Terra Santa 2013 - Pellegrini nella Terra di Gesù

Terra Santa 2013 – Pellegrini nella Terra di Gesù: Un Viaggio Spirituale Rivelatore

Terra Santa 2013
Pellegrini nella Terra di Gesù.
26 settembre - 3 ottobre
Il pellegrinaggio è stato organizzato da una nota agenzia di Verona specialista in viaggi religiosi Experience Travel. Tutto il programma sarà rispettato negli orari, luoghi delle visite, appuntamenti religiosi e di svago. L’ottima esperienza di quest’agenzia ha aiutato tutti noi, grazie al tour leader Francesco, alla guida e biblista don Nicola, e al supporto religioso e liturgico di don Marco e del Vescovo emerito di Verona Padre Flavio Carraro, tutti nostri compagni di viaggio.
Barbara ed io, sapemmo di questa possibilità durante l’inverno grazie a nostra figlia Micaela che recuperò un volantino di tale pellegrinaggio. Incuriositi dalla cosa, ci siamo guardati in faccia e in meno che si dica abbiamo deciso che le nostre vacanze di quest’anno sarebbero state fatte nella terra di Gesù.
Precisiamo che siamo buoni cristiani, frequentiamo regolarmente la Santa Messa e poco più. Questo desiderio però albergava in noi da parecchi anni ma mai avevamo trovato l’occasione giusta. Finalmente, ora ci siamo. Durante l’attesa ci prepariamo al nostro cammino di fede leggendo la nostra guida “Shalom” fornita da Experience Travel. Nella valigia mettiamo anche la nostra Bibbia, in modo che la “Parola” possa vivere nei luoghi dove Lui è passato e la renda viva.
Giovedì 26 settembre
Ore 7.30 aeroporto Catullo di Verona; alla spicciolata ma puntuale tutto il nostro gruppo sbriga le formalità d’imbarco per poi ritrovarci insieme al gate di partenza. Il gruppo si presenta unito e abbastanza eterogeneo, tanti pensionati, qualche single (almeno per il pellegrinaggio) ma anche qualche coppia di mezza età (come la nostra). Nessun ragazzo giovane, forse anche perché si è nel periodo scolastico, su tutti l’esempio di nostra figlia assente forzata. L’aereo è pronto sulla pista ma prima di imbarcarci iniziamo la nostra avventura con la recita di una bella preghiera che ci assisterà per il viaggio.
Tel Aviv (Israele) primo pomeriggio, giornata calda e serena. Dopo 3 ore 30 circa di volo, siamo in Terra Santa. Ad accoglierci, troviamo don Nicola, un giovane sacerdote veronese trapiantato a Gerusalemme da sette anni per terminare i suoi studi di biblista giunti all’ultimo anno. Saluti di rito, poi con Francesco, il nostro tour leader e don Nicola  il gruppo sale sul pullman destinazione Haifa Monte Carmelo (Alta Galilea). Shadi, musulmano di Nazareth è l’autista del nostro bus, ci porterà in lungo e in largo su strade e stradine di questa terra martoriata da millenni di conflitti religiosi. Durante il breve tragitto incolliamo il nostro naso al finestrino, apriamo le orecchie per ascoltare le prime indicazioni tecniche di Francesco e quelle religiose di don Nicola e ci mettiamo con il cuore aperto per scoprire questo quinto vangelo che è la Terra Santa.
Vorremmo fare un appunto che servirà per tutte le visite sui luoghi Santi. Quando si visita questo paese, si trovano dei luoghi santi “precisi” ovvero posti riconosciuti storicamente e meta di pellegrini sin dai primi momenti dopo i fatti, dove nel tempo ogni “custode” a protezione del luogo costruiva un altare, una cappella o una Basilica; oppure luoghi santi di “tradizione” come per esempio il Monte delle Beatitudini; siti dove non è certo il punto preciso dell’accaduto ma solo la zona dove esso è avvenuto.
Arrivati alla sommità del Monte Carmelo, la vista spazia sulla città di Haifa, primo porto commerciale del paese. Parcheggiato il pullman, ci si avvia alla visita della Grotta di Elia con relativo monastero Stella Maris.
In questo luogo il profeta pregava e viveva. Dopo le dovute spiegazioni, le foto e qualche minuto di raccoglimento, celebriamo la Santa Messa in una cappella laterale la grotta del profeta. È il primo momento forte del pellegrinaggio, finalmente ci rendiamo conto di dove siamo capitati. Durante le preghiere dei fedeli, lasciate all’intento di noi pellegrini, il gruppo prende forma e con coraggio iniziamo a esporre le nostre voci e intenzioni. Dopo la Messa, partiamo per la destinazione che ci ospiterà per tre notti, la città di Maria e Gesù Bambino, Nazareth. Arriviamo sul calare della sera, prendiamo alloggio presso le Sisters of Nazareth a soli 30 metri dalla Basilica dell’Annunciazione, luogo, dove l’angelo Gabriele annunciò alla giovane Maria che sarebbe diventata la madre del nostro Signore. Dopo la cena, ci riuniamo tutti nella piccola chiesetta del complesso per fare una prima conoscenza tra noi, ogni partecipante espone i suoi dati. Qualche attimo ancora e poi ci si ritira per la notte; Barbara, io e altri saliamo sul tetto della casa per ammirare, nell’ebbrezza notturna, il panorama di Nazareth. Sembra un sogno, stanotte dormiremo, dove Gesù trascorse la sua infanzia, a pochi metri da quel luogo dove Maria ricevette l’annuncio che l’avrebbe resa la madre di Dio.
 
Venerdì 27 settembre
La sveglia è di buon mattino, colazione e partenza con il pullman verso il Monte Tabor luogo della trasfigurazione di Gesù. Durante il tragitto, don Marco e padre Flavio ci guidano nelle lodi del mattino e il gruppo risponde bene! La giornata è piena di sole, l’umore alto, la gioia è palpabile, il gruppo unito. Arriviamo ai piedi del Tabor e parcheggiamo il mezzo. Qui ci sono due possibilità, la salita con i taxi o quella a piedi. Siccome l’attesa per il taxi è sui quarantacinque minuti, più di metà gruppo preferisce la salita a piedi. Qui incontriamo i primi segni della Terra Santa, un po’ come forse ci aspettavamo; colori caldi, rocce gialle, ulivi, pietre e polvere. Il gruppo sudato arriva in cima al Tabor (575mt circa) quasi in concomitanza con il resto della comitiva salito con i taxi. Subito entriamo nella basilica di epoca bizantina che ricorda quello straordinario evento che vide Gesù trasfigurarsi davanti ai discepoli. La celebrazione della Santa Messa e ricevere l’eucarestia nel luogo esatto dove Gesù compì quel grande gesto, aumenta la commozione. Al termine della celebrazione ci sarà tempo a disposizione per foto e visita della basilica sempre guidati dalla grande professionalità di don Nicola. Ottima è la vista a 360° gradi che spazia sulla pianura della Galilea. Torniamo con i taxi al pullman, di li ripartiamo destinazione Nazareth, dove consumeremo un buon pranzo in un ristorante locale. Dopo pranzo e a piedi, iniziamo la visita di questa cittadina che oggi conta circa 73.000 abitanti che con fatica la immaginiamo ai tempi di Gesù. Francesco e don Nicola sapientemente guidano il gruppo nel suk locale, a dire il vero non tanto grande, fino ad arrivare nella piazza principale di Nazareth dove si trova la fontana della Vergine, le acque della sola sorgente della città, oggi sgorgano sotto l'attuale chiesa greco-ortodossa di San Gabriele. La chiesa di San Gabriele è costruita su di una sorgente che si ritiene alimentasse il pozzo dove Maria era solita attingere l'acqua.
Subito dopo la visita, sul piazzale poco distante la chiesa, tutto il gruppo “arricchisce” un venditore ambulante comprando dell’ottima spremuta di melograni e arance fatta sul momento; molto gustosa!
Girovagando per la città visitiamo la Bianca Moschea, luogo di culto musulmano. Qui Francesco e i don “trattano” con l’Imam, poi con osservanza del luogo accediamo al santuario osservando i fedeli pregare e purificarsi. Visitiamo anche la Sinagoga di Nazareth, che ovviamente non è più quella del tempo di Gesù dove lo stesso insegnava, ma è una buona riproduzione.
Il tempo stringe e il gruppo raggiunge la Grotta dell’Annunciazione, posta all’interno della basilica stessa.
È il momento clou della giornata, l’impazienza è tanta. L’attuale basilica fu edificata negli anni 1960-1969, ma sovrasta altre cappelle e chiese costruite nel corso dei secoli, (francescane e crociate) e gli scavi, al suo interno ne danno atto. Sotto le costruzioni crociate furono messi in luce i pavimenti e le strutture della chiesa bizantina, della quale si conosceva già l’esistenza. Si scoprì così che i bizantini avevano utilizzato nella loro costruzione un muro il quale, dal tipo di pietra usata e dal modo con cui era lavorata, appariva chiaramente preesistente. Levati poi i mosaici che coprivano il pavimento, furono rinvenuti capitelli e altri blocchi di pietra lavorata, appartenenti a un edificio religioso precedente che presentava analogie evidenti con le sinagoghe costruite in Galilea nei sec. II e III d.C. L’archeologo che diresse i lavori di scavo ne studiò i reperti, afferma trattarsi di una sinagoga-chiesa, di un edificio molto anteriore alla chiesa bizantina. Questa costruzione racchiudeva grotte e silos del I e II secolo circondante la grotta attuale che appariva in tal modo essere al centro di una particolare venerazione fin dai tempi apostolici. Furono anche trovati intonaci con graffiti riportanti i simboli caratteristici delle comunità giudeo-cristiane. La scoperta più indicativa, oltre a una croce cosmica, fu l’iscrizione in caratteri maiuscoli greci: «XE MAPIA» (cioè: Kh(air)e Maria, Ave Maria). Davanti alla chiesa-sinagoga fu scoperta una vasca battesimale, costruita anch’essa secondo lo schema del simbolismo giudeo-cristiano. Un battistero simile ma meglio conservato, si trova nella cripta sotto la chiesa di San Giuseppe, più a nord della basilica stessa. Tornando alla basilica, la chiesa inferiore è tutta centrata, in una mistica penombra, attorno alla sacra Grotta dell’Annunciazione. Ancora momenti di preghiera personali e di gruppo sia all’interno sia nel chiostro, foto ricordo e tanta commozione. Qualche centinaio di metri più a nord si trova la chiesa di San Giuseppe. Questo santuario è chiamato anche della Nutrizione perché Gesù vi è cresciuto fino all’età adulta imparando il mestiere del padre; gli scavi sotto di essa riportano alla luce antiche case palestinesi del primo secolo. La tradizione e l’apocrifa storia di Giuseppe il falegname narrano della morte e sepoltura del padre putativo di Gesù a Nazareth e si vuole che qui vi sia la tomba del Giusto.
Rientro in hotel per la cena. Dopo di questa un bellissimo incontro con le sorelle di Nazareth le quali ci portano nel sottosuolo della casa dove sorgono antichissimi resti di abitazioni, silos, pozzi e tombe dell’epoca di Gesù, tutto molto spettacolare. Qui scavi archeologi del 2009 ritengono che la tomba del Giusto possa essere in questa locazione, le suore non si sbilanciano e lasciano al pellegrino la facoltà di decidere tra le due possibilità dove veramente possa essere la tomba del Giusto.
 
Sabato 28 settembre
Subito dopo colazione, una giornata molto impegnativa attende i pellegrini. Il cielo a Nazareth è sereno, ottima temperatura. La destinazione di oggi sarà la zona intorno al Mare di Galilea o Lago di Tiberiade.
Su questo lago Gesù compì molti gesti; per esempio durante una traversata del lago, un'improvvisa tempesta mise in pericolo la fragile lancia su cui c'erano Gesù e gli apostoli. Gesù stava dormendo per la stanchezza, lo svegliarono ed egli con poche parole calmò la furia del mare e del vento.
Un episodio simile avvenne dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Gesù allontanò la folla e i discepoli spingendo questi ultimi sulla barca, poi si ritirò sul monte in preghiera. Nel cuore della notte Gesù apparve ai discepoli camminando sulle acque del lago.
Ancora; Gesù risorto suggerirà ai discepoli, estenuati per la notte passata senza pescar nulla, di ripescare nuovamente buttando le reti dalla parte destra della barca. In questa maniera i discepoli pescarono una gran quantità di pesci e riconobbero in lui il Signore! Pietro conquistò a nuoto la riva del lago ma all’arrivo trovò Gesù che stava arrostendo per loro pane e alcuni pesci. Finito di mangiare, Gesù chiese per tre volte a Pietro se lo amasse, a ogni risposta di Pietro Gesù rispose con la frase “pasci le mie pecorelle”.
Questi tre episodi fanno capire l’importanza di questo luogo; carichi di speranza insieme a don Marco e padre Flavio tutto il gruppo prega con le lodi del mattino. Man mano che il lago si avvicina, il cielo si chiude un po’ con delle nuvole innocue ma non c’è minaccia di pioggia. La prima tappa sarà il Monte delle Beatitudini, dove celebreremo anche la Santa Messa. Il luogo è di tradizione, infatti, nei due vangeli che narrano Gesù che insegna alle genti, si parla solo di un alto monte posto vicino al lago. Già dal I secolo i primi pellegrini salirono su questo monte e diedero inizio al culto. Oggi questo è un bel posto, con un ricco giardino, una vista mozzafiato sul lago sottostante e una chiesa. La pace e la tranquillità sono sovrane.
Noi celebriamo la Santa Messa, sotto un bell’albero tra il cinguettio degli uccelli. Dopo la celebrazione, Stefania, una pellegrina del nostro gruppo, intrattiene tutti noi con una danza sacra scatenando i click dei tanti turisti/pellegrini giapponesi. Dopo di questo, scendiamo a valle portandoci verso la vicina Tagba.
Qui troveremo una bella chiesa con annesso giardino e chiostro, dopo le spiegazioni di don Nicola all’ombra di una palma, faremo una foto di gruppo. Una volta entrati nella chiesa, un’orda di asiatici la invade e schiamazza; forse non si rendono conto di essere su suolo sacro. In fondo alla chiesa, quasi nell’abside, un recinto chiude un semplice altare sotto al quale si trova la pietra dove Gesù compì il primo miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Peccato che la tanta gente e il rumore non possa regalare momenti di riflessione, si cerca di farlo insieme ai tre sacerdoti, appartandoci in un angolino della chiesa con i nostri auricolari conficcati a volume massimo nelle orecchie per ascoltare la lettura del brano evangelico inerente a questo, immaginando la scena 2000 anni fa.
Sempre sulle rive del lago poco distante, troviamo anche la cappella che ricorda il primato di Pietro. Essa fa riferimento all’episodio evangelico del conferimento a Pietro del primato con il gruppo degli apostoli e con la Chiesa. La chiesa attuale fu costruita dai francescani. All’interno è conservata una roccia, chiamata Mensa Christi, che la tradizione afferma, essere quella su cui Gesù, dopo la pesca miracolosa, preparò da mangiare ai suoi discepoli e conferì il primato a Pietro.
La visita successiva ci porta al villaggio di Gesù dopo che questi lasciò Nazareth, Cafarnao. Nei secoli successivi Cafarnao fu abbandonata, i suoi resti furono ritrovati e riportati alla luce da scavi archeologici nel XX secolo. Tra le tante cose ritrovate una sinagoga, risalente al II secolo, e un'abitazione identificata come la casa di San Pietro. Sopra quest'ultima fu costruita una chiesa di forma ottagonale, sopraelevata da terra; un'apertura vetrata al suo centro permette di vedere i resti della casa posta sotto. Terminata la visita del sito, ci riposiamo all’ombra sorseggiano la solita spremuta presente ovunque. Ora, il pranzo attende, quindi risaliamo sul pullman con destinazione un ristorante tipico a base di pesce San Pietro, una specie di carpa molto grassa ma molto buona! Nel pomeriggio il programma prevede una bellissima escursione in battello sul lago di Tiberiade. Il gruppo raggiunge il molo, dove ordinatamente prenderà possesso del battello. La barca inizia a muoversi, il cielo ora è azzurro, la brezza rinfresca il pomeriggio e sul pennone, tra le note dell’inno di Mameli, s’innalza la bandiera italiana e la mitica sciarpa del nostro Hellas Verona tra la gioia dei pellegrini/tifosi come il sottoscritto, Francesco, don Nicola e altri. Dopo l’euforia iniziale, le spiegazioni di don Nicola illustrano la situazione geografica, storica e biblica di quei luoghi. La barca avanza verso il centro del lago fino a quasi fermarsi e lasciarsi cullare dalle onde del lago; cala il silenzio. Don Nicola legge il brano del vangelo, dove Gesù con poche parole calmò la furia del mare e del vento. Qui, tutti prendiamo un bel momento di riflessione, pensiamo intensamente a quel gesto compiuto proprio dove ora ci troviamo. Il pellegrinaggio incomincia a lasciare i primi segni, questo fa piacere, siamo venuti principalmente per questo motivo, vivere, assaporare e pregare sui luoghi dove Lui è vissuto, morto e risorto per noi.
Dopo questo momento di preghiera, a bordo del battello si scatena il momento ricreativo. Dagli altoparlanti della barca si diffondono musiche israeliane e don Marco da inizio alle danze. Un bel vedere! Più di metà gruppo partecipa e canta mentre il resto fotografa ride e scherza! Torniamo nuovamente seri durante il trasferimento in pullman verso Cana di Galilea. A Cana, Gesù compì il suo primo miracolo; durante uno sposalizio trasformò l’acqua in vino. Per ricordare questo ora c’è una bella chiesa. Un momento molto commovente è donato alle coppie del gruppo; il rinnovo delle promesse matrimoniali.
La piccola liturgia è molto partecipata da tutto il gruppo e almeno per la nostra coppia questo fatto è stato forte ed emozionante. Sono sincero a molti di noi la lacrima è scesa! Come da consuetudine per questa giornata dopo il dovere c’è il piacere. Mentre una parte di gruppo rivisita con calma i sotterranei della chiesa, dal piazzale antistante alla stessa partono dei cori di canto popolare veneto. La cosa stupisce non poco, il gruppo sceso nella chiesa, risale in fretta per vedere l’accaduto e con sorpresa scopre che i don Marco e Nicola strimpellano la chitarra, il resto del gruppo balla e applaude in un’atmosfera contagiosa con l’approvazione delle due suore a custodia del luogo e dei molti click degli immancabili orientali. Rientro a Nazareth per la cena, la serata sarà libera. Quasi tutto il gruppo aderirà in massa alla processione e al rosario che ogni sabato sera si svolgono nella Basilica dell’Annunciazione.
 
Domenica 29 settembre
Questa giornata sarà lunga per i tanti chilometri che dovremmo affrontare, visto le lontananze tra loro dei vari siti che visiteremo.
S’inizia come i giorni precedenti, sveglia di buon’ora, colazione e partenza questa volta con i bagagli appresso poiché la prossima notte la passeremo in quel di Betlemme. Cielo sereno, giornata calda, si entra nel pieno della realtà locale. La mattinata sarà spesa a Zababdeh, una cittadina palestinese situata a nord del west Bank, a 15 km a sud est di Jenin, in pieno territorio palestinese. In questo luogo c’è una rilevante presenza cristiana con la quale si condividerà la Santa Messa domenicale nelle due lingue arabo e italiano. Siamo curiosi di tutto ciò. Finora abbiamo visto e conosciuto solo la realtà israeliana, oggi vedremo e parleremo con i nostri fratelli di fede in una realtà totalmente diversa. Sul pullman, il gruppo come buona abitudine ringrazia il Signore con le lodi. Il bus avanza sempre più nei territori occupati facendo un check point israeliano (che passiamo per fortuna senza problema) e osservando il paesaggio impoverirsi di strutture sia agricole sia industriali. Non è finita, quando arriviamo alle 9.00 presso la chiesa di Zababdeh, abbiamo modo di conoscere e conversare con il parroco arabo cristiano che in un buon italiano spiega la situazione dei palestinesi nei territori occupati. Volutamente e per tanti motivi, anche se immaginabili e ben conosciuti, non mi addentro nello specifico di quanto detto, noi del gruppo lo abbiamo fatto nostro, voglio solo dire che la medaglia va sempre vista da ambedue i lati, e che la commozione l’ha fatta da padrona.
Dopo l’incontro e il caffè (a dir il vero offerto appena arrivati) tutto il gruppo si porta sul tetto del complesso per ammirare un magnifico panorama, colori caldissimi e una bandiera palestinese sventola nel cielo azzurro. Salutato tutti, ripartiamo verso il sud d’Israele; passeremo lungo la valle del Giordano attraversando il deserto roccioso di Giudea (o di Giuda) fino ad arrivare al fiume Giordano per il rinnovo delle promesse battesimali e infine a Gerico. La strada è lunga ma piacevole, c’è modo di fare una preghiera collettiva e don Nicola spiega con molti particolari tutta la storia biblica che coinvolge persone e luoghi che andremo a vedere. Qui il paesaggio e il clima cambiano in modo sostanziale, quasi sparisce il verde della Galilea per lasciare posto a un terreno roccioso e sabbioso, l’acqua non è più presente in maniera evidente (in Israele l’unico bacino di acqua dolce rimane il lago di Tiberiade). Diciamo ora il paesaggio rientra più nell’idea collettiva che da sempre pensiamo quando parliamo di questa terra.
I pellegrini rinnovano le loro promesse battesimali sulle rive del fiume Giordano. L’arrivo qui avviene attraverso un’ex-strada militare israeliana, campi minati ma recintati scorrono a lato di essa. Di là del fiume c’è la Giordania e soldati giordani controllano le rive del fiume, di qua sono i soldati israeliani a far questo.
Le mosche fastidiose e il caldo opprimente, non rovinano il momento che è di forte impatto emotivo. Francesco fa da chierichetto per il Vescovo che benedice ogni pellegrino del gruppo.
A Gerico, oasi verde del diametro di cinque chilometri nella valle bruciata del Giordano a 400 metri sotto il livello del mare, consumeremo un ottimo pranzo presso un ristorante selfservice molto gettonato da locali e turisti. Prima, lungo la strada donata a Israele dagli Stati Uniti, nei pressi di Gerico vediamo il sicomoro di Zaccheo, o meglio un Sicomoro come quello di Zaccheo poiché ormai sono passati due millenni.
Dopo il pranzo, il Mar Morto ci attende per un momento di rilassamento e svago. È domenica, in Italia il nostro Hellas sta giocando a Verona sotto una leggera pioggia, noi invece ci troviamo in questa depressione con 34°C ma Francesco, don Nicola ed io siamo in fermento. Facciamo delle foto con la sciarpa dell’Hellas Verona sotto una bandiera israeliana. L’Hellas segna…gol uno a zero! Felici corriamo in spiaggia e poi nel mare. Che sensazione strana! L’acqua è salatissima, (cinque volte un mare normale) ricca di sale e di tanti minerali e poi si galleggia non si riesce ad affondare meno male, abbiamo il pranzo ancora in digestione non si sa mai, il fondo è melmoso di un fango color nero, che i locali a pochi euro (cinque) spalmano con grazia e gentilezza sulle gambe delle nostre signore come un massaggio terapeutico.
Dopo il bagno, gli scherzi, le foto e un po’ di rilassamento ripartiamo verso Betlemme, dove passeremo la notte. Salendo verso la città natale di Gesù, il sole comincia a tramontare creando bellissimi effetti di luce sui monti circostanti. Il pullman scorre sulla strada e dopo aver riso e scherzato al mare ora è il momento della preghiera e dell’ascolto di don Nicola. È bello, ci stiamo abituando a tutto ciò e nulla ci pesa, tutto il gruppo ha questa sensazione. Prima di Betlemme dobbiamo passare per Gerusalemme la città Santa. Non ci fermeremo, ma don Marco ci prepara per l’incontro. Appena fuori una galleria, Gerusalemme si presenta nel suo splendore. Anche questa città è distesa su più colline, il sole del tramonto la illumina creando un’atmosfera d’altri tempi, la canzone che tutto il pullman canta “Jerusalem” ne esalta il profilo. Entriamo in città ammirando le solide mura di Solimano del 1500 circa, baciate dal sole. Nove chilometri dopo Gerusalemme, attraversando l’ennesimo check point, c’è Betlemme che in arabo significa città del pane. La città è divisa da un sistema di barriere fisiche costruito da Israele in Cisgiordania dalla primavera del 2002 sotto il nome di chiusura di sicurezza, allo scopo ufficiale d'impedire fisicamente l'intrusione di terroristi nel territorio nazionale. Questa barriera, il cui tracciato di circa 700 km è controverso ed è stato ridisegnato più volte particolarmente a causa delle pressioni internazionali, consiste per tutta la sua lunghezza in una successione di muri, trincee e porte elettroniche.
Il gruppo si ferma a fare compere per regali e souvenir presso una comunità cristiana, fino quasi a ora di cena. L’arrivo all’alloggio Casa Nova per la cena è verso le 19.00 poi serata libera.
 
Lunedì 30 settembre
Betlemme. Il nostro alloggio è veramente in posizione strategica, l’entrata alla casa si ha dal piazzale ante stante la Basilica della Natività costituita dalla combinazione di due chiese e da una cripta chiamata la Grotta della Natività, luogo preciso in cui Gesù è nato. Sulla Grotta fu edificata la basilica a cinque navate nella quale si entra attraverso un umile ingresso più simile a un passaggio, stretto e basso, reso così in antichità per non far accedere in basilica pellegrini a cavallo. Delle tre porte originarie è rimasta solo questa, poiché le altre due sono state murate. Intorno alla Grotta della Natività ci sono altre grotte legate al ricordo di San Girolamo e San Giuseppe. A fianco della basilica sorge la chiesa di Santa Caterina preceduta da un piccolo chiostro. Gli ospiti del nostro albergo possono accedere a essa e alla basilica attraversando il chiostro senza dover uscire dall’albergo. Bravo Francesco per l’ottima posizione di quest’albergo! Barbara, Sonia, Alessandra ed io dopo colazione troviamo del tempo e ci infiliamo nella basilica per delle foto. Scenderemo più tardi con tutto il gruppo per la visita alla grotta. Iniziamo il tour della città ascoltando le spiegazioni di don Nicola su l’esterno della basilica e sul perché la porta d’accesso sia minuscola, poi ci spostiamo e raggiungiamo la Grotta del Latte, luogo raggiungibile percorrendo una stradina che prosegue lungo il lato sud della basilica e partente dalla piazza centrale di Betlemme. La tradizione narra che San Giuseppe, avvertito da un angelo del pericolo che incombeva sul Bambino e della necessità di trasferirsi in Egitto, si mise subito a fare i preparativi per il viaggio e sollecitò la vergine che stava allattando. Alcune gocce, nella fretta, caddero a terra e la roccia da rosa divenne bianca. La roccia assunse proprietà curative, in particolare aveva il potere di far venire il latte alle madri che ne fossero prive. A poco a poco causa l’asportazione della roccia, la grotta perse il suo aspetto primitivo e i due vani laterali furono ingranditi. All’interno della grotta troviamo l’unico quadro della Madonna a seno nudo.
Ora il programma prevede la celebrazione della Santa Messa e la visita della Grotta della Natività, quest’ultima una delle mete principali e irrinunciabili per i pellegrini che giungono in Terra Santa, insieme alla Basilica dell'Annunciazione di Nazareth e alla chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il gruppo freme, è una cosa che tutti desideriamo vedere, l’esatto luogo dove Gesù è nato. Arriviamo in basilica ed entriamo nel sistema di grotte che si trova sotto la basilica lato nord. Vi si accede con un sistema di scale molto stretto. Il posto è molto piccolo, noi celebreremo nella Grotta di San Girolamo. Qui Stefania, la nostra ballerina e coreografa di danza sacra, vestita come Maria e sulle note di “Astro del ciel”, danza e consegna un bel Gesù Bambino di gesso e in formato originale nelle braccia del nostro Vescovo. L’emozione è tanta, le lacrime scendono copiose sulle guance il groppo ci stringe la gola, essere a pochi passi dal luogo dove il nostro Signore è nato e rivivere quei momenti con questa interpretazione non è poca cosa. Dopo la celebrazione risaliamo in basilica e ci mettiamo in fila ordinatamente in attesa di scendere alla grotta. Dopo circa quaranta minuti riusciamo a entrare anche se solo per pochi secondi, visto la stretta sorveglianza del monaco ortodosso. Le pareti naturali della grotta, abbellite in epoca costantiniana, furono ricoperte di marmo. La proprietà esclusiva di questa parte della grotta, così come del resto della basilica (a parte uno spazio riservato alla Chiesa apostolica armena) è della Chiesa greco-ortodossa. Il luogo in cui era situata la mangiatoia, dove Maria depose Gesù subito dopo la nascita, è di proprietà esclusiva dei Padri Francescani della Custodia di Terra Santa.
Il punto della nascita è simbolicamente segnato da una stella d'argento in cui è incisa, in latino, la frase “Qui dalla Vergine Maria è nato Cristo Gesù.” Solo più tardi e con calma, avremo modo e tempo per riflettere su questa visita alla grotta. Prima di uscire tutto il gruppo si sposta su di un lato per ammirare un portale di bronzo, dono della diocesi di Verona con l’allora vescovo padre Flavio per il giubileo dell’anno 2000. Le foto con Sua Eccellenza presente qui sono di rito. Terminata la visita della basilica, con il pullman raggiungiamo attraverso una ripida e stretta strada il campo dei pastori. Il Santuario, progettato dal Barluzzi, sorge su una grande roccia sovrastante le rovine. Esso ha la forma di dodecagono con cinque absidi a piano inclinato a richiamare la struttura di una tenda da campo, come quella dei pastori del tempo. La luce, che penetra dalla cupola, illumina l'interno richiamando alla mente la luce divina che apparve ai pastori. Nel periodo romano-erodiano, in quella zona si trovano delle grotte usate come abitazioni. Si trattava con molta probabilità di un piccolo villaggio agricolo. Sono state ritrovate, anche qui, resti di frantoi antichissimi e altre tracce di vita della stessa epoca. I francescani le hanno ripulite e trasformate in cappelle molto caratteristiche. Don Nicola legge un passo del vangelo riguardo questo fatto, poi il gruppo è lasciato libero di gironzolare e curiosare in questo sito per le foto ricordo.
Dopo questa mattinata molto intensa e di preghiera, il pranzo sarà consumato in un vicino e caratteristico ristorante arabo, adornato con bellissimi tappeti e divani. Ottima la cucina e il momento di svago con una bella fumata collettiva di Narghilè che coinvolge parecchi elementi maschi del gruppo.
Il primo pomeriggio sarà nuovamente un momento forte e commovente, lo passeremo sempre a Betlemme presso L'Istituto “Effetà Paolo VI” una scuola specializzata per l’educazione audio-fonetica dei bambini audiolesi residenti nei territori palestinesi. Le Suore Dorotee, Figlie dei Sacri Cuori di Vicenza che gestiscono la struttura, attraverso un filmato e la loro esperienza, spiegano cosa significa essere persone audiolese nei territori occupati. Ancora una volta e per scelta, non voglio addentrarmi nei particolari ed esprimere giudizi in merito, ma la testimonianza è stata molto forte, molti di noi eravamo commossi e una colletta spontanea è sembrata il minimo che potevamo fare così su due piedi. Ormai è tardo pomeriggio, nuovamente attraverso un altro check point, il gruppo di pellegrini ritorna in terra israeliana ritrovando Gerusalemme che a quest’ora appare ancora più bella illuminata dai caldi e bassi raggi del sole.
Cena e pernotto presso l’Hotel Knights Palace che ci ospiterà per tre notti, bellissima struttura dentro le mura di Gerusalemme poco distante dalla Porta di Giaffa e vicinissimo al Santo Sepolcro. Dobbiamo ringraziare l’ottima organizzazione di Francesco per la scelta degli alloggi, sempre dignitosi, centrali e comodi alle zone da visitare.
Oltre metà gruppo dopo cena aderisce all’iniziativa, fuori programma, per la visita di Gerusalemme in notturna, la cosiddetta “Jerusalem by night”. Shadi, il nostro autista, puntualissimo alle 20.00 ci attende al parcheggio appena fuori le mura. Don Nicola sarà la nostra guida. Visiteremo la Knesset (parlamento israeliano), la Menorah, candelabro ebraico a sette braccia un tempo funzionante come lampada all’interno del tempio, il ponte Calatrava costruzione moderna e futuristica. Poi una bella vista della città dall’alto del cimitero ebraico sul Monte degli Ulivi e il muro occidentale (del pianto) che impressiona non poco per la moltitudine di fedeli che a ogni ora del giorno e della notte, vengono a pregare qui, con il loro modo buffo di fare che spiegherò in seguito. Durante il tragitto in pullman, don Nicola illustra in maniera molto dettagliata tanti aneddoti di questa città, tante storie antiche e di oggi, come gli ebrei, musulmani e cristiani vivano insieme ognuno mantenendo spazi e tradizioni proprie. Passeggiando lungo le vie, possiamo toccare con mano ciò che don Nicola ha spiegato. Impressionante per tutti è stata la spiegazione e la vista del quartiere ebreo ortodosso. L'Ebraismo Ortodosso segue le leggi della Torah scritta e di quella orale ricevute, secondo la tradizione ebraica, da Mosè direttamente da Dio sul Monte Sinai nell'anno 2448 del calendario ebraico. Anche in questo caso non voglio dare opinioni personali o giudizi, ma chiunque nel passato o nel futuro potrà vedere o toccare con mano ciò che ho scritto potrà trarre le proprie conclusioni.
 
Martedì 1 ottobre
Gerusalemme. La giornata sarà impegnativa ma si presenta con cielo terso e una leggera brezza. S’inizia con la visita di alcuni siti importanti locati sul Monte degli Ulivi. Solo a sera e nel silenzio dei nostri pensieri ripenseremo a quello visto e capiremmo l’importanza per un cristiano di calpestare luoghi santi così cari per la nostra fede. Il primo sito che vedremo sarà la Cappella dell’Ascensione, luogo di tradizione, infatti, il posto reale dell'ascensione è ignoto (nel vangelo troviamo Monte degli Ulivi, verso Betania). In epoca bizantina esisteva in questa zona una chiesa detta "Imbobom", cioè "sulla vetta” la chiesa, incendiata dai persiani, fu restaurata in seguito. Il recinto, entro cui è racchiusa l'edicola dell’ascensione, sorge sui resti della costruzione crociata ed ha la forma di un ottagono. Anche l'edicola è di origine crociata e fu trasformata in moschea dopo la vittoria di Saladino nel 1187. All'interno, venerata da tradizione cristiana e musulmana, una pietra sulla quale si vuol vedere l'impronta del piede sinistro di Gesù. Restando sul monte, troviamo il complesso del Pater Noster, con annesso la chiesa e la grotta, dove Gesù insegnò ai suoi discepoli come rivolgersi a Dio Padre. Tutto intorno, al muro di cinta, centinaia di preghiere che recitano il Padre Nostro in tutte le lingue del mondo e anche in qualche dialetto come il sardo. Don Nicola, legge per noi la preghiera in ebreo su una targa che ne riporta anche la dicitura in aramaico, l’antica lingua parlata dal popolo israelita ai tempi di Gesù. Scendendo su una ripida strada verso i piedi del monte, circa alla metà e sulla sinistra, si trova il cimitero ebraico di Gerusalemme. Gli ebrei hanno voluto sin dall'antichità essere sepolti sul Monte degli Ulivi rivolti verso la città Santa, in cui secondo la Bibbia la resurrezione dei morti inizierà quando il Messia arriverà. Adesso, il cimitero è diventato la copertura dell'intero pendio occidentale e gran parte di quello sud. Sul lato destro del cimitero si trova la Dominus Flevit, a ricordo del pianto e il lamento di Gesù sulla città Santa commemorati in questo santuario dall’epoca medievale. Ottima vista sulla città. Foto di gruppo e visita esterna del santuario poiché dentro si sta svolgendo una celebrazione. Tutto intorno al luogo un ampio settore della necropoli di Gerusalemme, una tomba in cui fu trovato un ossario con monogramma costantiniano e un'altra tomba in cui furono trovati sedici sicli d’argento (coniati durante la prima Rivolta nel 68-70 d. C.). Dopo tutte queste spiegazioni di don Nicola e un’acqua ghiacciata, comprata da un ambulante sul luogo, il gruppo scende ai piedi del monte per raggiungere l’orto del Getsemani. Gesù si ritirava in questi poderi coltivati per trascorrere la notte e pregare. Quella sera di giovedì, dopo l’ultima cena e prima dell’arresto, vi si ritirò con i discepoli e fu in questo luogo che Gesù provò la più profonda angoscia, decidendo di affidarsi, in totale abbandono, alla volontà del Padre. Oggi, il posto si presenta a noi molto affollato, c’è gente ovunque. Il giardino è molto ben curato con ulivi secolari che chiaramente non sono quelli dell’epoca di Gesù ma resta comunque uno degli ambienti naturali tra i più fedeli alla Gerusalemme di duemila anni fa. Dopo il giardino, la bellissima Basilica dell’Agonia o chiesa di tutte le Nazioni che purtroppo non fa vedere la sua bella facciata perché in restauro. Il caldo si fa sentire, ci troviamo proprio ai piedi del Monte degli Ulivi, fronte a noi c’è il Monte Sion sul quale si stende una parte di Gerusalemme. In mezzo scorre la Valle del Cedron che in ebraico significa "oscuro", poiché originariamente questa valle era più profonda. Moltissime tombe e sepolcri antichi, tra i quali la tomba di Assalonne e di Zaccaria, si trovano in questa valle e la tradizione individua anche il luogo in cui avvenne la lapidazione di Santo Stefano.
Tornando alla basilica, sempre del solito architetto Barluzzi, si può dire che il suo fulcro è costituito dalla “nuda roccia”, lasciata esposta alla venerazione, una pratica comune a molti luoghi Santi e testimoniata fin dall’antichità. Infatti, sicuramente fin dal XIV secolo, i pellegrini al Getsemani avevano l’usanza di prostrarsi davanti alle “Rocce degli apostoli”, dove si sarebbero addormentati Pietro, Giacomo e Giovanni durante l’agonia di Gesù e che ancora oggi si trovano all’esterno della basilica, nella zona retrostante. Questo tipo di venerazione doveva già esistere, se, come sembra, in entrambe le chiese, bizantina e crociata, la nuda roccia fu lasciata in vista all’interno dell’edificio, perché i fedeli potessero toccare quella stessa pietra testimone del sudore di sangue e delle sofferenze di Gesù. Ancora oggi i pellegrini possono inginocchiarsi davanti alla roccia, presso il presbiterio, racchiusa in una corona di rovi intrecciati in ferro battuto e argento, alta circa 30 cm.  Personalmente ho trovato questo momento molto intenso ed emozionante malgrado fosse difficile trovare la concentrazione per l’innumerevole caos all’interno della basilica. Sul sagrato della chiesa, all’ombra di un albero don Nicola legge una preghiera e un passo del vangelo.
Dopo la visita di questo sito, altri due luoghi d’interesse poco distante, sempre ai piedi del Monte degli Ulivi sono la chiesa dell'Assunzione di Maria e la grotta del Getsemani.
La chiesa dell'Assunzione di Maria (più conosciuta come la tomba di Maria o Tomba della Vergine) è di proprietà comune dei cristiani greco-ortodossi e degli armeni. Nessun passo biblico parla della morte di Maria: è solo il Transito della Vergine, ma la tradizione è giunta fino a noi nel corso dei secoli. La chiesa sotterranea è impreziosita da quadri, lampade e icone secondo il tipico stile cristiano-orientale. La tomba della vergine Maria consiste in un blocco di pietra, con due aperture che servono da passaggio per i pellegrini. La roccia su cui la tradizione dice che fu deposto il corpo di Maria è corrosa dal tempo e dalla devozione dei fedeli, che in passato asportavano pezzetti di pietra come reliquie.
La grotta, detta comunemente del Getsemani, che in aramaico indicava il luogo del frantoio, invece si trova alla destra della Tomba della Vergine. La tradizione, sin dal IV secolo, colloca qui il tradimento di Giuda. Dopo l’agonia avvenuta nell’orto degli Ulivi, Gesù andò incontro agli apostoli che sostavano nella grotta, e qui lo raggiunse Giuda accompagnato dalle guardie.
Ora dovremo raggiungere la meta del nostro pranzo che sarà dalle Suore Comboniane di Betania. Prima  celebreremo la Santa Messa nella chiesetta del complesso religioso. Stefania, per rievocare il fatto storico delle sorelle di Lazzaro dove Marta lavò i piedi a Gesù e li asciugò con i capelli, danza e ripete quei gesti sui piedi del nostro Vescovo padre Flavio. Anche questo momento ha dato un bel tocco al nostro pellegrinaggio.
Dopo un pranzo a base di pollo e patatine, il gruppo è raggiunto dalla Madre Superiora che dà spiegazioni sul luogo e sul tipo di vita che la comunità religiosa e locale deve soffrire a causa del muro israeliano che taglia e divide il villaggio di Betania. Dal tetto della scuola materna, si ha modo quasi di toccare con mano il filo spinato, il cemento grigio e freddo del muro israeliano. Una mano pietosa ha colorato con disegni vivaci l’interno del muro che guarda la scuola d’infanzia cosi da rendere meno triste una dura realtà. Da quando l’esercito ha costruito questa barriera, molti bambini residenti a Betania, devono compiere venti chilometri per giungere a scuola. Nei primi mesi di vita del muro una porta era stata aperta nella barriera per dare l’accesso ai bambini dell’asilo, ma dopo poche settimane la dura legge israeliana l’ha nuovamente murata.
Un po’ tristi da ciò che abbiamo visto e conosciuto, torniamo nel giardino delle suore, una nuova foto di gruppo e ripartenza per Gerusalemme dove visiteremo i luoghi posti sul Monte Sion. Questa collina, perché di queste stiamo parlando qui in Terra Santa, come già detto, si trova di fronte a quella degli Ulivi. La prima visita sarà presso la chiesa cattolica di San Pietro in Gallicantu sul versante orientale del monte. Il nome deriva dall'episodio evangelico del pianto di Pietro subito dopo aver sentito il gallo cantare e aver negato per tre volte di conoscere Gesù, come Gesù stesso gli aveva annunciato durante l'ultima cena. Nella cripta della chiesa si può visitare un complesso di grotte che facevano parte di abitazioni del I secolo.
Il sito nei secoli è stato venerato da cristiani come la casa del sommo sacerdote Caifa, in cui Gesù fu portato dopo il suo arresto e dove Pietro lo rinnegò. È probabile però che la casa del sacerdote si trovasse in un'altra posizione sulla sommità della collina. Infatti, resti di lussuose abitazioni sono stati trovati dietro la Chiesa della Dormizione di Maria, nel luogo in cui è segnalata un'altra casa di Caifa. A pochi metri dalla chiesa ci sono i resti molto ben conservati di una scalinata risalente al periodo romano quindi nell'epoca di Cristo; è bello pertanto pensare che su di essa sia passato Gesù in compagnia degli apostoli, la sera del giovedì santo, dopo l'ultima cena avvenuta in un’abitazione del Monte Sion (Cenacolo), quando scese verso l'orto del Getsemani. La prossima meta sarà il Cenacolo. Con il bus, ci avviciniamo alle mura della città Santa e dopo le spiegazioni storiche di don Nicola sulla porta di Sion, la attraversiamo e a piedi raggiungiamo il Cenacolo, edificio a due piani. In basso a est, una sala chiamata "tomba di David" e in alto a ovest una grande sala chiamata, il "Cenacolo". All'interno dello stesso è esposto un candelabro a tre braccia che rappresenta le tre religioni monoteistiche.
Cenacolo indicava il luogo, dove si cenava e più generalmente designava il piano superiore della casa raggiungibile tramite scale e con tale termine s’indica generalmente il luogo dove Gesù consumò con gli apostoli l'ultima cena della sua vita terrena. Il gruppo entra nello stanzone e quasi come fosse un miracolo, un silenzio irreale pervade l’ambiente. Per oltre dieci minuti, nessun altro turista entra nel luogo, così tutti noi pellegrini possiamo restare in meditazione per alcuni minuti. È veramente bello! Il momento magico è interrotto bruscamente dall’arrivo di altri turisti cosi non resta altro che uscire e visitare la sinagoga che sta appena sotto il Cenacolo.
Nella sinagoga la legge ebraica impone uomini da una parte e donne dall’altra! Per noi occidentali, è buffo vedere questi uomini pregare, perché lo fanno usando tutto il corpo; si dondolando e piegano su se stessi a un ritmo forsennato, recitando a voce alta i versetti o i salmi della Torah, la Bibbia ebraica. Noi, con il buffo copricapo ebraico in testa, assistiamo in mezzo a loro in rigoroso silenzio a tutto ciò. Usciti dalla struttura, vi è una grande basilica dei Benedettini tedeschi a ricordo forse di un’abitazione di Maria a Gerusalemme e della sua “dormizione”. Solo in epoca crociata però fu eretta la grande basilica che racchiudeva in un unico edificio il luogo tradizionale del transito di Maria e il Cenacolo, situato nei pressi dell'attuale basilica. L'imponente edificio crociato non resistette alla fine del regno latino di Gerusalemme e al ritorno dei musulmani cadde in rovina e la preoccupazione maggiore continuò a essere rivolta più al Cenacolo che al luogo mariano. Nella cripta circolare della chiesa è conservata una scultura di legno e avorio raffigurante la Vergine Maria dormiente. A dire il vero abbastanza inquietante, ma il gruppo dei pellegrini ne accerchia la statua e in rigoroso silenzio offre le proprie preghiere alla Madonna.
Il primo scritto che parla della morte e dell'assunzione di Maria in cielo, è un testo apocrifo del II secolo, il Transito di Maria, che ambienta l'avvenimento sul Monte Sion; l’anima di Maria, dopo la morte, sarebbe stata portata direttamente in cielo da Gesù, mentre il suo corpo veniva sepolto; ma dopo qualche tempo, su insistenza degli apostoli, Gesù ritornò, fece aprire dagli angeli la tomba di sua madre, che ne uscì viva, e fu assunta in cielo. Questo è il racconto tradizionale. Come si può notare la Madonna è venerata sia dai cristiani cattolici, greco-ortodossi e armeni e sia dagli islamici) ed è per questo motivo che ognuno ha creato nel corso dei secoli tradizioni e venerazioni diverse; qui a Gerusalemme sono due i luoghi, dove tutto questo sarebbe successo come scritto sopra la chiesa dell'Assunzione di Maria e questa appena descritta.
È tardo pomeriggio, tutto il gruppo ritorna in città per la cena e il pernotto. Parcheggiato il pullman al solito parcheggio, vediamo e fotografiamo un gruppo di soldati israeliani in abiti da corsa che fanno esercizio fisico con il mitra a spalle…Anche questa è Terra Santa! Tornando all’Hotel, alcuni pellegrini obiettano che nella mattinata non sono state recitate le preghiere del mattino e abituati a farlo la cosa quasi infastidisce, quindi recuperiamo recitando su base volontaria il rosario poco prima della cena nel cortile dell’hotel, e anche qui la risposta dei pellegrini è massiccia…alla faccia del volontario!
Dopo la cena, una parte del gruppo esce a piedi per una passeggiata e una serata diversa presso un locale in uno sfarzoso centro commerciale, a guidarci il tour leader Francesco ormai un veterano di Terra Santa.
 
Mercoledì 2 ottobre
Anche oggi il clima è favorevole, sole e caldo. Tutte le visite saranno all’interno della città vecchia di Gerusalemme e quindi ci si muoverà a piedi. Sarà una giornata campale, molto impegnativa su tutti i fronti, ma la pausa pranzo potrà essere fatta all’hotel quindi concedendo a chi lo volesse qualche mezz’ora di riposo in più; scelta che come vedremo ognuno userà a proprio piacimento.
S’inizia presto con la prima tappa presso la Spianata delle Moschee di Gerusalemme. A causa della sua importanza per l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, è uno dei luoghi religiosi più contesi al mondo.
Il Monte prende il nome dal Tempio di JHWH, che vi fu costruito, secondo quanto riferisce la Bibbia, dal re Salomone nel X secolo a.C.; distrutto e ricostruito nel VI secolo a.C., ampliato dal 20 a.C. da Erode il Grande e dai suoi successori, fu infine distrutto dai Romani nell'anno 70, realizzando una vastissima spianata oggi nota come “Spianata del Tempio o delle Moschee”. Il perché dell’importanza per le tre religioni monoteistiche di questo sito è di seguito spiegato. Il Monte del Tempio è sacro agli ebrei perché sede del Tempio di JHWH. Di esso, dopo la distruzione, rimangono oggi soltanto alcuni tratti del Muro occidentale di contenimento, detto anche Muro del Pianto. Gli ebrei usano perciò recarsi in preghiera alla base di tale muro (quindi all'esterno della spianata) suddivisi in due cortili uno per gli uomini e l’altro per le donne.
Per i musulmani, invece, il Monte del Tempio è sacro perché, secondo la tradizione, il profeta Maometto fu assunto in cielo dalla roccia situata in cima al monte, oggi all'interno della Cupola della Roccia (che da essa appunto prende il nome). Per i cristiani, che ricordano le numerose visite di Gesù al Tempio; qui si svolsero le sue dispute con i sacerdoti e altri episodi della sua vita pubblica. Il principale santuario cristiano di Gerusalemme è però la Basilica del Santo Sepolcro, considerata il luogo della sua sepoltura e risurrezione che vedremo in seguito. Una volta giunti alla spianata, dopo i numerosi e attenti controlli da parte dell’esercito e funzionari israeliani, il gruppo accede al luogo santo islamico. Una piccola controversia per l’abbigliamento non consono di alcuni elementi maschi del gruppo, sempre secondo le ferree leggi islamiche, cosi gli uomini dovranno coprire le loro nude gambe fino alle caviglie con foulard o sciarpe gentilmente concesse dalle donne della comitiva o spendere cinque euro per l’acquisto al negozio locale.
Dopo le spiegazioni storico-bibliche di don Nicola e le foto di rito, si uscirà sul lato nord-est della spianata arrivando cosi nel quartiere cristiano di Bethesda presso la porta di Santo Stefano. Questo quartiere raccoglie due siti importanti la chiesa crociata di Sant’Anna e la Piscina Probatica.
La storia della nascita di Maria non è raccontata nei Vangeli, ma dal protovangelo di san Giacomo (II sec), noi conosciamo quanto i suoi genitori, Anna e Gioacchino, avessero atteso e pregato per ottenere un figlio da Dio, al punto che Gioacchino si ritirò nel deserto per quaranta giorni per questa grazia. Nel luogo dove la tradizione colloca la casa dei genitori di Maria e dunque la nascita stessa (all’epoca chiaramente si partoriva in casa) sorse già in epoca bizantina una chiesa, sul cui perimetro fu eretta nei primi anni del XII secolo un'imponente basilica secondo lo stile crociato. Oggi, questa chiesa è famosa anche per la sua acustica, infatti, molti gruppi di pellegrini intonano canti al suo interno. Don Marco, una volta arrivato il nostro turno, sapientemente dirige il nostro coro improvvisato sulle note di Signore delle Cime. Per poco non scappa l’applauso! Subito dopo ci spostiamo sul retro per vedere ciò che rimane della piscina Probatica, luogo di convogliamento delle acque per il tempio. Qui Gesù guarì il paralitico infermo da trent’otto anni. Passeggiata nel centro della città antica attraversando il grande suk locale e toccando qualche stazione della Via Dolorosa che rifaremo nel pomeriggio con la Via Crucis, per tornare con l’intero gruppo a vistare il Muro del Pianto. Non rientro nei particolari già esposti in precedenza, ma ne aggiungo di nuovi. Una volta giunti sotto il muro e pregato l’unico Dio, noi uomini del gruppo ci spostiamo sulla sinistra dentro a degli archivolti, dove sono racchiusi un’infinità di libri e salmi che gli ebrei consultano e consumano nelle loro preghiere quotidiane. Precisiamo che questa parte di popolazione ebrea ortodossa sono chiamati anche "ebrei osservanti". Consacrando la propria vita al servizio di Dio, creano delle mini comunità (supportate anche dal governo israeliano) a volte di difficile convivenza con quella locale per le dure leggi che le regolano. Ci vorrebbe un libro a parte per spiegarne e capire i motivi di tutto ciò, don Nicola l’ha sintetizzato per noi in modo molto chiaro ed efficiente. Ne prendiamo atto, rispettiamo e proseguiamo oltre. Ritorniamo attraverso il suk nel centro della città per la prossima meta che tutto il gruppo impazientemente attende da giorni il Santo Sepolcro. Attraverso le strette vie del suk, affollate di venditori, souvenir sacri e pellegrini incuriositi, quasi inaspettatamente ci si trova davanti all’ingresso della Basilica del Santo Sepolcro.
Davanti ad una piazzetta lastricata chiusa tra edifici, si apre la facciata della chiesa crociata, con le sue entrate, di cui solo quella di sinistra resta aperta. Una volta terminata la facciata, i crociati vi aggiunsero nell’angolo sinistro della piazza il campanile. Sulla destra, una scalinata aperta conduce a un portico coperto da cupoletta, l’originale accesso esterno al Calvario, poi trasformato nella piccola Cappella dei Franchi, di proprietà Latina, dedicata alla Madonna Addolorata. Entrando nella basilica si snodano sulla destra le memorie legate alla passione, morte e unzione di Gesù. Fa effetto essere qui, e l’immaginario collettivo resta un po’ deluso dal fatto di venire a sapere e vedere che questi tre luoghi sono in realtà cosi vicini tra loro, ma ben protetti dalla costruzione di questa enorme basilica. L’interno è un frastuono, peccato! Moltissima gente che, anche se non schiamazza ma bisbiglia, crea un mercato all’aperto. Impossibile sperare di più essendo nelle ore centrali della mattinata, ma il nostro gruppo non si abbatte e inizia la visita sotto la grande maestria di don Nicola dalla cappella di Adamo il progenitore dell’umanità. Per alcuni ripidi scalini, a destra dell’ingresso, si sale al “Monte del Gòlgota”. La roccia su cui fu issata la croce e che doveva trovarsi all’aperto al tempo della pellegrina Egeria, si eleva ancora oggi di circa cinque metri ed è visibile in più punti dietro alle vetrate. Il piano sopraelevato realizzato dai crociati è suddiviso in due navate: a destra la cappella della Crocifissione, proprietà dei Latini, a sinistra la Cappella del Calvario, che appartiene ai Greci Ortodossi, è il luogo dove i fedeli possono inginocchiarsi sotto l’altare per toccare, attraverso un disco d’argento, il punto in cui fu issata la croce del martirio di Gesù.
La Pietra dell'Unzione, posta davanti all’entrata della basilica, ricorda il rito dell’unzione sul corpo senza vita di Gesù è particolarmente venerata specialmente dai pellegrini ortodossi. Il Sepolcro è il cuore non solo dell’intera basilica ma di tutta la cristianità. Sulla sinistra, si giunge alla Rotonda Costantiniana (Anastasis), al centro l’Edicola del Santo Sepolcro sovrastata da una cupola. La tomba di Gesù, fatta isolare dagli architetti di Costantino, attraverso i secoli è stata soggetta a distruzioni, rifacimenti, abbellimenti e restauri. Oggi è racchiusa nell’Edicola realizzata dai Greci ortodossi dopo l’incendio del 1808, e sostituisce quella realizzata dai francescani del XVI sec. L’Edicola si compone di un vestibolo e dalla Cappella dell’Angelo che conduce alla stretta camera funeraria dove sulla destra si trova il banco di marmo che copre la roccia su cui fu deposto il corpo di Gesù.
Purtroppo la fila e l’attesa sono molto lunghe, regolate sempre dalla severa guida del monaco greco-ortodosso che ne dirige il traffico e la pausa all’interno della tomba di Gesù. Finalmente al nostro turno possiamo solo per pochi attimi toccare e segnarci con il segno della croce quel luogo cosi santo e venerabile. La verità? Personalmente e anche ascoltando parte della nostra comitiva, siamo molto delusi per il poco tempo concessoci all’interno del sepolcro, noi che speravamo quasi di pregarci dentro! I nostri accompagnatori ci fanno coraggio e danno alcuni suggerimenti per visitare il luogo in orari diversi sperando di trovare così meno calca e una sorveglianza meno ristretta. Le Sante messe presiedute dai Latini nell’Edicola del Santo Sepolcro, iniziano alle ora 4.30 del mattino, ogni mezz’ora fino alle ore 7.45. Simultaneamente, altre Sante Messe si ripetono al Calvario, nella navata di destra, dalle ore 5.00 alle 8.30.
Sarà così, in seguito parte del gruppo, per altre due volte, avrà modo di vedere e toccare la cara reliquia. Proseguiamo con ordine. Entrando nell’Edicola si sosta nel vestibolo, chiamata Cappella dell’Angelo a memoria del giovane in veste bianca seduto nella tomba la mattina dopo il sabato e dal quale le donne, giunte al sepolcro, ascoltarono l’annuncio della Risurrezione. La piccola camera è un quadrato di circa 3,50 metri. Una bassa porta di marmo bianco decorato con un bassorilievo della risurrezione, consunta dal tocco dei pellegrini, conduce al piccolo e semplice vano che ha sulla destra la lastra di marmo che copre il banco di roccia originario su cui fu deposto il corpo di Gesù. La camera è ricoperta con lastre di marmo bianco e paraste di marmo rosso. Dal soffitto aperto sulla cupoletta, sono sospese molte lampade votive appartenenti alle diverse Comunità che custodiscono il Sepolcro. Dal deambulatorio una scala scende alla cappella dedicata a Sant’Elena. Le pareti della scala sono ricoperte dalle crocette, incise, nel corso dei secoli passati, dai pellegrini a testimonianza della devozione di questo popolo per la Croce. Nel 327 l’imperatrice Elena, madre di Costantino, venne pellegrina a Gerusalemme e volle cercarvi la Santa Croce. Il resoconto narra del ritrovamento di tre croci in un’antica cisterna, insieme ai chiodi (dei quali uno è incastonato nella Corona ferrea a Monza, un secondo è nel Duomo di Milano e un terzo a Roma) e del titulus, il cartiglio voluto da Pilato, che riportava la condanna in tre lingue (un frammento del quale si trova a Roma, nella chiesa di santa Croce). Un miracolo permise di identificare la croce di Cristo. Anche questo luogo è molto venerato e pieno di pellegrini.
Dopo l’intensa visita il pranzo ci attende all’hotel. Ultima foto di gruppo sulla scalinata esterna al lato della basilica al modico prezzo di cinque euro! Alle 15.00 inizieremo la Via Crucis. Il pranzo sarà consumato in velocità da parte di Barbara, Sonia, Alessandra ed io perché in pochi minuti siamo nuovamente in fila al Santo Sepolcro (che fortuna essere a soli cinque minuti scarsi a piedi dall’hotel al sepolcro!). L’attesa sarà di circa quarantacinque minuti ma ne varrà la pena. Finalmente e per qualche secondo in più possiamo restare e pregare sulla tomba di Gesù. Giustizia è fatta! Non potevamo andarcene dalla Terra Santa senza rivedere il fulcro della nostra Fede. La Via Crucis del pomeriggio sarà ben sostenuta dal nostro gruppo con canti e preghiere e si snoderà sulla Via Dolorosa, una strada di Gerusalemme che secondo la tradizione corrisponde al percorso lungo il quale Gesù, portando la croce, fu condotto al luogo della sua crocifissione.
Essa parte dalla Chiesa della Flagellazione, vicino al lato settentrionale della Spianata delle Moschee sul luogo in cui sorgeva la Torre Antonia, dove Gesù fu giudicato e condannato a morte da Ponzio Pilato. Con un percorso, per la gran parte in salita, di poco meno di un chilometro in direzione ovest si raggiunge la Chiesa del Santo Sepolcro. La Via Dolorosa oggi è all'interno delle mura della città vecchia ma al tempo di Gesù, la cinta muraria seguiva un percorso più meridionale, ed essa terminava al di fuori della città (le esecuzioni capitali si svolgevano all'esterno dei luoghi abitati). Lungo il percorso si trovano numerose cappelle che corrispondono alle tradizionali stazioni della Via Crucis. Al termine della nostra Via Crucis, il gruppo torna in basilica per celebrare la Santa Messa nella cappella laterale all’Edicola del sepolcro; nell’attesa avrà ancora del tempo a disposizione per una nuova visita al sepolcro. Detto fatto e tutti di nuovo in fila! Meno male, il premio di questo tardo pomeriggio sarà ancora più gratificante. Celebreremo la Santa Messa nella cappella dei Francescani a solo venti metri dalla tomba di Gesù. La cena e la serata la passeremo in hotel, rifacendo le valige, le prove di una danza popolare israeliana e la benedizione da parte del nostro Vescovo Flavio a tutti gli oggetti religiosi che porteremo a casa per amici e parenti.
 
Giovedì 3 ottobre
È l’ultimo giorno di permanenza nella terra di Gesù, anche oggi è splendido. Dopo colazione, i nostri bagagli saranno caricati sul pullman e con lo stesso ci dirigeremo a Ein Kerem (Sorgente della Vigna) un quartiere di Gerusalemme situato a circa a 8 km dalla città vecchia. Cosa c’è in questo villaggio? È il luogo dove vivevano Santa Elisabetta e suo marito San Zaccaria, dove Elisabetta incontrò Maria sua parente e in cui nacque San Giovanni Battista. In questo luogo celebreremo l’ultima Messa del nostro pellegrinaggio. Come dicevo, il gruppo lascia Gerusalemme con tutto quel che abbiamo visto e conosciuto con il cuore pieno di gioia ma anche con un pizzico di nostalgia. Le lodi del mattino, che sono recitate sul pullman, tengono alto lo spirito del gruppo. Arrivati a destinazione, si sale con una strada molto irta sulla collina dalla parte opposta del villaggio per raggiungere la francescana Chiesa della Visitazione costruita, anch'essa sui resti di chiese più antiche, nel 1955 dal solito architetto italiano Antonio Barluzzi. Sulla facciata della chiesa, un bel mosaico riproduce Maria su un asino, scortata da angeli, sulla strada da Nazareth alla campagna ondulata della Giudea, nella quale si trova Ein Karem. All'interno si trova la pietra del nascondimento, dietro la quale Giovanni Battista fu nascosto per sfuggire alla strage degli innocenti (questa tradizione è certamente apocrifa: Ein Karem non si trova nei dintorni di Betlemme e quindi non fu interessata dalla strage). Sul piazzale, oltre a una bellissima vista sulle colline circostanti coltivate a terrazzamenti d’ulivo, fanno bella mostra di sé una targa con il “Magnificat” (in trenta lingue diverse) e una statua a ricordo dell’incontro delle due cugine. Celebreremo la Santa Messa all’esterno all’ombra di un pergolato, sotto lo sguardo severo ma santo di un’enorme statua di Zaccaria. All’interno della chiesa dopo la visita della stessa, Stefania ci allieterà con un’altra danza sacra inerente all’avvenimento in questione e subito dopo una piccola parte di pellegrini danza la ballata popolare israeliana provata nelle tre sere passate a Gerusalemme.
Dall’altra parte del villaggio si trova invece il Santuario di San Giovanni Battista, eretto su due piani sul luogo esatto di nascita del profeta. All’esterno, troviamo una serie di targhe multilingue che riportano la preghiera di Zaccaria il “Benedictus”. Terminate queste due visite, è ora di tornare a casa in Italia.
Il pullman corre veloce sulle strade israeliane destinazione Tel Aviv, e precisamente l’aeroporto Ben Gurion. Durante quest’ultimo trasferimento sul pullman scende un silenzio strano, a parlare è solo don Nicola che spiega il brano evangelico di Emmaus, precisando che non si sa la località precisa essendoci tre villaggi con lo stesso nome in Israele e fornendoci indicazioni tecniche per passare i severi controlli doganali.
Tutti i pellegrini in questo momento credo stiano pensando a tutto quel che è stato; lo sguardo si perde nel paesaggio alla ricerca di un non so che, la voglia  di tornare a casa è solo per gridare al mondo cosa è, e cosa vuol dire Terra Santa per un cristiano.
Eccoci, l’aeroporto è davanti a noi. Sono le ore 12.00 locali (le 11.00 in Italia) il nostro volo della italiana Neos partirà alle 15.10. Shadi, da una mano ai pellegrini nello scaricare i bagagli dal pullman, sono gli ultimi istanti del pellegrinaggio. È l’ora dei saluti. In un italiano stentato, Shadi mi saluta e mi augura ogni bene, ricambio con affetto. Entriamo nell’enorme hall dell’aeroporto e iniziamo le pratiche doganali. Un ultimo abbraccio e saluto a don Nicola che mestamente vediamo lasciarci, poi tutto il gruppo si ritroverà davanti al gate di partenza. L’attesa del volo permetterà ancora attimi di unione tra noi, la chitarra di don Marco e i canti del nostro pellegrinaggio ci tengono ancora vivi nell’esperienza che si sta esaurendo.
L’aereo stacca dalla pista lasciandoci con il naso appiccicato al finestrino e lo sguardo che si volge all’indietro per vedere l’ultimo lembo di costa israeliana.
Il volo subirà un notevole ritardo e arriveremo in una fredda Verona (15°gradi) alle 19.30 in Italia. Tutto è finito, tutto si è compiuto!
Ringraziamo il Signore Gesù che ci ha accompagnato nella sua terra sui Suoi Passi seguendo la sua Parola. Un grazie, più terreno ma non meno sentito a Francesco per la guida tecnica, a don Nicola per il supporto storico biblico di tutto quello che abbiamo visto e imparato, a don Marco e Padre Flavio per il supporto morale religioso e canoro e perché no, un grazie anche a tutti noi appartenenti a questo gruppo per la bella esperienza fatta insieme, per le nuove amicizie che sono nate e per i tanti momenti di condivisione che ci hanno fatto crescere sia come uomini sia nella fede.
Elia e Barbara.
Verona 

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