La Perla Nera del Mediterraneo: benvenuti a Pantelleria

Non capita tutti i giorni un viaggio così.
Primo perché siamo tornati da non più di dieci giorni, stanchi più di quando siamo partiti, da una settimana a New York e ci è mai capiato prima di mettere in programma e realizzare un altro viaggio così in fretta,
Secondo perché questa volta siamo convinti: non ci organizziamo per tempo prenotando mesi prima e pianificando ogni cosa nei minimi dettagli. No, questa volta si parte last minute senza nemmeno scegliere la destinazione a priori se non una volta in agenzia due o tre giorni prima di salire in aereo!
E terzo perché con una community di viaggiatori come quella di Ci Sono Stato, attivissima e che ha già pubblicato diari di viaggio dal Polo all’Australia, dal Tibet al Guatemala, trovare una destinazione dove ancora non c’è stato nessuno è difficilissimo… ma Pantelleria è (ops, era!) una di queste!
La delusione nel non aver nessuno spunto per preparare la nostra visita si tramuta quindi in onore (ed onere!) nell’essere i primi a descrivere l’isola e a parlare delle sue bellezze; dovremo essere allora più precisi, attenti e schematici lasciando meno spazio a sentimenti ed emozioni in modo che il nostro viaggio o, meglio, la sua descrizione, possa essere davvero utile e pratica a chi vorrà visitare l’isola in futuro.
Bando alle ciance allora e scendiamo dalla scaletta del volo Alitalia che da Milano ci ha portato fin quaggiù, sbrighiamo le pratiche per il noleggio dello scooter e partiamo alla scoperta della Perla Nera del Mediterraneo!“Il sole arriva non vi preoccupate. In quanto al vento, invece, se volete portarne a casa un po’ a noi non importa, anzi!”.
Sono più o meno queste le parole di una persona del luogo con cui abbiamo chiacchierato un po’ durante il nostro soggiorno, ed in questa frase è raccolta la descizione del clima dell’isola; il sole ed i vento qui sono una costante e anche se non è impossibile trovare giorni grigi o di pioggia, è comunque l’eccezione che conferma la regola.
E sembra anche che la vita su quest’isola sia regolata in base a questi due elementi: i negozi , tutti senza troppe distinzioni, chiudono verso mezzogiorno per riaprire verso le 17.30 evitando le ore più calde; le case stesse sono costruite per essere resistenti al calore estivo evitando di diventare forni per chi vi abita; nonostante i numerosi muretti a secco costruiti proprio a loro difesa, viti ed ulivi vengono coltivati in “versione bonsai” così da non dover vedere i frutti strappati e rovinati quando c’è vento!
La brezza che soffia sempre, tutti i giorni e tutto il giorno, aiuta anche a sopportare meglio il caldo del sole anche nelle ore in cui è più forte, tanto che spesso non abbiamo duvuto scappare dal mare all’ora di pranzo; molto più fastidioso (ma forse non meno pericoloso anche se a modo diverso!), invece, è quando la brezza leggera si fa più forte e si sta guidando il motorino: è facile sentirsi spostati durante la guida e se non si è reattivi nel rispondere sui comandi il rischio è piuttosto elevato.Cosa serve per una vacanza così?
Costume, salviettone per prendere il sole, un paio di pantaloncini, maglietta e ciabatte, crema protettiva per evitare scottature… tutto il resto è di più!
Come in tutte le vacanze prettamente marine è inutile gonfiare la valigia di indumenti, alla fine ci si riduce a vestire i più comodi, i più freschi, quelli che piacciono di più, sempre senza pretese particolari; a Pantelleria, poi, dove la vita notturna è limitata ad un paio di bar sul lungomare, non ha nemmeno senso pensare di portarsi abitini o qualcosa di più elegante: oltre a non servire proprio sarebbero quasi fuori luogo!
Da non lasciare a casa, invece, scarpette di gomma per il mare e l’immancabile maschera con boccaglio per lo snorkeling; da ricordarsi anche qualcosa per ripararsi dal vento (e dalla pioggia se si è sfortunati) quando ci si sposta in motorino ed una felpa per la sera: su due ruote fa freddino quando non c’è il sole!L’isola
Rocciosa, rude, graffiante, grezza, rossa e nera, ruvida e ripida, aspra; questa è Pantelleria.
Scordatevi spiagge bianche e chilometriche distese di ombrelloni, dimenticate l’organizzazione da “bagno all-inclusive”, lasciate a casa la speranza di trovare a propria disposizione in ogni momento comfort e qualsiasi cosa si possa desiderare; scordatevi tutto, l’isola è tutt’altro.
Ed è uno spettacolo!
Nata dall’attività vulcanica secoli fa, l’isola ora si presenta come una montuosa distesa verde e marrone, cosparsa di pietre e campi spazzati senza sosta dal vento; la vegetazione però c’è e copre abbondantemente i ripidi pendii della Montagna Grande, la cima maggiore, tanto che una volta raggiunta la cima non è difficile trovarsi a sentire odor di funghi e muschio! Là dove non arrivano gli arbusti ed i bassi alberi, invece, è la patria dei fichi d’india e delle rocce, fino a quando non si arriva al mare dove, invece, è la roccia nuda a disegnare il panorama fino a che non si incontra con l’azzurro intenso del mare.
Un paesaggio tutto da scoprire in somma, per un’isola ben lontana dall’essere monotona e sempre uguale a se stessa e che addirittura è capace di attirare, proprio in virtù di queste sue caratteristiche, un gran numero di turisti che, snobbando il mare e le onde, si dedicano a visitarla a piedi, seguendo i suoi sentieri, rapiti dalle bellezze della sua roccia.
Ma, come se non fosse abbastanza quanto già detto a giustificare la sua particolarità, anche i suoi stessi abitanti hanno in qualche modo snobbato l’acqua preferendole la terra: i Pantesi si definiscono un popolo di terra e trovano nella agricoltura il loro fondamento economico e culturale, come se volessero in qualche modo rinnegare la loro insularità!
Ovviamente, però, su un’isola come questa non potevano certo non trasformare la coltivazione in qualcosa di particolare ed unico; ecco allora campi coltivati a vite o filari di ulivo tenuti rigorosamente bassi, raso terra, come se fossero dei locali bonsai, così che i muretti a secco li proteggano dal vento che altrimenti rovinerebbe inesorabilmente i frutti di tanta fatica. Già, perché di fatica qui se ne è fatta (e se ne fa!) tanta dal momento che ogni metro di terra coltivabile è stato, con caparbia e sudore, letteralmente strappato alla roccia ed ai sassi.

Mare
Una settimana è l’ideale per una vacanza a Pantelleria, soprattutto perché si hanno così a disposizione abbastanza giornate per visitare le cale più caratteristiche dell’intera isola; ad aiutarci nel nostro tour c’è la preziosa guida offerta dal tour operator che descrive i vari punti di interesse e spiega come raggiungerli.

Uscendo da Pantelleria e spostandosi in senso orario le prime due zone da segnalare sono il Bue Marino e Karusha, di certo luoghi che non attraggono ed affascinano come altri sull’isola; qui la vicinanza del centro abitato si sente molto (tanto che spesso sono ritrovo di ragazzi e ragazze che vi abitano) e purtroppo, sensisbili alle richieste di un certo tipo di turismo, sono anche snaturate nella loro bellezza da parcheggi, servizi e comodità altrove fortunatamente non arrivate. Non particolarmente invitanti quindi, soprattutto quando poco oltre cominciano delle bellezze davvero da lasciare a bocca aperta e a far da “aperitivo” c’è Khattibugale.
Raggiungere il mare non è difficile grazie al vicino parcheggio ed ai gradoni naturali che permettono di scendere fin sulla riva; una volta lì, poi, basta scegliere dove si preferisce stare, fra piccole piscine naturali ed una lunga distesa di lava nera e solcata da migliaia di piccole venature e striature.

Lo spettacolo vero e proprio, però, comincia poco più in là, arrivati in cima ad una piccola altura, sempre seguendo la Perimetrale, decine di metri sotto di voi si apre Cala Cinque Denti, una scogliera ripida a strapiombo su un mare che assume tutte le sfumature di colore che vanno dal verde all’azzurro o che, quando il vento rinforza, si tinge di un profondo blu; l’accesso è molto complesso e difficoltoso e quasi sempre si accede alla cala attraverso il mare, con gommoni o barche a vela così da evitare la faticosa risalita arrampicandosi fra le rocce. Già semplicemente fermandosi ad ammirarla dall’alto della strada, però, la cala offre il suo magico e naturale splendore!

Continuiamo il nostro giro dell’isola, in sella allo scooter superiamo la punta di uno dei fari dell’isola, passiamo fra coltivazioni e terrazzamenti mezzi sommersi come sempre dai muretti in pietra che costeggiano la strada, passiamo oltre anche al piccolo porto di (che dalll’alto non ci sembra molto invitante…) e poco dopo voltiamo a sinistra, su una strada in discesa che ben presto abbandona l’asfalto per fare spazio ad un ciottolato piuttosto scivoloso. Meglio continuare a piedi per qualche minuto per arrivare ad una scalinata di pietra che porta a Punta Kharace, la nostra meta.
Arrivare fino qui (ed anche tornare vista la salita da fare a piedi sotto il sole!) non è certo semplice come prima ma la piccola fatica viene ripagata dal luogo! Non che sia straordinario per Pantelleria, ammettiamolo, il mare è fantastico e cristallino e la roccia lavica sempre suggestiva ma tutto sommato se lo si vuole vedere con una punta di distacco, è un panorama già visto… la vera bellezza del luogo sta nell’incredibile contatto che si ha qui con la natura: la cala è poco frequentata, il mare è a tratti impetuoso, la scogliera alle proprie spalle protegge da tutto il mondo e da tutte le altre persone. Si è soli con acqua, aria e sole, ecco la magia di un posto come questo! Tuffarsi e gustare l’acqua di un Mediterraneo ancora ghiacciato è semplicissimo, tornare ad appoggiare i piedi per terra, fra onde, ricci, alghe e rocce scivolose, invece, è tutto un altro discorso: attenzione a studiare bene come fare a risalire!

Lasciata Punta Kharace e ritornati in sella allo scooter si arriva, poco distante, ad una delle zone pù note di Pantelleria.
Percorso qualche tornante il discesa e sorpassato un piccolo nucleo di abitazioni si arriva allo sperone di terra che divide Cala Tramontana e Cala Levante, due insenature utilizzate come riparo per le imbarcazioni e come meta turistica; il nome deriva dalla posizione, rispettivamente ad ovest e ad est del lembo di roccia che le separa, ed è proprio questa piccola penisola a fare la fama del luogo: in una terra dove il vento spira senza sosta è raro trovare il mare calmo… tranne che qui! La roccia protegge da onde e correnti alternativamente l’una o l’altra cala così che in ogni momento (bufere escluse ovviamente!) una delle due è calma e sicura. In realtà, però, questo è anche il suo difetto dal momento che la cala più protetta diventa anche quella più affollata e quella che noi abbiamo attentamente evitato divertendoci invece in totale tranquillità e solitudine a tuffarci dal molo di pietra dell’altra parte della cala.
Chi ama le immersioni o le fotografie suggestive, non può perdere il Faraglione, la punta estrema della parte rocciosa fra le cale, strappata alla terra dalla forza del mare ed ora scoglio a picco su un mare blu intenso.

È uno dei simboli dell’isola e merita certamente più di una semplice fotografia; è l’Arco dell’Elefante, una formazione rocciosa che curiosamente assomiglia ad un enorme elefante che si disseta immergendo la proboscide in mare. Di queste immagini si sa è piena l’Italia (e non solo), ma devo ammettere che questa è davvero impressionante in quanto a somiglianza: addirittura si riesce ad intravedere l’occhio dell’animale, quasi i suoi tratti siano stati scolpiti appositamente e non creati dalla forza della natura!
La suggestività del panorama (si vede in lontananza anche il Faraglione) si somma alla bellezza del luogo, al mare, alla vista panoramica che si gode dalla cima “testa dell’elefante”, tanto che la sensazione iniziale di essere in un po’ “inflazionato” e “troppo turistico” svanisce presto lasciando un bellissimo ricordo .

Forse la cala più bella di tutta l’isola, però, si trova sulla punta estrema rispetto all’abitato di Pantelleria; la si raggiunge deviando dalla strada perimetrale e scendendo lungo uno sterrato che ben presto diventa un sentiero, largo tanto da far passare un’auto, costellato di pietre e piccoli massi. È difficile però capire quando finisce lo sterrato e comincia il sentiero, così complesso che noi ce ne rendiamo conto troppo tardi e non possiamo fare altro che andare avanti cercando di evitare i punti più difficili e pericolosi, incrociando già le dita per il ritorno: non sarà facile risalire!
Una volta in fondo, però, si apre davanti agli occhi la Balata dei Turchi, una caletta rocciosa circondata da una scogliera gialla e bianca a picco su un mare cristallino come non mai: veramente una favola!
Tuffi e nuotate sono d’obbligo, ma anche lo snorkeling qui assume una dimensione unica: accanto ai ricci ed ai “soliti” pesciolini si riescono a scorgere stelle marine di un rosso intenso e brillante e pesci multicolore che si nascondono fra le alghe ed invitano a farsi seguire scoprendo il loro mondo; i più temerari, correnti permettendo e con la giusta attrezzatura, possono anche avventurarsi nei pressi o all’interno di una maestosa grotta naturale che completa ed arricchisce il panorama unico di questa cala.
Contro ogni aspettativa, poi, il nostro scooter si scopre un arrampicatore nato e, a parte brevi pezzi in cui le rocce non lo permettono proprio, tornare sulla strada principale è più facile del previsto!

Il giro dell’isola si chiude con Punta Suvaki e Mursia, zone che risentono purtroppo molto della vicinanza con il centro abitato e con la richiesta di un turismo più “classico” fatto di hotel e all inclusive; decisamente meno suggestive di quanto visto sull’altra costa e ben lontane dalla bellezza scoperta sull’isola.

Montagna
Fai un paio di curve e ti ritrovi, in costume e ciabatte infradito, in un bosco che non lascia filtrare i raggi del sole, dove l’odore di muschio e funghi si fa sempre più intenso e le nuvole, da un momento all’altro, velano e scoprono il panorama che ti circonda.
Pantelleria nasce dalle montagne (… ok, dai vulcani…) e vive grazie alle montagne; anzi, alla Montagna, quella Grande, che domina tutto dal centro dell’isola. Qui il vento si scontra con la terra, l’umidità che trasporta condensa e diventa acqua che scende poi lungo i crinali dando sollievo ad una natura altrimenti bruciata dal sole. Meraviglia comunque passare in pochi minuti, salendo la strada che porta alla cima, dai fichi d’india ed i capperi agli alberi ed al muschio della sommità del monte, così come sorprende comprendere quanto questo equilibrio natura sia delicato ed efficiente!
Dall’alto, poi, lo sguardo può spaziare sulle piane coltivate dell’isola, sugli appezzamenti divisi dai muretti, sui dammusi sparsi qua e là, sulle coste ed il mare; dall’alto soprattutto si riesce ad intravedere quello che milioni di anni fa era Pantelleria: non c’è più lava e cenere o fumo e lapilli ad uscire da cono dei vulcani, ma loro, i vulcani, sono ancora qui, riconoscibilissimi anche se spenti, erosi dal vento, coperti di vegetazione e solcati dagli sterrati che conducono alla loro cima.

Da provare per passare un pomeriggio diverso, magari quando non è possibile andare al mare, è uno dei tantisismi sentieri che solcano l’isola; si tratta in realtà più di strade di campagna, usate dagli agricoltori ed ora convertite con segnalazione ed un po’ di costante pulizia in una interessante attrazione.
Camminando fra i ciotoli si passano boschi di bassi alberi, campi coltivati a zucche, uliveti e vigne rigorosamente “formato mignon”, enormi formazioni di piante grasse, fichi d’india in fiore… in somma, si riesce ad assaporare il tipico gusto del Mediterraneo!
Noi abbiamo scelto il sentiero numero 3 che ci ha portato prima a scorprire l’entroterra ed in seguito verso il mare fino a giungere al faro (in condizioni piuttosto discutibili purtroppo) ed al Lagghetto delle Ondine: un’oretta e mezza di cammino, poco faticosa e molto rilassante!

Lago
Lago qui è sinonimo di Specchio di Venere, un bacino a forma di goccia, protetto dai monti che lo racchiudono e anche dalla Regione grazie ad una legge che regola l’ingresso di mezzi a motore.
Qui Venere si dice che venisse a specchiarsi in acque che dal bianco degradano fino al blu intenso passando da tutte le possibili sfumature di azzurro: uno spettacolo di grande ed intensa bellezza, che ha uguali solo in atolli sperduti in chissà quale oceano.
La vera particolarità del lago, però, è il suo stretto legame con il fuoco che scalda Pantelleria; in alcune zone dello Specchio sgorga dal sottosuolo acqua ad una temperatura di circa 60 gradi, ribollendo fra canneti e fango, ricca di sostanze minerali che fanno la gioia degli “uomini di fango”, schiere di persone di tutte le età che approfittano del fenomeno per cospargersi completamente il corpo di fango lasciandoselo asciugare addosso così che con le sue proprietà purifichi la pelle. Una volta completata l’operazione basta arrivare dall’altra parte del lago, là dove l’acqua è più profonda e fredda per tuffarsi e ripulirsi ritornando ad assumere sembianze umane!
Nonostante la presenza delle sorgive termali, poi, non si sente nemmeno il caratteristico ma spesso piuttosto intenso e fastidioso odore di zolfo, cosa che ovviamente non fa che rendere ancora più piacevole la visita e la permanenza sulle rive del lago. Anche se non si ama particolarmente le pratiche termali, quindi, il lago è comunque un luogo magico e di grande bellezza: da non perdere davvero!

Quello di Venere, però, non è l’unico lago di Pantelleria; ne esiste un altro, molto più piccolo ma altrettanto particolare e suggestivo.
Quando il mare si fa grosso gonfiato da venti e tempeste, le onde si infrangono fragorose sugli scogli andando spesso a superare le altezze consuete; quando poi si ritira lascia inondate parti di scogliera dando vita a vere e proprie piscine naturali. Il Lago delle ondine nasce proprio così, frutto delle onde e della barriera naturale che lo separa, nei giorni di sole, dal mare.
Uno specchio d’acqua salata, cristallina, racchiuso fra rocce in riva al mare che lo alimenta; un piccolo gioiello incastonato nel nero della pietra lavica che tutt’attorno disegna immagini e figure di ogni tipo.
Qui trovano riparo ed habitat naturale granchi e soprattutto ricci di mare (attenzione a dove si mettono i piedi quando ci si immerge!), ma non è raro trovare anche qualche pesce di piccole dimensioni, rimasto intrappolato. La bellezza e la particolarità del posto lo rendono quasi religioso, tanto che spessp ci si ritrova a parlare con un tono di voce più basso del solito, quasi per rispetto di questa sorpresa della natura!

Paesi e Contrade
Benzinaio? Pantelleria.
Supermarket? Pantelleria.
Ufficio Postale? Pantelleria.
Medico? Pantelleria.
Pantelleria qui è l’unico ed il solo punto di riferimento tanto che gli stessi abitanti la chiamano “il capoluogo” o “il paese” anche se vivono loro stessi in un paese! Le varie località che trovate segnate sulla mappa, in realtà, sono poco più di frazioni costituite da poche case, spesso sparse, un panettiere ed un fruttivendolo se si è fortunati, un bar che fa anche da tabaccaio e vende qualche bene di primaria necessità… tutto qui, poco da visitare, niente di particolare se non qualche piccolo scorcio sul porticciolo di Scauri o di Gadir, per il resto, tutto il resto, ci si deve rifare a Pantelleria; e pure lei non è poi così fornita come si possa credere!
La cittadina si allunga attorno al porto, commerciale e poco suggestivo, il castello roccaforte, la piazza ed un lungomare con qualche bar, un paio di ristoranti, giornalaio ed un negozio di souvenir. Tutto qui. Il resto è fatto solo di stradine e vicoli, abitazioni che danno un’impressione piuttosto decadente, bambini che giocano per strada e cani, magri e dall’aria di chi la sa lunga sulla durezza della vita, lasciati liberi a se stessi.

Natura ed animali
La natura, nelle sue diverse forme, è l’unica vera protagonista della vacanza a Pantelleria; sembra quasi che i quattro elementi fondamentali si siano in qualche modo dati appuntamento qui per esprimere al meglio, contemporaneamente, le loro caratteristiche: l’acqua con un mare cristallino e ricco di vita, l’aria con il vento che spira senza sosta, la terra con le sue rocce e le montagne, ed in fine il fuoco che la brucia, sopra e sotto.
Immagino non sia difficile ipotizzare che con una natura del genere, protetta anche a livello statale e rispettata da abitanti e (si spera!) dai turisti, avvistare animali sia facile! E confermo che lo è… a volte anche troppo!
Se siamo rimasti affascinati dalla bellezza dei tre fenicotteri rosa trovati nello Specchio di Venere una mattina, dalla rapidità con cui un falco ha cacciato nel campo poco lontano dal nostro dammuso, dai pesci colorati avvistati vicino a riva e dalla stella marina che ci ha dato il benvenuto dopo il nostro tuffo alla Balata dei Turchi, lo siamo stati un po’ meno quando nel tornare a casa la sera in scooter, attratto dalla luce del nostro faro, un coniglio ha deciso di attraversare la strada nel momento sbagliato (si è sentita la botta sotto la pedana, ma lui pare essersela cavata…), e soprattutto quando abbiamo fatto l’incontro con un topolino di campagna mentre facevamo colazione ed un serpente spuntato dal muro appena fuori casa!
Soprattutto quest’ultimo incontro è stato un po’ destabilizzante (per me almeno: Vicky ha sofferto di più quello con il topino!): un conto è pensare che ci possano essere rettili nei paraggi, un altro è vedere un serpente di più di due centimetri di diametro, nero con macchie rosse e gialle uscire per più di un spanna fra i sassi della recinzione, a fianco del tavolo dove mangiamo e del barbeque, guardarsi in torno un attimo, tastare l’aria con la linguetta biforcuta e poi ritrarsi e sparire di nuovo fra le pietre!
Inutile dire che dagli avvistamenti in poi non siamo più riusciti a vivere con lo stesso relax di prima la nostra casa; purtroppo mangiare fuori, stare a prendere il sole sulle sdraio, leggere sotto il porticato sull’amaca ma anche lasciare la porta aperta per far passare aria e luce è diventato un problema; non possiamo che incolpare la nostra paura, non certo l’isola o la casa, fatto sta, però, che la cosa ci ha un po’ cambiato la percezione avuta i primi giorni.

La Cossira
Questo è il nome del tour operator che ci ha permesso di passare questa meravigliosa vacanza a Pantelleria. Lo citiamo perché ha organizzato tutto con esperienza e professionalità: da consigliare quindi!
Fra l’altro è anche l’unico a mettere a disposizione (anche on line!) una mini guida dell’isola, prezioso riferimento per cale, strade e luoghi di interesse. Non abbiamo trovato altra documentazione né in libreria né in rete, quindi il loro è davvero un servizio prezioso.Strutture ricettive intese come hotel (fortunatamente!) non sono molte e per lo più sono concentrate nei dintorni di Pantelleria; pochissimi anche i villaggi turistici ed inesistenti i camping. Alloggiare qui è allora impossibile?!
Tutt’altro: basta affittare un dammuso!
È lui il vero protagonista della ricettività dell’isola ed è una di quelle parole mai sentite prima ma che diventeranno di utilizzo quotidiano durante la vostra permanza ed una volta tornati a casa.
Il dammuso è la tipica casa pantesca, quella storica, quella tradizionale, l’architettura tipica del luogo che affonda le proprie radici nella notte dei tempi. La ricetta è semplice e quanto mai d’effetto: muri spessi anche due metri, rigorosamente edificati con le stesse pietre che si trovano un po’ ovunque in giro per l’isola, tetto con volta a botte o con una cupola arabeggiante costruito ad hoc per raccogliere l’acqua piovana, bene prezioso anche oggi; l’interno, poi, segue lo stesso stile pratico e semplice con un unico locale dove trovano posto tutti gli ambienti domestici ovviamente con qualche concessione alla comodità ed alle esigenze moderne (il bagno originariamente era all’esterno…). Quello affittato da noi, poi, non si fa nemmeno mancare un bel soppalco per la stanza da letto, cucina in muratura, doccia con pareti di tufo e lavandini di ceramica decorati; all’esterno invece portico di legno, barbeque, sdraio ed amaca, il tutto affacciato sul meraviglioso Specchio di Venere: un piccolo angolo di Paradiso in somma !Parola d’ordine: “capperi e passito”. Questa è la loro terra natale, la loro patria e la loro roccaforte e giustamente Pantelleria se ne fa un vanto e motivo di orgoglio.
Non possiamo nascondere che buona parte della vancaza è stata spesa, con grande piacere ovviamente, fra un’azienda agricola e l’altra assaggiando il vino locale, parlando di come viene prodotto, dei segreti che lo rendono unico, oppure degustando patè e sughi a base di capperi; conoscere l’isola passa anche (soprattutto?!) dalla tavola e non ci siamo fatti scappare l’occasione!
Il passito è il vino, piuttosto liquoroso, ottenuto da uva zibibbo (che da il nome anche all’altro famoso alcolico locale) che viene fatta appassire al sole per gioni dopo essere stata colta e, dopo la spremitura, viene lasciata maturare per almeno un anno nelle botti; il risultato è un vino dolciastro ma dal sapore intenso che solitamente si accompagna a dolci, spesso secchi.
Qui, ovviamente, è di casa e ogni ristorante o negozio dell’isola ne propone un assaggio o la vendita; ma, contrariamente a quanto pensavamo, non è più economico che al supermecato sotto casa! La stranezza si spiega con la più scarsa qualità e l’industrializzazione della produzione che si trovano nelle bottiglie commerciali. Qui invece si punta alla qualità, all’esclusività di un prodotto che si può trovare solo qui e quindi i prezzi salgono; ma ne vale la pena? Darete voi una risposta dopo aver assaggiato i diversi prodotti delle varie cantine paragonandoli magari a quanto comperato a casa, noi, assolutamente non intenditori, ci siamo accorti della grande differenza che passa fra qualcosa di genuino e fatto secondo tradizione e cosa invece è prodotto su larga scala a livello industriale, tanto che abbiamo acquistato qualche bottiglia evitando anche le aziende vinicole locali ed affidandoci al 100% alla tradizione di un contadino, privato, che produce con le sue viti e come gli hanno insegnato padre e nonno prima di lui. La differenza di sente e come!

Ammettiamo la nostra ignoranza a riguardo, ma prima che ce lo dicessero qui sull’isola, non avrei mai pensato che il cappero fosse in realtà il fiore della pianta, non il frutto (che invece si chiama “cetriolo di cappero” o, a volte, “cappero al naturale” ed ha valore molto inferiore); invece i fiori, prima che sboccino, vengono colti, lavati ed in fine messi sotto sale in modo che tutta l’umidità venga estratta. Se pensate che la pianta cresce solo fra rocce e muretti di pietra e che non esistono macchine per automatizzare il processo, è facile immaginare quanto tempo e quanta fatica richieda cogliere questi boccioli!
Fortunatamente invece, una volta completato il processo, ci si mette poco a trovarli in vasetti sotto forma di patè, pesto pantesco, pesto con capperi e via di questo passo. Si possono assaggiare (ed acquistare ovviamente) tutte queste delizie in molte delle aziende agricole dell’isola, fra tutte, per la qualità, il rapporto con il prezzo e la cortesia con la quale siamo stati accolti, ci va di segnalare AgrIsola, in Contrada Ghirlanda, nel cuore di Pantelleria; dopo assaggi e contro-assaggi, però, alla fine abbiamo preferito andare direttamente alla fonte: la Cooperativa Agricola Produttori Capperi, nei pressi di Scauri, dove si trovano ai migliori prezzi (circa 10€ al kg a seconda delle dimensioni) confezioni di capperi pronte da portare a casa: con la materia prima a disposizione, provemo poi noi a copiare le ricette che abbiamo imparato qui!

Non ci sono solo capperi e passito, però; anche se queste due prelibatezze hanno meritato attenzione particolare, Pantelleria propone anche altro: pesce ma soprattutto (!!!) carne (basti pensare che il piatto tipico è il coniglio!) sono nei menù e nei piatti di tutti i ristoranti dell’isola, senza dimenticare poi i formaggi (la tumma è quello locale), la verdura (tipiche sono le zucchine e la zucca) ed i dolci (i baci, con ricotta di pecora sono fantastici!).
Notevoli anche le influenze storiche sulla gastonomia: dalla Sicilia (più lontana della Tunisia!) arrivano arancini di riso e granite alla mandorla (da non perdere quelle della gelateria “Katia” sul lungomare di Pantelleria) e dall’Africa il CousCous qui servito nella variante con pesce.

Avendo a disposizione una casa per l’intera vacanza, spesso abbiamo approfittato della nostra cucina , quanto meno per la cena; non siamo quindi adattissimi a dare consigli sui ristoranti presenti sull’isola, ma fra i pochi di cui siamo stati ospiti, vogliamo segnalare la Favarotta: un po’ difficile da raggiungere forse, ma davvero un bel posto, semplice in cui si mangia veramente bene!Pantelleria è stato un viaggio volutamente non programmato. Avevamo preso una settimana di ferie dal lavoro ma abbiamo voluto aspettare fino all’ultimo per provare l’ebbrezza di un vero Last Minute; nessuna meta, qualche preferenza (sole, caldo e mare!) ma pronti ad andare da una parte o dall’altra del Mondo senza problemi di alcuna sorta.
Purtroppo abbiamo constatato come la formula tanto pubblicizzata e simbolo di una rivoluzione nel modo di viaggiare sia, in realtà, solo uno specchietto per allodole.
Saremo stati sfortunati forse, ma non abbiamo avuto modo di godere di alcuna particolare offerta per la prenotazione all’ultimo minuto (il giovedì pomeriggio per la partenza il sabato mattina…), segno forse che le ormai celeberrime due paroline “ultimo minuto”, da un po’ affiancate anche da “ultimo secondo” siano più il pretesto per attrarre clienti piuttosto che un vero e proprio affare per tutti coloro a cui interessa viaggiare, il dove viene dopo.

Non potete lasciare l’isola senza capperi e passito. Se per i primi però non ci sono problemi, per il secondo purtroppo portarsi a casa un ricordo (o magari una confezione da sei!) non è così semplice.
Con le norme vigenti per la sicurezza, le bottiglie dovrebbero essere spedite insieme al bagaglio e non possono essere portate in cabina dell’aereo che ci riporta alla realtà quotidiana; o si ha quindi una valigia molto capiente (e si spera che a destinazione siano gentili con il nostro bagaglio!), oppure le opzioni si riducono ad una sola: affidarsi alle Poste e spedire un pacco fino a casa. Confesso che non avevo molta fiducia, ed invece lo scatolone è arrivato a destinazione sano e salvo, con tutte le bottiglie di passito in perfette condizioni!
In realtà però le cose non sono semplici come si pensa.
Una volta fatto il giro di tutte le cantine ed i produttori e deciso dove acquistare il vino, se non pensano direttamente loro alla spedizione (cosa non rara!), ci si deve un po’ arrangiare fra classica disorganizzazione e fantasia.
Gli uffici postali non hanno scatoloni dedicati a questo tipo di pacco; se non se ne ha uno a disposizione, quindi, lo si deve cercare chiedendo in negozietti e fruttivendoli, ma anche se si riuscisse a trovare un contenitore adatto al numero di bottiglie acquistate, resta il problema della fragilità del contenuto trasportato ed alla creazione del pacco!
Come si risolve il problema? Si chiede a Gianmichele!
Poco lontano dall’Ufficio Postale, in un vicolo dietro la piazza centrale di Pantelleria c’è un posto fuori dal tempo, un negozietto uscito dai racconti dei nostri nonni, una piccola stanza completamente sommersa da tutto quanto può essere utile (e anche inutile) in casa e fuori; quello che non si trova altrove qui c’è, dalle damigiane per il vino o l’acqua alle cartoline stampate chissà quanti anni fa, dalla colla Vinavil al collare per il cane, dall’olio per le macchine da cucire al veleno per topi. Qui c’è anche Gianmichele, il proprietario, in canottiera e pantaloni macchiati, nato e cresciuto fra quelle quattro mura probabilmente, bruciato dal sole di quell’isola che ha segnato la sua vita.
Al pacco pensa lui.
Come si faceva una volta.
Carta di giornale arrotolata per proteggere le bottiglie, “solo sopra perché ai lati non serve; è l’ che prende le botte più grandi”, carta da pacco, quella marrone, ad inviluppare il tutto, spago, di quello grosso, a legare il pacco e per finire sigillo di piombo a fare da sicurezza contro i curiosi.
Una volta a casa si ha quasi la voglia di dimenticarsi del passito e lasciare il pacco così come è, senza aprirlo, per non rovinare un pezzo di storia, per ricordarsi che in un mondo che vive sempre più di bit ed astrazione, alla fine c’è ancora chi lavora come una volta, con la stessa cura e la stessa tradizione, alla fine ci sono ancora i Gianmichele di Pantelleria!

Ultima considerazione: dimenticate il concetto di Duty Free: dopo i controlli di sicurezza c’è solo un distributore di bibite (rotto) e qualche sedia per le lunghe attese. Niente altro, anche se aprire qui, dove ogni cosa acqustata può essere portata a bordo senza problemi, un piccolo negozietto dedicato solo al passito sarebbe un’idea di certo (e tangibile!) ritorno economico!

Lingua
Non meravigliatevi di un paragrafetto dedicato alla lingua: qui siamo in Italia solo perché lo dice la carta geopolitica appesa al muro, in realtà gli influssi dialettali sono evidentissimi. Bastino come esempio i nomi dei vari paesi/contrade segnati sulla mappa: Khamma, Mueggen, Bukkuram, Suvaki, Khattibugale sono solo alcune delle parole che non solo farete fatica a scrivere, ma su cui avrete difficoltà anche di pronuncia!Con la sua cinquantina di chilometri di perimetro, Pantellia non incute certo timore per gli spostamenti; in realtà ci si accorge subito che si è forse sottovalutato un po’ il problema e lo scooter, che sembrava forse un optional prima della partenza, diventa invece indispensabile.
Di strade non ce ne sono moltissime (ciononostante sarà facilissimo e molto frequente perdersi!) e la Perimetrale porta, magari non nella maniera più veloce, praticamente ovunque; il vero problema sta nel fatto che l’isola è completamente montuosa e quindi ci si trova quotidianamente a fare i conti con salite ripide, discese, tornanti, curve e contro-curve. Muoversi in agilità e libertà, qualità tipiche del motorino, diviene quindi importantissimo per chi non vuole star fermo nella “caletta sotto casa”! e per non dover dipendere dal servizio di trasporto pubblico che, forse, toglierebbe un po’ di bellezza all’esplorazione dell’isola.
Lo scooter inoltre consente anche di spostarsi con una certa semplicità sulle strade sterrate che conducono verso il centro dell’isola, cosa che a volte affittando un’automobile non sarebbe possibile. Certo, ha anche i suoi lati negativi: fare la spesa e tornare a casa in due con borse e pacchi non è agevole e semplice, però basta un po’ di adattamento ed un pizzico di equilibrio per risolvere le cose!
Consiglio vivamente di noleggiare scooter da almeno 125CC: le salite spesso sono ripide ed anche soli è davvero difficile a volte arrivare fino alla cima senza forzare molto il motore!