Il Times l’ha incoronata spiaggia più bella dell’Asia. E’ Radhanagar Beach, meglio conosciuta come spiaggia 7 dell’isola di Havelock, una mezzaluna di circa 2 chilometri di sabbia borotalco racchiusa tra oceano e giungla. Cosa mettere in valigia oltre ai costumi da bagno?... Tanta pazienza!
L’arcipelago delle Andamane, nella parte meridionale del golfo del Bengala, conta quasi 600 isole disseminate lungo mille chilometri di mare. Solo 26 sono abitate e le 5 maggiori sono raccolte nel raggio di 250 chilometri. Cime emerse di una catena montuosa sottomarina, queste isole sono uno degli ultimi frammenti di un mondo vergine con spiagge deserte ornate da frange di palme da cocco e circondate da una foresta impenetrabile, dove vivono tribù primitive e numerose specie di mammiferi e uccelli. Alcune paludi litoranee sono popolate da coccodrilli marini, per cui in alcuni tratti sono state collocate delle reti al di fuori delle quali vige il divieto di balneazione. E’ un posto difficile da raggiungere non solo per gli scarsi collegamenti aerei da Chennai e Calcutta e per l’ardua incombenza di trovare i biglietti dei traghetti da Port Blair, ma anche per i continui ritardi, le cancellazioni dei voli e l’inefficienza dei servizi pubblici. Questo da una parte aggiunge fascino frenando il turismo di massa, dall’altro però scoraggia anche i viaggiatori più audaci. Oltre ad essere un luogo quasi dimenticato, ha anche un passato molto tormentato. L’arcipelago, alla fine del Seicento, divenne la base dei pirati indiani per sferrare gli assalti alle navi britanniche. Nel Settecento fu un’appetibile preda di colonizzatori ed evangelizzatori olandesi, francesi e danesi. Nel 1857 fu occupato dai militari inglesi che fondarono, nella piccola capitale dell’isola di South Andaman, una colonia penale per criminali indiani e dissidenti politici. La grande prigione di Cellular Jail a Port Blair è oggi un monumento nazionale ai martiri e ospita alcune delle celle e forche originali. Insieme alle Nicobare, le Andamane nel 1858 furono aggregate all'India britannica e, da allora in poi, ne seguirono le sorti politiche, pur essendo geograficamente molto più vicine al Sudest asiatico. Sono una meta molto popolare per gli indiani, ma anche per gli israeliani, che possono andare in vacanza senza il rischio di attentati. Gli Europei, invece, sono veramente rari. Le strutture risultano limitate ed essenziali, anche se negli ultimi anni si è assistito ad un massiccio boom edilizio e le offerte turistiche diventano sempre più numerose. Molti turisti viaggiano lungo la Andaman Trunk Road. La vecchia strada, costruita dagli inglesi per il trasporto del legname, attraversa illecitamente la riserva del popolo Jarawa. Questo passaggio illegale, oltre a lederne la dignità, rappresenta una minaccia reale per la vita degli indigeni che rischiano di essere decimati da malattie verso cui non hanno difese immunitarie. A seguito della campagna di Survival International, che per prima ne ha denunciato il fenomeno nel 2010, il Ministro indiano agli Affari Indigeni e le Nazioni Unite hanno condannato i safari umani e chiesto la chiusura della Andaman Trunk Road, ma le autorità locali si sono mostrate sorde, la strada è rimasta aperta e la questione irrisolta. Una recente ricerca sulle persone più isolate del mondo, oltre agli indios della foresta amazzonica, ha menzionato alcune tribù stanziate in Nuova Guinea e nelle Isole Andamane. Questi gruppi vivono separati dal resto dell’umanità, rifiutando ogni contatto con i coloni e i bracconieri che occupano i territori limitrofi. Le ultime centinaia di etnie rimaste sul Pianeta sono, purtroppo, destinate a scomparire per l’avanzare inesorabile dell’onda umana, contro la quale non hanno scampo. Poche sono, al momento, le isole Andamane accessibili al turismo. Le mete del nostro viaggio sono Havelock e Neil, profondamente diverse, ma accomunate da un fascino unico, tra piroghe in legno e tuk tuk gialli, lontano dalla confusione e dallo stress della realtà occidentale. Le lingue di sabbia bianca si estendono a perdita d’occhio prima di essere nascoste dalla marea che sale veloce. Splendidi percorsi attraverso foreste incontaminate con una vegetazione rigogliosa e fitta, arrivano a spiagge meravigliose come Elephant Beach. Gli interni delle isole sono visitabili solo in minima parte e sulle coste, contrariamente a quanto si possa pensare, non ci sono molti tratti fruibili per la balneazione. I fondali sono popolati da pesci tropicali e di barriera. I coralli sono, purtroppo, per la maggior parte morti, a causa dello tsunami del 2004, ma anche e soprattutto per la pesca indiscriminata e per l’innalzamento della temperatura delle acque. I segni dell’onda assassina, che pare abbia ucciso nelle Andamane circa tremila persone, sono tuttora ben visibili, specialmente nella periferia di Port Blair e sul lato est delle isole, dove immensi tronchi sradicati dal terreno rimangono sdraiati sulle spiagge come giganti incapaci di rialzarsi. Qualche piccolo cespuglio di corallo nuovo, però, sta germogliando, segno che la barriera non è del tutto perduta. Inoltre, con un pizzico di fortuna è possibile assistere ad uno spettacolo unico al mondo: un elefante adibito al trasporto del legname che fa il bagno nelle calde acque cristalline. Dall’atmosfera turistica di Havelock si passa a quella più raccolta e intima di Neil, dove c’è un piccolo centro e pochissime macchine. Qui i visitatori sono ancora meno e, nonostante ciò, chi lavora in ambito turistico fatica a gestire anche l’esiguo numero. La cucina è ottima, ma nei ristoranti, soprattutto se si va in gruppo, bisogna ordinare con largo anticipo per la cena (magari la mattina) per dare il tempo di rifornirsi delle materie prime e preparare i piatti, altrimenti si rischia di attendere ore e ore. La prima lingua è l’hindi, ma quasi tutti parlano inglese ed è facile comunicare. Gli indiani cercano spesso il contatto, chiedono foto, fanno domande sulla vita occidentale, sono curiosi di conoscere la diversità, ma hanno le loro abitudini che non intendono modificare. Te ne accorgi quando il tuo sonno viene interrotto da strombazzate di clacson che si ripetono a qualunque ora del giorno e della notte, anche se sulle isole il traffico è inesistente! I mezzi pubblici hanno orari approssimativi e non è sicuro che partano, mentre i pedoni sono continuamente a rischio per la guida pericolosa dei conducenti e per le infinite buche sui manti stradali. Com’è noto, la pulizia è un concetto lontano dalla mentalità indiana, anche se i resort moderni si stanno progressivamente adeguando allo standard occidentale. Nella valigia per le Andamane, quindi, l’unica cosa che di sicuro non può mancare è la pazienza, perché il paradiso vi aspetta… se anche voi siete disposti ad aspettare!
L’arcipelago delle Andamane, nella parte meridionale del golfo del Bengala, conta quasi 600 isole disseminate lungo mille chilometri di mare. Solo 26 sono abitate e le 5 maggiori sono raccolte nel raggio di 250 chilometri. Cime emerse di una catena montuosa sottomarina, queste isole sono uno degli ultimi frammenti di un mondo vergine con spiagge deserte ornate da frange di palme da cocco e circondate da una foresta impenetrabile, dove vivono tribù primitive e numerose specie di mammiferi e uccelli. Alcune paludi litoranee sono popolate da coccodrilli marini, per cui in alcuni tratti sono state collocate delle reti al di fuori delle quali vige il divieto di balneazione. E’ un posto difficile da raggiungere non solo per gli scarsi collegamenti aerei da Chennai e Calcutta e per l’ardua incombenza di trovare i biglietti dei traghetti da Port Blair, ma anche per i continui ritardi, le cancellazioni dei voli e l’inefficienza dei servizi pubblici. Questo da una parte aggiunge fascino frenando il turismo di massa, dall’altro però scoraggia anche i viaggiatori più audaci. Oltre ad essere un luogo quasi dimenticato, ha anche un passato molto tormentato. L’arcipelago, alla fine del Seicento, divenne la base dei pirati indiani per sferrare gli assalti alle navi britanniche. Nel Settecento fu un’appetibile preda di colonizzatori ed evangelizzatori olandesi, francesi e danesi. Nel 1857 fu occupato dai militari inglesi che fondarono, nella piccola capitale dell’isola di South Andaman, una colonia penale per criminali indiani e dissidenti politici. La grande prigione di Cellular Jail a Port Blair è oggi un monumento nazionale ai martiri e ospita alcune delle celle e forche originali. Insieme alle Nicobare, le Andamane nel 1858 furono aggregate all'India britannica e, da allora in poi, ne seguirono le sorti politiche, pur essendo geograficamente molto più vicine al Sudest asiatico. Sono una meta molto popolare per gli indiani, ma anche per gli israeliani, che possono andare in vacanza senza il rischio di attentati. Gli Europei, invece, sono veramente rari. Le strutture risultano limitate ed essenziali, anche se negli ultimi anni si è assistito ad un massiccio boom edilizio e le offerte turistiche diventano sempre più numerose. Molti turisti viaggiano lungo la Andaman Trunk Road. La vecchia strada, costruita dagli inglesi per il trasporto del legname, attraversa illecitamente la riserva del popolo Jarawa. Questo passaggio illegale, oltre a lederne la dignità, rappresenta una minaccia reale per la vita degli indigeni che rischiano di essere decimati da malattie verso cui non hanno difese immunitarie. A seguito della campagna di Survival International, che per prima ne ha denunciato il fenomeno nel 2010, il Ministro indiano agli Affari Indigeni e le Nazioni Unite hanno condannato i safari umani e chiesto la chiusura della Andaman Trunk Road, ma le autorità locali si sono mostrate sorde, la strada è rimasta aperta e la questione irrisolta. Una recente ricerca sulle persone più isolate del mondo, oltre agli indios della foresta amazzonica, ha menzionato alcune tribù stanziate in Nuova Guinea e nelle Isole Andamane. Questi gruppi vivono separati dal resto dell’umanità, rifiutando ogni contatto con i coloni e i bracconieri che occupano i territori limitrofi. Le ultime centinaia di etnie rimaste sul Pianeta sono, purtroppo, destinate a scomparire per l’avanzare inesorabile dell’onda umana, contro la quale non hanno scampo. Poche sono, al momento, le isole Andamane accessibili al turismo. Le mete del nostro viaggio sono Havelock e Neil, profondamente diverse, ma accomunate da un fascino unico, tra piroghe in legno e tuk tuk gialli, lontano dalla confusione e dallo stress della realtà occidentale. Le lingue di sabbia bianca si estendono a perdita d’occhio prima di essere nascoste dalla marea che sale veloce. Splendidi percorsi attraverso foreste incontaminate con una vegetazione rigogliosa e fitta, arrivano a spiagge meravigliose come Elephant Beach. Gli interni delle isole sono visitabili solo in minima parte e sulle coste, contrariamente a quanto si possa pensare, non ci sono molti tratti fruibili per la balneazione. I fondali sono popolati da pesci tropicali e di barriera. I coralli sono, purtroppo, per la maggior parte morti, a causa dello tsunami del 2004, ma anche e soprattutto per la pesca indiscriminata e per l’innalzamento della temperatura delle acque. I segni dell’onda assassina, che pare abbia ucciso nelle Andamane circa tremila persone, sono tuttora ben visibili, specialmente nella periferia di Port Blair e sul lato est delle isole, dove immensi tronchi sradicati dal terreno rimangono sdraiati sulle spiagge come giganti incapaci di rialzarsi. Qualche piccolo cespuglio di corallo nuovo, però, sta germogliando, segno che la barriera non è del tutto perduta. Inoltre, con un pizzico di fortuna è possibile assistere ad uno spettacolo unico al mondo: un elefante adibito al trasporto del legname che fa il bagno nelle calde acque cristalline. Dall’atmosfera turistica di Havelock si passa a quella più raccolta e intima di Neil, dove c’è un piccolo centro e pochissime macchine. Qui i visitatori sono ancora meno e, nonostante ciò, chi lavora in ambito turistico fatica a gestire anche l’esiguo numero. La cucina è ottima, ma nei ristoranti, soprattutto se si va in gruppo, bisogna ordinare con largo anticipo per la cena (magari la mattina) per dare il tempo di rifornirsi delle materie prime e preparare i piatti, altrimenti si rischia di attendere ore e ore. La prima lingua è l’hindi, ma quasi tutti parlano inglese ed è facile comunicare. Gli indiani cercano spesso il contatto, chiedono foto, fanno domande sulla vita occidentale, sono curiosi di conoscere la diversità, ma hanno le loro abitudini che non intendono modificare. Te ne accorgi quando il tuo sonno viene interrotto da strombazzate di clacson che si ripetono a qualunque ora del giorno e della notte, anche se sulle isole il traffico è inesistente! I mezzi pubblici hanno orari approssimativi e non è sicuro che partano, mentre i pedoni sono continuamente a rischio per la guida pericolosa dei conducenti e per le infinite buche sui manti stradali. Com’è noto, la pulizia è un concetto lontano dalla mentalità indiana, anche se i resort moderni si stanno progressivamente adeguando allo standard occidentale. Nella valigia per le Andamane, quindi, l’unica cosa che di sicuro non può mancare è la pazienza, perché il paradiso vi aspetta… se anche voi siete disposti ad aspettare!