L’Islanda dopo l’eruzione

Vulcani attivi, fenomeni geotermici, paesaggi grandiosi, un paradiso per chi ama la natura nei suoi aspetti più possenti: si va in Islanda!

Ho deciso di fare il mio primo viaggio in Islanda nell’estate del 1996, programmandola per l’estate successiva. Quello stesso autunno il vulcano Grimsvotn, sepolto sotto 997 metri di ghiaccio della calotta del Vatnajokull, cominciò ad eruttare: la lava incandescente ci impiegò 3 giorni a forare quasi un chilometro di ghiaccio, ma nel frattempo si formò un vero e proprio fiume sotterraneo che irruppe nella valle sottostante spazzando via 10 chilometri di strada nazionale nr. 1. Il fiume trascinava nella sua corsa iceberg alti quanto un palazzo di tre piani, in una furia distruttiva che gli Isalndesi non vedevano da decenni. Feci il mio primo viaggio all’inizio dell’estate successiva, curioso di vedere i segni di tanta furia, ma vidi ben poco: gli Islandesi avevano già ricostruito tutti i ponti e buona parte della strada dimostrando una operosità e reattività fuori del comune.
Tredici anni dopo, mia moglie, che condivide con me la passione per i vulcani, mi propone di ritornare e non me lo faccio ripetere due volte.
Quasi a farlo apposta, poco dopo che abbiamo preso la nostra decisione, un altro vulcano della zona, stavolta l’Eyjafjalla, si risveglia: la storia la sappiamo tutti. Questa volta non ha distrutto niente, ma mi chiedo se quando deciderò di tornare una terza volta si risveglierà un altro vulcano! Se succederà mi sa che sono proprio io che porto s… sfortuna!

PERCHE’ E QUANDO ANDARE.
Coincidenze “vulcaniche” a parte, l’Islanda è a mio modo di vedere, il più bel Paese d’Europa dal punto di vista naturalistico. Certalmente è il più estremo e spettacolare.
La natura offre di tutto: vulcani attivi, sorgenti geotermiche (che gli islandesi sfruttano a dovere, si vedono serre dappertutto, specie nel sud del Paese!), fiordi spettacolari, ghiacciai, cascate, paesaggi lunari, una ricca avifauna. Un paradiso per gli amanti della natura. La stagione migliore per andarci è ovviamente l’estate, dato che durante l’inverno quasi tutte le piste interne sono chiuse.
Io ho scelto di andare in giugno la prima volta e anche questa seconda volta abbiamo scelto giugno, perché il Paese è meno frequentato dal turismo, ma soprattutto perché siamo in piena stagione della nidificazione e io e mia moglie siamo appassionati birdwatchers.
Anche se si va in piena estate, non bisogna sottovalutare gli estremi climatici che si possono incontrare: uno dei detti locali è che l’Islanda è un paese che non tollera gli idioti! Dunque bisogna portare con sé anche abiti caldi invernali: giacca a vento, felpe e maglioni, berretto e guanti di lana, giacche impermeabili antipioggia. Bisogna prevedere di vestirsi a “cipolla” perché si possono vivere quattro stagioni in una sola giornata.

GLI ISLANDESI
Gli islandesi sono certamente un popolo particolare, dato che detengono una serie di record che senza dubbio danno una idea della loro identità culturale. In Islanda c’è il più alto numero di libri pubblicati pro capite, il più alto numero di testate giornalistiche pro capite, la più alta percentuale al mondo di utenti regolari di Internet (68%) il più alto numero di figli nati al di fuori del matrimonio, è stato il primo Paese al mondo ad eleggere una donna presidente della repubblica. Dunque un Paese avanzato, liberale, colto.
Del resto basta andare in una delle tantissime librerie della Capitale per rendersene conto. La libreria è un locale dove si vive e si passa il tempo, molte hanno all’interno una sala lettura e addirittura un bar.
Mi è capitato, visitando Reykjavik, di passare davanti alla sede dell’ufficio del primo ministro e di vederlo uscire: attorno a lui tre giornalisti e un cameramen che lo attendevano per una intervista. Niente scorta, niente folla di curiosi, nulla di nulla. L’Islanda è uno dei Paesi più tranquilli del mondo e la politica non desta nessun particolare interesse e non suscita odi o entusiasmi come in altri Paesi. La delinquenza è praticamente inesistente, e non è raro vedere le mamme che lasciano le carrozzine incustodite dei bambini quando entrano in un negozio a fare la spesa.
E’ uno dei Paesi più sicuri del mondo.

COSTI E ACQUISTI
L’Islanda non è un paese economico: molte delle attrative del Paese sono all’interno e se uno vuole godere appieno la spettacolarità dell’isola dovrebbe affittare un 4x4, con relativi costi molto elevati.
Molti arrivano con il proprio mezzo, ma è chiaro che il viaggio dall’Italia è lungo e faticoso e giustificabile, secondo me, solo se ci si trattiene almeno un mese.
Anche gli alloggi sono abbastanza cari, con eccezione dei rifugi di montagna, che offrono sistemazione spartane per circa 30 Euro, e dei campeggi e ostelli (comunque più costosi della media europea).
Si riesce invece a mangiare anche a prezzi modici, sfruttando le tavole calde che si trovano dove ci sono i distributori di benzina.
La qualità del cibo non sempre è ottima: nelle tavole calde è forte l’influenza dello stile americano con hamburger spesso unti e pieni di salsa: non abbiate paura a chiedere il vostro cibo senza salsa se non vi piace ed evitate le combinazioni che vi propongono con patate fritte e bibite gassate, sempre che non vi piacciano, ovviamente! Nei ristoranti la qualità del cibo sale decisamente ma salgono di solito anche i prezzi. Un buon sistema per evitare di spendere troppo è chiedere il menu del giorno, che di solito prevede una zuppa e un secondo piatto a prezzi non troppo elevati. Evitate gli alcolici se non volete che il prezzo decolli, solo la birra ha prezzi abbastanza abbordabili. E’ normalissimo bere solo acqua che viene normalmente servita quando vi sedete.
La benzina è cara, anche di più che in Italia e non ci sono praticamente più stazioni con l’operatore. Funzionano tutte con carta di credito, quindi ricordarsi di avere con se anche il PIN, altrimenti non si fa benzina!
Uno dei migliori souvenir Islandesi sono i maglioni di lana fatti a mano ed in generale tutti gli oggetti in lana. La qualità è eccelsa (ho ancora due maglioni acquistati nel lontano 1997!) ed il prezzo adeguato, va dai 120 ai 150 Euro. Tuttavia il 15% delle tasse è recuperabile alla partenza, dunque, considerando l’altissima qualità (da non dimenticare che sono fatti a mano!) sono un acquisto senza dubbio consigliabile.
In generale, abbigliamento e oggettista outdoor, anche se “industriale” è di buona qualità.
Non mi dilungo oltre, limitandomi a queste poche informazioni spicciole e pratiche.

AVVISTAMENTO ANIMALI
L’Islanda in estate offre tantissimo e giugno, la stagione della nidificazione è l’ideale per la visita.
Si avvistano soprattutto uccelli, in particolare sterne, pulcinella di mare, cigni selvatici, ededroni, pittime, pettegole, skua, oche selvatiche. I mammiferi sono più difficili da avvistare ma con un po’ di fortuna si possono vedere soprattutto renne (introdotte) e volpi artiche. Le volpi artiche, come le pernici, d’estate mutano il colore bianco in marrone, per confondersi con l’ambiente. Occorre fortuna per avvistarle, ma anche attenzione perché sono molto mimetiche ed elusive. Si può tranquillamente transitare a pochi metri da loro senza vederle. Dunque, attenzione.Il nostro viaggio è durato 15 giorni: mia moglie ci veniva per la prima volta, quindi ho cercato di includere nel programma tutte le attrattive principali, cercando però anche di aggiungere qualche nuova destinazione per me. Certamente mi ha aiutato molto esserci già stato: mi ha permesso di ottimizzare i tempi e preparare un programma con poche perdite di tempo e diverse alternative: d’altra parte, il fatto che siamo andati a giugno, ci ha permesso di non prenotare almeno la metà degli alberghi, lasciandoci una certa libertà di movimento. Il turismo in Islanda è in crescita, dunque è consigliabile per chi ci va in luglio ma soprattutto in agosto, prenotare gli alloggi.
Ho trascurato un po’ la parte occidentale e i fiordi orientali proprio perché nel mio precedente viaggio avevo dato più spazio a queste zone e in particolar modo alla costa. Tuttavia questo itinerario può andare benissimo per chi va in Islanda per la prima volta e si ferma due settimane, dato che include le attrattive principali.
Piste interne: tutte le strade precedute da una F (per esempio F206) sono considerate piste e sono proibite ai mezzi a due ruote motrici. Questo non significa che alcune possano essere percorse con una certa cautela, perché prive di guadi.
Ricordarsi però che in caso di rotture, anche non dovute alla pista, l’assicurazione non risponde e dovrete ripagare i danni; lo stesso vale per i 4x4: anche se noleggiate con la copertura assicurativa massima, l’assicurazione non copre mai danni provocati dai guadi o danni causati alla parte inferiore del veicolo, dunque siate sempre prudenti.
La Statale 1, che gira intorno all’isola è ormai quasi totalmente asfaltata, e percorribile con veicoli normali. Sull’asfalto il limite di velocità è 90 km/h, 80 km/h sullo sterrato.
Non ci sono molti controlli, ma conviene rispettare i limiti, anche perché le multe sono molto salate. Non ne ho prese, ma così dicono i locali!

GUADI
Non esiste una regola che dice quali sono impegnativi e quali no: un guado facile oggi potrebbe essere impraticabile domani. Generalmente i fiumi si gonfiano di più ovviamente dopo le piogge o al pomeriggio, specie se la giornata è calda, per il disgelo. Se avete qualche timore, aspettate che arrivi qualcun altro prima di affrontare il guado.
Se cominciate ad affrontarlo non vi fate prendere dal panico e non vi fermate per nessun motivo, anche se cominciate a pensare di non farcela: se vi fermerete non ce la farete di certo perché è molto probabile che vi entri acqua dal tubo di scarico e il motore si spenga. Guadando, infatti, si forma l’effetto scia dell’acqua, che permette al tubo di scappamento di rimanere libero, anche se sul muso l’acqua sembra essere molto alta. Questo non significa che bisogna guadare a tutta velocità, anzi, bisogna procedere con regolarità ma con cautela.
E’ buona norma guadare in leggera controcorrente (per il motivo di cui sopra) ma non è indispensabile. Cercate invece di stabilire la migliore traiettoria, osservando dove sono usciti i veicoli che vi hanno preceduto. Generalmente l’acqua è meno profonda dove forma delle increspature. Non sperate di vedere molto in trasparenza, perché spesso l’acqua è grigia, piena di sabbia, dato che proviene da ghiacciaio. Se sopportate la temperatura potete anche entrare a piedi in avanscoperta, nel qual caso non fatelo a piedi nudi perché ci sono sassi nel fondo e fanno male e ricordate che l’acqua è gelida!

12 giugno 2010
Partenza nel pomeriggio dall’Italia e arrivo a Reykjavik alla sera, alle 23.30.
Alla consegna bagagli già si nota una stranezza di questo Paese, con un negozio di Duty free proprio davanti al nastro consegna bagagli. Molti, soprattutto locali, ne approfittano mentre aspettano per andare a comprarsi alcoolici, dai costi proibitivi in Islanda a causa della forte tassazione.
All’uscita troviamo ad aspettarci il ragazzo del rent a car (vedi links). Per limitare le spese dell’affitto auto, molto costoso in Islanda, abbiamo preso per i primi giorni un’auto normale, per poi passare ad un 4x4 dopo qualche giorno.
Benchè sia ormai mezzanotte la luce è ancora abbastanza forte, attenuata dal fatto che è nuvoloso e sta piovigginando. Nel giro di circa 40 minuti arriviamo in città: è quasi l’una di notte e non abbiamo problemi a trovare la guesthouse, anche perché ricordavo abbastanza bene la zona della città dal mio viaggio precedente.
Suoniamo il campanello che è quasi l’una di notte, il proprietario (che avevo avvertito via mail dell’arrivo tardi) scende in pigiama e ci porta in camera nel giro di pochi minuti.
La Guesthouse è molto bella per lo standard islandese (le abitazioni e gli alloggi islandesi sono in genere molto spartani) e vicinissima al centro. Si rivelerà essere un’ottima scelta logistica.

13 giugno
Sveglia comunque presto, verso le 7.30, dato che non ci siamo ancora ben abituati al fatto che non è mai notte, ed in Islanda ci sono solo le tende per oscurare. Dopo una rapida colazione partiamo in direzione est, sulla statale 1. Il tempo è ancora nuvoloso, ma non piove. Appena fuori città cominciano ad apparirci splendide distese di lupini di montagna, un’erba infestante introdotta in Islanda che si è subito adattata: ci sono ettari interi e siamo in Islanda proprio nel periodo di massima fioritura. Spettacolo davvero fantastico. Ci fermiamo a Sellfoss, in una ottima pasticceria/panificio, per integrare la colazione e comprarci pane e affettati per il pranzo.
Verso le 11.00 arriviamo alla prima di quella che sarà una lunga serie di cascate, Seljalandsfoss. E’ facilmente visibile dalla statale 1, un bel salto di un filo d’acqua (almeno per gli standard islandesi) da una piattaforma di basalto alta almeno 70 metri. Una cascata davvero fotogenica, soprattutto perché ci spunta un po’ di sole e l’acqua forma dei piccoli pezzi di arcobaleno.
Proseguiamo per la ben più famosa cascata di Skogafoss, uno dei simboli dell’Islanda: la cascata non ha una gran portata d’acqua, ma è molto spettacolare perché il salto di una sessantina di metri è a forma di ferro di cavallo e la cascata è molto larga e uniforme. E’ un po’ la cascata classica, come la disegnerebbe un bambino!
Si arriva ai piedi del salto e si può salire in cima per un ripido sentiero. Il sentiero, oltre una staccionata, prosegue verso l’interno e, attraverso uno spettacolare percorso (che conto di fare nel prossimo viaggio in Islanda!) porta, in 5 giorni di cammino, fino al rifugio interno del Landmannalaugar.
Ci fermiamo a visitare anche il vicino museo all’aperto con un piccolo villaggio tradizionale islandese ricostruito. Ci sono le case con gli interni d’epoca, una piccola scuola, una piccola chiesa.
E’ ormai tardo pomeriggio quando torniamo indietro, percorrendo strade più interne rispetto alla statale e dirigendoci verso Geysir e Gullfoss. Sappiamo che questi due luoghi sono molto frequentati e quindi ce la prendiamo comoda, fermandoci spesso a fotografare il paesaggio o i tipici cavalli islandesi, che sono dappertutto. Sono una razza autoctona, gelosamente difesa dai locali, tanto che è proibita l’importazione di altri cavalli se non sotto stretta sorveglianza.
Arriviamo a Geysir all’ora di cena. Nel frattempo è spuntato il sole e la situazione è ideale per fotografare il luogo, dato che i bus delle comitive sono ormai lontane.
Geysir è proprio il nome di uno dei soffioni di acqua calda che ha dato il nome al fenomeno: purtroppo ora non è più attivo, perché i primi turisti di molti decenni fa, l’hanno ostruito a forza di gettare sassi per far andare il soffio sempre più in alto… a lungo andare lo hanno tappato! Per fortuna c’è il vicino Strokkur che garantisce lo spettacolo con un soffio ogni circa 3-4 minuti.
Mangiamo un panino e ci spostiamo poi alla vicinissima cascata di Gullfoss, forse la più visitata d’islanda. Sono ormai le 10 passate e non c’è più nessuno: una vera pacchia! Sosta nuovamente a Geysir al ritorno e poi via a Reykjavik, dove arriviamo dopo la mezzanotte.

14 giugno
Oggi si parte per i fiordi dell’ ovest. Dunque è una giornata prettamente di trasferimento, anche se la spettacolarità dell’Islanda rende anche le tappe di trasferimento tutt’altro che noiose. Ci fermiamo spesso a godere dello spettacolo della natura e a fotografare. Passiamo nel nuovo tunnel sotto il fiordo Hvalfjordur, che ci fa risparmiare un mucchio di strada, e proseguiamo verso nord.
A Budardalur ci fermiamo a cambiare e a mangiare presso il self service della stazione di servizio N1, ottimo anche se spartano (prezzo circa 6-7 Euro a testa per zuppa + pesce grigliato o fritto).
Nella saletta del self service, notiamo 3 signore locali che stanno sferruzzando: stanno facendo i tipici maglioni islandesi in lana e passano il tempo chiacchierando allegramente.
Entriamo finalmente nella regione dei fiordi, con la strada che costeggia il mare e offre notevoli spunti panoramici. Il tempo è variabile e ci fermiamo spesso soprattutto per osservare e fotografare l’abbondante avifauna, soprattutto cigni selvatici, ededroni, ostricai.
Arriviamo nel tardo pomeriggio al nostro hotel, l’hotel Latrabjarg, sotto una pioggia battente. Siamo a pochi chilometri dalla scogliera di Latrabjarg, famosa per i pulcinella di mare e per la spettacolarità della scogliera stessa. Speriamo bene per domani.
Ceniamo all’hotel del ristorante (anche perché non c’è molto altro in giro!): buono anche se piuttosto caro, spendendo circa 70 Euro in due e andiamo a dormire pieni di speranza per le condizioni metereologiche.

15 giugno
Mi sveglio alle 7, con la luce del sole e mi fiondo fuori tra i prati dove sono abbandanti le sterne nidificanti. Mi diverto a fotografarle con la luce radente, fino a quando il sole se ne va.
Fotografare le sterne non sempre è un divertimento, perché sono molto aggressive e a volte ti vengono addosso anche quando sei ben lontano dai nidi. E’ indispensabile avere almeno un berrettino, perché tendono a beccare in testa e il loro becco aguzzo può fare molto male.
Spesso usano anche un’altra tattica di dissuasione, che consiste nel defecarti addosso! Un tale bombardamento sa essere molto dissuasivo!
Il sole se ne è andato ma per fortuna non piove. Dopo una ottima colazione partiamo per Latrabjarg. Arriviamo che pioviggina, purtroppo, ma la gioia di vedere così tanti animali da vicino, soprattutto gazze di mare, Kittivakes, urie, fulmari e, appunto pulcinella di mare, ce lo fa dimenticare. Ci godiamo la scogliera per tutta la mattinata e partiamo verso le 12 per la costa a nord, destinazione la famosa cascata di Dinjandi. Percorsi pochi chilometri ci ritroviamo davanti un animale difficile da avvistare, una volpe artica! Il pelo sta cambiando colore e sta diventando marrone come le rocce dove si nasconde, ma siamo riusciti a vederla, a differenza dell’auto che ci precedeva. Purtroppo si allontana subito e riesco a fotografarla solo da lontano. Percorriamo strade sterrate pressochè deserte, ma adatte anche dalla nostra auto normale. Arriviamo alla spettacolare cascata di Djniandi nel tardo pomeriggio. Oltre a noi, ci sono solo due tedeschi e ce la possiamo godere appieno, anche perché dopo poco i tedeschi se ne vanno e restiamo da soli.
Torniamo lentamente sui nostri passi, per arrivare verso sera a Flokalundur, dove dormiamo nell’hotel omonimo. L’hotel ha uno standard simile al precedente ma costa il 30% in meno. Buono anche il ristorante. Bellissima la vista sul fiordo.

16 giugno
Partiamo verso le 8.30 dopo una ottima colazione, e ci dirigiamo di nuovo a sud, verso Reykjavik.
Subito una bell’incontro: vicino alla strada, appollaiato su una roccia, c’è un splendido maschio di pernice bianca. Mi fermo con l’auto e stranamente non sembra spaventato ma solo incuriosito. Rincuorato decido di scendere dall’auto: non scappa, anzi mi guarda ancora più incuriosito mentre mi avvicino guardingo. Si stiracchia l’ala e si esibisce alzandosi e abbassandosi mentre lo fotografo da distanza abbastanza ravvicinata. Soddisfazione totale, è raro riuscire a vedere così bene un uccello del genere!
Ancora pochi chilometri e ci imbattiamo stavolta in uno spettacolo meno piacevole, un incidente. Una 4x4 rovesciata, evidentemente qualcuno ha esagerato con la velocità o si è distratto, uscendo di strada e rovinandosi la vacanza. Un ulteriore monito anche per noi, le strade islandesi vanno affrontate con prudenza!
Continuiamo con calma verso sud, per noi è sufficiente arrivare all’aereoporto entro sera visto che dobbiamo cambiare l’auto alle 21.00. Dato che l’ufficio è vicino all’aereoporto, il programma prevede nel pomeriggio la laguna blu, un posto tanto popolare quanto strano, proprio vicino all’aereoporto. Nata quasi per caso, la laguna blu era inizialmente una pozza d’acqua, “scarto” della centrale geotermica di Svartsengi: la temperatura ideale dell’acqua dopo lo sfruttamento della centrale geotermica, 38°C ha fatto sì che pian piano i locali ci andassero a fare il bagno. Il successo, complice anche il suggestivo paesaggio lunare circostante, è stato immediato. Ora la laguna blu è diventata una macchina per fare i soldi, con centinaia di visitatori ogni giorno, che pagano i 38 Euro di ingresso per andare a bagnarsi nelle acque calde dell’enorme pozza, Sembra che l’acqua faccia bene alla pelle e sia un toccasana per alcune malattie della pelle tipo la psoriasi.
Rispetto al 1996, quando ci sono andato per la prima volta, la laguna blu è irriconoscibile: un parcheggio enorme, una hall moderna e lussuosa, la pozza ulteriormente ingrandita.
E’ un posto decisamente affollato, ma comunque da provare per chi va in Islanda. Ce la prendiamo comoda, ci godiamo il tardo pomeriggio senza le comitive, e alle 21.00 andiamo a prendere la 4 x 4. Ci attende una piacevole sorpresa, non ci danno la prenotata Suzuki Gran Vitara, ma una ben più grande land Cruiser, ovviamente allo stesso prezzo. Dato che è tardi ci fermiamo a cenare in un ristorante di Keflavik, lungo la spiaggia. Mangiamo discretamente, ma niente di eccezionale.
Dormiamo di nuovo a Reykjavik, nella stessa Guesthouse.

17 giugno
Partenza verso le 8.00 per Thingvellir, parco nazionale dal 2004, ma soprattutto un luogo importante sia dal punto di vista geologico sia dal punto di vista storico. Fu proprio in questa piana che fu proclamata l’indipendenza dell’Islanda, nel 1944, ma soprattutto era qui che si riunivano le assemblee legislative dell’Islanda pre- era moderna.
Thingvellir si trova esattamente sulla faglia di rottura della dorsale atlantica, ovvero è attraversata dalla fenditura che separa la placca americana da quella europea. Le due placche si stanno allontanando al ritmo di 2 millimetri all’anno, una enormità geologicamente parlando.
La frattura è ampiamente visibile, ci si può camminare in mezzo e fa davvero una certa impressione pensare che l’Islanda è destinata a spezzarsi in due nei millenni a venire.
La giornata è bellissima e ne approffitiamo per qualche breve passeggiata.
Lasciamo Thingvellir per la nostra prossima importantissima destinazione: la regione del Landmannalaugar! Ci fermiamo a fare provviste per i prossimi giorni, dato che stiamo andando in una zona dove, oltre al rifugio Landmannalaugar dove siamo diretti, non c’è niente altro e facciamo il pieno all’ultimo distributore della strada 26 che abbiamo preso per arrivare. Imbocchiamo la pista che si rivela essere molto bella. Attraversiamo ampi campi di lava desolati, dalle tante tonalità, nella solitudine più assoluta. Più volte ci fermiamo e spegniamo l’auto, per goderci il silenzio.
Oltre che bella la pista è facile, con due soli guadi, ma entrambi alla fine, a 150 metri dal rifugio e dalla fine della pista. Prima dei due guadi c’è un piccolo parcheggio: vediamo due auto normali, che sono arrivate fin lì percorrendo lentamente la pista che abbiamo fatto noi, la sola che porti al rifugio senza guadi.
Arriviamo circa alle 6 di pomeriggio, abbiamo prenotato due posti letto nel rifugio al prezzo di 30 Euro a testa. la giornata è ancora lunga, dunque decidiamo di partire subito per un trekking della durata di tre ore che si rivela fantastico. Il tempo è nuvoloso ma non piove, il che è una fortuna. Rientrati dopo le 21, ceniamo con le nostre provviste nella cucina in comune del rifugio, ma decidiamo di non dormire in camerata: la land cruiser è molto grande e ci rendiamo conto che, con gli schienali abbattuti, ci permette di dormire benissimo! Preferiamo l’intimità dell’auto alla promiscuità della camerata!

18 giugno
Mi sveglio alle 3 di notte con una bellissima luce! Il sole fa capolino dalle nuvole e salto fuori in un attimo dal sacco a pelo. Prendo la mia attrezzatura fotografica e mi allontano sul sentiero che porta in alto per fare qualche foto. Purtroppo non sono molto fortunato, perché dopo mezz’ora e pochi scatti il sole se ne va di nuovo. Passeggio ancora un po’ in totale solitudine, quando mi accorgo che a pochi metri c’è una coppia di pernici che mi guardano incuriosite e sospettose. Mi godo la loro compagnia e verso le 5 del mattino torno a dormire per un paio d’ore.
Oggi ci aspetta un trekking impegnativo, percorreremo una parte del sentiero che, in 5 giorni di cammino, porta fino alla costa, alla cascata di Skogafoss che abbiamo visitato tre giorni fa.
Il sentiero si rivela bellissimo, ma il clima è estremo. Fa molto freddo, si rende necessario un abbigliamento molto pesante, con berretto di lana e guanti. Ma la spettacolarità del luogo è incomparabile e ci fa ben sopportare anche il freddo. I vulcani hanno disegnato un paesaggio quasi fiabesco, con le rioliti che danno vita ad una tavolozza di colori a tratti anche improbabili: lilla, verdi, marroni, rossi, arancioni… da perderci gli occhi. Non c’è il sole ma scattiamo parecchie foto, anche perché certi colori tutto sommato rendono anche meglio con il tempo nuvoloso. Attraversiamo spesso dei canaloni ancora innevati ma tutto sommato il sentiero non è difficile né pericoloso. Ci sono però alcune zone fuori dal sentiero con sabbie mobili, non rare in Islanda, quindi occorre prestare attenzione. Dopo circa 5 ore di cammino, quando siamo quasi arrivati al rifugio che segna la fine della prima delle 5 tappe dell’intero trekking, torniamo sui nostri passi, stanchi ma soddisfattissimi della giornata.
Terminiamo la giornata con un rilassante bagno nella pozza calda vicino al rifugio, sotto una pioggerellina leggera che fa molto atmosfera. La temperatura dell’acqua è intorno ai 37 gradi, quella esterna di 7 gradi.
Dormiamo nuovamente in auto.

19 giugno
Ci svegliamo alle 3 del mattino e decidiamo di partire. Questo è il bello dell’Islanda in estate: c’è sempre la luce, dunque non esistono orari! C’è nebbia fitta alla partenza e ci allontaniamo sperando in un miglioramento. Il tempo non migliora molto, ma la nebbia rende ancora più suggestiva la pista che porta verso sud, la F208 che si percorre in circa 3 ore (+ eventuali soste). Ci sono 20 guadi di varie difficoltà, difficoltà che ovviamente cambiano di giorno in giorno e a volte di ora in ora!
La nebbia pian piano scompare ma il cielo rimane nuvoloso, anche quando usciamo sulla statale 1 e, dopo pochi chilometri, imbocchiamo un’altra pista abbastanza impegnativa, lunga una cinquantina di chilometri e con 8 guadi ci porta verso il Lakagigar: è la pista F206, che costeggia il Vatnajokull, il più grande ghiacciaio d’Europa e porta appunto fino al complesso del Lakagigar, caratterizzato da una fila di crateri lunga ben 25 chilometri, con quello più grande del Laki, circa a metà, che permette di dominare tutta la vallata e offre la visuale sulla fila stessa di crateri. Il Laki è un luogo primordiale: è stato teatro, nella primavera del 1783 di una delle più grandi catastrofi conosciute della storia dell’umanità. L’eruzione durò 8 mesi, con la formazione di 135 crateri, fuoriuscirono 30 miliardi di tonnellate di lava, ma soprattutto i gas venefici che si sprigionarono uccisero direttamente 9000 persone. Il danno più grande fu comunque causato dalle ceneri che ne fuoriuscirono: oscurarono il sole in tutto l’emisfero nord (altro che Ejyafjalla!), causando terrificanti carestie in tutta l’Europa e l’Asia: secondo alcuni studiosi, la carestia che provocò negli anni a seguire portò ad un ulteriore impoverimento della popolazione europea e costituì l’innesco della Rivoluzione Francese: dunque segnò più o meno direttamente la nostra storia moderna!
Non si può non riflettere su questo, vista anche la recente eruzione dell’Eyjafjalla: una eruzione tutto sommato debole e secondaria, certamente una sciocchezza rispetto a quella del Laki, ma che pure ha creato tanti problemi… che succederà se si ripeterà il Laki?
Ma torniamo al nostro diario: arriviamo alla base del Laki dopo circa due ore e mezzo di pista tra i campi di lava generati dall’eruzione. Pioviggina, la visibilità non è buona, ma decidiamo di salire lo stesso. Non c’è nessuno a parte noi ed il silenzio è rotto solo dalle raffiche di vento gelido che ci costringono ad avanzare lentamente, imbaccuccati come degli escursionisti nella neve. La pace che regna sul luogo ci rende difficile immaginare che proprio qui si sia verificata una tale catastrofe oltretutto anche recente, considerando i tempi geologici. Dopo un’ora di cammino arriviamo in cima. Piove ancora, ma ora la visibilità è migliorata e non ci riesce difficile scorgere la fila di crateri lungo la linea dell’eruzione. Semplicemente grandioso. Le condizioni non sono le migliori per le foto, ma stupisce comunque la tonalità quasi irreale e comunque uniforme di verde che il paesaggio presenta grazie a dei particolari licheni che hanno colonizzato le rocce.
Ritorniamo all’auto in tarda mattinata, non si vede ancora nessuno: incontremo la prima jeep sulla via del ritorno, oltre la metà della pista.
Ritornati sulla N1 proseguiamo il nostro giro verso est. Prossima tappa Svartifoss, una piccola cascata raggiungibile con 45 minuti di trekking facile… talmente facile che il sentiero è frequentatissimo. Il tempo è migliorato, c’è un bellissimo sole. La cascata è davvero bella, immersa nella vegetazione e giusto nel mezzo di un teatro naturale costituito da rocce nere basaltiche.
Per la prima volta da quando siamo in Islanda, ci mettiamo in maniche corte, al ritorno. Dal parcheggio di Svartifoss un breve tragitto in auto ci porta a Jokullsarlon.
Jokullsarlon è uno dei luoghi più conosciuti e fotografati d’Islanda. E’ un laghetto ai piedi del ghiacciaio Vatnajokull, pieno di iceberg che si staccano dal ghiacciaio. Il lago è collegato al mare da un stretto passaggio, e proprio per questo gli iceberg hanno una certa difficoltà ad uscire in mare (dove poi vanno a spiaggiarsi) e dunque galleggiano sull’acqua anche per diversi mesi. Lo spettacolo è garantito. E’possibile anche navigare sul lago con degli speciali mezzi anfibi, e noi ne approfittiamo. Il sole splende e paradossalmente non è il massimo dato che i colori degli iceberg perdono con il sole le tonalità più intense di blu e diventano meno spettacolari. Poco importa, il sole è sempre apprezzato! Inutile dire che, essendo lungo la N1 e facilmente accessibile, il lago è estremamente affollato. Dopo un giro anche sul bagnasciuga, per ammirare gli iceberg spiaggiati, ripartiamo verso Myvatn. Dormiamo a Djupivogur, un pittoresco paesino sul mare, in un bel hotel chiamato hotel Framtid, citato nella nostra Lonely Planet. Costo per una doppia circa 110 Euro.

20 giugno
Dopo l’ottima colazione proseguiamo sulla N1, affrontando anche uno dei pochi tratti ancora sterrati, ma ovviamente in buonissime condizioni. Deviamo sulla F862 per andare a vedere Dettifoss, forse la cascata più spettacolare d’Islanda. Dettifoss è natura allo stato puro: una straordinaria cascata non particolarmente alta, ma con una portata d’acqua che può raggiungere quasi i 300 metri cubi d’acqua al secondo (in media 200), è la più potente cascata d’Europa. Il frastuono si sente fin da lontano, così come la nuvola d’acqua finissima che si solleva per il salto.
La cosa più straordinaria è che ci si può avvicinare praticamente fino al bordo, non ci sono transenne, non c’è cemento, non ci sono bar e ristoranti! Se uno volesse buttarsi dentro basterebbe fare un passo in più…
L’acqua è grigia, perché proveniente da ghiacciaio ma, come possiamo osservare proseguendo lungo il canyon che il fiume ha scavato, basta una piccola ansa dove l’acqua si possa fermare perché la polvere grigia si depositi e l’acqua mostri il suo vero colore, un turchese quasi scintillante.
Proseguiamo verso nord ed arriviamo ad Husavik, dove andiamo subito a comprare i biglietti per l’uscita in barca per l’osservazione delle balene. Mentre aspettiamo la partenza facciamo un po’ si shopping, comprando alla cooperativa locale i tipici maglioni islandesi ed ordinandone uno su misura che, puntualmente ci arriverà a casa in Italia 15 giorni dopo.
Il giro per avvistare le balene non è particolarmente entusiasmante: le balene più comuni che si vedono sono le balene rostrate, che non escono molto dall’acqua. Noi speriamo sempre nell’orca o nella megattera, ma sono molto più rare e non le vedremo in nessuno dei tre giri che faremo.
In questo vediamo però una cosa rarissima, anche se un po’ impressionante: una giovane delfina morta di parto. Il cucciolo è ancora attaccato: triste spettacolo, ma la natura è così.
Per uscire in barca raccomando abbigliamento pesante, anche se le compagnie sono organizzate e offrono l’uso gratuito di pesanti tute da pescatori per i meno previdenti.
Visitiamo anche l’interessantissimo museo delle balene che merita davvero per l’approccio scientifico.
Ceniamo nel ristorante sotto il molo, cibo di ottima qualità con prezzi discreti vista la media islandese: circa 20 Euro a testa, scegliendo l’ottimo menu del giorno.
Albergo: Hotel Vogafjos, nella zona di Myvatn, e ci viene dato un bel bungalow.

21 giugno
Giornata dedicata alla zona vulcanica di Myvatn. Colazione in fattoria perchè in realtà l’albergo è una fattoria parzialmente riconvertita in albergo, con vari bungalow: la sala colazioni è davvero strana, con vetrate che offrono la vista sulla stalla!
Visitiamo prima la zona di Hverir, bellissima per la sua varietà di colori. Sul luogo soffioni di vapore, feritoie fumanti e pozze di fango bollente: per goderla appieno servono almeno due ore di visita. Anche qui, come in altri luoghi, non sarebbe male avere una retina antimosche perché le mosche sono estremamente fastidiose, come è molto forte l’odore di zolfo! Passiamo poi per Grjotagja dove è possibile vedere di nuovo la spaccatura della dorsale atlantica.
Verso le 11.30 andiamo all’aereoporto, perché quel mattino siamo andati a prenotare un volo panoramico sull’Askja. Mia moglie ha scelto di volarci sopra anziché arrivarci con la pista che ci avrebbe portato via il giorno intero. A me va benissimo, visto che la strada dell’Askja è stata l’unica pista interna che ho fatto nel mio viaggio precedente, quindi lascio solo a lei la scelta. Scopriamo con piacere di essere soli, dunque il piccolo Cessna è tutto per noi. Il volo, se pur non sempre accompagnato dal sole, è assolutamente fantastico. Ci godiamo i laghi di Myvatn punteggiati dai verdeggianti pseudocrateri, i neri campi di lava verso l’Askja, l’Askja con i suoi laghi caldi (il crateri Viti) e freddi, e la punta settentrionale del ghiacciaio Vatnajokull, con ampi campi geotermici. Un’ora e mezza di spettacolo continuo. Il volo vale tutti i 175 Euro pagati.
Nel pomeriggio visitiamo Dimmoburgir, uno stranissimo campo di lava, e passiamo il resto della giornata a girare intorno ai laghi, per osservare la fauna del luogo. Ci sono tantissimi anatidi, purtroppo piuttosto timidi, quindi nonostante l’adeguata attrezzatura fotografica, non è facile fare dei bei ritratti ravvicinati. Ma qualche colpo di fortuna ogni tanto capita: camminando lungo la riva mi imbatto per puro caso in un nido di svasso cornuto, con lo svasso che sta covando le uova. Avrei quasi rischiato di pestarlo, se lo svasso non mi avesse avvertito! Mi allontano un po’ per non stressarlo troppo, ad una distanza comunque sufficiente per immortalarlo come si deve. Lo svasso cornuto è uno dei più begli uccelli europei, con il piumaggio variopinto e gli occhi rosso fuoco!
Cena nel ristorante dell’albergo.

22 giugno
Mattinata dedicata a Krafla, altra zona geotermica da girare a piedi con calma, per apprezzare i colori delle rioliti vulcaniche. Alcuni campi di lava sono piuttosto recenti (1984) ed è facile notare come la zona sia ancora estremamente attiva. Bisogna fare una certa attenzione e ci sono a tratti delle recinzioni che tengono i visitatori lontani dai punti più pericolosi.
Nel pomeriggio andiamo a visitare la bella cascata di Godafoss, e da lì prendiamo la strada 844 (consigliata da un amico) per andare a raggiungere la cascata di Alderyarfoss. La strada, totalmente sterrata, è effettivamente molto bella e costeggia un fiume pieno di ogni ben di Dio: quattrocchi d’Islanda, cigni e oche selvatiche, pittime, pettegole, svassi, chiurli, etc…
Alla fine della strada c’è un sentiero di circa 3 chilometri che porta alla cascata, davvero spettacolare.
La via del ritorno ci riserva un paio di piacevoli sorprese: un pulcino di chiurlo spaventato che si acquatta in mezzo alla strada, che noi “salviamo” spostandolo, accompagnato dagli urli della madre che nel frattempo è arrivata al volo e, con nostra sorpresa, un’altra volpe artica giusto in mezzo alla strada, con una preda tra le fauci. Quando ci vede se la da a gambe levate, ma salutiamo comunque questa breve apparizione con grande soddisfazione!
Questa sera dormiremo ad Husavik, quindi riusciamo a fare un altro giro in barca per l’osservazione delle balene, verso sera.
Pernottamento al Husavik cottage.

23 giugno
Sveglia alle 6.30 per l’esplorazione dei laghetti circostanti ai cottages. Un paradiso con sterne, chiurli, falaropi e chiurli, soprattutto. Il tempo però è ancora nuvoloso.
In tarda mattinata andiamo a visitare lo stranissimo e unico al mondo “museo fallologico”, una raccolta di falli del mondo animale…
Ci dirigiamo verso Dalvik, perché vogliamo visitare l’isola di Hrisey, popolata da pernici bianche. Purtroppo arriviamo tardi per il traghetto e scopriamo che dovremmo aspettare tre ore per quello successivo: visto che le pernici le abbiamo già viste, anche da vicino, decidiamo invece di proseguire lungo la costa per goderci lo spettacolo dei fiordi. Non abbiamo prenotato l’hotel quindi proseguiamo con calma fermandoci spesso a fotografare, fino a Blonduos, dove troviamo una camera in un piccolo hotel appena restaurato.

24 giugno.
Oggi prevediamo di tornare a Reykjavik, passando per la strada interna di Kjolur, una pista facile senza guadi. All’uscita di Blonduos ci fermiamo ad osservare un gruppo di oche selvatiche con i pulcini nel mezzo di uno splendido campo di fiori gialli.
Tanto per cambiare affrontiamo la pista di Kjolur con il tempo nuvoloso, tempo che peggiora man mano che ci avviciniamo alla zona geotermica di Hveravellir. Fa freddo, piove, c’è la nebbia e non invidiamo certamente i ciclisti solitari che incrociamo per la strada: che coraggio! Arrivati però a Hveravellir il cielo si apre un po’ e comincia a spuntare un po’ di sole…
Visitiamo la zona circostante, con tanto di pozza dove si può fare il bagno, ma visto che il tempo sta migliorando decidiamo di proseguire. Il tragitto si va sempre più bello, con ampi scorci sui vasti campi di lava e sui scintillanti ghiacciai dell’interno. Facciamo un paio di deviazioni su piste minori, con tanto di guado e ci divertiamo a cercare luoghi abbandonati e dimenticati, popolati solo da uccelli. In particolare, la strada per il rifugio Arbudir è davvero appagante: si avvicina ad un lago dove si scorgono in lontananza degli iceberg che si staccano dal ghiacciaio, una piccola Jokullsarlon, ma senza folla!
La pista di Kjolur finisce proprio in corrispondenza della cascata di Gullfoss, che abbiamo visitato il primo giorno, e visto che ci arriviamo con il sole, decidiamo di fermarci di nuovo. Ci fermiamo nuovamente anche alla vicina Geysir, e approfittiamo del pomeriggio inondato di sole per fotografare di tutto: muschio, cavalli, cotone artico, lava, fiori, insetti…
Arriviamo in tarda serata a Reykjavik, alla nostra solita Guesthouse three sisters.

25 Giugno + 26 giugno
Dedichiamo due giorni pieni a Reykjavik perché, benchè la cittadina sia tutto sommato piccola, offre molto da fare. Cominciamo con una uscita in barca, per cercare anche qui di osservare le balene. Avvistiamo le solite balene rostrate, ma la cosa più interessante sono i pulcinella che popolano l’isola appena fuori dal porto. Ne approfittiamo per fare delle belle foto di pulcinella in acqua, diverse da quelle fatte a Latrabjarg sulla scogliera. Il tempo è di nuovo nuvoloso ed è un peccato, perché con il sole i cittadini di Reykjavik danno il meglio di se, riversandosi sulle strade e nei parchi.
Visitiamo la cattedrale, dove una musicista sta suonando, facciamo un po’ di shopping e visitiamo i parchi della città, dove indugiamo ad osservare i locali che, vestiti nei modi più disparati, si godono il week end estivo. C’è chi suona, chi canta, chi si esibisce, chi porta in giro i figli, chi da da mangiare agli animali, una varia umanità che pensa a divertirsi senza preoccuparsi più di tanto di chi li sta osservando. Questa è una delle cose che più ci piace di Reykjavik!

27 Giugno
Sveglia la mattina presta e partenza per l’aereoporto. Il nostro viaggio è finito, ma la promessa è di ritornare ancora, magari per ammirare una spettacolare - ma non troppo pericolosa! - eruzione vulcanica!

Chilometri percorsi: 4020.

Si rinvia allo spazio links per i siti delle strutture ricettive utilizzate.

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