Con una semplice passeggiata di una decina di minuti dalla strada principale dell'isola si può raggiungere un sito assolutamente singolare. Ubicato più o meno al centro dell'isola, il villaggio, che si reputa risalente al 15° secolo, fu progressivamente abbandonato quando la popolazione - una volta tornate sicure le coste con il cessare delle scorrerie dei pirati - si trasferì a Livadia. Oggi nell'abitato si individuano oggi circa 220 case, per lo più in rovina ma alcune in via di recupero.
Il luogo emana una profonda suggestione ed è bello "perdersi" lungo le sue stradine, ovviamente con un minimo di attenzione per la precarietà di alcuni edifici.
Già il primo colpo d'occhio arrivando è decisamente attraente e una volta entrati nell'abitato, è una sequenza ininterrotta di nuovi scorci mano a mano che si penetra nel tessuto urbano. Spicca la chiesa, bianchissima e con un bel cortile acciottolato con sassetti bianchi e neri, la sola fra le tre del villaggio che è stata recuperata. La presenza di alberi che crescono - talvolta schiantandoli - in mezzo ai ruderi ricordano in piccolo i templi di Angkor in Cambogia, dove nel corso dei secoli la natura si è reimpossessata, quasi soffocandola, dell’opera dell’Uomo. La visita non può non concludersi nella parte culminante del villaggio: un suggestivo cimitero a fianco di una chiesetta precede l’ultimo strappo in salita fra massi un po’ sconnessi, fino ad arrivare al punto più alto, dal quale lo sguardo abbraccia tutto l’abitato.