Il nostro viaggio di nozze nel Sud Ovest degli USA con viaggidea

Esplorando le meraviglie del Sud Ovest degli USA: Un viaggio di nozze indimenticabile con Viaggidea

Finalmente, dopo un anno e mezzo di sofferenze sono arrivate le gioie del matrimonio e del viaggio di nozze nel Sud Ovest degli Stati Uniti d’America organizzato con Viaggidea. La partenza dall’Italia era programmata al mattino presto dall’aeroporto di Milano Linate con scalo a Parigi ed infine a Los Angeles dove siamo giunti nel primo pomeriggio e abbiamo fatto la conoscenza con la nostra guida italiana, Shanti. Abbiamo optato per un tour di gruppo, con guida italiana e pullman granturismo per goderci al meglio il nostro congedo matrimoniale ed evitare di stancarci ulteriormente a guidare lungo le autostrade statunitensi. Sicuramente si ha meno libertà, ma ci si riposa un po’ di più. Le visite vere e proprie sono iniziate il mattino dopo.

1° giorno (California).

Una breve sosta a Santa Monica per osservare le estese spiagge sabbiose che si affacciano lungo l’oceano Pacifico. Un breve assaggio dell’acqua fredda dell’oceano non poteva non mancare. A Santa Monica terminava la famosa Route 66. E’ da notare che tutte le case sono costruite in legno e cartongesso, quelle più grandi invece hanno lo scheletro di acciaio; il motivo di questa scelta è di rendere le abitazioni più elastiche e resistente in caso di terremoto: in questa zona si attende il famoso grande terremoto che devasterà l’intera California. Lungo le strade ci sono anche le indicazioni per raggiungere luoghi sicuri in caso di maremoto. Da Santa Monica siamo ripartiti per visitare Beverly Hills con i suoi negozi lussuosi. Una breve tappa si può fare nell’hotel in cui hanno girato il film Pretty woman. E a proposito di film Los Angeles è famosa per Hollywood, la terza tappa della giornata, in cui c’è il teatro Dolby (una volta Kodak) dove si tiene La notte degli oscar e ci sono alcuni cinema dove vengono proiettate le anteprime assolute: per esempio al cinema El Capitan si proiettano quelle dei film Disney. Il pomeriggio lo abbiamo dedicato agli Universal Studios che sono assolutamente da non perdere sia per le attrazioni all’interno del parco, sia per la visita con il trenino lungo i set dei film più famosi. Il trenino, inoltre, entra in alcune gallerie artificiali in cui si assiste agli effetti speciali di film come Lo squaloTerremoto. Di anno in anno vengono create nuove attrazioni come il cinema 4D e altre ancora sempre stupefacenti. Purtroppo non abbiamo avuto l’onore di visitare la parte “vecchia” di Los Angeles, ma quando ci si trova in un tour con altre persone non si ha la piena libertà di decisione. Nonostante il forte mal di testa causato dalle 9 ore di differenza di fuso orario mi sono divertito lo stesso. L’hotel in compenso era molto vicino all’aeroporto ed era l’Airpot Hilton, 5711 West Century Blvd.

2° giorno (Arizona).

Al mattino presto siamo partiti per Phoenix/Scottdale in direzione Gran Canyon. Il mal di testa mi ha accompagnato per tutta la mattinata ed è svanito quando nel tardo pomeriggio siamo arrivati al nuovo hotel. L’autostrada da Los Angeles a Phoenix attraversa ampi territori deserti e caldissimi. Bisogna fare molta attenzione all’aria condizionata nei locali perché lo sbalzo di temperatura è impressionante. Non avrei voluto ammalarmi dopo due giorni di mal di testa. Già alcuni compagni di viaggio, soprattutto maschi, hanno avuto anch’essi cefalea, febbre e mal di gola. Per fortuna la visone del nuovo hotel che ci ha ospitato mi ha sollevato di umore; si tratta del Wigwam (300 East Wigwam Blvd) una residenza abbastanza lussuosa e dotata di ogni comfort con camere molto ampie e ariose, con due piscine e dove in serata abbiamo gustato un’ottima bistecca ai ferri all’americana, ma da non paragonare alla moltitudine di fast-food e ristorantini in franchising (es. Denny’s) che sono onnipresenti. Il proprietario del Wigwam è un italiano milionario. In effetti di Phoenix non abbiamo visto nulla anche perché l’hotel si trova a Scottdale. Non ha avuto importanza, anche le guide non prestano attenzione alla cittadina e poi abbiamo preferito gustarci il caldo secco, la tranquillità del posto e il letto morbido. Intanto abbiamo iniziato ad accorgerci che tra i nostri compagni di viaggio si sono formati già i gruppetti in base alla regione d’origine e che, da questo momento in poi, saremmo stati sempre esclusi nonostante la nostra voglia di socializzare.

3° giorno (Arizona).

Al mattino presto siamo partiti per il Gran Canyon dove siamo arrivati nel tardo pomeriggio facendo però alcune soste durante il viaggio. Lungo il percorso abbiamo visitato lo splendido “castello” di Montezuma che in realtà non si tratta di un castello e che con gli Aztechi non ha assolutamente nulla a che fare. All’interno del giardino archeologico è possibile ammirare quel che resta di una abitazione del 1400 degli indiani Sinagua costruita sul fianco di una collina a strapiombo. Per fortuna i ranger mantengono sempre pulita e controllata per non perdere questo gioiello che è arrivato fino ai nostri giorni. La visita dura pochi minuti. Dal castello di Montezuma siamo ripartiti per giungere a Sedona per mangiare. E’ stato interessante osservare come cambia il paesaggio: da deserto e pianeggiante a montagnoso e molto verde. Da qui si iniziano a scorgere le montagne rosse che contraddistinguono l’intero territorio. Prima di arrivare al Gran Canyon abbiamo fatto una sosta pomeridiana a William, ultimo centro abitato raggiunto dalla famosa Route 66 prima che fosse sostituita dalle più moderne autostrade. Il paese è molto accogliente e sembra che tutto si sia fermato agli anni ’50 e ’60: insegne, auto, bar, fast-food… I biker con le loro Harley Davidson scorrazzano lunga la strada. Nei locali si ascolta musica country e rock’n'roll. Diciamo che si respira un’aria che fa molto “Happy Days”. Da William parte il treno con locomotiva a vapore turistico che porta al Gran Canyon. Sarebbe stato bello stare una mezza giornata in più e raggiungere la meta sulla strada ferrata. Nel tardo pomeriggio siamo finalmente arrivati al Gran Canyon dove abbiamo fatto una passeggiata sulla sponda est per ammirare questo spettacolo della natura. E’ facilissimo scorgere gli alci e gli scoiattoli vicino al sentiero. Il mattino dopo avremmo sorvolato tutto il Gran Canyon. L’hotel che ci ha ospitato è il Best Western Squire Inn, Highway 64. Alla sera, dopo avere fatto un meraviglioso incontro con un enorme alce maschio, abbiamo mangiato alla maniera “Bud Spencer e Terence Hill” in una Steakhouse molto in stile western in cui tra gli antipasti servono carne grigliata di serpente a sonagli.

4° giorno (Utha).

La sveglia è suonata al mattino presto per chi ha deciso di sorvolare il Gran Canyon con l’aereo (escursione facoltativa da $170 a persona). Il volo dura circa 45 minuti e ne vale la pena perché ci si rende conto della maestosità del territorio, come se Dio ci mostrasse la sua mano infinita per segnalarci quanto siamo piccoli ed insignificanti di fronte a ciò che avevamo davanti agli occhi. Durante il volo si ha la possibilità di ascoltare il commento della guida registrato in più lingue, ma purtroppo non c’era in italiano. Nella tarda mattinata il gruppo si è riunito per ripartire verso la Monument Valley facendo la sosta per il pranzo a Cameron, una piccola riserva di indiani (Navajo´) dove abbiamo mangiato un piatto tipico, il Tacos. Si tratta in realtà di una pizza fritta con sopra una quantità notevole di verdure e salsa piccante che secondo me non è un piatto tradizionale degli indiani, ma una ricetta inventata e spacciata come tale; nessuno di quelli che l’ha ordinato è riuscito a terminarlo. Si riparte nel primo pomeriggio caldissimo; il territorio è di nuovo cambiato da verde a desertico ed in lontananza si intravedono le famose montagne rosse che hanno reso leggendaria l’intera zona grazie a molti film western, primo fra tutti Ombre rosse. Il parco è gestito sempre dagli indiani Navajo che accompagnano i turisti con i loro furgoni da fuoristrada. Truman, il nostro autista, era molto simpatico e ci giocava sempre brutti scherzi facendo finta di andare veramente fuori strada accelerando e frenando di colpo, nonché facendoci cantare in stile boy-scout. L’hotel che ci ha ospitato (Hampton Inn, Highway 160 a Kayenta) è gestito dagli indiano Navajo che sono stati molto gentili a farci trovare per cena un po’ di pasta (un po’ scotta) con un buon sugo di pomodoro. In questa zone è facile notare le abitazioni tipiche degli indiani, simili agli igloo, ma fatte con fango e terra, in cui vivono soprattutto le persone anziane. Al mattino era previsto l’incontro con Peter McDonald (ben 85 anni!) uno degli ultimi indiani superstiti che hanno partecipato a fianco degli USA nella guerra contro il Giappone utilizzando codici in lingua Navajo. Nonostante tutti i soprusi subiti dalle popolazioni indiane i Navajo sono fieri di aver affiancato i Marines soltanto perché solo grazie al loro aiuto avrebbero potuto ridurre notevolmente la durata della guerra. I Navajos (in genere gli indiani) sono un popolo molto pacifico e nella loro lingua non esiste nemmeno una parola scurrile; una frase che usano per offendere è “sei un coyote”. Bisognerebbe prendere esempio da queste genti che dal 1492 hanno subito ogni genere di violenza dagli Europei tanto cristiani e civili. Infine siamo risaliti sul bus in silenzio con qualche senso di colpa e ci siamo diretti verso il Lago Powell.

5 giorno.

Prima di giungere la lago Powell abbiamo visitato l’antilope Canyon sempre con una guida Navajo. In questa zona nel 1997 morirono cinque persone annegate durante un’improvvisa alluvione. E’ sconsigliabile la vista all’Antilope Canyon se si soffre di claustrofobia. Qualche chilometro prima esistono altre fratture nel terreno come l’Antilope Canyon, il Moab, in cui hanno fatto le riprese del film 127 ore. Il lago Powell è un lago artificiale enorme creatosi con la costruzione della diga sul fiume Colorado. La diga, nonostante abbia causato il riempimento di una zona simile al Gran Canyon, serve per l’energia elettrica e controllare le piene del fiume. Sul lago ci sono ben due porti in cui si possono noleggiare barche e case galleggianti. Abbiamo deciso di sorvolare anche il lago Powell per scoprire la sua immensità. Anche questa escursione era facoltativa, costava 170 dollari a testa e durava circa 45 minuti. Terminato il volo Mario (l’autista filippino) ci ha accompagnati fino alla diga per vederla da vicino per poi andare a pranzare a Kanab. La cittadina è conosciuta come la Hollywood dei film western e per anni gli attori e i registi l’hanno presa d’assalto. Su una collina è possibile notare la scritta KANAB bianca in stile HOLLYWOOD. Noi abbiamo pranzato con un menù western presso il ristorante “Little Hollywoodland” in cui nel retro è stato ricreato un villaggio western ed i simpatici gestori fanno recitare i clienti con tanto di costumi. Io e mia moglie abbiamo avuto il ruolo dei coyote. Nel pomeriggio ci siamo recati in un altro famosissimo parco: il Bryce Canyon con le sue guglie rosse. Finalmente abbiamo avuto la possibilità di camminarci dentro per circa un’ora e mezza dopo tante ore passate in pullman. In serata siamo stati ospitati dall’hotel Best Western Grand Hotel, Highway 63 dove ci siamo goduti un po’ di fresco in attesa di riprendere la nostra strada verso Las Vegas e verso il termine del nostro viaggio.

6 giorno (Nevada).

Ci siamo preparati sempre al mattino presto per affrontare un’altra lunga tappa che ci ha portato a Las Vegas, la città degli eccessi, dei casinò e degli sprechi. Ma prima abbiamo fatto una breve sosta allo Zion National Park per ammirare quelle colline che milioni di anni fa erano dune sabbiose poi ricoperte dall’oceano e “cementificate” quando quest’ultimo si ritirò. In tarda mattinata la guida ci ha offerto uno spuntino di salatini, acqua e vino Chardonnay californiano presso un’area pic-nic lungo il torrente Virgin. Dopodiché Mario l’autista ha imboccato l’autostrada per Las Vegas e ancora ci siamo fermati a qualche decina di chilometri in un supermercato per mangiare qualcosa. A luglio la temperatura è molto alta ed è facile sfiorare i 50°C; quel giorno ce n’erano 47°c mentre all’interno dei locali appena 20°C. Questa fissazione dell’aria condizionata sparata molto forte è una costante che abbiamo riscontrato in tutte le nostre tappe, nonché sul pullman di Mario. Conviene sempre vestirsi a cipolla e avere a portata di mano sempre una felpa se si vogliono evitare antipatici raffreddori e mal di gola. E finalmente… Las Vegas! Questa ultima tappa l’avremmo tranquillamente saltata e cambiata magari con San Francisco, ma purtroppo non si poteva. Il nostro hotel era il Tropicana (3801 Las Vegas Boulevard) e non aveva niente di spettacolare in confronto con il Bellagio, il Casaer’s Palace, il New York New York, il Mirage, il Venetian e il Luxor. Questi ultimi hotel che vi ho elencato hanno dello spettacolare perché all’interno sono ricostruiti interi paesaggi e scorci di città con tanto di cielo molto realistico. A parte i casinò (ai quali ci siamo rifiutati di giocare e buttar soldi) il casino invece è notevole in particolar modo di sera quando le luci si accendono e tutta la città assume un’affascinante atmosfera. Per far fronte a questi nuovi e spettacolari hotel/casinò quelli di vecchia costruzioni hanno adottato delle attrazioni come la galeeria luminosa Freemont Street Experience. Insomma, Las Vegas alla fine mi ha suscitato interesse, ma per i miei gusti la considero una città da visitare solo per una sera e basta. Tanto le slot machine e gli altri giochi d’azzardo non mi interassano, tanto meno gli outlet ai quali, purtroppo, siamo andati il giorno dopo per non restare da soli nell’albergo. Tanto di giorno c’è ben poco da fare con il caldo che c’è: o stai nella tua stanza, o giochi nei casinò, o vai negli outlet. Insomma si va dove c’è l’aria condizionata. In effetti negli outlet (dove ci sono le grandi marche) si possono trovare degli affari convenienti e quello che più mi ha interessato è stato il negozio della Bose. Alla fine ho comprato uno zaino Samsonite perché quello che avevo portato con me era molto scomodo. Comunque di attrazioni ce n’è in abbondanza ed anche mostruose, basti pensare alle “giostre” in cima allo Stratosphere alto 350 metri! Quindi non ci è restato che tornare in hotel, prepararci le valige e aspettare l’ultima cena con i nostri “affezionatissimi” compagni di viaggio, visitare il Luxor e andare a dormire per affrontare il ritorno in Italia molto contenti per l’esperienza che abbiamo fatto anche se non potevamo essere completamente autonomi, ma con l’amaro in bocca per avere constatato che i nostri connazionali sono molto campanilisti.

 

 

 

 

 

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