Tre giorni con le racchette da neve!

L’esperienza delle ciaspole nell’incantevole Valle Stretta

Eccoci finalmente a Pasqua e alla prima serie di ponti, che ci permetteranno di allontanarci un po' dalle solite mete.
Per questa tre giorni io e Lau abbiamo scelto la Valle Stretta, un lembo di terra ex-italiana, ceduto alla Francia nel 1946, alla fine della Val di Susa.
Abbiamo trovato su Internet che il rifugio 3° Alpini, gestito dal CAI di Torino, è aperto e abbiamo prenotato, con l'intenzione di fare delle belle ciaspolate.
Vi anticipo subito che ne valeva assolutamente la pena: la valle è splendida, il rifugio accogliente e i gestori molto in gamba e di neve ce n'è ancora da leccarsi i baffi.
Ma andiamo in ordine.Venerdì 18 aprile 2003
Dopo aver attraversato tutta la valle di Susa e passato Bardonecchia, si sale verso la Valle Stretta. Sotto la parete dei Militi, una formazione in dolomia dove sono tracciate numerose salite alpinistiche, la neve comincia ad essere decisamente troppa sulla stradina, per cui parcheggiamo l'auto, carichiamo gli zaini e partiamo.
Alla nostra destra ammiriamo dei bellissimi ghiaioni che scendono dalla Torre Germana.
In circa mezz'ora si arriva ad una serie di case, 5 o 6, tra cui il nostro rifugio (1790m). Alle 10 di mattina non c'è praticamente nessuno, per cui lasciamo parte dei bagagli e partiamo per la prima sgambata, che ha come meta il Colle di Valle Stretta (2434m).
Dal rifugio vediamo il lontananza il Thabor e il Gruppo del Serù.
Attraversiamo la valle il leggerissima salita, scavalchiamo un paio di slavine e ci teniamo alla sinistra del ponte che scavalca il torrente della valle.
Di neve ce n'è abbastanza in valle, anche se la primavera ha già cominciato la sua avanzata.
Dopo il ponte inizia la vera salita, un po' sul sentiero estivo un po' improvvisando tra neve e roccette. Incontriamo qui i primi escursionisti, due francesi in età avanzata, che ci mostrano dei bellissimi ranuncoli, specie protetta e velenosa.
Ci portiamo sul lato orientale del Serù, un gruppo splendido diviso in due cime, il piccolo e il grande Serù. Grazie alla loro posizione centrale rispetto alla valle, ci accompagneranno per tutta la nostra permanenza da queste parti.
Inizia un falsopiano dove le ciaspole sono obbligatorie, in un ambiente fatto di dolci panettoni facili da risalire.
L’ambiente circostante è uno sballo: tranquillo da percorrere, aspro per le cime per noi irraggiungibili.
In circa 3 ore e mezza arriviamo al colle, riconoscibile solo per la presenza di un ometto di pietre. Qui ci fermiamo, sazi della salita e con la Lau dolorante per gli scarponi nuovi. Ci godiamo il sole e guardiamo da vicino la salita che porta al Rifugio Thabor, che sta solo 60 metri più in alto. Oltre alla stanchezza, non ci fidiamo del terreno e delle possibili slavine che potrebbero cadere anche grazie all'ora tarda.
Torniamo seguendo lo stesso percorso dell’andata e arriveremo al rifugio che è quasi ora di cena.
Qui incontriamo Riccardo, il gestore del rifugio, nonché accompagnatore di media montagna, sua moglie, il piccolo Francesco, loro figlio e con le gambe sotto il tavolo facciamo onore alla cena... a cominciare dai pop-corn appena sfornati e serviti come antipastino, anche se il resto della cena è classificabile come "normale".
Il rifugio è uno di quelli "vecchia maniera", come piacciono a noi, accogliente, con tante riviste sulla montagna da leggere e le luci gialle e basse. Ha una camerata e tante stanzette lillipuziane da 4 posti letto, in una delle quali ci accomodiamo ben prima della classica ora della ritirata (le 22).
Dimenticavo che il rifugio ha anche le docce calde a gettone (1 €), ma di cui non possiamo darvi altri dettagli, dato che noi non le utilizzeremo.

Sabato 19
Dopo vari programmi, abbiamo deciso di percorrere la strada che porta al Thabor, la meta principale della valle. Non abbiamo l'ambizione di arrivarci, dato che per la sola salita ci vogliono 5 ore e inoltre noi ciaspolatori non possiamo godere delle discese rapide degli sci-alpinisti. Seguiremo il percorso per arrivare fin dove ne avremo voglia. Poi Lau ha grossi problemi di rodaggio con gli scarponi e anche le previsioni del tempo non sono ottimistiche.
Comunque la sveglia è alle 5,30 e partiamo poco dopo le 6, non senza aver salutato il mitico cagnolino, mascotte del rifugio.
Ripercorriamo lo stesso tragitto del giorno prima, ma la neve è a quest'ora molto più dura e si fa quindi molta meno fatica. Il sole comincia ad illuminare le cime della valle, anche se nuvole basse coprono il sud della valle.
Questa volta il Serù lo lasciamo alla nostra destra, ma è sempre una gran bella cima.
Il panorama da questo lato della valle è ancora più mozzafiato, con il Gran Adritto a farla da padrone. Non posso fare a meno di replicare foto e zoomate su questa cima.
Passiamo proprio sotto prima al piccolo Serù e poi al fratello maggiore, che mostra tutti i suoi pilastri corrugati. Altre cime dal nome sconosciuto sono a portata di macchina fotografica.
Anche oggi proseguiamo prima per facili panettoni di neve, poi attraversato il ponte delle Planche comincia la salita vera e propria.
Ma intanto le nuvole cominciano a diventare imponenti e a nascondere le cime circostanti, segno che il tempo sta cambiando, mentre la nebbia comincia a scendere sul percorso.
E' ora di fermarci su di una roccia a 2600m insieme a due sci-alpinisti, che come noi hanno desistito.
Inizia la lunga discesa di ritorno, dove a volte non si vede ad oltre 10 metri di distanza.
Questa volta arriviamo al rifugio ben prima della cena, con i piedi di Lau ululanti dal dolore e sempre con il cucciolo ad accoglierci.
Dopo poche ore, al vento teso si aggiunge una bella nevicata: le previsioni meteo francesi spaccano il minuto. La temperatura esterna cala a poco più di zero gradi e mi risulta difficile anche uscire per la classica sigaretta.
Purtroppo il cellulare non prende da queste parti, impedendoci di condividere questa Pasqua magica con i nostri amici rimasti in pianura. Non ci resta che buttarci a letto con tanto di calde coperte.

Domenica 20
L'inverno è tornato: la neve continua a cadere anche se fina-fina e ha imbiancato tutti i dintorni. Ma tira soprattutto un vento teso e fastidioso. Non c'è modo di fare qualche uscita oggi, per cui dopo essercela presa molto comoda, decidiamo di scendere all'auto, infagottati con tutto il vestiario disponibile.
La vallata ha preso un’altra immagine con la neve caduta nella notte e anche la macchina è coperta da almeno 5 cm. di frescura.

Conclusioni: valle splendida, specie d'inverno. La strada che porta fino al rifugio rende l'ambiente iper-affollato nei mesi estivi.
Tante cime da fare con diverse difficoltà: dal Thabor, alla Guglia Rossa. E poi un trek di 4-5 giorni che attraversa sia la valle Stretta che quella di Claree.
Insomma è un posto da tornarci.

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