Le Dolomiti dell’Alto Adige: le fascinose!
Attraversiamo la verdissima Val Gardena, bella e ordinata come si conviene ad un luogo dell’Alto Adige, le innumerevoli coltivazioni di mele con i loro bassi filari e i colori dei frutti ormai maturi che variano dal giallo al rosso intenso.
Poi lo sguardo si innalza e viene catturato dal magnetismo e dalla maestosità delle formazioni rocciose con le loro forme straordinarie ed eleganti, ruvide ma invitanti. E’ un susseguirsi di nomi altisonanti: Sassolungo, Sassopiatto, Monte S. Croce ecc. ecc. che ci accompagnano fino alla linea di partenza di questa nostra nuova avventura e cioè Passo Gardena.Davanti a noi il Gruppo del Sella ci appare come una fortezza inespugnabile.
Il gruppo si divide: una parte si cimenterà con la Ferrata Tridentina, mentre gli altri saliranno la Val di Mesdì. Appuntamento serale è il Rifugio Pisciadù.
Salutiamo i nostri amici e zaino in spalla e bastoncini al seguito, iniziamo la salita scoprendo ben presto che la neve, caduta nei giorni precedenti, ha lasciato ancora qualche traccia di sé e soprattutto ha rinfrescato notevolmente l’atmosfera.
A causa di questa nevicata abbiamo dovuto cambiare l’itinerario dell’escursione. Avremmo dovuto, infatti, salire dalla Val Setus, ma gli ultimi 300 mt. del sentiero, che si snodano su percorso attrezzato con cavi di acciaio, sono completamente gelati e quindi pericolosi. Per la sicurezza di tutti si opta per la via più lunga.
Il primo tratto di sentiero è roccioso, impervio, ripido e costeggia un torrentello che poi sparirà dalla nostra vista. Si sale molto, ma il sentiero è ben visibile e non ci sono eccessive difficoltà (per il momento).
Uno sguardo verso valle ci dà la dimensione del dislivello che stiamo superando: le abitazioni del paesino diventano sempre più piccole e il panorama si apre, ad ogni passo ci permette di vedere più lontano. Maestose cime imbiancate di neve fresca si susseguono fino a scomparire velate dalla lontananza.
Guardo con rispetto e ammirazione le pareti rocciose che fiancheggiano il nostro percorso, sembra di penetrare un’invisibile parete come ectoplasmi, passando in un mondo di silenzio dove tutto è grandioso e solenne. Siamo nel cuore del gruppo del Sella.
Seguiamo ora il sentiero segnato nel canalone e dopo una breve sosta di ricarica energetica, affrontiamo l’ultimo strappo prima del Rifugio.
Durante la sosta siamo visitati da un bel camoscio che si avvicina, ma non troppo, come se fosse una vedetta mandata in avanscoperta per controllare questo variegato gruppo di bipedi che osano invadere il silente mondo del branco.
Il sentiero ridiventa aspro e sassoso fino ad un passaggio molto difficile che superiamo grazie ad un cavo di acciaio fissato alla parete rocciosa. Sinceramente non è stato molto piacevole, anche se potevamo contare sulla confortevole presenza dei nostri fidi compagni di viaggio.
Superato questo ostacolo, la via verso il Rifugio diventa più semplice e finalmente possiamo gustarci una birra, mentre osserviamo gli amici della ferrata che stanno completando il loro percorso in verticale.
Il freddo diventa pungente e durante la notte la temperatura scende sotto lo zero termico.
Il mattino si presenta soleggiato e il panorama, dipinto di rosa dal sole appena sorto, è di una bellezza mozzafiato. L’aria è fredda e ci costringe ad indossare berretti di lana, guanti e giacche.
Si parte, seguiamo un sentiero purtroppo in ombra, dove il ghiaccio non si è sciolto e rallenta la marcia, rendendo tutto più difficoltoso e molto meno sicuro.
Prestando molta attenzione superiamo anche questo ostacolo imprevisto, il sentiero è di per sé non dei più agevoli, ma è il ghiaccio che ci preoccupa. Intorno a noi la roccia è ricoperta di stalattiti gelate, sembrano quasi mazzi di fiori bianchissimi che la adornano per la festa.
Alla fine raggiungiamo la sommità ed ora davanti a noi si apre un altopiano roccioso dall’aspetto lunare. La roccia, illuminata dal forte sole, brilla di una luce accecante. Da uno strapiombo vediamo sotto di noi il Rifugio dove abbiamo dormito. Sembra una miniatura, visto da quasi a 3000 mt. di quota.
Il sole è forte, ma la neve resiste in alcuni punti, bisogna essere prudenti. Superiamo un’ennesima forcella e scopriamo un altro pianoro assolutamente privo di vegetazione. Tutto è grandioso e assolutamente bellissimo e noi sembriamo tanti granellini di polvere a cospetto di cotanto spettacolo. Respiriamo l’aria pura delle alte quote e ci avviciniamo al Rifugio Boè, davanti al quale si erge una formazione rocciosa che sembra una piramide egizia tutta a gradoni, il Piz Boè. Sulla cime della montagna c’è la Capanna Fassa.
Prima di raggiungere il Rifugio, ci fermiamo sullo strapiombo ad ammirare le torri di pietra che chiudono la Val di Mezdì. Sono enormi monoliti staccati dal gruppo roccioso circostante, dritti, superbi e pieni di pinnacoli come i campanili delle cattedrali gotiche.
Il gruppo si divide nuovamente, una parte sale al Piz Boè e il restante gruppo, dopo una bella rifocillata al Rifugio, si avvia per un sentiero a mezza costa, verso la Forcella Pordoi.
Il sentiero non è difficile, ma in un tratto è esposto e ci aiutiamo con i cavi di acciaio per superarlo.
Altra sosta al Rifugio Pordoi per aspettare il gruppo del Piz Boè.
Ora si presenta un dilemma: scendere a Pordoi con la funivia o attraverso il canalone?
Una parte decide subito di usufruire della funivia, mentre la maggior parte sceglie il canalone.
Il primo tratto è completamente ghiacciato e per nulla invitante, poi si scende in picchiata. Ma vale la pena di affrontare questa ultima prova!
Il paese sotto di noi appare piccolo piccolo, ma seguiamo la traccia segnata nello sfasciume e zigzagando scendiamo verso valle.
E’ difficile rimanere concentrati sul cammino, perché superata la barriera dei monti che formano la forcella, davanti a noi compare La Marmolada con il suo splendido ghiacciaio rivestito a nuovo dalla neve fresca.
E’ uno scenario esaltante: alle spalle il Gruppo del Sella e di fronte la Marmolada.
Anche questa avventura è finita. Torniamo verso casa salutando i baluardi rocciosi che si allontanano, con la certezza che molto presto torneremo, in punta di piedi, a chiedere loro il permesso di entrare.
8 - 9 settembre 2007.
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