Prima volta in Sicilia: Palermo e l’ovest

Una splendida esperienza nell’isola: viaggio fra le sue infinite bellezze ma anche nella memoria, antica e recente

Primo incontro con la Sicilia: nove giorni tra Palermo, Agrigento… e tutto quello che riusciamo a vedere nell’“angolo occidentale” di questa splendida isola. Archeologia e arte, ma anche un piccolo tentativo di “viaggio nella memoria” della storia recente di questa parte d’Italia, ovvero quella scritta dalle vittime della mafia. Il tutto con un compagno inseparabile: il meteo pazzerello!7 ottobre 2011
La nostra avventura sicula inizia con qualche disappunto: l’aereo parte da Rimini con oltre due ore di ritardo! Il volo si svolge senza problemi particolari nonostante le molte nuvole… peccato però che atterriamo a Palermo che è quasi buio e col cielo nuvoloso (promette pioggia!) fa buio ancora prima. Quindi vediamo la grande roccia ed il mare sconfinato tra cui si trova incastonato l’aeroporto… ma il tempo di recuperare i bagagli ed usciamo che è già buio pesto.
Con il pullman (Prestia & Comandè) raggiungiamo il centro in circa 45 minuti: passiamo naturalmente per Capaci, proprio sotto la montagna dove Brusca premette il pulsante che spezzò la vita del Giudice Falcone e della sua scorta, passiamo per l’autostrada che costeggia il mare, e poi attraversiamo il centro “nuovo” lungo Via della Libertà, con tanti negozi di “griffe”, e poi il Politeama, il porto, la Cala ed alla fine raggiungiamo la stazione centrale.
A poca distanza, in Via Garibaldi, si trova il nostro B&B “O’ Scià”, dove ci accoglie una simpatica signora che ci consiglia di andare a cena alla trattoria “Da Salvo” dove fanno ottimo pesce. Dice che non sa dirci la via (perché lei è di Catania, suo marito ed i suoi figli sono di Palermo!) ma è in piena Kalsa. Poco dopo mi chiama Hakon, il nostro faro nella nebbia che con i suoi consigli su CSS ci ha aiutato non poco, e ci consiglia altri locali in Piazza Marina. Crediamo di seguire le sue indicazioni per andare in Piazza Marina ma lungo Via Alloro non ci raccapezziamo più… finché non ci troviamo davanti a tante luci e tanta gente, dietro le quali ci appare la Trattoria Da Salvo! Sarà stata la buffa coincidenza di aver trovato quel che non si cercava ma di cui ci avevano parlato… sarà stato l’aver visto in mezzo alla strada un panzone col grembiule che cuoceva grigliate sontuose… ma ci fermiamo all’istante! E così ci gustiamo una strepitosa grigliata mista con aggiunta di impepata di cozze.
Dopodichè riprendiamo a girare senza meta o quasi per la Kalsa e dintorni. È praticamente questo il nostro primo incontro con Palermo, una sorta di vero e proprio appuntamento al buio, visto che è notte e l’illuminazione è scarsa, giusto quella di alcuni localini alternativi zeppi di giovani. La gran parte di case, palazzi, negozi sono ovviamente chiusi e spenti… ma ciononostante vedo quello che un po’ mi aspettavo da questa città: un affascinante mix di splendore e decadenza, di bellezza e degrado. In alcune vie passiamo davanti a veri e propri bassi, da cui provengono pianti di bambini, odori di cucina e di umidità, con arredamenti miseri che si intravedono dietro le tende. E magari a pochi metri c’è un palazzo splendido da poco restaurato e ancora più in là una casa che pare bombardata pochi giorni prima.
Con non poca fatica ritorniamo al B&B: quando sono in una città sconosciuta ho la classica deformazione da città romana… ovvero sono sempre convinta che ogni città sia a reticolato romano: cardo/decumano e via andare… in un mondo di angoli retti non ci si perde mai! E invece conviene capire subito che a Palermo, e di certo nella Kalsa, non esiste un solo angolo retto!

8 ottobre 2011
Durante la notte c’è stato un mega temporale con acqua davvero a catinelle. Speriamo che la pioggia si sfoghi stanotte e ci grazi di giorno! E infatti al mattino il cielo è grigio ma poi va aprendosi sempre più. Facciamo una ricca colazione servitaci con tanto di condimento di chiacchiere della signora Angela ma anche con le due nostre nuove amiche: la Iris, una specie di pagnotta dolce ripiena di ricotta e poi impanata e fritta, e la Bomba, una specie di krapfen ugualmente farcito di ricotta… entrambe deliziose, anche se ci costeranno parecchie migliaia di passi (ma tanto abbiamo il contapassi!).
Partiamo quindi in direzione Palazzo dei Normanni, attraversando il quartiere dell’Albergheria, non molto diverso dalla Kalsa quanto a degrado e desolazione, e naturalmente il mercato di Ballarò, con invitantissimi e coloratissimi banchi di frutta, pesce e cibo di strada. Ma noi, avendo appena mangiato le bombe, non possiamo favorire!
Prima del Palazzo dei Normanni, però, visitiamo la Chiesa (sconsacrata) di San Giovanni degli Eremiti, con le tipiche cupole rosse, bell’esempio di architettura arabo-normanna. Per entrarvi il biglietto costa 6 euro, francamente troppi visto che non vi è nulla all’interno e la sua bellezza è solo all’esterno; va detto però che il chiostro è assolutamente delizioso, un vero angolo di pace fatto di palme, fichi d’india e cactus, mentre attorno sfreccia un traffico indiavolato.
Poi dopo una breve attesa in fila alla biglietteria entriamo nel Palazzo dei Normanni. Al primo piano la vera meraviglia: la Cappella Palatina. È una cappella completamente ricoperta di mosaici dorati, che raffigura scene del Vecchio e del Nuovo Testamento e della vita dei Santi Pietro e Paolo. È stata fatta costruire a metà del 1100 dal re normanno Ruggero II ed oltre ai mosaici ha un bellissimo soffitto a cassettoni ed a “muqarnas”, una specie di “stalattite” di legno decorato tipica dell’arte araba. Davvero da lasciare senza parole.
Al secondo piano gli appartamenti reali e – cosa che più di tutte suscita curiosità – la sala dove si riunisce l’Assemblea Regionale Siciliana. Infatti gli appartamenti reali sono visitabili solo nei giorni in cui non si svolgono i lavori assembleari e fortunatamente oggi è uno di quei giorni.
Dopo il Palazzo dei Normanni raggiungiamo con due passi la Cattedrale. Esteriormente è davvero molto bella, un bel mix di forme normanne, gotiche e spagnoleggianti. Dentro non è nulla di particolare, unica nota di interesse sono le tombe dei re normanni (soprattutto i più celebri ed “illuminati”, Ruggero II e Federico II) e il “Tesoro” della Cattedrale, tra cui la corona di filigrana d’oro, perle e pietre preziose della regina Costanza, moglie di Federico II (e infatti l’ingresso alla Cattedrale è libero, mentre per vedere tombe e tesoro si paga).
Poi andiamo alla ricerca della famosa Pasticceria Cappello sperando in un po’ di delizie salate… che invece mancano perché è il trionfo della dolcezza. Così siamo piacevolmente “costretti” a pranzare con una bella pastarella, splendido tripudio di crema, ricotta, pistacchi e fragoline.
Beh, così dovremo fare ancora qualche migliaia di passi! E infatti decidiamo di andare a vedere le mummie nelle Catacombe del Convento dei Cappuccini, e di andarci a piedi. Ma con le mie solite idee di fare strade alternative e secondo me più brevi, ci andiamo a perdere in un quartiere bruttino, che pare fortemente degradato, pieno di brutte facce che ci guardano come fossimo alieni. Fermiamo una ragazza per chiedere la strada e lei dopo un po’ non trattiene la curiosità e ci chiede “ma cosa fate qui in questo quartiere? Non è un bel posto per voi… tornate indietro e prendete l’autobus per andare ai Cappuccini!”. Quando noi le diciamo che preferiamo camminare ci dice senza tanti giri di parole di stare attenti e di non dare confidenza a nessuno…
Arriviamo quindi alle Catacombe… ad incontrare le 8000 mummie che le popolano! Non c’è che dire, lo spettacolo è effettivamente macabro ed inquietante: scheletri di ogni misura, completamente vestiti con tonaca (se frati) o abiti d’epoca (se laici nobili) ti fissano con le loro sterminate orbite e le bocche spalancate. E sono tutti lì accanto a te, non dentro teche ma solo dietro delle grate e tu ne respiri la polvere… Ammetto che è un posto emozionante e che fa riflettere sulla caducità del mondo… ma è abbastanza tosto.
Torniamo in centro e lungo Via Vittorio Emanuele arriviamo alla famosa Piazza Quattro Canti (anche se il vero nome è Piazza Vigliena) che divide in maniera splendidamente scenografica, con quattro palazzi gemelli sugli angoli, i quartieri del centro (Capo, Albergheria, Vucciria e Kalsa). Lì a due passi c’è Piazza Pretoria, con la bella fontana e Palazzo delle Aquile, sede del municipio. E due passi dopo c’è Piazza Bellini, con le chiese di S. Caterina (fuori sobria e dentro fastosamente barocca), di S. Cataldo (con le cupole rosse di gusto arabeggiante) e della Martorana (che è chiusa per restauri). Attorno a tutto ciò… un traffico da finimondo! Tanto da farci chiedere se in un simile luogo, così centrale, non vi sia una ZTL… per non parlare dei posteggiatori abusivi che sono ovunque, anche dietro Palazzo delle Aquile!
Ci riposiamo un paio d’ore prima della cena, che abbiamo prenotato alla Trattoria Il Maestro del Brodo in zona Vucciria. Una buona scelta: prendiamo un fantastico misto di antipasti al buffet (che comprende varie insalate di pesce, frittini sfiziosi, involtini di sarde e di melanzane, parmigiana e verdure varie) e due ottimi primi di pesce. Ma urge digerire… così camminiamo camminiamo camminiamo lungo Via Vittorio Emanuele fino alla Cala e ritorno.

9 ottobre 2011
Oggi è giorno di censimento! Si fotografa l’Italia! E noi dove siamo? Sotto il diluvio palermitano! No, ora esagero… durante la notte c’è stato un temporalone ma quando facciamo colazione il tempo sembra volgere al meglio. Ma stamattina il maltempo non ci spaventa più di tanto perché abbiamo comunque in programma di visitare la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis. Non è lontana dal nostro B&B così la raggiungiamo in pochi minuti attraversando la zona dei berrettifici (Via Garibaldi è la via dei cappellai, ci sono botteghe storiche davvero minuscole e caratteristiche) e la zona dei locali notturni di Piazza Rivoluzione…riconoscibile dal tappeto di cocci e bottiglie, residuo della nottata.
La galleria non è molto grande e non ci sono tante opere degne di nota per i non siciliani… nel senso che non conosco praticamente nessuno degli artisti esposti, ma questa è ignoranza mia! Le opere risalgono principalmente al Medioevo ed al Rinascimento ed i capolavori indiscussi (che conoscevo pure io!): l’Annunziata di Antonello da Messina, intensissimo ritratto di una Madonna che sembra davvero “fotografata” e che è avvolta in un velo di un azzurro splendido, ed il “Trionfo della Morte”, un enorme affresco opera di ignota mano, estremamente suggestivo, con la Morte scheletrita a cavallo che lancia le sue frecce contro nobili ed ecclesiastici, mentre la povera gente osserva, salva, in un lato dell’affresco.
Quando usciamo da Palazzo Abatellis il tempo sembra migliorare, così ci dirigiamo lungo Via Vittorio Emanuele verso mare: ci sono un vento pazzesco e grandi nuvoloni che ogni tanto squarciano il cielo plumbeo… veramente suggestivo. Siamo in zona Foro Italico: c’è un bel lungomare con vialetti pedonali ed aree verdi, che consente una bella vista sulla prima parte (sud) del porto. Gente che fa jogging, ragazzini che giocano a pallone, turisti che fanno foto alla sagoma del Monte Pellegrino… e purtroppo le solite schifezze dei soliti vandali che usano troppo facilmente lo spray e che hanno gratuitamente divelto le belle panchine di ceramica colorata.
Ma all’improvviso il tempo peggiora e inizia a piovere! Andiamo di buon passo verso Palazzo Chiaramente, detto anche Steri, in Piazza Marina. In teoria è ora di pranzo, ma anche stamattina la colazione è stata “impegnativa” (oltre alle bombe alla crema pure torta fatta in casa e pasticcini mignon) quindi possiamo tranquillamente saltarlo. Casualmente e fortunatamente capitiamo in un week end di visite guidate gratuite…così ci accodiamo ben volentieri ad un gruppo. La storia di questo palazzo è ricchissima: costruito nel 1300, è stato palazzo nobiliare ma anche sede del Tribunale dell’Inquisizione, del Tribunale ordinario da fine 1800 fino al 1960, ed ora appartiene all’Università come sede del Rettorato. Volevamo visitarlo in realtà solo perché vi è esposto il famoso quadro di Guttuso “La Vucciria” e non sapevamo contenesse invece tante altre cose interessanti. La tela di Guttuso è assolutamente splendida e sarei capace di organizzarmi per andare a rubarla nottetempo! Ma al piano superiore si trova un’altra meraviglia: un soffitto di legno, fatto a travi, completamente dipinto; sono decine e decine di travi dipinte minuziosamente con storie tratte dai romanzi cavallereschi, dalla mitologia greca, dal Vecchio e dal Nuovo Testamento: assolutamente splendido. Possiamo visitare anche la piccola Cappella di S. Antonio, da poco restaurata, e soprattutto le carceri dei prigionieri dell’Inquisizione. Non sapevamo neppure della loro esistenza in questo palazzo: è un’esperienza davvero emozionante, anche perché non sempre si possono visitare. Sulle pareti delle stanze che per decenni sono state aule del tribunale, dopo il restauro sono emersi innumerevoli graffiti, tracciati nei secoli dai disgraziati imprigionati dal più vergognoso tribunale della storia. Ci sono disegni floreali e le tipiche barre per contare i giorni, ma soprattutto immagini di santi, preghiere, poesie, invocazioni, talvolta lettere d’amore per la moglie, di certo mai più rivista. Veramente una cosa da non perdere.
Ma siccome ridendo e scherzando si sono fatte le 15.30 e va bene saltare il pranzo ma ci vorrà almeno uno spuntino… andiamo gambe in spalla (anche perché il tempo sta di nuovo cambiando ed il vento impazza) all’Antica Focacceria San Francesco, che dal 1834 è il tempio del “pani ca’ meusa”. Panino con milza e formaggio… che assaggio con grande curiosità e che mi piace assai (mentre Andrea non lo gradisce affatto e si consola con un tot di panelle e arancini!). Purtroppo chiude alle 16 e dobbiamo trangugiare tutto in fretta e furia e tornare in strada. Ma per fortuna il sole sta tornando così facciamo una bella e lunga passeggiata nella città “nuova”, cioè ottocentesca, fino al Teatro Massimo ed al Teatro Politeama. Sono entrambi molto belli e viene davvero voglia di entrarvi per assistere ad un concerto o ad un’opera lirica.
Nei pressi del Teatro Politeama ci raggiunge Hakon, il nostro “Virgilio” palermitano conosciuto grazie a CiSonoStato, che abita non lontano. Persona gentilissima e ospitale, ci fa veramente piacere conoscerlo e farci due chiacchiere. Prendiamo un caffè insieme e chiacchieriamo un po’ di Palermo: ci racconta di come il centro, dopo i bombardamenti della guerra, sia stato letteralmente svuotato durante la famigerata epoca di Ciancimino, quando invece si sono ampliate senza criterio le periferie. Dice che le cose hanno iniziato a migliorare dagli anni 80 con la giunta di Orlando ed anche ora in realtà si sta migliorando, ma lentissimamente; piano piano si procede con le ristrutturazioni e a poco a poco la gente, soprattutto i giovani, tornano a frequentare il centro antico. La sua passione è il liberty e ci fa notare una bella palazzina accanto al Politeama: era il Kursaal e porta la data del 1914, è in stile deliziosamente art nouveau… ed ora è una sala bingo!!! In sua compagnia ci aggiriamo nei dintorni di Via della Libertà, dove ci mostra diversi palazzi che presentano tocchi in pieno stile liberty, quasi tutti opera di Ernesto Basile, grande architetto liberty autore del Teatro Biondo e del Teatro Massimo. Così facendo arriviamo di fronte a casa sua… e a questo punto ci è categoricamente impedito di rifiutare l’invito a salire e ad accompagnarci al B&B in auto! Assolutamente gentile… ma anche assolutamente provvidenziale, visto che mentre siamo a casa sua parte il diluvio universale con chicchi di grandine grossi come mandarini!
Dopo una bella doccia calda andiamo a mangiare una pizza a Piazza Marina al “Covo dei Beati Paoli”.

10 ottobre 2011
Oggi è il nostro ultimo giorno a Palermo… quindi ci “mettiamo in pari” con le cose finora non viste (o almeno alcune!).
Prima tappa sono i due “Oratori”, quello di San Domenico e quello di Santa Cita, entrambi in zona Vucciria (praticamente deserta, è vero che questo mercato è oramai caduto in disgrazia). Sono piccole chiesette degne di nota per gli interni completamente ricoperti di stucchi di tale Giacomo Serpotta (inizi 1700): un tripudio di santi, fiori, puttini bianchi con particolari dorati… francamente pesantino ma comunque molto meglio del barocco con tutti i suoi marmi policromi. Bella soprattutto la Battaglia di Lepanto, che si trova nell’Oratorio di Santa Cita, incredibile come si sia resa nitidamente una battaglia navale.
Dopo una rapida sosta alla Rinascente lungo Via Roma (per usufruire dei bagni e della vista dalle terrazze del quinto piano!) andiamo verso il mercato del Capo, e quindi Porta Carini. Ma sarà che è un giorno sbagliato, sarà che io non ho capito la zona… ma non mi sembra un granché, soprattutto visto che è noto per essere il mercato più animato.
Così ce ne andiamo alla svelta in direzione Palazzo di Giustizia. Siamo infatti vicinissimi e non voglio perdermi almeno un’occhiata a questo posto che per tanti anni è stata l’immagine simbolo della lotta alla mafia. Dietro il palazzo in pieno stile epoca fascista, tante volte inquadrato in tv, è stato costruito una decina di anni fa il nuovo palazzo; tra i due c’è la “Piazza della Memoria”, un largo dove sono semplicemente scritti i nomi di tutti i magistrati uccisi dalla mafia dal 1971 al 1992. Mentre sulla facciata del vecchio palazzo c’è un grande pannello con tutte le foto delle vittime della mafia, da Impastato a Falcone, da Chinnici a Dalla Chiesa, da Livatino a Borsellino. Chissà cosa succede oggi dietro quelle foto e dietro quelle mura, chissà se ci sono ancora gli eroismi ma anche i veleni di quei tempi.
Ma ora urge un po’ di leggerezza e di svago… andiamo a Mondello! Prendiamo il bus n. 806 da dietro Piazza Politeama (piazza Sturzo) e in meno di mezz’ora arriviamo nella spiaggia preferita dai palermitani. Dopo la tremenda grandinata di ieri sera oggi la giornata è bellissima: fresca e ventosa, con il sole ed un sacco di nuvole che si rincorrono. Quindi passeggiare lungo la spiaggia di Mondello, con il borghetto (un po’ troppo turistico) e la bella struttura liberty del Kursaal a mare è veramente piacevole. Facciamo un po’ di foto ed un pranzetto veloce alla Trattoria da Calogero, altra passeggiatina in spiaggia e poi andiamo in cerca della fermata del bus per tornare in centro. Non la troviamo, ma troviamo un altro bus, il n. 836, che va sempre a Piazza Sturzo ma passando per l’Addaura. Perché no? Così facciamo un’altra strada e vediamo altre cose! L’andata era stata abbastanza diretta, ad est del Monte Pellegrino, mentre il ritorno costeggia il Monte verso ovest, sul Tirreno, tra le villette dell’Addaura ed il quartiere popolare dell’Arenella (dove salgono 5-6 ragazzini delle medie che fanno un baccano infernale, infastidendo ragazzine, arrampicandosi ovunque e, purtroppo, fumando accanitamente… che tristezza, avranno al massimo 11-12 anni). Inaspettamente passiamo anche davanti a Via D’Amelio, dove fu ucciso il giudice Borsellino… altra tappa, pur imprevista, di questa sorta di viaggio della memoria.
Tornati in centro visitiamo la Chiesa del Gesù, altra vera e propria bomba barocca (purtroppo con affreschi sulla volta datati 1954 che sono semplicemente stucchevoli) e poi torniamo al B&B.
A cena potremmo provare un posto nuovo… ma come si fa a non andare a “salutare” l’Antica Focacceria San Francesco? Tra l’altro è anche leader del movimento “Addio Pizzo” e infatti porta sull’ingresso l’adesivo “iopagochinonpaga” dell’associazione. Insomma, andiamo a dargli qualche euro (tra l’altro i prezzi sono onestissimi) per involtini di melanzane, involtini di spada, sarde a beccafico, caponata e panelle!
Solita passeggiata digestiva lungo la Cala… e poco dopo il nostro arrivo in camera il Sig. Paolo ci porta un vassoietto con bicchierino di liquore alle mandorle e torroncini, e con tanto biglietto di saluti! Che carini!

11 ottobre 2011
Oggi giornata ricchissima… fatta di esperienze, immagini, sensazioni completamente diverse tra loro!
Dopo colazione andiamo in autobus alla stazione FS di Via Notarbartolo a ritirare l’auto a noleggio. Con il bus passiamo davanti all’ “albero Falcone”, la grande magnolia che dal 1992 è diventata un po’ il memoriale del giudice ucciso. Ci tenevo tanto a vederla ma purtroppo non abbiamo tempo di scendere dal bus e poi trascinarci con i trolley fino all’agenzia del noleggio… pazienza, la vedo comunque dai finestrini, con tutte le lettere ed i biglietti appesi sul tronco.
Alla stazione ritiriamo l’auto e Andrea si mette al volante. È parecchio agitato il buon uomo e non ha torto, non è facile uscire dal traffico rovente di Palermo. Ma abbiamo scelto questa agenzia proprio perché abbastanza decentrata e vicina alla circonvallazione. Così in maniera non troppo traumatica riusciamo ad imboccare la strada per Monreale, dove arriviamo in una decina di minuti. Siamo qui ovviamente per visitare lo splendido Duomo, un autentico tripudio di mosaici dorati. Buffo che il re normanno Guglielmo II lo abbia voluto erigere per far dimenticare il celebre nonno Ruggero II che aveva eretto la Cappella Palatina. Ma occorre essere obiettivi: sono entrambi assolutamente meravigliosi. La Cappella Palatina è più piccola, più raccolta, e l’insieme di mosaici toglie il fiato. Il Duomo di Monreale è più grande e più arioso ed i mosaici si possono ammirare con più... respiro. Insomma, sono entrambi imperdibili. Facciamo anche il biglietto per salire sulle terrazze del Duomo, da cui si ammirano il chiostro ed un panorama strepitoso su Palermo e su tutta la Conca d’Oro.
Poi si riparte da Monreale per la seconda esperienza, assai diversa dai mosaici normanno-bizantini. Andiamo a Portella della Ginestra, a rendere omaggio alle vittime della prima efferata strage di mafia della storia italiana, il 1° Maggio 1947. Non è facile trovare il luogo, ci dirigiamo lungo la statale 624 per Sciacca e poi all’altezza del bivio per San Giuseppe Jato giriamo per Piana degli Albanesi ed iniziamo a salire, lungo vaste aree deserte e brulle, dove non incrociamo mai un veicolo o anima viva, passando per un viadotto che toglie il fiato perché altissimo, costruito su piloni sottili e soprattutto cui qualche vandalo deficiente ha tolto buona parte delle protezioni laterali! Insomma, sembra di salire (e scendere) sospesi nel nulla… una minima disattenzione e se esci fuori di strada voli letteralmente nel vuoto! Sali sali e finalmente arriviamo in un pianoro in cui riconosciamo una bandiera della CGIL: eccoci, ci sono alcune rocce con sopra i nomi delle vittime, una poesia in siciliano ed un cippo con la narrazione del sanguinoso evento. Tutt’attorno silenzio, terra brulla, forte vento. Un luogo che fa riflettere.
Ma dobbiamo ripartire per raggiungere altre zone ed altre epoche: andiamo a Selinunte.
Così torniamo verso nord per Partinico, da cui prendiamo la A29 fino a Castelvetrano. È una buona idea perché ci vuole poco tempo, il traffico è scorrevolissimo e attraversiamo una splendida campagna ricchissima di vigneti. In un’ora e mezza appena passiamo dal blu del Tirreno all’altro blu del Mediterraneo. C’è un sole splendido e fa molto caldo e quindi decidiamo di non andare subito a visitare il sito archeologico di Selinunte, ma di aspettare un orario un po’ più “fresco”. Così facciamo due passi (con panino e bibita fresca) sulla spiaggetta di Marinella di Selinunte, minuscola località balneare a due passi dai templi. Il tempo è strepitoso: come si fa a resistere e non camminare scalzi tra le onde? Così ci rinfreschiamo un po’ i piedini e siamo pronti scattanti per andare in mezzo ai templi.
Ed ecco la terza esperienza, un bel tuffo nel passato, nella (allora) fiorente città del 500 avanti Cristo. Il sito è molto bello, ovviamente è splendido il tempio cosiddetto “G” ovvero quello quasi integro. Ma anche gli altri ammassi di rovine sono molto suggestivi, grazie alla macchia mediterranea che li circonda ed alla calda luce del pomeriggio che viene dal mare, di un blu pazzesco. Facciamo anche una bella e lunga passeggiata (ma volendo ci sono i trenini elettrici) fino all’Acropoli, quasi a picco sul mare, che però è in parte transennata per restauri.
Usciti dal sito archeologico (dopo un numero imprecisato di foto e di autoscatti) andiamo verso Sciacca, dove abbiamo deciso di restare per due notti, in modo tale da non essere troppo distanti dal trapanese ma nemmeno da Agrigento dove andremo domani. Dalla “terna” presa su Tripadvisor scegliamo a caso il B&B “Solaris”, telefoniamo, hanno posto e partiamo. E si rivela una buona scelta perché si tratta di una deliziosa villetta con un bel giardino fiorito ed alcuni appartamentini con ingressi indipendenti affacciati sul giardino. I proprietari sono simpatici ed accoglienti come tutti i siciliani conosciuti sino ad oggi; ci riempiono di opuscoli, ci fanno trovare frutta ed acqua fresca in frigo e ci consigliano, ovviamente, dove andare a cena. Trattoria La Vela, sul porto, con menu a prezzo fisso e pesce in grande quantità. Solita passeggiatina digestiva lungo il molo (come il Commissario Montalbano!)… ma siamo troppo stanchi, quindi a nanna presto.

12 ottobre 2011
Giornatina very strong! Partiamo per Agrigento, direzione Valle dei Templi… ma strada facendo riflettiamo sul fatto che è già metà mattina e che quando arriveremo sarà caldissimo (oggi sole a dir poco insolente!). Così pensiamo di fare qualche tappa e di andare prima in Agrigento centro, per aspettare il pomeriggio e le ore meno torride.
Quindi prima tappa è Eraclea Minoa, sito archeologico decisamente minore (anche perché il teatro è coperto interamente da impalcature varie per lavori di restauro) ma che vale comunque la visita per la fantastica posizione, in alto su Capo Bianco, con panorama mozzafiato sul blu del Mediterraneo. Vale la visita anche per vedere a quanta gente la Regione Sicilia “dà da mangiare”… gli addetti a questo sito sono più numerosi dei turisti e ovviamente hanno ben poco da fare. In particolare c’è una specie di… “guardiano” che sta in un gabbiotto nel punto più alto, a picco sul mare; sta seduto lì, non fa nulla, davanti ha solo il mare. E chissà quanto è pagato per farlo! Meglio non pensarci!
Ma Eraclea Minoa merita anche per fare una passeggiata lungo la bella spiaggia, circondata dalla pineta, che si estende fino a Capo Bianco. È praticamente deserta, come sono chiusi gli stabilimenti, i bar, le varie case per vacanze… ma questo clima di fine stagione la rende ancora più affascinante.
Ripartiamo poi in direzione Agrigento, alla ricerca di un altro bel luogo costiero: la Scala dei Turchi. Per andarci attraversiamo il piccolo paese di Realmonte (mostruoso… un’accozzaglia senza senso di orrori edilizi, come – ahime – molto spesso sono i centri urbani che abbiamo visto in questi giorni) ed arriviamo dove si inizia a scendere (a piedi) verso il mare. Qui devo ammettere che sono un po’ provata… fa molto caldo ed ho un gran mal di pancia… ma il posto è veramente magnifico, il mare è cristallino, ci sono tanti scogli piatti che affiorano su cui camminare fino alla famosa “Scala” di roccia bianchissima che nel sole delle 13 è abbagliante. Peccato che a poche decine di metri, proprio incastonato nella roccia affacciata sul mare ci sia un edificio parzialmente costruito, evidentissimo abuso edilizio, di cui ci aveva parlato ieri il proprietario del B&B, dicendo che da tempo deve essere abbattuto ma non ci sono i soldi per farlo…
Per via del caldo non ci fermiamo a lungo a Scala dei Turchi e andiamo verso Porto Empedocle (bruttarello, con ciminiere in riva al mare) dove mangiamo una pizza in un baretto sulla spiaggia e poi proseguiamo per Agrigento. La nostra idea di fare prima una visita del centro e poi della Valle dei Templi tramonta presto… man mano che procediamo e che vediamo le mostruosità edilizie della periferia! Il centro storico è sicuramente incantevole… ma attraversare gli assurdi agglomerati che lo circondano ci scoraggia parecchio. Così decidiamo di rinunciarci e di andare subito nella zona archeologica, al “fresco” delle ore 14.30!
Entriamo nell’ingresso est e facciamo il percorso classico o comunque quello consigliato dalle guide. Il primo è il Tempio di Giunone, quello che si trova nel punto più alto e che domina la valle; quindi il Tempio della Concordia, quello quasi perfettamente conservato; quindi procediamo col Tempio di Ercole fino alla zona ovest dove c’è un altro ingresso e dove la parte del leone la fa il Tempio dei Dioscuri, di cui sono rimaste solo quattro colonne ma che è comunque affascinantissimo e molto suggestivo. Siamo così rintronati dal caldo (sembra agosto!) che non riusciamo neppure a vedere (e dire che ci passiamo accanto più volte) il tempio di Giove Telamone.
Non c’è che dire: la fama della Valle dei Templi è più che meritata, è veramente un luogo di grande suggestione. In mezzo al verde, in posizione tale da dominare la valle ed il mare… una meraviglia in parte rovinata solo dalle brutture architettoniche di Agrigento che non si smette mai di vedere a fianco. Triste vedere la grazia infinita delle costruzioni degli antichi… vicino alle oscenità di quelle dei moderni.
Due vere chicche si aggiungono alla nostra visita (che, causa stanchezza, non comprende il museo archeologico e i templi minori): una è la mostra temporanea di Igor Mitoraj, scultore contemporaneo i cui “colossi” sono esposti di fianco ai templi creando un insieme di infinita armonia. L’altra è lo splendido Giardino della Kolymbetra, una piccola oasi gestita dal FAI, un pezzetto di paradiso terrestre che cresce in una fenditura naturale nel bel mezzo della Valle dei Templi. È splendido passeggiare tra agrumeti, olivi, allori, mirti ed oltre 300 specie di piante per rinfrancarsi dal calore dei templi.
Alle 18 lasciamo il sito (ma meriterebbe rimanervi perché ora è meno caldo e la luce è fantastica) e andiamo alla ricerca della Contrada Kaos, lungo la strada per Porto Empedocle, ove si trova la casa natale di Luigi Pirandello. Una piccola casetta dove lo scrittore ha passato la fanciullezza: al piano terra una mostra con le foto delle donne della famiglia; al piano primo vari cimeli, scritti e il vaso attico che contiene le sue ceneri. Dietro la casa, con una breve passeggiata, si può raggiungere il pino, o almeno quel che resta, da lui amato.
Ma ora siamo davvero stremati e ci rimettiamo in auto per Sciacca… dove un’ottima cena alla Trattoria Al Faro (prezzi supermodici e grigliata splendida) ci rimette in sesto prima della nanna.

13 ottobre 2011
Lasciamo con un po’ di dispiacere il nostro bell’appartamentino di Sciacca, con vista sul mare e sugli ulivi… ma dobbiamo tornare verso ovest, e verso una giornata bella piena.
Iniziamo con Mazara del Vallo, grande porto peschereccio e grande “melting pot” sicula… che ci fa davvero un’ottima impressione, con un centro storico molto curato e pulito, con tanti angolni “colorati” grazie alle ceramiche utilizzate per i nomi delle vie. Anche il lungomare è molto carino e invita al passeggio… ma noi siamo qui per un appuntamento. Col Satiro Danzante! Una storia molto bella, una statua (semiintegra) di bronzo strappata al mare da un gruppo di pescatori del 1998, che raffigura un satiro per l’appunto danzante, nel bel mezzo di un rito dionisiaco. La torsione del corpo, gli occhi, i capelli fluenti… trasmette davvero grande emozione, soprattutto se si pensa che è rimasto in fondo al Canale di Sicilia per almeno 2300 anni, e che quando i pescatori lo hanno issato nella rete sembrava che chiedesse con lo sguardo di essere salvato, come dice “Capitan Ciccio”, il capitano del peschereccio, in un bell’audiovisivo che vediamo nel museo. Museo fatto su misura per il Satiro, dentro una chiesa sconsacrata, con accanto anfore, vasi e altri reperti ritrovati nel Canale di Sicilia.
Dopo Mazara del Vallo è il “turno” di Marsala, dove arriviamo in meno di un’ora, giusto per l’ora di pranzo. Una bella cittadina che purtroppo visitiamo molto in fretta ed in un orario in cui è tutto chiuso… e che vive un po’ (oltre che del Marsala inteso come vino, che però tenuto conto dell’ora e dei tanti km davanti non assaggiamo!) del “mito” di Garibaldi e dello sbarco dei Mille. Fa un po’ sorridere leggere le lapidi sui palazzi: in uno Garibaldi ha dormito la notte dopo lo sbarco; in un altro ha trascorso sessanta ore il giorno dopo lo sbarco, ecc. È comunque un bel centro storico in cui è piacevole passeggiare. Ci fermiamo per il pranzo al ristorante “Sapori Di Sole”, scelto a caso, dove gustiamo un buon cous cous di pesce e delle “busiate” (pasta fresca fatta a fusillo bucato) con melanzane e orata.
Poi ripartiamo andando verso nord, infatti contiamo di essere a Erice per il tramonto. Ma decidiamo di fare la via più lunga, per costeggiare il mare davanti alla Riserva dello Stagnone, e vedere così le saline e i mulini a vento. E proprio mentre rallentiamo per fare una foto accostandoci vicino ad un chiosco… capiamo di essere davanti all’imbarcadero per le escursioni all’Isola di Mozia. Un posteggiatore ci invita ad affrettarci perché il battello parte… noi veramente non avevamo in programma di andare a Mozia, ma c’è il sole, c’è il vento, la superficie del mare appena increspata, il battello quasi vuoto… insomma non resistiamo: parcheggiamo e salpiamo! E facciamo bene perché è una bella digressione, e quella di Mozia è una storia molto interessante. Una minuscola isoletta nel bel mezzo della laguna dello Stagnone che è stata fiorentissima colonia fenicia 2500 anni fa e che dopo essere stata distrutta dai Siracusani alla fine del 300 a.C. è stata praticamente dimenticata dalla storia fino alla fine del 1800, quando l’archeologo inglese Whitaker compra l’isolotto e inizia gli scavi. Dagli scavi affiorano rovine e anfore, vasi e gioielli, ma anche una splendida statua, il cosiddetto “Giovane con la tunica”. Diverso dal Satiro Danzante ma ugualmente emozionante: due giovani uomini che hanno sfidato i millenni e che ancora oggi ci “guardano”. L’isoletta è coperta di macchia mediterranea ed è bellissimo passeggiarci in lungo e in largo, in mezzo al vento, con le saline ed i mulini a vento che si vedono dalla terraferma.
Purtroppo dobbiamo riprendere il battello dopo poco più di un’ora per andare verso Erice. Ci arriviamo dopo un po’ di strada e dopo un numero impressionante di tornanti che ci lasciano parecchia preoccupazione non tanto per i tornanti in sé ma perché il monte di Erice è avvolto nel grigio e non se ne vede la cima, mentre la pianura ed il mare che ci lasciamo alle spalle splendono nel sole.
E infatti man mano che saliamo (Erice è a 750 metri di altitudine) ci immergiamo nella nebbia più fitta che, aggiunta al crepuscolo, rende difficile la visibilità. E pensare che eravamo venuti ad Erice per pernottare e proprio per gustarci un tramonto dorato! Riusciamo comunque a trovare il nostro Hotel La Pineta, che è molto carino, fatto di una ventina di piccoli “cottage” immersi nella pineta, ma praticamente in pieno centro, nella parte nord del borgo. Ci sistemiamo un po’ senza guardare fuori… e quando usciamo per andare a cena la nebbia è ancora più fitta! GIURO di non avere mai visto nulla di simile! Vicoli strettissimi, pochissima illuminazione pubblica, case quasi tutte chiuse e quindi spente, nessuna insegna di locali… e noi che riusciamo a vedere solo fino a pochi metri dal nostro naso! Per fortuna passa un’anima pia che ci dice come arrivare nella piazza del municipio, ma una volta arrivati qui la scena non cambia molto. Praticamente entriamo nel primo portone illuminato che vediamo accanto ad una insegna “ristorante”. Si chiama “Monte San Giuliano”, è piuttosto raffinato e si mangia bene (tortino ricotta e sarde, sarde a beccafico e pesce spada in vari modi)… ma il ritorno in albergo avviene nell’ovatta più ovatta che c’è, stando attenti a non scivolare sul selciato bagnato dalla nebbia!

14 ottobre 2011
Stamattina confidavamo molto nel sole… sarebbe finalmente riuscito a spazzare via la coltre di nebbia che avvolge Erice? Ebbene NO. Per fortuna di giorno si vede più o meno bene dove mettere i piedi… ma non il panorama che si intuisce essere meraviglioso. Così dobbiamo accontentarci di gironzolare per i vicoli e ammirare qualche chiesa. Rinunciamo ovviamente al Castello di Venere, che ci avrebbe regalato un panorama mozzafiato… ma che è immerso nella bambagia!
Erice è comunque fedele alle aspettative: un delizioso borgo medioevale benissimo conservato, purtroppo un po’ disabitato e praticamente semideserto nelle ore notturne (o forse ora perché fuori stagione…) ma di giorno letteralmente invaso da orde di turisti (oggi soprattutto crocieristi spagnoli) che affollano i tanti negozietti di souvenir.
Due i fiori all’occhiello di questo piccolo borgo: il Centro di Fisica Majorana, fondato e presieduto dal Zichichi, che organizza importanti convegni, e la Pasticceria Maria Grammatico, una delle più note della Sicilia, cui rendiamo “omaggio” (più che altro al nostro palato!) con un bel cannolo ed una porzione di torta alla ricotta e pistacchi.
Poi ripartiamo rifacendo all’incontrario l’imprecisato numero di tornanti di ieri e ridiscendiamo a valle, dove ci aspettano l’imponente sagoma del Monte Cofano con il mare azzurro ai suoi piedi e, finalmente, il sole.
Dopo una breve sosta alla Tonnara di Bonagia (luogo di una certa suggestione, ma col totale abbandono del fuori stagione) andiamo a San Vito Lo Capo. Pensavamo ci volesse più tempo e lo avevamo quasi escluso dal nostro programma… invece ci arriviamo in meno di un’ora da Erice e ne vale davvero la pena perché ci troviamo davanti ad una bella spiaggia quasi deserta, contornata dalle palme e con un mare cristallino dalle mille sfumature di azzurro. A questo punto si rende necessario un pochino di relax: foto, pantaloni arrotolati, passeggiatina sulla battigia. L’acqua è tiepida e invoglia al bagno… ma noi siamo partiti da Rimini convinti di trovare la Siberia e manco abbiamo un costume in valigia! Siberia no ma Irlanda sì… perché pare che il tempo voglia di nuovo cambiare e sono in arrivo nuvolacce nere! Così pranziamo al Ristorante Al Delfino (ottimo cous cous ai frutti di mare ed uno alle melanzane e spada), dopodichè altro relax sdraiati sotto le palme e – un po’ dispiaciuti – ripartiamo per Scopello, dove pernotteremo.
Ci arriviamo dopo circa tre quarti d’ora, mentre il tempo peggiora rapidamente. Non appena scarichiamo i bagagli alla Pensione Tranchina, nella piazzetta centrale di questo minuscolo borgo, inizia infatti a diluviare! Buon motivo per restare a cena in albergo, peraltro molto ben recensito sia dalle guide che dai vari siti di viaggi. È gestito da una coppia, lui siciliano lei panamense, ha belle stanze grandi e comode, idem i bagni, e si cena con piatti semplici e ben fatti. Infatti le dieci camere sono tutte piene, telefonando stamattina abbiamo praticamente trovato l’ultima. Siamo gli unici italiani, gli altri ospiti vengono letteralmente da mezzo mondo, Australia compresa, e parlandoci scopriamo che hanno girato l’Italia più di noi!!

15 ottobre 2011
Ohi oh… siamo arrivati all’ultimo giorno! Cosa molto triste. E poi ancora una volta il meteo non è con noi: ha piovuto tutta la notte ed anche stamattina il cielo e nero nero. E pensare che qui attorno è un paradiso: i faraglioni, le rocce, i sentieri della Riserva dello Zingaro… ma dopo la colazione inizia subito a piovigginare così ce ne facciamo una ragione: carichiamo i bagagli in auto, facciamo un giretto nel borgo (veramente carino, c’è un baglio seicentesco con un alberone secolare nel cortile) e ce ne andiamo passando davanti alla famosa tonnara ed ai famosi faraglioni che sotto la pioggia riusciamo a malapena a fotografare. Ma con la promessa, anzi il giuramento, di ritornare a Scopello in un week end primaverile per dedicarci al trekking tra monte e mare!
Cerchiamo quindi la strada per Segesta, cosa non facilissima perché il Tom Tom (lo odio) ci fa fare un giro assurdo. Ed anche a Segesta il tempo è in perfetto stile “irish”: un po’ di nuvole, un po’ di sole, e poi grigio, e poi due gocce di pioggia, e poi vento, e poi ancora sole… e via dicendo! Ma per visitare un’area archeologica è in fondo il clima migliore, se pensiamo al caldo sofferto nella Valle dei Templi!
Il sito archeologico di Segesta è bello e ben mantenuto. Sono conservati splendidamente il teatro (dove in estate fanno varie rappresentazioni teatrali e musicali) ed il tempio, praticamente integro. Tutt’attorno agavi, ulivi, macchia mediterranea. Gli scavi sono ancora in corso grazie alla collaborazione tra la Normale di Pisa e la Sovrintendenza di Trapani e chissà se nei prossimi anni si scopriranno nuovi resti.
Facciamo la nostra pausa pranzo in una piazzola lungo la strada, con lo SFINCIONE ed il PANE CUNZATO comprati a Scopello… chapeau ad entrambi! Dopodichè prendiamo l’autostrada per Terrasini, dove passeremo la notte, vista la vicinanza all’aeroporto. Troviamo facilmente il B&B “Le Oasi” che si trova in centro, non lontano dal porto. La nostra camera si chiama “Favignana” ed è molto carina, con il soffitto a volta ed il pavimento in cotto. Il proprietario ci dice che il B&B è gestito da moglie e figlia, mentre lui fa l’imprenditore edile e ha fatto tutto con le sue mani ristrutturando questa palazzina del 1700. E si vede la passione, davvero un ottimo lavoro.
Dopo esserci riposati un po’ andiamo a fare due passi fino al porto, sempre in compagnia del cielo plumbeo, per vedere Terrasini dal mare. Sembra una cittadina piccola, ben raccolta intorno al porto e ovviamente a grande vocazione vacanziera, pur se ora è tutto chiuso. Infatti vediamo un po’ ovunque cartelli che pubblicizzano centri sub, o noleggio barche e scooter, o escursioni via mare o via terra. Dopo i due passi andiamo a fare… i CENTO PASSI. Il giochino di parole è banale ma è per dire che andiamo a rendere l’ultimo omaggio di questo piccolo tentativo di “viaggio della memoria”: andiamo a Cinisi, alla Casa della Memoria, dove è vissuto Peppino Impastato. Ci mettiamo pochi minuti perché Cinisi e Terrasini distano pochissimi km ed è un attimo trovare la casa di Impastato che si trova in pieno centro, lungo il viale dei “cento passi”, per l’appunto. È diventata “Casa della Memoria” per volontà della madre di Peppino e contiene manifesti, foto, cimeli vari, oltre naturalmente ad un centro documentazione sulla mafia e sulla storia della Sicilia. Ci sono ovviamente anche tanti omaggi di visitatori, lettere , foto, poesie, fazzolettoni scout, bandiere. Anche una sorta di presepe in cui le statuine raffigurano le tante vittime della mafia: da Chinnici a Falcone, da Rizzotto a Borsellino, e via dicendo. Sono anche appesi al muro ritagli di giornale, risalenti al maggio 1978, con le varie fantasiose interpretazioni sulla sua morte, creduta addirittura una svista da parte sua durante un attentato dinamitardo. Anche se ora è stata fatta giustizia e Badalamenti condannato, è comunque importante che questa piccola casa resti aperta.
Prima di tornare a Terrasini facciamo una passeggiata per il corso principale di Cinisi in direzione mare: lo vediamo da lontano e sembra facilmente raggiungibile ma man mano che ci avviciniamo vediamo che tra noi ed il mare ci sono… degli aerei! In effetti ci troviamo proprio sotto la grande montagna di Punta Raisi, che incombe sulla cittadina come una enorme quinta teatrale, ed a poche centinaia di metri da noi stanno decollando alcuni aerei.
Ciò ci ricorda che sarà il caso di andare a fare la valigia, visto che alle 5 di domattina dovremo essere in aeroporto. Così compriamo uno sfincione e un po’ di frutta e torniamo in camera, per cenare sul letto guardando la tv e preparando i bagagli. Ma che malinconia!!

16 ottobre 2011
The end!!
Dopo una “simpatica” sveglia alle 4.20 (ma io ero già ad occhi aperti dalle 3… sigh!) lasciamo il B&B e partiamo per l’aeroporto. Nessun problema per la riconsegna dell’auto, ovvero delle chiavi. Volo puntuale? Chi lo sa, stiamo ancora in aeroporto in attesa di andare all’imbarco. Ci aspettano il lavoro… il bucato da fare… le foto da scaricare… tonnellate di opuscoli/biglietti/mappe da riordinare… un tot di chili da smaltire (per almeno un mese addio fritto e addio dolci)!!
Ma ci aspetta anche la “digestione” o meglio la giusta comprensione di quel che abbiamo visto in questo viaggio, cioè degli splendori e delle miserie, delle bellezze e degli orrori, delle meraviglie della natura e degli scempi dell’uomo. Di certo ci aiuterà… un altro viaggio in Sicilia! La zona est ci attende!

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