Il Brasile, scenario di avventura e magia

La terra che possediamo, come la natura in cui viviamo ogni giorno, non ci appartiene. L’abbiamo presa in prestito dai nostri figli e a loro dovremo restituirla. Protetta, migliorata, arricchita (Saint Exupery).Prima tappa
RIO DE JANEIRO
RIO DE JANEIRO è una delle più belle città del mondo. Ha cinquecento anni, ma non li dimostra, distesa tra il mare e i colli la sua bellezza è rimasta immutata.
Per arrivare al Corcovado si attraversa la foresta di Tijuca dalla lussureggiante vegetazione tropicale, il più grande parco nazionale all’interno di una città.
Dalla vetta del Corcovado da cui veglia sulla città la gigantesca statua del Cristo Redentore si può ammirare nella sua suggestiva completezza una bellezza mozzafiato. Il panorama che si gode dalla terrazza è davvero incomparabile nonostante la giornata uggiosa.
Fa un certo effetto sedersi ai tavoli dove Tom Jobim e Vinicius de Moraes scrivevano sui tovaglioli di carta la canzone che sarebbe diventata la più eseguita di tutti i tempi, la Garota de Ipanema o Ragazza di Ipanema.
Con una teleferica si raggiunge la cima del Pan di Zucchero, il più noto dei colli intorno a Rio da cui si può godere di una vista spettacolare della baia di Guanabara e delle sue isole e delle spiaggie più famose di Rio.
Questa è una città da visitare ma soprattutto da vivere nelle sue celeberrime spiagge di Ipanema e Capocabana brulicanti di giovani che giocano al calcio e altri che si tuffano fra le onde spumeggianti e gelide dell’oceano al calar del sole.

Seconda tappa
MINAS GERAIS - DIAMANTINA
Nel Minas Gerais si dice: “Minas sono tante, Diamantina è una”. La più grande produttrice di diamanti del XVIII secolo che nel 2000 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità, brilla di luce propria.
Diamantina è oggi uno dei maggiori centri culturali della regione. Le sue chiese, l’insieme architettonico delle sue case, le piazze usate spesso come scenario per concerti di musica e spettacoli, hanno il fascino dello splendore di un tempo.
Oggi i diamanti non si trovano più scavando un po’ con la punta della scarpa. Si trovano invece a piene mani, preziose bellezze della natura che rendono indimenticabile il paesaggio subito fuori della città.
Era la metà del seicento quando Duarte Lopez raccolse in un torrente alcuni grani di un curioso metallo scuro. I grani esaminati risultarono essere purissimo oro, o meglio “ouro preto”, cioè oro scuro. Ma dopo le pepite sono stati scoperti i diamanti, il quarzo, il cristallo di rocca, lo zinco, il ferro e molti altri minerali.
IL Minas Gerais è una terra ricca come poche di gemme e metalli preziosi. Oggi è il più grande produttore di pietre colorate del mondo.
Gioielli e pietre preziose si possono scegliere nelle numerose botteghe artigiane del centro di Ouro Preto. Visitiamo la minas di Passegem alla periferia di Ouro Preto una miniera d’oro. Con un carrello si scende molto in profondità in un immenso sistema di gallerie. Solo una piccola parte è aperta al pubblico. Nel punto più profondo c’è una cappella dedicata ai minatori morti sul lavoro. Poco più avanti un lago sotterraneo, poco profondo, ma largo 2 km.

CONGONHAS DO CAMPO
Una chiesa edificata in cima ad un pendio lungo la salita del quale sono dislocate le stazioni di una Via Crucis che porta al sagrato, in una doppia scalinata i cui parapetti reggono, quasi in trofei di gloria, 12 statue rappresentanti i profeti dell’Antico Testamento. Autore di tale capolavoro fu un mulatto figlio di un architetto portoghese e di una schiava nera detto l’Aleijadinho (lo sciancatino), il più grande scultore del Brasile.
Tutte le più belle chiese del Minas Gerais sono opera di Aleijadinho, ma la trasformazione della collina di Congonhas do Campo in un’unica opera d’arte è il suo capolavoro

TIRADENTES
E’ difficile trovare una località più deliziosa di Tiradentes.
Gli edifici del periodo coloniale sono abbarbicati su un lato della collina in un crescendo che culmina con la splendida chiesa matriz de Santo Antonio.
Tra la facciata della chiesa, opera di Aleijadinho, e la celebre meridiana ci gustiamo il colorato colpo d’occhio sui tetti delle case coloniali e il verde smagliante della vallata.

OURO PRETO
E’ senza dubbio la regina delle città coloniali del Minas Gerais e si è conservata intatta dal punto di vista architettonico e ambientale. La cittadina, dichiarata patrimonio dell’umanità, è un gioiello dell’arte barocca famosa per le sue belle chiese, le costruzioni in stile coloniale e le miniere di pietre preziose.
La città si arrampica sulle colline circostanti e le sue vie acciottolate, rese sdrucciolevoli dalla pioggia, sono estremamente ripide. Tutti gli edifici risalgono al periodo della febbre dell’oro (1700-1800), e passeggiare tra le viuzze acciottolate del centro dà la sensazione di tornare indietro nel tempo.
Dopo tanta ricchezza delle chiese barocche, sulla collina da cui si gode uno splendido panorama della città, visitiamo la semplice chiesa di Santa Efigenia, costruita dagli schiavi neri che la usavano per le loro pratiche di culto.
Santa Efigenia era la regina di Nubia e anche gli altri santi venerati nella chiesa sono di pelle nera. Gli schiavi chiedevano ai santi protettori di non finire schiacciati nelle miniere.

Terza tappa
AMAZZONIA - MANAUS
Lasciamo le gemme del Minas Gerais e voliamo a Manaus in Amazzonia.
Ex capitale della gomma, nel 18° secolo era la ricchissima capitale del caucciù. Il teatro dell’opera testimonia ancora il fascino di quell’epoca. Fondata sul Rio Negro, affluente del Rio delle Amazzoni, è una città che affascina perchè è la porta d’entrata dell’Amazzonia, immensa foresta pluviale, polmone del mondo, riserva faunistica, la più importante al mondo, universo ancora da scoprire.
Da qui navighiamo fino ad arrivare all’incontro delle acque, singolare fenomeno dove, in un punto, le acque del Rio Negro e del Rio Solimoes, di colore e di densità diverse corrono affiancate per vari chilometri prima di fondersi. Così nasce il Rio delle Amazzoni.
Dalla barca vediamo sfilare sulla riva del fiume palafitte. Hanno l’aspetto di case malferme che potrebbero cadere in acqua al primo soffio di vento. Incrociamo qualche barca dalla strana sagoma che si inoltra nei canali.
Con la barca ci spingiamo nella varzea, le aree sommerse sui cui fondali si intravede il verde dell’erba e negli igapò, le zone paludose dove fra i giunchi e le canne fioriscono le victoria regia, delle ninfee giganti.
Il caldo, l’umidità e la fitta vegetazione rendono l’Amazzonia una terra poco favorevole agli insediamenti umani. Gli abitanti si concentrano soprattutto nelle zone urbane come Manaus o lungo le arterie fluviali.
Le abitazioni della foresta sono in genere costruite su palafitte per difendersi dalle inondazioni periodiche nella stagione delle piogge e dall’assalto di animali pericolosi.
Quasi tutta la popolazione amazzonica è cablocos: metà sangue indio e metà europeo.
Al ritorno assaporiamo il colore di un tramonto infuocato sul più grande fiume della Terra.

TEFE
In Amazzonia anche un breve tragitto aereo è una visione indimenticabile. Per centinaia e centinaia di km si osserva un mare verde di cui non si vede la fine. Il Rio delle Amazzoni largo oltre 2500 metri in certi punti sembra un ruscello, una sottile e tormentosa striscia blu che attraversa un grandissimo arazzo verde.
Dopo un’ora di volo atterriamo a Tefe, un piccolo centro a oltre 500 km da Manaus e altrettanti dal confine colombiano, ubicato sul grande serpente-madre degli uomini come gli indio chiamano il Rio degli Amazzoni. Da qui con una veloce barca a motore dopo circa un’ora siamo alla Riserva di Mamiraua.
Per visitare le zone abitate dagli indios ci vogliono dei permessi speciali. La popolazione indigena degli Indio è tutelata dal Funai e vive in riserve protette o rifugiata nelle aree più interne della foresta, tenuti il più lontano possibile dal contatto con turisti e visitatori, per salvaguardare l’incolumità fisica e culturale.
Vivono in armonia con la natura che li circonda, che li ha portati a una profonda conoscenza della farmacopea ancora oggi fonte di suggerimenti per la moderna chimica farmaceutica

RISERVA DI MAMIRAUA
Al nostro arrivo Manuel, un cabloco che conosce molto bene la foresta e sarà la nostra guida per questi 3 giorni in questa splendido angolo di mondo sperduto nel cuore della Foresta Amazzonica, ha già preparato la canoa con cui ci spingeremo lungo gli igaparè, canali che si dipartono dal corso principale.
La barca scivola lenta sulle acque ferme che sembrano lisce come l’olio e hanno il colore del sole. Questi sentieri d’acqua si perdono in migliaia di diramazioni e dedali che portano nel cuore dell’igapò, la parte di foresta che si allaga durante la piena del fiume da maggio ad ottobre.
Siamo in esplorazione. Speriamo di avvistare almeno una delle cinque specie di macachi che vivono nella riserva. Manuel ci fa segno di tacere e ci indica un albero. Un grosso macaco cammina su un ramo e ci dà subito il benvenuto.
Procediamo nel fitto della foresta seguendo l’istinto di Manuel. Improvvisamente nel folto degli alberi intravediamo la sagoma dell’animale più famoso della Riserva di Mamiraua. L’uacari branco è inconfondibile con la sua testa calva, il muso rosso fuoco e il lungo pelo bianco.
Piano piano, gli occhi si abituano a riconoscere le sagome dei macachi, dei rapaci e altri animali che si nascondono tra le foglie. Il paesaggio è impressionante, la luce filtra a fatica dal cielo, tutto è avvolto da un silenzio irreale rotto dal battito d’ali di qualche uccello e dal grido delle scimmie
Nel primo pomeriggio nubi plumbee si addensano all’orizzonte, disegnando strane sagome dai contorni fantastici. Improvvisamente inizia a scendere una pioggia torrenziale. Pensiamo di dover rinunciare all’uscita pomeridiana, ma dopo un paio d’ore esattamente all’ora stabilita per l’uscita la pioggia cessa e possiamo riprendere le nostre esplorazioni.
IL lodge è delizioso, costruito su palafitte, con solo 10 camere a 20 minuti di barca a motore dal villaggio di cablocos più vicino; è un posto unico, senza collegamenti con il mondo, senza telefono. Soltanto foresta, animali, acqua e cielo
La leggendaria Amazzonia è il più grande bacino fluviale del mondo e contiene non solo un quinto dell’acqua dolce della Terra, ma anche la sua più ampia foresta pluviale, un enorme magazzino biologico il cui vero potenziale rimane per lo più sconosciuto.
La foresta amazzonica racchiude una enorme varietà di specie animali e vegetali. Vi crescono infatti cinquemila tipi di alberi e non meno di cinquantamila piante da fiore: le specie di insetti conosciute sono alcuni milioni. La vegetazione è altissima e stratificata a più livelli regno incontrastato degli animali arboricoli che vivono sugli alberi. L’Amazzonia non è un luogo, è un continente verde dove la vegetazione prevale su tutto.
La foresta vive e cresce senza sosta, alimentata dalle piogge che scendono ad intermittenza, saturano l’aria ne imbevono il terreno e alimentano instancabilmente il grande fiume.
La luce dell’alba ha riempito il cielo di striature. Dalla veranda ammiriamo il miracolo della foresta che si compie ogni mattina, quando l’alba illumina il mondo verde dell’Amazzonia e con dolcezza si schiude il sipario di fusti e foglie e il chiarore ritorna tra il fiume e le sue sponde.
Partiamo presto per andare a visitare il villaggio più grande nelle vicinanze. All’uscita del canale entrati nel rio, notiamo una cosa stranissima. A poche decine di metri dalla barca si inarcano un paio di schiene. Sono i delfini rosa dell’Amazzonia. E come quelli marini sono curiosi e seguono le barche. Manuel ferma la barca. Riusciamo a contare una decina di schiene che ci girano intorno emettendo strani fischi.
Oltre a quello che andiamo a visitare, sul corso del fiume ci sono altri piccoli villaggi abitati da cablocos che vivono su case galleggianti. Arrivati al villaggio veniamo accolti dalla leader, donna Luzia la moglie del capo villaggio che è anche la suocera di Manuel.
Questi meticci oltre a vivere di pesca, praticano l’agricoltura e coltivano la manioca. Donna Luzia ci mostra la pianta dal cui frutto estraggono la tinta per le loro pitture. Ed eccoci qui truccate all’ultima moda amazzonica sicure di fare conquiste.
Visitiamo la scuola. Oggi è domenica ed è chiusa. Questo è il villaggio più grande e l’unico che possiede una scuola frequentata anche dai bambini dei villaggi vicini.
Camminando per il villaggio osserviamo scene di vita quotidiana. La sorella di donna Luzia lava il suo cagnolino, un ragazzo si impegna in tecniche di parrucchiere, mentre Pablo il padre di Manuel sta costruendo un arpione per la pesca. Osservandolo decidiamo che anche noi domani andremo a pescare.
Le case sono piene di bambini che giocano nei modi più svariati. Hanno pochi contatti col mondo esterno; la famiglia formata da 6-10 individui è il nucleo quasi esclusivo del loro vivere sociale.
Nel pomeriggio con Manuel ci inoltriamo a piedi nella foresta lambita dall’acqua. Gli stivali di gomma sprofondano nel terreno melmoso e si procede a fatica. L’umidità è impressionante e nuvole di zanzare e moscerini ronzano vorticosamente nell’aria. Dopo un’ora di cammino ci fermiamo sotto un grande albero da cui pendono delle liane. Gli alberi alti fino a 30 metri diventano un sorprendente strumento naturale e sezionano la luce, fino a scomporla in piccoli raggi che filtrano tra le foglie come se ognuno inseguisse un suo sentiero.
I mille volti della foresta sono voluti dall’ecosistema che, proprio dalla diversità di forme di vita ricava garanzie di sopravvivenza. Sopra di noi sulle cime degli alberi altissimi decine di macachi prego si muovono in processione saltando veloci di ramo in ramo. Sono sempre a caccia di qualcosa da mangiare.
Il progetto Mamiraua è il risultato di un nuovo concetto di conservazione della natura in Brasile. Si tratta di una immensa distesa di pianura alluvionale amazzonica, situata tra il Rio Solimoes, il Rio Japurà e il Canale Auatiparanà, unica nel suo genere in tutto il Brasile e una delle maggiori nel mondo.
Tutto cominciò nel 1983 quando il dr. Jose Marcio Ayres scoprì in quest’area gli unici esemplari del macaco uacari-branco e iniziò gli studi su questo animale in estinzione. Nel 1989 il governo dell’Amazzonia decretò quest’area riserva nazionale. Oltre agli studi sul macaco uacari-branco e sul minuscolo macaco-de-cheiro, esemplari presenti esclusivamente in questo territorio, vengono effettuate anche ricerche sul delfino rosa. Al mantenimento di questo progetto collaborano attivamente anche i cablocos che vivono nei villaggi all’interno della riserva
Ad ogni passo la foresta ci riserva sorprese elettrizzanti. In alto da un ramo spunta l’enorme e inconfondibile becco di un tucano. Poco oltre una preguica, una varietà di bradipo, ci osserva immobile dall’alto di un albero.
La giungla, misteriosa e silenziosa ci rivela i suoi segreti poco a poco: alberi immensi, il canto degli uccelli, gruppi di scimmie che saltano da un ramo all’altro e gli splendidi tramonti ci fanno innamorare di questa splendida riserva naturale dell’Amazzonia, il grande polmone verde del nostro pianeta.
Ci inoltriamo nei piccoli canali pieni di pesci per imparare le tecniche di pesca e procurarci il cibo per il pranzo. Manuel pesca con la fiocina e prende un pesce ad ogni colpo. Poi con una mano tiene la lenza dal quale penzola il pesce catturato e con l’altra lo stordisce col machete prima di estrarre la fiocina. Proviamo anche noi, ma decidiamo di rinunciare altrimenti saremo costrette a saltare il pasto. L’arte di pescare si tramanda di padre in figlio e ci vuole una grande esperienza.
Finita la pesca rientriamo alla posada. Tra i pesci catturati di sono anche dei pirañas che si riconoscono per la testa di un colore rosso acceso, ottimi per la zuppa della sera. Questi terribili pesci dalla dentatura appuntita e tagliente si nutrono prevalentemente di vegetali e diventano aggressivi e pericolosi per l’uomo e gli altri animali nei periodi di secca o quando sono attratti dal sangue.
Il clima e l’ambiente naturale che ci circonda invitano al relax. Oggi è il nostro ultimo giorno alla riserva e ci portano al Lago di Mamiraua. Oltre a Manuel ci accompagna Guto e un altro cabloco. Solo a fine giornata capiremo il perchè della loro presenza. Durante il percorso vediamo a distanza abbastanza ravvicinata il minuscolo macaco-de-cheiro intento a procurarsi il cibo.
Il sole al tramonto accende con colori di fuoco il lago e la foresta. intorno. Si riflette nell’acqua creando mille sfumature dai colori accesi e riempie il cielo di striature fantastiche. Questo è uno di quei momenti dove ci si ferma inebetiti ad osservare una palla di fuoco che fa il suo solito grande spettacolo e ci si chiede il perchè, ma funziona sempre ed ogni volta si rimane estasiati. Questa volta però pensiamo che siamo nel paese delle gemme e qui anche i tramonti hanno i colori delle sue pietre preziose. Sono imperiali!
Appena calato il sole in un attimo si fa buio. il silenzio della notte è rotto solo dal canto degli uccelli notturni o dal verso di strane cicale. L’uomo che sta a prua accende il riflettore. Nel buio totale illumina tra il fogliame due punti luminosi fosforescenti e rossi come due lampadine. Sono gli occhi di un alligatore. I puntini rimangono immobili finchè si è a due passi. Ora si vede fin troppo bene l’imponente sagoma dell’allligatore. Ci guardiamo intorno e ci vediamo circondate da miriadi di punti luminosi!
Il fiume è pieno di alligatori lunghi da 3 a 4 metri. Le mascelle di questi predatori sono terribili. L’emozione è violenta! Manuel procede a velocità abbastanza elevata fermandosi quando passiamo vicino ad un alligatore. L’uomo davanti punta il faro sull’animale. La bestia resta immobile per qualche secondo, poi con una mossa fulminea, si inabissa alzando un’onda che ci riempie d’acqua. Doccia gratuita per i curiosi che sono andati a disturbarlo.
Pensiamo domani si parte; da qui ci stacchiamo con un misto di nostalgia e rimpianto.

Quarta tappa
LENCOIS MARHANENSES
Dall’Amazzonia voliamo nel Maranhao e poi subito verso i Lencois Maranhenses.
Il Parco Nazionale dos Lencois Marhanenses è una spettacolare zona geologica unica al mondo, totalmente formata da dune di sabbia che arrivano fino a 40 metri di altezza, e formano 70 km. di spiaggia tra lagune colorate e sabbia finissima. Viste dall’alto le dune sembrano dei manti appoggiati sull’acqua (da qui il nome lenzuoli).
Si sorvola l’area con vista mozzafiato fino a Barrerinhas, piccola e tranquilla cittadina ubicata al limite del parco.
La Lagoa Azul si raggiunge con un breve percorso dopo aver attraversato il fiume su un ferry. trainato a mano. Il parco è stato creato per preservare l’unico vero deserto brasiliano, un fenomeno naturale assolutamente particolare. Un deserto con migliaia di lagune sulle coste dell’Oceano Atlantico, dove il vento forma le dune e la pioggia s’incarica di scolpire il paesaggio completandolo con migliaia di lagune di acqua cristallina.
Camminiamo tra le lagune che sembrano schegge di cielo conficcate nella sabbia o piscine piastrellate di verde e azzurro che come miraggi refrigeranti accolgono i visitatori provati dai bollori dell’equatore.
Da Barrerinhas con una lancia a motore sul fiume Preguicas dopo due ore di navigazione raggiungiamo i Petit Lencois e con un lungo tratto a piedi il villaggio di Atins, attraversando le dune che paiono onde di sabbia trasportate dal vento.
Esauste, cerchiamo un mezzo di trasporto per andare da Josè, un portoghese che ci dicono si è trasferito qui e ha un piccolo ristorante nascosto tra gli alberi vicino al fiume. Ci dicono che l’unica possibilità è il cavallo. Accettiamo, ma la nostra poca esperienza del nuovo mezzo ci fa sembrare il viaggio lunghissimo.
All’arrivo ci godiamo un po’ di riposo mentre Jose ci prepara il pranzo.
Nel pomeriggio, in barca partiamo verso il delta del Rio Pregiucas per ammirare la vista del fiume che entra nell’oceano. Dall’alto della torre, lo splendido panorama nella luce del tramonto ci ripaga della stanchezza della giornata.

SAO LUIS
Capoluogo del Maranhao e suo fiore all’occhiello, dichiarato patrimonio dell’umanità, Sao Luis è un’isola collegata con un ponte alla terraferma: unica città del Brasile fondata dai francesi è la città dove lo stile portoghese risulta più evidente. La parte vecchia è di origine coloniale.
La domenica le spiagge si riempiono di persone che vanno nei locali per ascoltare e ballare il reggae, la grande passione degli abitanti di Sao Luis.
A Sao Luis ci sono poche chiese, ma esistono tanti templi case chiamate casa de minas dove sopravvive il culto africano che qui è chiamato Tambor de Minas adibite alle cerimonie officiate dai Gran Orixas, i sacerdoti o Santi come li chiamano qui.
I turisti non sono bene accetti a queste cerimonie. Per questo chiediamo a una delle figlie del Santo di chiedere per noi il permesso di assistere e filmare la cerimonia. Ottenuto il permesso, la ragazza ci accompagna a visitare il luogo sacro, la grotta e la cascata e ci spiega le origini del loro culto. Ci racconta anche che il padre ha 59 figli e attualmente convive con 4 mogli. Conveniamo che bisogna essere veramente santi per riuscirci!
Dopo il rito della purificazione la cerimonia ha inizio con inni religiosi cantati dalla sacerdotessa. Al suono di tamburi decine di persone, in maggioranza donne in abito bianco, guidate dalla sacerdotessa, danzano in cerchio intonando canti rituali. Poi mentre la danza si fa sempre più frenetica il santo si aggira tra i danzatori osservandoli e appoggiando le mani sul loro capo li induce allo stato di trance.
Che dire? I nostri occhi sono qui per osservare, e il nostro spirito vuole capire il passato e il presente, questo è lo scopo della vostra visita e ce ne andiamo portando con noi un bagaglio di emozioni e il cuore pieno di ricordi meravigliosi e tanta nostalgia.

IL BRASILE è veramente UNA TERRA DAI MILLE VOLTI!