Allora sei stato in India. Ti sei divertito?
No.
Ti sei annoiato?
Neppure.
Che ti è accaduto in India?
Ho fatto un’esperienza.
Quale esperienza?
L’esperienza dell’India.
E in che cosa consiste l’esperienza dell’India?
Consiste nel fare l’esperienza di ciò che è l’India.
E che cos’è l’India?
Come faccio a dirtelo? L’India è l’India.
(Alberto Moravia, “Un’Idea dell’India”)
Per la prima volta esco dai confini europei nelle vacanze di Natale. E lo faccio con un viaggio che mi attendeva da molto. Infatti ho deciso che è arrivato il momento giusto per visitare un paese che a tratti mi affascina e a tratti mi spaventa: l’India.27.12.2010
Alle 21.25, puntuale, decolla il nostro volo della Jet Airways da Milano Malpensa diretto a Delhi. Volo ottimo perché economico (580€ prenotato a ottobre) e senza scali intermedi. Il mio compagno d’avventura per questo viaggio è Gabriele, anche lui, come me, euforico e teso allo stesso tempo.
Dal momento che, per questo viaggio, ho meno giorni a disposizione rispetto al solito, ho deciso di organizzare alcuni aspetti già dall’Italia, così da non perdere giorni preziosi per contrattempi che invece possono accadere nei viaggi in totale fai da te. Ci siamo quindi rivolti ad un’agenzia locale, Ancient India, per avere un driver che ci accompagnerà per i nostri 15 giorni attraverso la regione del Rajastan.
28.12.2010
Alle 10 ora locale atterriamo a Delhi. L’India risulta un mondo a sé già dal fuso orario che è avanti di 4 ore… e mezza! Appena recuperati gli zaini usciamo e troviamo l’incaricato dell’agenzia ad aspettarci. Ma non sarà lui il nostro autista poiché, dopo averci accompagnato in un altro settore dell’aeroporto, ci affida ad un suo collega. Io inizio a scrutarlo per cercare di cogliere le prime impressioni sul “terzo uomo” del nostro viaggio ma scopro presto che lui è solo l’incaricato ad accompagnarci dal nostro driver di cui facciamo finalmente la conoscenza. Anil, questo è il suo nome, ci accoglie con due ghirlande di fiori e, con un inglese a noi quasi incomprensibile, ci invita a salire sull’auto perché ci aspetta il primo lungo viaggio in direzione Mandawa. Appena fuori dall’aeroporto ci immergiamo nel traffico e nel caos indiano che tante persone avevano provato a descrivermi ma che, fino a quando non lo si vive di persona, non lo si può comprendere fino in fondo. Sulle strade vige la legge della prepotenza: procede solo il più ardito e chi suona più frequentemente il clacson. Siamo immersi in un inferno di auto, moto, biciclette, tuc tuc, camion che, senza nessun criterio apparente, si muovono tra le corsie. La prima domanda che pongo ad Anil è perché facciano questo utilizzo smodato del clacson e lui mi risponde: “For an indian driver the three most important things are: the horn (il clacson), the brakes (i freni) and the good luck!”. Sento di non aver bisogno di nessuna altra delucidazione! Dopo alcune ore di auto ci fermiamo in un punto dove Anil ci spiega di dover pagare un tassa d’entrata in Rajastan. Peccato che l’ufficio competente sia rimasto senza moduli per le ricevute per cui rimaniamo bloccati più di mezz’ora. La salvezza arriva con tutta calma a bordo di un motorino. Finalmente si riparte. Arriviamo a Mandawa dove circa 8 ore. Purtroppo piove e anche la temperatura è piuttosto bassa. Per il pernottamento abbiamo scelto il Caste Mandawa, un hotel situato all’interno del castello della città. La camera è enorme e molto pulita. Per la cena decidiamo di avventurarci fuori dall’hotel ma purtroppo veniamo sorpresi da un fortissimo scroscio di pioggia che ci costringe al riparo sotto una tettoia. Le vie sono deserte e di un ristorante neanche l’ombra. Ad un certo punto vediamo avvicinarsi lentamente a noi un uomo con un ombrello. Ci chiede dove siamo diretti e ci offre un passaggio sotto al suo ombrello per riaccompagnarci all’hotel. Quello che mi colpisce di quest’uomo è il suo meraviglioso sorriso. Lo ringraziamo molto per il gentile gesto e rientriamo in hotel optando forzatamente per una cena nel ristorante interno che però, comparata con gli altri pasti che faremo, risulterà molto cara.
29.12.2010
Alle 9 abbiamo appuntamento con Anil il quale ci propone una guida, sua amica, per la visita degli haveli della città. Noi accettiamo di buon grado anche perché le nostre guide non sono molto dettagliate su questo posto. Con nostra grande sorpresa chi ci troviamo davanti? L’uomo con il sorriso più bello del mondo che ci ha soccorsi la sera precedente. Shankrà, questo è il suo nome, si dimostra un’ottima guida e un profondo conoscitore di tutti gli haveli di Mandawa. Questi palazzi non saranno i più belli che vedremo nel nostro viaggio ma, a mio parere, meritano comunque una visita. La cosa che mi sorprende è che molti di questi haveli sono attualmente abitati ma nessuno sembra scocciato dalla nostra intrusione. Il nostro giro con lui dura circa due ore, alla fine del quale saliamo nuovamente sulla nostra auto e ci rimettiamo sulla strada in direzione Bikaner. Iniziamo a capire che i viaggi in auto in questo stato riservano sempre delle sorprese. La prima che riguarda questo tragitto, che durerà circa 3 ore e mezza, è l’incontro con un uomo totalmente nudo che cammina sul ciglio della strada. Anil ci dice che si tratta di un jainista ma la sua spiegazione non ci sembra molto convincente. La seconda sorpresa è l’attraversamento di un paese le cui strade sono totalmente allagate. Anche in questo caso è Anil a darci la spiegazione. Nonostante infatti non abbia piovuto così tanto da giustificare un tale allagamento per le strade, la plastica e i rifiuti in genere che vengono gettati nei tombini, ne causano la totale ostruzione ed impediscono quindi il deflusso dell’acqua. Alle 14.30 arriviamo a Bikaner e ci sistemiamo nell’hotel Heritage Resort, molto pulito anche se troppo internazionale per i nostri gusti. Tempo di posare gli zaini in stanza e siamo già di nuovo in cammino per la visita del tempio Karni Mata, più noto come tempio dei topi. Io ho letto molto su questo luogo ma Gabri arriva molto più impreparato di me. Nonostante questo affronta lo shock iniziale con molta scioltezza. Il punto è infatti che questo tempio è la casa di migliaia di topi che corrono e si arrampicano ovunque. Purtroppo la nostra speranza di incontrare il topo bianco, ovvero il topo portafortuna, risulta vana. Inutile risulta persino l’intervento di un gentilissimo indiano che ci accompagna esattamente nel punto in cui lui lo ha avvistato pochi minuti prima. La fortuna non bacia chiunque, e non accetta suggerimenti! Sulla strada del ritorno ci fermiamo anche a visitare il “Centro Nazionale per lo studio sui cammelli” nel quale abbiamo la possibilità di vedere cuccioli nati da pochi giorni e tantissime razze di cammelli delle quali ignoravamo l’esistenza. Tornati in hotel decidiamo di cenare lì poiché la struttura è fuori dal centro abitato di Bikaner.
30.12.2010
Alle 9.30 siamo già davanti al forte di Junagarth di Bikaner. Siccome l’accesso ai visitatori si apre alle 10, optiamo per una visita al museo a fianco che però, essendo un biglietto a parte, sconsiglio, poiché non vi è nulla di interessante. La visita al forte invece mi sento di consigliarla. Verso le 11.30 partenza per Jaisalmer (6 ore circa di viaggio). Strada facendo il paesaggio intorno a noi va cambiando, acquistando la caratteristica monotonia dei territori desertici. Ci si ritrova però, quasi all’improvviso, di fronte allo splendore di Jaisalmer, che con la luce del tramonto acquista un fascino incomparabile. Città del deserto e terra di confine, questa città interamente costruita in arenaria gialla, emerge in lontananza come un miraggio. Anil ci porta a Bara Bagh per visitare i cenotafi della famiglia reale di Jaisalmer, anche queste splendide costruzione di pietra color oro. Ci spostiamo poi in una zona panoramica poco fuori dalla città per ammirare il tramonto sul deserto e sulla città. Raggiungiamo infine il nostro albergo, il Rang Mahal. Dal momento che qui è inclusa anche la cena, liberiamo Anil. Hotel bello e pulito, solo non centrale.
31.12.2010
Siamo arrivati al giorno dei resoconti e dei buoni propositi per l’anno che verrà. Credo che l’India sia il luogo giusto per fare entrambe le cose.
La giornata inizia alle 9 quando Anil ci porta fino al forte della città. Qui ci aspetta una guida che, per nostra fortuna, parla italiano. Infatti sia Gabri che io ce la caviamo con l’inglese, ma l’inglese parlato dagli indiani richiede, per la traduzione, tutta la nostra concentrazione, per cui siamo contenti di questa parentesi in italiano. Il giro per la città dura circa 5 ore in cui la nostra guida ci accompagna prima nella parte della città interna alle mura, dopo nella parte esterna alle mura dove si svolge la vera vita di questa città. Il sole dipinge di giallo intenso le pareti del forte e dei meravigliosi haveli che si trovano in ogni angolo della città. Ci inoltriamo nelle vie strette scoprendo incantevoli templi jainisti. La nostra guida inoltre ci accompagna sulla terrazza di un hotel dalla quale si gode di un panorama mozzafiato. Terminato il giro nella città fortificata, estendiamo la nostra visita alla porzione di città che si estende fuori dalla cinta muraria. Questa parte meno turistica, ma comunque altrettanto ricca di magnifici haveli, ci permette di avere un contatto più autentico con la popolazione locale. La nostra guida ci accompagna infine a fare shopping. Quando ci si affida ad una guida locale bisogna tenere in considerazione che si verrà accompagnati nei negozi gestiti da parenti o amici dai quali lui sicuramente percepirà una commissione. E’ nel gioco delle parti ed è sufficiente non acquistare nulla nel caso non si desideri farlo. Non è però stato il nostro caso visto che io mi sono fatta attirare dall’argento per cui questa città è rinomata. Intorno alle 14.30 la nostra preziosissima guida ci accompagna da Anil il quale ci propone una gita nel deserto del Thar. In mezz’ora di auto circa raggiungiamo questo affollatissimo luogo, base di partenza per escursioni in cammello nel deserto. Come prima cosa ci concediamo un the in un chioschetto con Anil. Solo in un secondo momento il nostro autista ci spiega che questo the è molto indicato per il mal di gola poiché l’infuso contiene anche l’aglio. Superate le prime indecisioni, ed essendo un’esperienza che Gabri non ha mai fatto, decidiamo di fare anche noi l’escursione in cammello per addentrarci meglio nel deserto. Io trovo estremamente rilassante questo giro e mi faccio coccolare dal moto ondeggiante mentre il sole calante diffonde i suoi raggi sulle dune circostanti. Unica nota stonata è che il posto è davvero troppo affollato. Ci viene spiegato che, essendo l’ultimo giorno dell’anno, molti indiani vengono qui per festeggiare il capodanno e questo spiegherebbe l’affollamento di oggi. Torniamo al nostro hotel inebriati da questa magnifica città. La prenotazione dell’hotel comprendeva obbligatoriamente anche il cenone di capodanno che viene servito nel bellissimo giardino di fronte al palco sul quale, per tutto l’arco della serata, si svolgono spettacoli folkloristici. La scelta di servire la cena nel giardino è sicuramente molto suggestiva…ma i tre strati di indumenti con i quali ci ricopriamo lasciano intendere che forse si è trattato di una scelta anche un po’ azzardata. Per raccontare della mezzanotte tocca fare un passo indietro e spiegare che, da quando siamo qui, ci siamo abituati ai frequenti “black out indiani”. Infatti, più volte alla giorno, sparisce la corrente e si aspetta fiduciosi che torni. A giudicare dalla reazione assolutamente indifferente degli indiani ogni volta che accade, è chiaro che qui sono assolutamente abituati alla cosa. Questa parentesi per spiegare che, giunti allo scadere della mezzanotte, uno di questi black out ha oscurato il palco e interrotto la musica. Nel momento in cui è tornata la luce, dopo pochi minuti, intorno a noi le persone brindavano e si scambiavano gli auguri. Sebbene i nostri orologi ancora non segnassero la mezzanotte, abbiamo deciso di adeguarci e di partire anche noi con gli auguri di rito. In questa occasione ho potuto apprezzare lo spirito festaiolo degli indiani che induce famiglie intere, a partire dagli anziani fino ad arrivare ai più piccoli, a gettarsi nelle danze più sfrenate.
1.1.2011
Il nostro programma per questo primo giorno del 2011 prevede lo spostamento tra Jaisalmer e Jodhpur che raggiungiamo dopo circa 5 ore di auto. Anche in questo caso val la pena scrivere due righe su una delle tante cose che abbiamo visto cammin facendo. Infatti, in un piccolo paese, ho notato tanti uomini seduti a gruppi su lenzuola bianche, esattamente sul ciglio della strada. Il nostro driver, vedendo la mia espressione interrogativa, si è affrettato a spiegarmi che si trattava di un torneo di carte. E del resto…chi non organizzerebbe un torneo di carte sui bordi della strada tra mucche, maiali e cumuli di immondizia!? Anil ci accompagna subito al Forte Meherangarth che si staglia imponente su una collina che sovrasta la città. Non mi dilungherò sulla descrizione di questa struttura ma mi limito a dire che questa visita va assolutamente fatta per lo splendore del forte e per i meravigliosi panorami che regala sulla città dai tetti blu. Consiglio inoltre di visitarlo in autonomia ma muniti dell’audioguida molto completa. Prima di raggiungere l’hotel facciamo ancora una tappa nel luogo in cui furono cremati i reali di Jodhpur ma, siccome ormai il cenotafio è chiuso, ci accontentiamo di osservarlo dall’esterno essendo comunque una bellissima struttura. L’hotel che abbiamo scelto in questa città è il Park Plaza, scelta che, per quelli che sono i miei gusti, si rivela poco azzeccata essendo di matrice troppo internazionale e scomodo per raggiungere a piedi il centro.
2.1.2011
Stamattina abbiamo optato per una sveglia molto clemente. Con Anil abbiamo concordato un giro per la campagna circostante la città di Jodhpur sapendo che vi vivono molti coltivatori d’oppio. Infatti, sebbene l’utilizzo dell’oppio in India sia illegale, in questa zona sono autorizzati a coltivarlo affinché venga utilizzato per fini terapeutici. Raggiungiamo una casa in aperta campagna dove ci accoglie una calorosa famiglia che, dopo averci messo a nostro agio servendoci del the, ci mostra qual è il procedimento per la preparazione della bevanda a base di oppio. Rimaniamo increduli quando l’uomo che ci ha fatto la dimostrazione, ci fa cenno di sederci accanto a lui e ci allunga le mani tra le quali trattiene un po’ di quella bevanda. Capiamo di non poterci astenere dall’accettare la sua offerta perché siamo consapevoli che il nostro ingrato rifiuto verrebbe interpretato come segnale di chiusura e quindi chiniamo il capo abbeverandoci con quella strana miscela direttamente dalle generose mani del contadino. Il gusto non proprio gradevole risulta molto amaro per il palato, ma lo celiamo al nostro ospite che ci osserva con sguardo soddisfatto. La seconda tappa del nostro giro per le campagne è un laboratorio artigianale, a conduzione familiare, in cui vengono tessuti tappeti. Un ragazzo, dove averci fatto una breve dimostrazione, ci invita a provare. Ed è con mia grande delusione e contro ogni aspettative che scopro Gabri più propenso all’arte della tessitura di quanto non lo sia la sottoscritta. La terza tappa è un piccolo laboratorio di ceramiche dove saltiamo la dimostrazione e passiamo subito agli acquisti. Sulla strada del ritorno ci fermiamo in un grandissimo bazar di tessuti dove acquistiamo splendidi capi. Per il pomeriggio abbiamo in programma di coccolarci un po’ con un massaggio ayuverdico. Solo verso le 4 ci incontriamo nuovamente con Anil che ci accompagna nella piazza dell’orologio dove si svolge il mercato. Se già di norma qui il caos regna sovrano, lascio immaginare cosa accada in una piazza colma di bancarelle, ambulanti e bazar. Per la cena decidiamo di seguire il suggerimento del nostro autista andando all’ “On the rocks”. Lo segnalo dal momento che ci siamo trovati particolarmente bene: bella la location, buono il cibo e prezzi contenuti.
3.1.2011
Alle 9 del mattino lasciamo Jodhpur alla volta di Udaipur. Il paesaggio cambia gradualmente e la vegetazione si fa via via più rigogliosa. Attraversiamo una zona montuosa i cui paesi sembrano cartoline degli anni ’50. Ci fermiamo ad osservare un bue legato ad un palo che spinge per far ruotare un mulino per la raccolta dell’acqua. Durante questo viaggio rifletto su quanto sia bello attraversare questo territorio interamente in auto, perché questo mezzo offre la possibilità, oltre che di godere dei paesaggi che si susseguono, anche di catturare particolari dettagli della vita di questa popolazione, anche dal momento che la strada è per loro un luogo in cui si svolgono tutte le attività quotidiane. Per fare un esempio che possa rendere l’idea, durante tutto il nostro tragitto, abbiamo notato come si improvvisino, ai bordi delle strade, barbieri e sarti armati di essenziali oggetti del mestiere. Il nostro spostamento di oggi prevede una sosta a Ranakpur. Questo complesso di templi si erge nel mezzo di un ombreggiato bosco. Il tempio principale è anche il secondo in ordine di grandezza di tutto il Rajastan ed è di una bellezza rara. Ripartiamo in auto e dopo molti chilometri percorsi tra stretti tornanti raggiungiamo finalmente una strada a doppia corsia, quando, i miei occhi increduli, avvistano un uomo che conduce un dromedario…contromano… nella corsia di sorpasso. Ma il nostro stupore è come sempre fuori luogo visto che il nostro driver non sembra toccato dall’accaduto e lo oltrepassa senza cenni di indignazione. Nel tardo pomeriggio raggiungiamo Udaipur. La prima cosa a colpirmi è che qui, la già popolosa fauna incontrata nelle altre città, si arricchisce di un elemento in più: le scimmie. L’hotel che abbiamo scelto a Udaipur è l’Inder Residency, che sconsiglio data la posizione troppo distante dal centro della città, sebbene vada sottolineato che anche qui la pulizia è ineccepibile.
4.1.2011
Giornata dedicata alla visita di Udaipur, città dagli splendidi palazzi che si specchiano sul lago. Per prima cosa prendiamo una piccola imbarcazione che nel giro di un’ora ci fa fare un giro del lago Pichola, il principale dei 3 laghi attorno ai quali si snoda la città. La vista di questi palazzi bianchi avorio che riflettono la propria immagine nell’acqua è molto suggestiva. La barca fa poi una sosta in un elegantissimo albergo posto nel mezzo del lago dal quale si ha una meravigliosa vista del City Palace, il palazzo reale della città, che si erge maestoso sulla sponda del lago dalla quale siamo partiti. Ritornati a riva dedichiamo un paio d’ore alla visita di questo palazzo, principale attrattiva della città. Interessanti le ampie stanze con pareti intarsiate di specchi colorati e mosaici. Noi ci siamo affidati ad una guida ma avremmo tranquillamente potuto farne a meno. Ci spostiamo poi verso il Saheliyan-Ki-Bari, giardino costruito appositamente per le damigelle d’onore. A mio parere nulla di particolarmente interessante. Anil ci propone poi di raggiungere il Monsoon Palace, un palazzo arroccato sulle colline dal quale è possibile vedere l’intera città di Udaipur, i suoi 3 laghi e la catena montuosa circostante. Terminiamo la giornata facendo due passi con Anil in un punto particolarmente tranquillo e suggestivo della città. Udaipur mi ha dato l’idea di essere relativamente più pulita delle altre città visitate sino ad ora.
5.1.2011
Partenza da Udaipur alle 9 in direzione Pushkar. Poco fuori da Udaipur facciamo una prima tappa per visitare il tempio di Nagda, nascosto tra le colline. Qui si respira una gran pace e abbiamo il privilegio di riuscire a visitarlo quasi in solitaria, essendo un tempio un po’ meno conosciuto e non sempre inserito nei classici itinerari turistici. Altra tappa a pochi chilometri da questa è il tempio di Eklingi. Quando arriviamo però c’è una lunghissima coda per entrare per cui decidiamo di desistere. Il viaggio dura ben 7 ore a causa del grande traffico creato dall’elevato numero di camion che percorrono questa strada. Il fatto che la frequenza di camion qui sia sempre molto alta, è dimostrato dalle numerose bancarelle, site a bordo strada, che vendono addobbi. Infatti, i camion indiani, sono tutti adornati con festoni di ogni tipo e colore. Arrivati a Pushkar, città sacra del Rajastan, ci sistemiamo nell’hotel Pushkar Palace, struttura che mi sento di consigliare caldamente per la sua bellezza e per la splendida vista sul lago che regala dai suoi terrazzi. Suggerisco le stanze poste al 2° e 3° piano che hanno un accesso privilegiato su questi terrazzi. Pushkar è una città molto più piccola delle altre che abbiamo visitato sino a d ora, composta per lo più da templi e alberghi. Il fatto che sia più a misura d’uomo ci consente di goderci una tranquilla passeggiata per le sue vie senza la paura di essere travolti da un qualsiasi mezzo di trasporto. Scegliamo una delle tante via d’accesso al lago raggiungendo una delle 52 scalinate che scendono verso le rive. Ho avuto la sensazione che il sole ci stesse aspettando per tramontare e per mostrarci di quali giochi di luce fosse capace, aiutato all’acqua e dal bianco dei palazzi. L’incanto di questo spettacolo è scandito dal suono di un tamburo suonato da un uomo poco distante da noi.
6.1.2011
Dal momento che ci siamo innamorati di questa cittadina, decidiamo di dedicargli ancora un’intera mattinata. La prima cosa che facciamo è andare a visitare il tempio di Brama, unico tempio della città accessibile anche ai turisti che non siano di fede induista. Lo definirei più folkloristico che bello! Lasciamo poi scorrere il tempo abbandonati sui gradini soleggiati di una delle tante scalinate osservando il via vai di queste sponde. Verso le 12 partiamo per la capitale del Rajastan, Jaipur, detta anche la città rosa per via del colore dominante delle mura dei suoi edifici. La raggiungiamo in circa 3 ore di auto. Ci troviamo all’improvviso rigettati nel caos della metropoli. L’albergo che abbiamo scelto a Jaipurn è l’Alsisar Haveli, un bellissimo palazzo adibito ad hotel dotato anche di una meravigliosa terrazza. Essendo molto vicini al centro città decidiamo di mollare gli zaini e avventurarci seguendo un percorso a piedi suggerito dalla Lonely Planet. Ci mettiamo un po’ più di due ore a percorrere tutto l’itinerario che ci permette di attraversare tutti i principali bazar all’interno della cinta muraria della città. Questo giro, nonostante sia stato molto interessante, si è verificato anche molto stancante per via dal traffico impazzito, della folla di gente riversata sui bordi delle strade, per i rumori dei clacson continui e snervanti, per tutti i commercianti che ti afferrano cercando di catturare l’attenzione. Abbiamo dedotto che, in una città come questa, essere un pedone non è poi così più semplice che essere un automobilista, poiché la difficoltà nel districarsi è quasi la stessa. Inoltre, il tasso percepibilmente elevato di smog rende il tutto ancora più difficoltoso. Torniamo all’hotel stremati ma subito ripagati dalla vista che ci regala la terrazza sulla quale si trova la nostra camera: centinaia di aquiloni colorati riempiono il cielo. Ci viene spiegato che i bambini di tutta la città si stanno preparando perché tra pochi giorni si celebrerà il “Kite Festival”.
7.1.2011
Partenza alle 9 con il nostro driver per la visita al forte di Amber, poco fuori città. Facciamo però una prima tappa nel centro della città per vedere la facciata esterna dell’Hawa Mahal, un bellissimo palazzo costruito in arenaria rosa che a quest’ora del mattino è perfettamente illuminato dalla luce del sole. In un quarto d’ora raggiungiamo i piedi della collina sulla quale si erge imponente l’Amber Fort. Si può scegliere se salire al forte con la jeep o a dorso dell’elefante e io, dopo qualche riluttanza iniziale, decido di fare l’esperienza a dorso dell’elefante. Durante il tragitto, che dura non più di 10 minuti, mi vengono i sensi di colpa perché temo che questi animali vengano trattati male. Sarà poi Anil ad attutire un po’ il mio malessere spiegandomi che, fino a 5 anni fa, non esisteva nessun regolamento, per cui gli elefanti andavano su e giù dalla collina tutto il giorno. Il fatto che questo irritasse molto gli elefanti e che ciò avesse anche comportato la morte di alcuni turisti, ha fortunatamente portato a stabilire un limite di 4 giri al giorno per ciascun elefante. Il forte si rivela più bello fuori che dentro. Infatti, a parte alcune parti ancora ben conservate, il resto è tenuto molto male. La vista sulla muraglia è comunque impattante. La sorpresa è stata però arrivare nel cortile principale e scoprire che stavano girando un film di Bollywood, ovviamente scene di canti e danze, che solitamente compongono una grande percentuale dei minutaggi dei film. Dopo una sosta per il pranzo torniamo nel centro di Jaipur per la visita al City Palace e del Jantar Mantar, ovvero l’osservatorio astronomico. Decidiamo poi di spendere le ultime ore del pomeriggio in relax sulla terrazza dell’hotel, leggendo un libro e ammirando nuovamente lo spettacolo degli aquiloni.
8.1.2011
Partenza da Jaipur alle 9 per raggiungere Agra. Lascio questa città pensando che non è sicuramente il posto che mi è piaciuto di più, ma mi ha comunque regalato emozioni forti e contrastanti. A metà strada ci fermiamo in un piccolo villaggio nel mezzo della campagna, Abhaneri, perché abbiamo letto sulla Lonely Planet che in questo luogo si trova un pozzo molto particolare. Questa visita supera ampiamente le nostre aspettative. Si tratta di una struttura immensa e complessa, profonda 20 metri, le cui pareti sono composte da gradini che scendono a zig zag. Procediamo poi il nostro tragitto verso Agra, ma prima di raggiungere la nostra destinazione facciamo una tappa per la visita di Fatephur Skri, antica capitale, ormai disabitata, dell’impero Moghul. Gli edifici di arenaria rossa brillano alla luce del sole ormai in fase calante. Camminiamo per due ore ammirando le bellezze di queste strutture, destreggiandoci tra gli ambulanti e i bambini, pronti a venderci ogni sorta di gadget per turisti. La sera raggiungiamo finalmente Agra e ci sistemiamo nell’hotel Trident, la cui posizione è molto strategica per la visita al Taj Mahal, ma che non consiglio a coloro che ricerchino “lo stile indiano” nel luogo in cui pernottare. Si tratta infatti di un pulitissimo e modernissimo hotel. Ma io ho altro a cui pensare stasera….domani sarà finalmente il grande giorno, quello in cui anche io visiterò il mitico Taj Mahal, riconosciuto come una delle meraviglie del mondo.
9.1.2011
Mi alzo dal letto eccitata, ma appena apro le tende della finestra, scopro che una brutta sorpresa era lì ad attenderci: un’impietosa nebbia è calata sulla città e la visibilità è molto scarsa. Alle 9.30 arriva Anil e con lui discutiamo il da farsi. Io sicuramente non voglio vedere il Taj Mahal con queste condizioni meteo, è troppo tempo che aspetto questo momento per accontentarmi di riuscire appena ad intravederlo tra le fitte trame della nebbia. Dal momento che, il nostro programma di oggi, prevedeva due differenti visite, prima al Taj e poi al forte, decidiamo di anticipare quest’ultima, nella speranza che le condizioni di visibilità migliorino. Purtroppo riusciamo solo ad intuire la bellezza dell’Agra Fort, poiché tutti i punti panoramici che dovrebbero offrire degli splendidi scorci sul Taj, questa mattina offrono solo muri di nebbia. Raggiunto di nuovo Anil gli chiediamo di riportarci in albergo, per provare ad aspettare 2 ore nella speranza che la nebbia si diradi. E per nostra grande fortuna alle 2 del pomeriggio la situazione è notevolmente migliorata. Non è sicuramente la condizione metereologica ideale perché c’è ancora molta foschia e solo un flebile sole, ma viste le premesse siamo già molto contenti. Per l’entrata (che costa, per i turisti, 750 rupie), facciamo una lunga coda, divisa tra uomini e donne, poiché molte persone hanno ragionato come noi e quindi le visite oggi si sono concentrate tutte nel pomeriggio. Ma ogni malumore accumulato nella mattinata, ogni lunga attesa dovuta alla coda vengono immediatamente ripagate non appena varchiamo il meraviglioso portale in arenaria rossa: imponente, maestoso, divino, di fronte a noi il Taj mahal. Credo di non poter scrivere nulla che non sia già stato scritto. Posso solo dire che non tradisce le aspettative, anzi… Per quanto ci si prepari a questo momento, non si può arrivare nemmeno ad intuirne la bellezza. Ci aggiriamo per 2 ore tra i giardini e gli interni scattando un numero spropositato di foto nella vana illusione di poter rivivere l’emozione che stiamo provando anche una volta tornati a casa. Si fa di nuovo sera e la nebbia e il freddo si impossessano di nuovo della città. Una nota sul meteo: qui ad Agra la temperatura è decisamente calata (5-10 gradi e molta umidità) rispetto agli altri luoghi visitati sino ad ora dove la temperatura era decisamente più mite. Solo a Mandawa avevamo trovato lo stesso freddo.
10.1.2011
Alle 9.30 lasciamo Agra per raggiungere l’ultima destinazione del nostro viaggio, ovvero Delhi, la capitale dell’India. Il pensiero che queste saranno le ultime ore trascorse su quest’auto ad osservare fuori dal finestrino questo strano mondo, mi mettono malinconia. Il viaggio dura circa 6 ore, 6 ore di intimo raccoglimento, 6 ore di sguardi che si perdono oltre i vetri. Nel nostro programma abbiamo riservato poco spazio a Delhi perché, raccogliendo le varie opinioni, mi erano sembrati tutti unanimi nel dire che non fosse niente di speciale. Noi raggiungiamo la parte nuova della città e qui abbiamo come l’impressione di avere già abbandonato l’India. Ampi viali anche relativamente ordinati, molto traffico ma semafori a regolarlo, molto verde e marciapiedi ai bordi della strada. Anil ci lascia al nostro hotel salutandoci poiché non sa se sarà lui domani mattina ad accompagnarci all’aeroporto. Mi sento malinconica: Anil è stato nostro compagno d’avventura per 15 giorni, una presenza silenziosa ma solida.
Sconsiglio vivamente l’Hotel Ramada a causa della scarsa simpatia del personale e dello stile pacchiano delle parti comuni. La cosa che inoltre ci lascia interdetti è la perquisizione prima di entrare. Il problema è che scopriremo che ci devono perquisire ogni volta che entriamo, non solo la prima. Non capiamo se è un periodo particolarmente “caldo”, o se qui a Delhi questa è la norma, perché anche per entrare al mercato principale ci perquisiscono prima gli zaini. Quel poco che vediamo di Delhi in 3 ore non ci entusiasma. Resta comunque il fatto che non ci siamo spinti nella parte vecchia della città che forse ci sarebbe piaciuta di più.
11.1.2011
Alle 9.30 scendiamo nella hall e per nostra grande gioia troviamo Anil ad aspettarci. Mi piace l’idea che sia lui ad accompagnarci nell’ultimo breve tragitto indiano. Il nostro volo della Jet Airways è previsto per le 13 ma partirà in ritardo di circa un’ora, di cui mezz’ora sarà recuperata in volo. Alle 18.30 ora locale, atterriamo a Malpensa.
CONCLUSIONI
Dall’India si torna cambiati? Forse. Di sicuro non ce ne si accorge sul posto, ma solo una volta tornati a casa. Perché il paese degli estremi ti pervade lentamente, mentre si è distratti ad osservarne la sua ammaliante bellezza o la sua immensa trasandatezza, mentre si resta storditi di fronte alla sfarzosa ricchezza o ammutoliti di fronte all’estrema povertà, confusi dallo sfinente frastuono o abbandonati ad armoniosi silenzi. Sicuramente più un viaggio che una vacanza. Tutti prima di partire mi dicevano “Per l’India ti devi sentire pronto”. E ora che so che è vero mi faccio un’altra domanda “Pronto per che cosa?”. La risposta forse è :“Pronto per un confronto con sé stessi”.
Elena Nebiolo