Provenza-Camargue
Un abbinamento da non perdere: la dolce, elegante Provenza e la selvaggia, languida, seducente Camargue.
Nonostante fosse Dicembre, il sole ci ha sempre accompagnato, tranne un giorno un po’ nuvoloso in cui il Mistral ha soffiato ininterrotto per tre giorni, donando al paesaggio cieli tersi, luci forti e colori tipicamente estivi.
“La dolce Provenza” non è un modo di dire stereotipato, è l’essenza di questa regione dove comunque e ovunque ci si sente a casa (tralasciando la famosa Costa Azzurra). Il carattere occitano permea le cose, le città sono ricche di storia, arte e cultura, la campagna è morbida, curata. I paesini arroccati sulle cime delle colline sembrano miniature mentre i contrafforti montuosi ed aspri dell’Alta Provenza abbracciano e proteggono questo insieme rilassante. A parte le periferie delle città che hanno necessariamente dovuto adattarsi alle esigenze di vita moderna, tutto è basso, mai invasivo, le campagne, i castelli, le chiese, i paesi formano un Unicum armonioso.
La nostra settimana ha avuto come base Avignone per la Provenza e Saintes Marie de la Mer per la Camargue.
Il 24 dicembre eccoci ad Avignone nel primo pomeriggio e nonostante le tante ore di auto una prima visita alla città è indispensabile. Siamo alla Vigilia di Natale e c’è molto fermento, ma niente auto nel centro storico quindi è piacevole camminare nel tramonto con una luce molto forte che arrossa i monumenti in un cielo straordinariamente azzurro. Fin che la luce del giorno ce lo permette cerchiamo di individuare i punti salienti e le piccole “chicche” che saranno la meta del giorno successivo.
Ed eccoci nelle prime ore del mattino di Natale a girovagare per una Avignone deserta. Non c’è NESSUNO per strada ed in attesa che i monumenti principali aprano ai visitatori, ci godiamo piccoli particolari di una bella piccola città con un cuore ed un’anima antichi dentro ad un corpo necessariamente moderno. La cerchia muraria sembra contenere e preservare quello spirito provenzale, occitano che si respira tra queste vie e vicoli, come nella caratteristica Via dei Tintori che mantiene ancora il canale con le ruote di legno ad acqua che servivano per le attività di tintoria del quartiere. Lungo la via antiche panchine di pietra ognuna con una diversa scultura, vecchie chiese di quartiere e un’atmosfera molto retrò. Ed ora quello straordinario monumento che è il Palazzo dei Papi. Monumentale, costruito su uno sperone di roccia nei primi decenni del 1300 ed ampliato e modificato nel corso dei secoli e che all’esterno presenta un insieme di stili che lo rendono unico. La sua origine è dovuta alla necessità di ospitare i Papi in fuga dai disordini di Roma. Questa fu la loro sede fino al 1370 quando anche, ma non solo, grazie ai continui appelli e implorazioni di S. Caterina da Siena, la curia papale ritornò a Roma.
La permanenza di personalità così importanti giustificano un’architettura ricca che si evolve dal romanico del piano basso al gotico dell’edificio superiore. Un ampio cortile interno in austero stile romanico e delimitato su un lato da un grande loggiato, ben riassume l’importanza e la solennità del palazzo.
Poi si accede ai piani superiori e il gotico francese prende il sopravvento. I soffitti si alzano e le volte a vela donano leggerezza e ariosità all’insieme. Grandiose stanze si susseguono, anche le cucine sono immense, luminose. Alcuni affreschi hanno superato le innumerevoli distruzioni e ci raccontano come dovevano apparire le stanze nella sontuosità del loro originario splendore. Una passeggiata sugli spalti superiori (sui tetti) offre una magnifica vista panoramica sulla città e il famoso Pont Saint Benezè che attraversa una porzione di Rodano. Ne restano solo quattro arcate ed una cappelletta. Nella luce radente del tramonto il ponte si rispecchia nelle acque del grande fiume e insieme alle mura della città e alle verdeggianti sponde, forma un insieme molto romantico e rilassante.
Il nostro tempo è limitato per tutto quello che vorremmo vedere, per cui ci dirigiamo verso un capolavoro dell’ingegneria dei nostri antichi romani: Le Pont du Gard (vedi il retro dei 5 euro).
L’acquedotto è considerato una delle più belle costruzioni romane al mondo ed è il ponte antico più alto del mondo. È composto di tre file di archi sovrapposti (6 archi al primo livello, 11 archi al secondo livello e 47 al terzo): una configurazione che rappresenta anche una realizzazione rarissima per l'epoca. Lascia veramente senza parole. Illuminato dal forte sole provenzale spicca monumentale tra il verde delle colline e la lucente lingua d’acqua del Gardon. Lo giriamo sopra ed intorno in tutti i modi possibili sempre meravigliati dalla grande sapienza e genialità dei nostri antenati.
Con questa potente immagine negli occhi ci dirigiamo verso Nimes, l’antica Colonia Nemausus dei romani che costruirono il Pont du Gard per portare acqua corrente a questa città sull’esempio della Roma imperiale.
Oggi di questo splendore è rimasto ben poco, l’Arena costruita sullo stile del Colosseo, è oggi utilizzata per la Corrida (che detesto), mentre si sono fortunatamente mantenuti integri gli ampi corridoi sotterranei con ricche tracce delle antiche vestigia.
Liquidiamo velocemente Nimes che non mi sembra nient’altro che un trait d’union tra la franco-occitana Provenza e la spagnoleggiante Camargue.
Nella terza soleggiatissima giornata vado a coronare un sogno: ci dirigiamo verso il Roussillon.
Già il viaggio da Avignone a Roussillon è un amabile, rilassante percorso tra campagne verdeggianti, vigneti, bassi edifici colonici, piccoli borghi arroccati sulle colline con i massicci montuosi del Luberon come sfondo. Poi compare questo gioiellino di paese color ocra, già piacevole di suo, che gradualmente introduce alla visione di quel caleidoscopio di tonalità delle sabbie e rocce delle cave d’ocra. Si cammina tra queste forme straordinarie con pareti sottili che diventano torrioni o alti dirupanti costoni di fine ocra. Si vira dal giallo al violaceo passando per infinite tonalità di arancio e se il sole le illumina, questo insieme sembra incendiarsi. E’ semplicemente magnifico!!!
E questo è solo il Roussillon, ma altri 10 Km. ed arriviamo al Colorado Provencal de Rustrel, altra meraviglia della natura con i colori forse ancora più forti.
Qui l’erosione ha formato colonne e pinnacoli, colline e piccoli canyon con sfavillanti calanchi bianchi che sbucano dietro a colline arancio dorato. Tornare nel verde che circonda questo luogo è quasi rilassante per gli occhi ubriachi di colori resi ancora più marcati da un cielo blu estivo perfettamente pulito.
Ci avviamo verso il tramonto, ma per non perdere nulla passiamo per l’Abbaye de Senanque, ma siamo a Dicembre e la sua famosa lavanda ovviamente non c’è. Veramente mi aspettavo qualcosa di meglio, bella abbazia romanica ma in posizione bassa rispetto alla strada e quindi la sua architettura non risalta molto.
Già che siamo nei dintorni finiamo la giornata con un tuffo nel lontano passato nel Villages de Bories costituito da antiche abitazioni in pietra locale risalenti all’Età del Bronzo, ma utilizzate nei secoli fino a pochi decenni fa: sono capanne a forma di alveare costruite con pietre senza calce utilizzando solo scaglie di arenaria. Oltre agli ovili, alcune erano utilizzate come magazzini, cantine ed altro. Un intero villaggio con tanto di spazio comune, forno e mura di protezione. Bello, interessante e ben recuperato.
Splendida e proficua giornata.
Come previsto la quarta giornata si preannuncia grigia anche se non piove e visto che alcune località si possono visitare anche senza sole, ci dirigiamo verso Nord, destinazione Orange.
Piccola città di origine celtica, divenuta importante in epoca romana come dimostrano i suoi monumenti. Tutte le vicende europee fino all’era moderna l’hanno in qualche modo vista tra le protagoniste, qui ha avuto origine la casata degli Orange-Nassau che tutt’oggi regna nei Paesi Bassi. Noi ne percorriamo le strade dall’atmosfera tranquilla e rilassata tipicamente provenzale, visitiamo l’importante Arco di Trionfo con fregi delle vittore romane sui Galli, saliamo sulla collina di Sant’Eutropia che conserva i resti dell’antico accampamento romano e che sovrasta il famoso Teatro Romano. Bello, ben restaurato e mantenuto è uno dei pochi esempi di teatro che mantiene intatta la scena ed il muro retrostante, oltre naturalmente al classico semicerchio delle gradinate. L’acustica è così perfetta che ancora oggi viene utilizzato per manifestazioni musicali.
Visto che il tempo si mantiene grigio, ci dirigiamo verso Vaison-la-Romaine che
deve il suo appellativo alle numerose rovine che la pongono fra le città francesi più ricche e complete di testimonianze archeologiche del periodo romano, fra le quali un teatro in eccellente stato di conservazione, le terme e numerose ville patrizie. Purtroppo tutti i monumenti sono chiusi al pubblico e ci si accontenta di vederli da fuori attraverso le cancellate e le reti di recinzione. Per chi viene dall’Italia niente di nuovo, ma qui sono conservati in modo eccellente.
Ne approfittiamo per passare oltre il torrente che divide in due la cittadina e separa la parte bassa con i resti romani, dalla parte alta medioevale con traccia di un castello sulla sommità di un piccolo colle. Ai piedi del castello viuzze, case in pietra e piccole chiese un tempo inserite dentro le mura di cinta formano un insieme molto carino e tutt’ora vissuto. Ci sarebbe un gran panorama su chilometri di vigneti a perdita d’occhio, ma le nuvole basse coprono tutto.
Per non farci mancare nulla, sulla via del rientro ci fermiamo alla Fontaine de Vaucluse: un paesino di 600 anime reso famoso da una grande caverna da cui nasce il Torrente Sorgue subaffluente del Rodano, inondata da un’acqua straordinariamente azzurra e chiara che ispirò a Petrarca il famoso sonetto “chiare, fresche e dolci acque…” dedicate a Laura. Il buio avanza e con questa romantica e idilliaca visione salutiamo la Provenza, domani ci aspetta la Camargue.
Scendendo verso Sud, gradualmente il paesaggio cambia e si percepisce l’antica presenza di popolazioni di carattere più sanguigno, si sente aria di Spagna e non solo per la presenza delle arene; il Rodano si prende i suoi enormi spazi, creando lagune e stagni in parte bonificati e trasformati in fertili pianure.
La Camargue mi è rimasta nel cuore, per me è un ambiente “folle” in senso positivo, la vita scorre lenta in chilometri e chilometri di nulla, tra stagni e salicornia, con un fascino incredibile che ti cattura. Forse è proprio averla visitata in questo periodo invernale dove la presenza di turisti è scarsa, non ci sono insetti, la temperatura è comunque gradevole e i paesaggi sono grandiosamente vuoti, quasi sonnolenti. Le “Cabane” con la loro forma a nave rovesciata come le antiche case di pescatori, con l’onnipresente Croce della Camargue sui muri, sono diventate oggi delle “case vacanza”, ma in questo modo hanno saputo unire le necessità turistiche senza snaturare i luoghi. Masserie nascoste nel verde e circondate da enormi spazi continuano la tradizione dell’allevamento dei tori neri da corrida e dei bianchi bellissimi cavalli della Camargue. Gli stagni salmastri sono gli spazi preferiti dai fenicotteri rosa (Flambant Rose) che vi si radunano in quantità.
Ma non si può parlare di questa terra senza ricordarne il simbolo e cioè la Croix la cui forma riunisce i simboli delle tre virtù teologali: Fede (rappresentata dalla croce latina), Speranza (rappresentata dall'àncora) e Carità (rappresentata dal cuore).
In pochi chilometri, passando dalla Provenza alla Camargue cambia tutto, anche la luce. Ora è più intensa e i colori briosi sembrano infondere una sferzata di energia. Arles è la porta d’ingresso alla Camargue e cerchiamo di cogliere nel poco tempo disponibile, l’essenza della città, che sapientemente mischia l’arte provenzale con il forte temperamento della regione. Capisco perché Van Gogh ha prediletto questa città, con i suoi colori e lo spirito dei suoi abitanti. Prestigiosi monumenti romani come l’Anfiteatro, le terme di Costantino, la necropoli e poi la Cattedrale romanica di Saint Trophime ed altri insigni monumenti l’hanno fatta rientrare tra i Patrimoni dell’Unesco. Il portale di Saint Trophime inizia a presentarci stilizzata, quello che sarà la presenza costante di questi luoghi, la Croix de Camargue. Bellissimo il chiostro in stile romanico-francese con le doppie colonne a capitelli istoriati, le grandi colonne portanti ricamate di statue e fregi di ogni tipo e un deambulatorio coperto da alti soffitti a vela di carattere gotico. La giornata scorre veloce e col sole che inizia a tramontare ci dirigiamo verso la nostra base per i prossimi tre giorni nei dintorni di Le Saintes-Maries-de la Mer, un'Azienda con tanto di cavalli circondata dai classici stagni del luogo: Auberge de la Fadaise.
In questi tre giorni abbiamo viaggiato e camminato in un mondo diverso, ad iniziare dalla piccola e ormai votata al turismo Le Saintes-Maries-de-la-Mer che comunque mantiene un’atmosfera ricca di tradizioni.
Ad esempio dentro la piccola ma piacevole c’è il Presepe come in tutte le chiese, ma qui le statuette sono i Santons tipici provenzali (cioè piccole statue che riproducono i costumi ed i lavori tradizionali della antica Provenza-Camargue) e le case e la capanna della natività sono le caratteristiche Cabane del luogo. Oppure nell’avvicinarsi ad un fine settimana che prevede una Corrida (non cruenta ma solo spettacolo di tori, cavalli e cavalieri) può succedere che un turbinio di zoccoli al galoppo preannunci l’ingresso in città di un gruppo di cavalieri con tanto di torce accese nel buio che circondano ed accompagnano un grosso toro verso l’Arena, poi come spiriti della notte, ripartono e svaniscono nel buio. Tutto molto affascinante.
Il Mistral soffia e tutto si piega al suo volere, anche le creste delle onde si scompongono in sbuffi di schiuma.
Si cammina tra queste distese dove il prato lascia il posto al canneto, poi allo stagno che alla fine lascia il posto al mare, tra cavalli che tranquillamente si cibano di salicornia e mandrie di tori che sonnecchiano sdraiati al sole, tra gruppi di fenicotteri che si cercano, si addossano gli uni agli altri per difendersi dal vento, poi si scontrano, sembrano bambini al parco giochi.
Oltre alla piacevole visita al Parco Ornitologico di Pont de Gau e l’incontro ravvicinato con i fenicotteri, uno degli appuntamenti più belli è stato con la città di Aigues Mortes. La mia non conoscenza mi portava ad immaginare un piccolo insieme di case in zona paludosa e invece mi ritrovo in una splendida città completamente circondata da mura e torri fatta costruire dai re di Francia nel secolo XIII per poter avere uno sbocco al mare. Oggi è tutto bonificato e grandi canali la collegano al Rodano ed al Golfo del Leone. Tra la città ed il mare una grande salina ha fornito ricchezza per anni ed oggi è anche una forte attrazione turistica grazie ai colori cangianti del basso strato di acqua marina. In certi giorni o con determinate condizioni di luce, diventa completamente rossa. La visita alla città vecchia dentro le mura è piacevole per l’atmosfera d’altri tempi che vi si respira, poi i camminamenti lungo tutto il periplo delle mura offrono scorci panoramici da ricordare. La cinta muraria è perfettamente intatta e la grande Torre di Costanza vigila su tutto. E’ talmente perfetto che ci si domanda se non siamo su un set cinematografico.
La settimana è finita e mestamente salutiamo questi luoghi per tornare nella caotica vita quotidiana, ma il tarlo della nostalgia sta già lavorando, quindi………….alla prossima
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