras ed in centro-America: me ne potresti parlare un po'? Te ne sarei grato. Tanti saluti! Francesco, Cagliari

  2. Avatar commento
    sboris
    30/06/2002 15:03

    Un ottimo commento molto dettagliato e preciso... complimenti!!!

Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento, contattaci per ottenere il tuo account
ALTRI VIAGGI IN: honduras
Roatan, una Pasqua caraibica!
Roatan - Honduras

Viaggiatore: Riccardo79

Roatan, l’isola dei pirati
Honduras

Viaggiatore: pablita

Sorprendente Honduras
Honduras

Viaggiatore: __CARLA__

© 2024 Ci Sono Stato. All RIGHTS RESERVED. | Privacy Policy | Cookie Policy