Salve, sono io: la Tour Eiffel. Ho deciso di parlare in prima persona per evitare figuracce all'autore del diario. Ve l'immaginate´ "Vai a Parigi e ci parli della Tour Eiffel´ Non ti sembra scontato, abusato, banale´ Ci sono le nuove tendenze, c'è la vita pulsante del Marais, riapre il Bus Palladium e tu... tu ci parli della Tour Eiffel´". Preferisco parlare io allora; tanto da sempre faccio discutere, lo so. Da "asparago di metallo" a "traliccio dell'alta tensione" mi hanno chiamata, e so solo io cosa ho patito nel 1909, quando a tutti i costi mi volevano abbattere. I miei concittadini non mi riservarono un'accoglienza particolare ; Gustave, mio padre, mi progettò nel 1889 per l'Esposizione Universale ed i primi anni furono un tormento: brutta, sgradevole, sgraziata, inutile, me ne hanno dette di tutte. Per la verità un'utilità l'ho avuta, ed è quella che mi ha salvato la pelle nel fatidico 1909: servivo come piattaforma per le antenne ricetrasmittenti; voi umani stavate inventando la radiotelegrafia. Non parliamo poi del mio colore, anzi me ne avete fatto passare proprio di tutti i colori: all'inizio sono stata progettata rossa e siete persino riusciti a cambiarmi di colore per sei volte, per non parlare di quella in cui mi avete dipinto di giallo! Ma io sapevo che bastava aspettare, sapevo che per entrare nel vostro cuore, ma soprattutto in quello dei miei concittadini, ci vule pazienza e costanza: sono orgogliosi, forse un po' spocchiosi ma poi... poi ti spalancano il cuore. Così oggi sono per tutti la regina di Parigi, l'icona principale della città. Sono soddisfazioni non da poco, è vero, ma non mi agito più di tanto: i miei 2,5 milioni (sì, milioni) di rivetti, i miei 324 metri d'altezza non si smuovono per così poco. Adesso sono io che mi diverto a guardarvi, qui passa di tutto: mi piace guardare le vostre facce col naso all'insù, mi piace sentire i vostri oooohhh di meraviglia quando la notte dò spettacolo con le mie mille luci. E vi guardo, semplicemente. Guardo quei due innamorati che si promettono eterno amore davanti alla mia sagoma; quel gruppo di giapponesi con i mille, dannati, flash; quell'anziana che ha sperato per tutta la vita di vedermi ed infine ce l'ha fatta; quel bambino che è più interessato ai giochi dei vari venditori che a me. A proposito, fatemi un favore: quella grottesca miniatura che metterete nel salotto proprio di fronte alla gondola che si illumina... non compratela, Cristo! Scusate, mi son lasciata andare andare un attimo. Spendo ancora una parola: l'autore del diario, poveretto, ha passato una vita con cavalletto e videocamera qui davanti a me. Fategli un favore: guardate il video che ha fatto, lo merita anche se non è un granchè. Ora vi saluto, ricordandovi che sto sempre qua: venitemi a trovare, perché Parigi, senza di me, non sarebbe la stessa. L'hanno capito anche i Parigini!