Svalbard low cost

Un viaggio memorabile, là dove lo spettacolo del “Grande Nord” coinvolge in tutta la sua potenza!

Ho saputo dell’esistenza delle Svalbard poco più di tre anni fa quando comprai una guida della Norvegia progettando un viaggio a Nordkapp, su quella mia vecchia non vi erano infatti ancora descritte. Mi sono innamorato di loro qualche mese dopo al Polaria Museum di Tromsø. All’entrata veniva proiettato un coinvolgente documentario di una ventina di minuti su questo remoto arcipelago. Me lo sono voluto rivedere prima di uscire e decisi anche di acquistare il non certo economico relativo DVD.
L'arcipelago delle Svalbard è composto da 5 principali isole più altre minori per un totale di circa 62,500 kmq, il 60% dei quali coperti dal ghiaccio, situate tra il 74° ed l'81° parallelo latitudine nord, a poco più di mille chilometri dal Polo Nord. Politicamente appartengono alla Norvegia che ne cura l'amministrazione secondo il Trattato di Oslo del 1920.
Scoperte nel 1596 durante una spedizione di Willem Barents, che le chiamò Spitsbergen (Montagne Appuntite), furono abitate nel XVII e XVIII secolo soprattutto da cacciatori di balene in maniera così sconsiderata da produrre un depauperamento della fauna ittica. Fu poi il turno dei cacciatori di pelli provenienti dalla Russia, i quali furono i primi a trascorrervi l'inverno, sfidandone i rigori, spesso decimati dallo scorbuto. Nel secolo scorso si diede corso allo sfruttamento delle miniere, soprattutto di carbone, mentre in quello attuale la ricerca ed il turismo, molto bene organizzato, sono le nuove forme di sostentamento.
Gli abitanti sono meno di 3000, tutti concentrati nel profondo Isfjorden della maggiore delle isole, West Spitsbergen. Circa 2200 risiedono nel capoluogo Longyearbyen, la città di Mr. Longyear, l'Americano che un centinaio di anni fa fu il promotore dell'industria estrattiva mineraria. Si tratta delle terre abitate più settentrionali della Terra, trovandovisi delle famiglie con ottimi servizi non solo come aeroporto, scuola, asili nido, chiesa ed ospedale, ma anche centri commerciali, valide strutture ricettive come alberghi, ristoranti e persino un bel campeggio! Per lo svago anche una piccola discoteca ed il centro sportivo con la piscina.
Si raggiungono in aereo da Oslo o da Tromsø ed offrono diverse possibilità di visita, dalla crociera che permette la circumnavigazione dell'isola maggiore ed una panoramica su luoghi difficilmente accessibili, alla scelta di fare perno intorno al capoluogo, avvalendosi dell'ampia scelta di escursioni proposte.
Ho spesso creduto, leggendo su internet le proposte di vari operatori che fosse un viaggio ben al di sopra delle mie possibilità economiche, ma lo scorso anno tornando dal viaggio alle Faer Oer, trovai nella libreria dell’aeroporto di Stansted la guida della Bradt sulle Svalbard scritta da Andreas Umbreit… galeotto fu quell’acquisto.
Dopo averlo attentamente letto ed aver appreso un bel po’ di cose sull’arcipelago, ho cominciato verso gennaio a progettare il viaggio, avvalendomi anche dei preziosi consigli di Alberto che le aveva visitate e di Stefano, responsabile di un piccolo tour operator locale.
In breve tempo ho scoperto che scegliendo oculatamente i voli e i posti per dormire, non si raggiungevano cifre iperboliche. L’efficientissimo sito internet www.svalbard.net si dimostrava un esauriente e dettagliato catalogo sia per il dormire che per le varie attività. Si rivelava purtroppo insufficiente la competenza dell’ufficio turistico norvegese a Milano che si limitava a fornirmi i numeri telefonici di due compagnie di navigazione: mica volevo fare una crociera! Poco informato ma molto cortese il personale dell’Ambasciata Norvegese a Roma, al quale sono stato ben lieto di fornire informazioni per i prossimi interessati.
Subito le cifre per dare un’idea. La mia vacanza è durata undici giorni, dal primo all’undici luglio, ho speso in totale 2.023 € esclusi i souvenirs, ma includendo tutto il resto, come visita al museo e relativo opuscolo, bevande e… una mancia!Quella che ho trascorso io non è purtroppo una vacanza per tutti. Diverse attività sono riservate a chi abbia compiuto 16 anni, alcune sono davvero impegnative, come certi trekking, altre infine, come la gita in battello alla Prins Karls Forlandet, possono risultare stancanti per la loro durata (16 ore). Questo è il motivo per il quale con mia moglie e le mie bambine si è deciso di comune accordo che stavolta sarei andato solo io in avanscoperta, anche perché ho ormai superato la cinquantina e la salute, per fortuna, ancora me lo ha permesso.
Passo ora a parlare del viaggio. Parte delle attività sono state prenotate e pagate in anticipo prima di partire, altre direttamente sul posto.

PRIMO GIORNO
Partenza da Roma Fiumicino con il volo delle 13.40, arrivo dopo tre ore in orario a Oslo Gardemoen dove ho riavuto il mio bagaglio senza attendere nulla. Con il bus per la città, scendendo a Sinsen (costo 160 NOK, 18.40 €), ho raggiunto l’ostello posto in cima ad una collina in mezzo al verde, sole e 27 gradi. Il tempo di una rinfrescata e mi sono subito diretto al centro, giusto una passeggiata dalla stazione allo Slottet (il Palazzo Reale) lungo la Karl Johanns Gate, per poi ripiegare sull’Aker Brygge dove mi sono nutrito con dei gustosi wurstel con pane e scattato un bel po’ di foto sia all’imponente Rådhisdet (il Municipio) che al castello Akershus.

SECONDO GIORNO
É possibile fare colazione in ostello già dalle sei e mezza, non sono il solo che al mattino deve ripartire presto… ampia scelta di dolce e salato, uova, succhi di frutta, caffè, the… semplicemente ottima!
Mi dirigo alla fermata del pullman per l’aeroporto, solite formalità, si effettua il check in con una macchinetta, si ritira l’etichetta da mettere sul bagaglio che si deposita dopo una lunga ma scorrevole fila. Provvedo al pranzo (non incluso nella tariffa) e vado al Gate.
Il volo per Longyearbyen è alle 9.55, Sul display sono annunciati 4 gradi con il sole: bene! Dopo un’ora e trentacinque minuti atterriamo a Tromsø, poi alle 12 e 15 il take off per l’estremo nord. Questo secondo volo dura un’ora e ventisette minuti. Siamo tutti vestiti leggeri, così prima di scendere tiriamo tutti fuori maglioni e giacche a vento, la temperatura esterna è di oltre venti gradi in meno rispetto alla partenza. L’ultimo tratto del volo ci offre magnifiche vedute sull’Isfjorden, il grande fiordo dove sono concentrati i centri abitati.
Scendiamo, vento, tutti sembriamo impazziti e cominciamo a scattare foto sfidando una ragazza che ci invita invece a lasciare la pista. Pochi minuti ed ecco il mio zaino, pochi passi ed eccomi fuori sul piazzale, di fronte a me la piana con il campeggio che raggiungo a piedi in poco più di cinque minuti.
Purtroppo non vi è nessuno ad attendermi, chiamo col cellulare il titolare, quell’Andreas Umbreit autore della guida che mi sono letto e riletto, apprendendo tanto di queste isole, la loro geografia, la loro natura, ma soprattutto la loro storia. Arriva con un pulmino mezzo scassato vestito con jeans e camicia di flanella colorata a quadri, barba e capelli rossi. Mi fa lasciare i bagagli e mi accompagna al centro. Come avevo già letto nella sua guida, per raggiungere il capoluogo non si attraversa una bella zona, si incontra dapprima la miniera numero tre, poi una serie di capannoni ed il porticciolo. Pochi chilometri ed eccomi a Longyearbyen, il capoluogo delle Svalbard. Prima tappa l’ufficio del turismo nello stesso edificio dove hanno sede sia il Museo che l’Università.
Non avevo programmato nulla di specifico per questa mezza giornata se non il prendere contatto con il posto, ottenere un po’ di informazioni, comprare qualcosa da mangiare ed una cartina (piuttosto cara, 75 NOK = 8.60 €). Qualche difficoltà per trovare una bicicletta da noleggiare, la trovo da Stefano Poli, responsabile di Poli Arctici, piccolo ma qualificato tour operator italiano. Mi dice che non ha una catena da darmi, ma che non ce n’è bisogno… è vero.
Con il velocipede mi dirigo verso l’interno, in particolare salendo a Nybyen, dove è ubicata la miniera 2 B ed una serie di posti per dormire tra cui quello in cui ho scelto di alloggiare per sei notti. Scopro che non è vicinissimio al centro, per raggiungerlo a piedi, con un passo svelto, si impiegano 25 minuti. Sulla strada vedo anche sia la scuola che la piscina più settentrionali del mondo. Vado quindi a fare un po’ di spesa al supermercato Svalbardbutikken, e si scopre che qui arriva davvero tutto, persino la pasta italiana… Sia il pane che certi dolci sono sfornati quotidianamente, non sembra proprio di essere in una località estrema. Comincio anche a dare un’occhiata ai ricordini che dovrò portare e compro e spedisco subito le cartoline.
È giunta ora di cena e torno con la bicicletta e le cibarie al campeggio dove mi stanno montando una tenda che ricorda quelle degli indiani, molto robusta, quattro posti ma senza catino… Mi preparo la cena nell’accogliente sala interna dotata di una cucina ben attrezzata, stoviglie e tavoli a sufficienza nonché ben illuminata con grandi finestre.
Squilla il cellulare, l’unico contrattempo del viaggio. La gita a Barentsburg è stata cancellata per motivi tecnici, mi viene proposta una gita serale al fiordo di Borebreen, col senno di poi avrei dovuto accettare. Chiedo in cambio di recarmi a Pyramiden al lunedì, una escursione che non avevo ancora prenotato ma che volevo comunque effettuare.
Siamo in pieno periodo di sole di mezzanotte, risalgo in sella alla mia bici e mi dirigo verso la bocca del fiordo, decisamente contrastato dalle sterne artiche che proprio non ne vogliono sapere che io desideri di passare dalle loro parti. Tra la strada ed il mare, una laguna creata quando fu costruito l’aeroporto, molto gradita a stormi di uccelli che vi nidificano. Mi rigenero con una bella doccia calda. Torno alla tenda e scopro che una decina di renne si è accomodata ad una quindicina di metri dalla mia tenda: che aggiungere? Attendo come prassi la mezzanotte, si intravede la sagoma del sole dietro una nuvola. Mi preparo a trascorrere la notte al riparo in un favoloso sacco a pelo… la temperatura è di 6 gradi, ma non è umido, dormo benissimo. Banalmente ripenso alla notte trascorsa sedici anni prima nella Death Valley in California, il campeggio più caldo del mondo.

TERZO GIORNO
Mi alzo presto deciso a cercare qualche attività da fare visto che l’escursione a Piramiden è stata cancellata. Alle otto e mezza sono già all’ufficio turistico. Non è facile trovare qualcosa, in teoria c’è un grande PC collegato con il sito internet, ma vi sono problemi di connessione. Riesco solo a prenotare una gita nel pomeriggio con cani huskies che, tanto per tenersi in allenamento, trainano delle slitte con delle rotelle.
Durante la mattinata decido di pedalare verso l’interno, visitando l’Adventdalen (una vallata), dove vedo un laghetto che funge anche da riserva idrica, i resti delle miniere 5 e 6 e alcune paludi ricche di uccelli.
Alle quattro appuntamento al Basecamp, con un pulmino raggiungiamo quello che nel passato era stato un accampamento di cacciatori di pelli, si possono visitare un paio di capanne restaurate nonché osservare qualche trappola. Ma soprattutto vediamo tanti cani huskies desiderosi di andare a correre… Siamo in sei, oltre la guida, un ragazzo piuttosto alto sulla trentina residente alle Svalbard e due coppie di danesi molto socievoli. La temperatura è salita a nove gradi, siamo al limite, se avesse raggiunto quota dieci la gita sarebbe stata annullata, troppo caldo per animali abituati a correre nel gelo. Ci vengono fatte indossare delle tute in quanto saremo anche noi a formare le mute. Siamo incoraggiati ad andare a prendere questi esuberanti quadrupedi che, non appena intuiscono di essere stati prescelti, impazziscono letteralmente di gioia. Li imbrachiamo e piano piano si formano le tre mute, una per ogni carrozzino, ciascuna di sei cani. Mary è la leader del gruppo, sarà la prima sulla slitta su cui mi siedo io insieme al capogruppo.
Noto che la nostra guida ha un fucile in spalla, obbligatorio per tutte le escursioni che farò. Di orsi polari ve ne sono circa tremila alle Svalbard, vi è comunque la possibilità di incontrarne uno, e non si deve correre alcun rischio.
Si parte, all’inizio la strada è in discesa, vediamo abbastanza da vicino la miniera 7, l’unica ancora attiva. Prima pausa in riva ad un ruscello per prendere dell’acqua per gli assetati cagnoloni. Una bella salita ci porta a vedere da vicino i resti della miniera 6, esaurita da oltre dieci anni. Mentre noi vediamo le rovine davvero interessanti di quello che per anni era stato un duro luogo di lavoro, i cani vengono nuovamente dissetati. Il nero del carbone ed il rosso-marrone della ruggine sono i colori dominanti. Il sole impera senza avere il contrasto di una nuvola, e sarà così per ben cinque giorni.
Durante il viaggio di ritorno la guida propone a me di guidare la muta; dopo una prima titubanza, accetto. Non è difficile e poi non c’è traffico...
Rientrati al campo base, ci dimostriamo ormai abilissimi nel sistemare i diciotto prescelti. Ci sfiliamo le tute e la guida ci prepara la cena, un’ottima zuppa ricca di carne e vegetali accompagnata da vino o birra. Vengo a sapere che nonostante il grande calo di abitanti che ha colpito Barentsburg, i Russi non l’abbandoneranno così come fecero con Pyramiden nel 1998. Sebbene l’attività estrattiva non sia particolarmente remunerativa, avere una base alle Svalbard è di un incalcolabile valore strategico per la vicinanza all’Artico. Mi viene poi confermato che una significativa percentuale di abitanti locali preferisce la stagione invernale con la notte polare a quella per così dire estiva. Costo dell’escursione 990 NOK (114 €), le spese ci sono, ma io l’ho scelta solo perché non ero riuscito a trovare altro. Interessanti la visita alle capanne e soprattutto alla miniera sei.
Veniamo riaccompagnati a Longyearbyen dove risalgo in sella alla bicicletta per tornare al campeggio. Non essendoci neanche una nuvola, presumo di poter vedere un bel sole di mezzanotte. E siamo in tanti… ma è strano, l’orologio segna le ventiquattro, solo che non è come lo vidi a Tromsø tre anni prima, sembrava una specie di tramonto, qui è così alto che sembrano le cinque del pomeriggio.

QUARTO GIORNO
La svolta. Sveglia alle sei, dopo essermi preparato una buona colazione iniziata con il solito gradito nescafè (non sono l’Italiano che si dispera se non ha il suo espresso), mi armo per trasferirmi (quasi sette chilometri) alla Gjesthouse 102, carico tutti i bagagli sulla bicicletta che spingo a mano. Incredibile, ho solo una maglietta a maniche corte e soffro il caldo sotto questo inaspettato sole artico. Mi sento sollevato quando raggiungo la meta, ho il tempo per sistemarmi e farmi trovare pronto le per le dieci.
Per tutte le escursioni si viene raccolti alla propria residenza da un pulmino, la ragazza (Greta) passa verso le dieci con un fuoristrada che accoglierà anche una famiglia svedese di cinque persone. Eccoci al Flora e Fauna Tour proposto dalla Spitsbergen Experience AS, scendiamo dalla macchina vicino al campeggio, dove con un binocolo di qualità ci vengono mostrati moltissimi uccelli marini tra cui fulmari, gabbiani tridattili, pulcinella di mare, urie e sterne artiche. É l’esperta accompagnatrice norvegese, anche lei con il fucile in spalla, a dirci dove puntare i nostri binocoli. Si dimostra molto utile un libro sugli uccelli marini che comprai lo scorso anno alle Faer Oer a cui avevo aggiunto una tabella con indicati i tre nomi (scientifico, inglese ed italiano) di molti volatili.
Ci spostiamo un poco all’interno e possiamo ammirare la flora locale, costretta a sopportare mesi di ghiaccio. Molto belle le sassifraghe, le selene a cuscinetto ed i piccoli salici. Alle Svalbard, così come alle Orcadi, non crescono alberi.
Ci spostiamo verso la Bjorndalen (Valle dell’Orso), dopo essere usciti dall’Adventfjorden, trovandoci ormai sulle rive del grande Isfjorden. Abbiamo puntato i nostri binocoli verso la montagna alla ricerca di aquile o volpi, ma ci dobbiamo per così dire accontentare di una affollatissima colonia di urie nidificanti con tanti cuccioli da sfamare. Essendo solo all’inizio dell’estate, quindi con la neve da poco sciolta, il terreno è ancora un poco umido, gli stivali da pioggia sarebbero stati più indicati dei miei comunque validi scarponcini. Come in tutte le gite di breve durata, ci viene offerto uno snack a base di biscotti e dolcetti bagnati da caffè solubile, the ed uno sciroppo locale. Sapendo della presenza di ragazzi, la guida ha portato anche del cacao solubile.
Ci siamo quindi diretti verso una piccola colonia di edredoni all’inizio della Adventdalen che non avevo notato il giorno prima. Costo della gita 550 NOK (63 €), consigliabile a tutti.
Due ore di pausa per un po’ di spesa (è sabato), mangiare qualcosa velocemente e per prendere possesso del mio letto. C’è tempo anche per una doccia: dalla finestra si vedono due renne brulicare, il sito internet della Gjesthouse 102 ha dunque detto la verità.
Alle quattro mi attende la gita in kayak che sono riuscito solo a prenotare ma non a pagare via internet. Puntualissima arriva Jaana con il pulmino, mi informa che sebbene io sia il solo, non ha voluto cancellare l’escursione, non sarebbe certo una bella accoglienza per chi si è sciroppato quattromila chilometri, poi, commenta: “Poco, ma ci guadagniamo comunque!”
Giunti al magazzino della Svalbard Hestesenter vicino alla spiaggia inizia l’operazione vestizione, entrambi indossiamo una tuta particolare, non è come quando pagaiavo in costume da bagno sul Lago di Castel Gandolfo, qui la temperatura del mare è di quattro gradi centigradi e mezzo, un eventuale bagno non sarebbe certo salubre. Con estrema professionalità mi chiede se io sia vegetariano o vi sia qualcosa che non possa mangiare (deve portare il cibo per la cena inclusa nel prezzo), mi fa sistemare in una sacca impermeabile la macchina fotografica (comunque a mio rischio) mentre lascio soldi e documenti nella casetta al sicuro. Per infilarci il cappuccio e lo stringipolsi ci dobbiamo aiutare a vicenda, prendiamo le pagaie e ci dirigiamo verso le spiaggia dove Jaana sceglie il kayak biposto. Lo portiamo a riva, gli diamo una pulitina con la spugna, togliamo acqua e sassolini, sistemiamo nella piccola stiva le sacche. Mi dice che non stiamo andando a fare una gara, ma una passeggiata. Le rispondo che è esattamente quello di cui vado in cerca.
Si parte, invece di tagliare dritti il fiordo, lo costeggiamo un poco verso la parte interna per poter vedere da vicino tanti bellissimi uccelli, ormai sono ferrato, per cui la traduzione dei loro nomi è automatica. Mentre remo credo di sognare, sto pagaiando in un fiordo del Mar Glaciale Artico, ripenso alle sere in cui leggendo e rileggendo le guide, immaginavo quel momento. Essendo solo in due, la conversazione scorre facile, le racconto che spesso quando disputo delle gare in mare, le affronto con lo spirito di una passeggiata tra le onde.
Raggiunta la sponda opposta, scendiamo e mi dice “Benvenuto ad Advent-City” e comincia a raccontarmi la triste storia di un villaggio che negli anni trenta ospitava una miniera a cinquecento metri di altezza. Erano state anche costruite non solo le strutture per l’estrazione, ma anche le baracche per l’alloggio dei minatori, la panetteria e l’officina meccanica. Sparsi sul terreno alcuni resti di rotaie abbandonate, mi ha raccontato che per alcuni tutto questo materiale in parte arrugginito è solo “trash”, per altri “treasure”, io sono per la seconda. Il sole domina sulla valle e sul fiordo mentre passeggiamo e scaliamo la collina mentre Jaana prosegue il racconto. Alla fine degli anni ’30 si decise di ristrutturare tutto il villaggio per renderlo di nuovo produttivo, nonostante il lavoro fosse durissimo, al punto che alcuni minatori erano costretti a turni di una settimana a cinquecento metri di quota, lontani dal villaggio. Lo scoppio della seconda guerra mondiale alla fine dei lavori scrisse impietosamente la parola fine sulla storia di Advent-City.
Ben diverso è il nostro stato d’animo quando lei, a causa della vista sul fiordo e su Longyaerbyen e del tempo semplicemente splendidi, mi propone di cenare non in un cabin, ma lì seduti a mezzacosta. Estrae dal suo zaino due cuscinetti, due grossi thermos e due buste di colore arancione… la cena sta per essere preparata. Mi fa aprire la busta, ci verso meno di mezzo litro di acqua calda del thermos, mescolo tutto con un cucchiaio e poi richiudo la busta. Passano cinque minuti e la cena è pronta. Davvero buona, soprattutto per me che non sono venuto alle Svalbard in cerca di confort, ma di contatto con la natura. Mi fa bere poi una gustosa bevanda che mi verrà spesso riproposta.
Ci si racconta un po’ della nostra vita, lei è un’infermiera che si sta specializzando nel soccorso con elicotteri, questo lavoro estivo le sarà utile nel suo curriculum. Il discorso si sposta sulle differenze culturali tra Norvegia ed Italia, conveniamo che io non appartengo a quell’80% di Italiani che quando è in vacanza non sa rinunciare alla pasta ed al caffè espresso (qui costa 3 € a tazzina), interessato principalmente al calcio e alle donne, mentre lei non si identifica nello stereotipo norvegese di persona chiusa. Mi confida che da loro certi rapporti sono difficili a causa del freddo che spesso costringe a rimanere chiusi in casa, poi quando si esce col sole ci si mettono gli occhiali scuri e non ci si riesce a guardare negli occhi.
Si risale in canoa, si attraversa dritti il fiordo, stavolta con un caldo cappello in testa, e le confesso che difficilmente dimenticherò quel viaggio-triplo, attraverso il fiordi in canoa, attraverso la storia passeggiando tra le rovine di Advent-City, attraverso le culture di due Paesi così lontani nelle loro tradizioni.
Tornati a riva, sistemiamo tutte le cose, mi sento un poco mortificato perché lei, pur essendo donna (quindici anni più giovane, credo) deve portare più roba di me “Io qui sono la guida e tu il turista”, commenta sorridendo. Mi riaccompagna alla mia Gjesthouse 102, la attende una nuova faticosa giornata di lavoro, la ringrazio per tutto e ci scambiamo i nostri recapiti, ha da tempo intenzione di visitare Roma, chissà… Costo della gita 590 NOK (68 €), da consigliare al 100%.

QUINTO GIORNO
La colazione alla gjesthouse è ottima. Alle nove sono pronto per un trekking al Nordenskiöldtoppen organizzato da Poli Arctici, 1050 slm ma partendo dal livello da appena quota 50. Mentre attendo la macchina, passa Jaana con il suo pulmino per caricare nuovi canoisti. Arriva la nostra guida Inger, poco dopo Ana, un’inglesina di Birmingham laureata in Meteorologia. A noi si aggiunge una simpaticissima coppia di Americani residenti nel Kentucky. Il quintetto parcheggia la macchina, ci viene fornito il thermos, la busta di cibo liofilizzato ed il cucchiaio. Noi “maschietti” facciamo i gentiluomini e carichiamo due thermos per uno lasciando più leggero lo zaino delle signore…
La salita si dimostra particolarmente impegnativa sia per il dislivello, sia per l’estrema variabilità del terreno. Troviamo morbida neve in cui affondano i nostri scarponi, pietre moreniche molto instabili, neonati rigagnoli formatisi con il disgelo. In più di una circostanza ci si aiuta soprattutto per guadare questi piccoli torrenti di acqua potabilissima, si poggia il piede su un sasso che sembra più stabile afferrando la mano di chi ci precede.
Fa caldo, indosso solo una maglietta a maniche corte e mi riparo dal sole con una cappellino. Si alternano le viste sulla vallata, sui due fiordi, dapprima quello minore, l’Adventfjorden, poi quello maggiore, l’Isfjorden. Vediamo la stazione radio, siamo circondati dal bianco della neve e sovrastati dall’azzurro intenso del cielo. Stanchi ma soddisfatti raggiungiamo la vetta, da cui si riesce a vedere interamente la bocca dell’Isfjorden. Indosso una felpa e stendo la giacca a vento invitando Ana a sedersi per preparare il pranzo, di cui ormai sono un esperto… Da viaggiatore con bambini, ho con me anche dei salviettini umidi per pulire le mani ed un piccolo asciugamano perché se le rimetti bagnate nei guanti è la fine… Anche oggi la vista è spettacolare, spazia per diverse decine di chilometri, mentre nella gita precedente, pochi giorni prima, la nebbia la limitava a soli dieci metri. Dopo il pranzo Inger ci offre caffè solubile e sciroppo. Bruce, l’Americano, chiede la mia opinione sul processo che vede coinvolta Amanda Nox, altri sulla situazione politica italiana, ma non vi dico cosa ho risposto (mi sembra fuori contesto).
Il ritorno sembra facile, ma poco dopo scopriamo che Ana ha paura a scendere, non volendo rimanere là, per semplificare le cose mi offro di portare anche il suo zainetto. La neve si sta ulteriormente sciogliendo, i rivoli sono cresciuti di portata, le pietre ballano… è una discesa impegnativa. Dopo nove ore e mezza, contro le otto previste, siamo tornati alla macchina, affaticati ma contenti, soprattutto per le foto scattate. Costo dell’escursione 950 NOK (109 €), da consigliare ma impegnativa.
Propongo ad Ana di cenare insieme con il cibo che ho alla gjesthouse, ma poiché io sono letteralmente inzuppato sino alle ginocchia e anche lei si è un poco inumidita, ci cambiamo prima calzature e pantaloni. Raccontiamo a due coppie di Svedesi la nostra scalata, poi ci mettiamo a parlare noi due, e tanto per non essere banale, visto che lei lavora a Copenaghen, le chiedo sia un’opinione sul quartiere di Kristiania sia su come si trovi lei, Inglese, in Danimarca. A questa seconda domanda mi sorride dicendomi che è troppo stanca per rispondermi in maniera soddisfacente. Prima che vada via, scopriamo di essere entrambi appassionati del serial televisivo inglese degli anni ’60 “Il prigioniero”.

SESTO GIORNO
Alle otto e mezza, dopo la solita ottima colazione, sia i quattro Svedesi conosciuti la sera prima che io saliamo sul pullman agli ordini di Tobias, un classico biondo Tedesco con barba e capelli lunghi che sarà il nostro vate sulla nave. Man mano che la gente sale, Tobias spunta la sua durante il breve tragitto che ci conduce al porto, pronti ad imbarcarci sulla Polar Girl, un ex ferry convertito in un battello per escursioni nell’Isfjorden.
Non appena siamo tutti saliti a bordo, ci fa accomodare nel salone dove veniamo subito istruiti sulle norme di soccorso in caso di naufragio. Siamo già partiti e Tobias ci illustra il programma della giornata favorita da condizioni meteorologiche ottimali. Oltre alla evacuata ed ora ghost-town di Pyramìden, ci saranno da vedere la Casa Svedese, risalente al 1870, il maggiore ghiacciaio delle Svalbard e una scogliera ricca di uccelli, oltre a tante belle viste sia sul grande Isfjorden che su alcuni bracci minori. Parlandoci della visita a Pyramiden, ci informa che saremo accompagnati anche da una guida russa, sussurrandoci di dargli una piccola mancia di venti corone, poco più di due euro, per noi è nulla mentre per lui è tanto: una proposta formulata con una delicatezza esemplare.
Durante la navigazione Tobias è quasi sempre presente a prua foriero di una miriade di informazioni, sempre disponibile alle nostre domande, soprattutto a quelle di Bruce, il ciarliero americano conosciuto il giorno prima durante il trekking al Nordenskiöldtoppen.
Ci viene servito il pranzo sul ponte di poppa, una gustosa zuppa di pesce, già una scodella è sufficiente, ma chi vuole può avere il bis, come non scarseggia né il pane né una specie di margarina da spalmarci sopra. Una bibita in lattina costa 25 corone (meno di tre euro), un caffè 15 (meno di due).
Stiamo per terminare il pranzo e già si intravede la baia con la pianura dove si trovano i resti di Pyramiden… Eccitati cominciamo tutti a scattare foto all’impazzata… Ad attenderci c’è Vadim, la nostra guida che dopo aver esordito con “Welcome to Russia”, ci invita ad essere veloci in modo da poter vedere più cose possibili, senza però esagerare.
Pyramiden prende il nome dalla strana cima di un monte che la sovrasta, che ricorda la forma di una piramide messicana, non egiziana. Vadim conduce il gruppo, Tobias lo chiude, entrambi armati come prassi di fucile, e lo scorso anno l’orso fece qui la sua apparizione più di una volta.
Ci racconta che questo era una sorta di paradiso per che vi lavorava, arrivò a superare i mille abitanti. Per poter lavorare qui si doveva superare una dura selezione, si percepiva uno stipendio tre-quattro volte superiore a quello di un minatore in Russia. Un teatro da quattrocento posti, palestra con campo di pallamano coperto, campo di calcio, piscina coperta da 50 metri, scuola sino ai dieci anni di età, superati i quali la relativa famiglia doveva abbandonare il villaggio. Vi si trovavano anche gli unici prati delle Svalbard nonché le due “H”, Hospital ed Hotel di primo livello. La difficoltà estrattiva della miniera, la posizione geografica della baia con il mare generalmente ghiacciato per sei mesi e una crisi economica nazionale, spinsero i Russi ad abbandonare questo sito, riducendo la loro presenza alla sola Barentsburg.
Dopo un tentativo di scarso successo all’inizio degli anni ’90, Pyramiden sta cercando di rinascere come meta turistica non solo di escursioni giornaliere, diversi operai stanno alacremente lavorando per rimettere in funzione l’hotel, e noi ci auguriamo di tutto cuore che abbia successo.
Saliamo a bordo salutando e ringraziando Vadim come ci era stato consigliato… quando gli dico che sono di Roma gli esplode un sorriso! Quanta passione mette anche lui nel suo lavoro.
Non passa molto tempo e ci appare davanti il Nordenskiöldbreen, un ghiacciaio che termina nel mare, preceduto da una miriade di icebergs. Su uno di questi si riposa una foca dagli anelli. Tobias ci informa che alcuni ghiacciai si stanno ritirando mentre altri, anche se in numero minore, avanzano. Udiamo dei boati, sono dei blocchi di ghiaccio che si staccano, ecco come nascono alcuni icebergs. Sarebbe pericolosissimo avvicinarsi con una canoa, si potrebbe essere colpiti sia da un blocco di ghiaccio che cade, sia da uno che si stacca da sotto acqua.
Durante il viaggio di ritorno vediamo l’annunciata scogliera popolata di urie con tanto di corredo di guano, alcuni escursionisti che praticano campeggio libero sulla spiaggia e soprattutto benedico me stesso per essermi portato un piccolo, economico binocolo che mi permette di scorgere una volpe artica sulla neve in cerca di uova e piccoli di uccelli.
Quando rientriamo nell’Adventfjorden scorgo il campeggio e parlando con una coppia di Tedeschi della Sassonia scopro che trascorre, al pari di una famiglia belga, tutta la vacanza in tenda.
Salutando Tobias gli dico che forse ci rivedremo per la gita alla Prins Karls Forlandet. Costo dell’escursione 1250 NOK (144 €), consigliata. Cena nella Gjesthouse 102, perché alla sera sono spesso stanco, non mi va di far tardi, e poi a tavola si incontra sempre qualcuno con cui scambiare due parole.

SETTIMO GIORNO
Oggi è in programma un trekking di media difficoltà, sono riuscito nell’impresa di far asciugare gli scarponi. Meta della gita è la cima del monte Sarkofagen (525 metri), subito dietro il “mio” quartiere di Nybyen. Prende il nome dalla sua strana forma, di sarcofago con una cima piuttosto allungata e piatta. Ci conduce anche oggi Inger per la Poli Arctici, ma il nostro gruppo supera le dieci unità.
Le difficoltà sono quasi tutte all’inizio, soprattutto per guadare alcuni crescenti fiumiciattoli. Abbiamo una bellissima panoramica sulle morene, accumuli di detriti, soprattutto pietre, trasportati dal ghiacciaio. E sono oggi proprio questi accumuli di pietre a rendere impegnativa l’ascesa, ma è molto più facile e più breve della scalata al Nordenskiöldtoppen. L’ultimo tratto sembra persino troppo facile, appena in salita sopra un soffice manto erboso. Dalla vetta rivedo il percorso dell’escursione di due giorni prima e ci vengono offerti sia il caffè solubile, sia i biscotti che l’immancabile sciroppo. È un’altra giornata fantastica, si sale in maniche corte, la giacca a vento si dimostra, per fortuna, un oggetto superfluo. Sopra l’Adventfjorden sembrano galleggiare alcune nuvole.
Scendiamo per una strada diversa da quella della salita e raggiungiamo il ghiacciaio di Adventbreen, al termine del quale attraversiamo una zona ricca di fossili. Costo della gita 590 NOK (68 €), consigliabile a chi vuole effettuare un’escursione non troppo impegnativa.
Eccezionalmente decido di pranzare alla gjesthouse, poi salgo in sella alla bicicletta. La meta del pomeriggio è particolare, visto che sono un nuotatore… Ma andiamo per ordine. Torno in città per ricomprare le cibarie e per visitare la chiesa più settentrionale del mondo. Questa struttura è ben diversa da quelle che si visitano normalmente, non è certo un’esibizione di dipinti ed altri tesori, ma ritrova il suo vero significato, ovvero centro di raccolta e di unione tra i fedeli.
Risalgo verso Nybyen, e mi fermo alla Svalbardhalle, mi bastano 45 NOK (5,20 €) per potermi bagnare nella piscina più settentrionale del mondo dopo la chiusura della vasca di Pyramiden. Posso nuotare e tuffarmi sia dal trampolino di un metro che dalla piattaforma di tre metri (in gioventù ho praticato lo sport dei tuffi). Segue una rilassante sauna. Uno strano destino vuole che all’uscita trovi sul mio telefonino un sms che mi informa che il mio primo istruttore di nuoto si è improvvisamente aggravato. Farò però ancora in tempo a vederlo al mio ritorno.

OTTAVO GIORNO
Dopo cinque splendidi giorni, il sole si concede una pausa. Dopo quattro giornate davvero intense, eccone una normale, una passeggiata con Blanche, una simpaticissima husky, alla ricerca di fossili curata da Arctic Adventures.
Il fiumiciattolo che passa poco sopra Nybyen è cresciuto ancora, il gruppo si arma di una lunga tavola che utilizzeremo come ponticello. Martha, la giovane guida, mi consiglia di indossare gli stivali di gomma da pescatore, suggerimento che si dimostra prezioso.
Ci vengono forniti anche dei martelli, ma non è il modo più semplice per trovare i fossili, ci si deve solo armare di pazienza e concentrazione. Prima del rituale snack, riesco a trovare quattro-cinque pietre da portare come souvenir. Costo della gita 350 NOK (40 €), non poco vista la breve durata (tre ore).
Mi faccio accompagnare col pulmino a valle, un panino al volo e poi visita allo Svalbard Museum, interessante anche se molte delle informazioni già le conoscevo. Trovo simpatico un angolo dove ci si può sdraiare su alcuni tappeti con vista, attraverso un’ampia vetrata, sull’Adeventdaal.
Scendo alla spiaggia ricordando con un pizzico di nostalgia la traversata in kayak del sabato. Ricordo che non ho foto sull’imbarcazione, il caso vuole che oggi per Jaana non ci siano traversate in programma, la incontro ma ha un impegno nel pomeriggio, mi dà cortesemente appuntamento per le nove per poter scattare delle foto. Rimango ancora un poco seduto sulla spiaggia, oggi con un’atmosfera resa ovattata dalle basse nuvole che impediscono di vedere anche alle cime di soli cinquecento metri. Mi ascolto, dopo tanti giorni, un po’ di musica con il lettore mp3.
Dopo aver cenato, torno alla spiaggia con un tempo che alterna momenti di pioggia a sprazzi di sole. Jaana è gentilissima nel farmi pagaiare in un kayak monoposto, apprezzo anche la sua disponibilità, capendo di quanto sia piena ed impegnativa la sua giornata, deve ancora lavorare per organizzare le regate di domani. Vado a dormire presto anche io, mi attende una sveglia alle cinque ed un quarto.

NONO GIORNO
Come detto, sveglia presto, alla fine ho deciso di fare il grande viaggio in battello al di fuori dell’Isfjorden. Nescafè a casa, colazione in nave. Il pullman di Tobias mi viene a prendere alle sei meno dieci, il boss mi riconosce. Il cielo è grigio e minaccioso, il mare agitato, come saliamo a bordo ci viene fornita una pasticca contro il mal di mare, con tanto di foglietto con composizione per eventuali allergie.
Ci viene subito servita la colazione. Il natante beccheggia vistosamente, ma le pasticche sembrano fare il loro dovere.
Lasciamo a Trygghamna (Safe Harbour) quattro coraggiosi canoisti, li passeranno a riprendere la prossima settimana.
Usciamo dall’Isfjorden e soprattutto si entra in vista della mia seconda isola, la Prins Karls Forlandet, dalla forma davvero atipica, tre sezioni, le due laterali molto rocciose ed elevate, unite da una striscia di terra che non supera i sessanta metri di altitudine.
Arriviamo a Poolpynten, ed il nostro sforzo viene premiato. Sono sul ponte bene imbacuccato, maglia a maniche lunghe e due felpe sotto la giacca a vento. Sciarpa, cappello e guanti. Di fronte a me due trichechi che si coccolano sdraiati sulla spiaggia. Con il mio binocoletto vedo chiarissimo il muso con le due grosse zanne, che emozione! Qualcuno ne ha visti anche altri due nell’acqua… Pieni di emozione andiamo a tavola dove ci attende dell’ottimo salmone (il cuoco è davvero bravo) con delle patate. Saliamo ancora un po’ e ci troviamo di fronte al ghiacciaio Dahlbreen, dove Tobias ci fa notare dove arrivava una volta il ghiaccio. Una foca giocherella sul ghiaccio.
La nave si infila nello stretto St. Jonsfjorden, puntando in fondo all’Osbornebreen. Il silenzio, favorito anche dal motore che procede a basso regime, unito al cielo coperto, fornisce un’immagine diametralmente opposta a quella luminosa del Nordenskiöldbreen di lunedì, ma pensare di venire alle Svalbard e vedere tutto col sole non è certo quello che è logico aspettarsi dall’Artico.
Arriva un po’ di stanchezza, ci siamo tutti alzati poco dopo le cinque, ma nessuno rimpiange la scelta. Un po’ di riposo, poi riprendono le conversazioni, lascio anche oggi la mia dedica sul libro degli ospiti. Una ragazza sudafricana sofferente di mal di mare, ha trascorso molte ore a bordo sdraiata. Tobias mi chiede un’opinione generale sulla sua organizzazione, sui costi, sui servizi offerti. Concordiamo che è stata saggia la decisione di viaggiare senza famiglia stavolta, viste le notevoli difficoltà psico-fisiche del viaggio, oggi non è stata una gita faticosa, ma sedici ore a bordo non sono gradevoli per chiunque! Per me la vista dei trichechi bastava da sola a giustificare lo sforzo e la spesa.
La cena è servita prima delle sette, gulasch e riso, il vento si calma e si torna sul ponte superiore…le nuvole sono leggermente più alte, mentre il mio sguardo ruota sulle montagne innevate che sembrano galleggiare sul mare, penso che domani dovrò lasciare questo paradiso. Sbarchiamo alle dieci. Costo della gita 1.890 NOK (217 €), sedici ore di navigazione, colazione, pranzo e cena inclusi. Ne è valsa la pena
Quando torno alla gjesthouse ho difficoltà a camminare, qualcuno lo chiama mal di terra, spiego la sensazione ad una famiglia norvegese, è l’ultima serata, rimango un po’ più a lungo in piedi.

DECIMO GIORNO
C’è da prepararsi per partire, potrei fare tante cose ma preferisco pensare alla mia famiglia, comprando delle cose per loro che mi hanno permesso di vivere questa esperienza. Trascorro l’ultima ora su quella spiaggia che avevo immaginato tante volte quando progettavo il viaggio.
All’una passa il pullman che mi porta all’aeroporto, la carta d’imbarco è sostituita dall’impronta digitale. Quando facciamo scalo a Tromsø dobbiamo scendere dall’aereo e passare la dogana in quanto le Svalbard sono una zona franca.
Atterrati in orario ad Oslo, riceviamo subito i bagagli. Con un treno regionale e la metropolitana raggiungo l’ostello, dove ho prenotato per l’ultima notte una stanza singola con bagno. Ceno in compagnia di due Olandesi a cui mostro la busta con cui preparo la cena, quella che ho già mangiato sulla collina di Advent City. Un televisore trasmette immagini del Golden Gala, una manifestazione sportiva di atletica leggera in svolgimento a Roma.

UNDICESIMO GIORNO
Dopo l’ennesima buona colazione, mi dirigo verso la stazione, lascio i bagagli e vado a vedere, sotto una pioggerella, il Vigelandpark, molto particolare, con tante statue di nudi.
Il rientro è senza difficoltà. Tante famiglie norvegesi a bordo, in cerca sicuramente del sole, del mare e del caldo dell’Italia. Ad attendermi all’aeroporto la mia famiglia. Ho un bel po’ di ricordini per loro e tante foto da mostrare. Forse tra qualche anno ci andremo tutti insieme, magari in un altro periodo, per esempio a primavera, con una slitta a motore potremo andare a vedere Barentsburg, che stavolta non sono riuscito a raggiungere.

Questa vacanza è durata undici giorni, ho impiegato diversi mesi per prepararla, scrivere queste pagine, aiutato da quello che ho riportato nel mio blocchetto, me l’ha fatta vivere qualche giorno in più. Poi ci saranno le serate con gli amici per mostrare le foto. Ma credo che certe emozioni sono destinate a durare ancora a lungo, forse per tutta la vita.Per dormire mi sono voluto togliere “lo sfizio” di passare due notti in tenda nel campeggio più settentrionale del mondo, spendendo 65 €. La cifra sarebbe potuta essere di soli 23 € se non avessi noleggiato sia la tenda, sia il materassino che il caldissimo sacco a pelo sul posto: perché acquistare un’attrezzatura specifica che non avrei mai più riutilizzato? E poi l’ingombro… Le altre sei notti le ho trascorse nella Gjesthouse 102, l’ex Baracca 102, uno stabile che nel passato era stato un dormitorio dei minatori, un poco decentrato nel sobborgo di Nybyen, dove con 35 € a notte dividevo con altre tre persone una graziosa stanzetta e soprattutto al mattino mi saziavo con un’ottima colazione. Per la singola avrei invece speso 65 €. Per chiudere il quadro, dovendo fare scalo ad Oslo, ho optato all’andata per un letto in quadrupla all’ostello Haraldsheim (245 NOK, 28 €) raggiungibile in pullman dall’aeroporto e collegato con un tram con il centro, mentre al ritorno mi sono preso una singola con bagno in quello di Holtekilen (400 NOK, 46 €), collegato con la metropolitana (stazione di Stabekk).Per il volo ho scelto la Norwegian per la tratta Roma Oslo spendendo 258.20 €, mentre per andare da Oslo a Longyaerbyen mi sono servito della SAS, 280.88 €, per un totale di 538.08 €. Avrei potuto risparmiare una trentina di euro se fossi tornato un giorno prima dalle Svalbard trascorrendo un giorno in più a Oslo, ma non ne ero interessato.

2 commenti in “Svalbard low cost
  1. Avatar commento
    Marco
    11/07/2012 16:46

    Ciao. complimenti per il viaggio! bellissimo! Ti volevo fare un paio di domande: - dormire in tenda è fattibile o fa veramente freddo la notte? (periodo prime due settimane di agosto) - le escursioni a piedi è obbligatorio effettuarle con una guida oppure si possono fare in autonomia? grazie mille per la disponibilità Marco

  2. Avatar commento
    Filippo
    24/06/2011 03:19

    Ho letto questo diario con molto interesse, e finalmente, dopo un annetto che mi prefiggevo queste meravigliose isole come meta, mi sono deciso a prenotare; volevo ringraziarti per le tante informazioni messe a disposizione, e volevo chiederti se più avanti potrò farti qualche domanda, sull'abbigliamento o sulle escursioni. Ciao e grazie

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