Flores e Corvo, perle sconosciute delle Azzorre

A torto reputate “sorelle minori”, si rivelano prodighe di magnifiche scoperte

È uno strano destino quello dell’arcipelago delle Azzorre; citate spesso nei bollettini meteorologici, in coppia al ben noto anticiclone, sono entrate a pieno titolo nel lessico comune, ma sono sconosciute ai più riguardo a tutto ciò che riguardi la loro concretezza, collocate in una dimensione fuori da ogni riferimento geografico e nazionale.
È infatti ben raro, citandole entusiasti al rientro da un viaggio che ne ha fatto scoprire il fascino, trovare nell’interlocutore qualcosa di diverso da un quasi totale disorientamento, che per lo più le associa ad una generica collocazione caraibica o polinesiana.
Questo estremo lembo di terra portoghese, a mezza strada tra l’Europa e gli Stati Uniti, è in realtà un microcosmo di nove isole caratterizzate da una flora rigogliosa e da una natura quasi incontaminata, che mostrano ancora evidenti i segni del passato di crocevia della navigazione atlantica tra il Nuovo Mondo e le potenze coloniali di Portogallo e Spagna dei secoli XV° e XVI°.
Malgrado siano citate più o meno sommariamente su mappe e resoconti di viaggio di navigatori genovesi del XIV° secolo, è solo con la presa di possesso portoghese avvenuta a cavallo dei secoli XV° e XVI° che le isole entrano a pieno titolo nella storia europea ed assumono il nome che ancora oggi le caratterizza, da “açor”, un piccolo falco isolano, una delle poche specie autoctone, dato che la fauna locale era esclusivamente composta da uccelli (nell’arcipelago ancora oggi non esistono serpenti).
Se le isole maggiori Sao Miguel, capoluogo amministrativo ed economico, e Terceira, secondo centro dell’arcipelago, pur mantenendo quasi invariati i propri pregi, possono ormai offrire quasi tutti gli agi della modernità, una visita a Flores e Corvo, le più remote “sorelle minori”, può dare l’impressione che poco tempo sia trascorso da quando queste isole erano sperduti avamposti soggetti agli assalti delle navi corsare, che fino alla metà del XIX° secolo ancora solcavano questi mari.Che le due isole non siano al centro delle rotte turistiche appare già evidente al momento di organizzare in loco la trasferta a Flores; il collegamento diretto via mare è previsto solo per le merci, mentre ai passeggeri è riservato esclusivamente il servizio offerto da Sata, la compagnia aerea azzorreana, con voli dalle isole maggiori del cosiddetto Gruppo Centrale a giorni più o meno alterni.

FLORES
L’arrivo a Santa Cruz, capoluogo dell’isola di Flores, è emblematico di quanto attende il visitatore; il piccolo centro si sviluppa letteralmente lungo la minuscola pista d’atterraggio; oltre ad una grande chiesa nel tipico stile coloniale ed a poche altre costruzioni degne di nota, il primo approccio non rende giustizia a quella che una visita più approfondita si rivela essere una vera perla delle Azzorre.
Mancano infatti quelli che per il turista medio sono elementi essenziali; i pochi locali chiudono ad ore che in Italia corrispondono più o meno al momento di un aperitivo prolungato più del solito, e verso le ventitre per le viuzze della cittadina si aggirano rare ombre, per lo più pochi turisti in cerca di qualche bar che consenta di chiudere dignitosamente la serata.
Il massimo sconcerto è raggiunto però quando si scopre che l’unico negozio di articoli fotografici dell’isola ha cessato l’attività da poco e l’acquisto di pellicole è affidato ad un passaparola degno di una caccia al tesoro; interpellati con esito negativo i pochi minimarket si viene a sapere che in un certo bar vengono venduti questi articoli introvabili, non sempre però, dato che il diretto interessato lavora lì solo alcuni giorni della settimana; il tutto condito dal ripetuto stupore degli isolani che più volte ci fanno notare che ormai, al giorno d’oggi, nessuno più usa pellicole, dato che esistono le macchine digitali… constatazione che stride ancor più con la natura selvaggia del luogo!!
Certo è che il mare in perenne movimento, la costa frastagliata in spuntoni di nera roccia lavica, perennemente battuti dal ribollire delle onde atlantiche, rendono pienamente l’impressione, specie nei giorni, non infrequenti, di tempo perturbato, di trovarsi a migliaia di chilometri nel bel mezzo dell’Oceano.
Basta però volgere il capo verso l’entroterra per sorprendersi ad ammirare un paesaggio di monti e vallate verdissimi, costellati di picchi rocciosi dalle forme bizzarre e punteggiati da laghi di chiara origine vulcanica.
Per chi ama il trekking basta farsi trasportare in uno dei paesini della costa occidentale dell’isola (Lajedo a Sud, Ponta Delgada a Nord) e da lì imboccare uno dei vecchi sentieri lastricati in pietra lavica e costeggiati da muretti a secco, che fino a cinquant’anni fa erano la sola rete stradale che collegava i vari centri dell’isola e che hanno come meta finale il bellissimo centro di Faja Grande, un porticciolo nel mezzo di un piccolo golfo, un angolo di pace circondato da contrafforti montuosi verdissimi, solcati da bianche cascate che numerose cadono a mare, per dare il senso di una visita a Flores.
Lungo il cammino la vegetazione offre un inedito connubio di specie tipiche delle nostre latitudini con altre di chiara origine tropicale, tra cui spicca la Roca da Vela, fiore giallo dal caratteristico odore dolciastro, che gareggia a diffusione solo con l’ortensia, fiore simbolo delle Azzorre e onnipresente sia ai bordi di strade e sentieri che come mezzo di recinzione per appezzamenti dove pascolano le immancabili mucche, un altro elemento tipico del paesaggio isolano.
L’agricoltura era infatti sino agli anni ’60 la principale fonte di sostentamento dell’isola, seguita a breve distanza dall’allevamento; gli allora circa dodicimila abitanti vivevano dei prodotti della terra, mentre le rare merci acquistate dall’esterno, giungevano una volta al mese con una nave mercantile.
Gli anni ’60 - ’70 coincisero con un’ondata migratoria, diretta principalmente verso Stati Uniti e Canada, che interessò tutto l’arcipelago e che portò in breve ad uno spopolamento dell’isola, testimoniato dai gruppi di case abbandonati alla vegetazione che qua e là è frequente incrociare durante un’escursione; ai nostri giorni, dopo l’arrestarsi del flusso in uscita ed un periodo, iniziato alla fine degli anni ’80, di relativa ripresa economica, Flores conta circa quattromila abitanti.
Oggi è possibile imbattersi in paesini silenziosi e pittoreschi, dove il tempo si è fermato ed il luogo di ritrovo mondano ruota al massimo attorno ad un piccolo bar, che funge anche da emporio; la ruralità dell’ambiente è chiara nel saluto che gli abitanti rivolgono volentieri al turista di passaggio, segno confortante che a queste latitudini siamo ancora merce rara…

CORVO
Le sensazioni fin qui provate sono però solo un aperitivo che prepara il visitatore all’approccio con Corvo, nel contempo l’isola più piccola ed il più minuscolo comune del Portogallo; dopo un’ora di viaggio a dir poco periglioso, su un fragile gommone occupato da pochi ardimentosi e sbattuto dalle plumbee onde dell’Oceano, tra stormi di uccelli marini che, disturbati da questa improvvida intrusione nel loro mondo, si levano in volo infastiditi, si arriva al piccolo molo di Vila Nova de Corvo, battuto dalle onde e dal vento.
Il villaggio, poco più di trecentocinquanta abitanti, è concentrato su una minuscola propaggine nel lato meridionale dell’isola, evidentemente un'antica colata lavica esauritasi in mare, e si sviluppa attorno a poche viuzze; il piccolissimo aeroporto è affiancato dai tipici mulini, vero simbolo dell’isola. Salendo verso il centro abitato si respira un clima familiare, non è raro che gli abitanti diano un allegro benvenuto al turista di passaggio.
L’unica strada carrozzabile è anche quella che conduce alla caldera; l’isola infatti altro non è che un unico vulcano emerso dalle acque, che nel versante sud offre un declivio più dolce e propizio all'abitato.
L’interno della caldera offre uno scenario bucolico di piccoli laghi attorniati da dolci collinette, che rimane a lungo nella memoria. Anche qui le mucche brucano impassibili e si stenta a credere che questo dolce paesaggio, con le verdi dorsali della caldera divisi in appezzamenti e ripartiti dalle immancabili siepi di ortensie, fosse un tempo al centro degli immani sconvolgimenti vulcanici che hanno portato all’emergere di questi estremi lembi di terra europea in pieno Oceano.
Ma forse è proprio questo il segreto fascino di queste isole, che riflettono nella propria storia la contraddittorietà delle forze della natura, che, anche se ci regalano sensazioni di estremo fascino ed armonia, sono sempre pronte a scatenarsi in tutta la propria maestosa imponenza.

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