Hola Patagonia! - Parte prima

Sulle tracce di Bruce Chatwin

Testo di Anna Marchisio - Foto di Marco Giovo
Diario di viaggio in Patagonia e Terra del Fuoco.

Questo è uno di quei viaggi che progettavamo da tempo, poi per tante ragioni è sempre rimasta solo un’idea fino a quest’anno. Ci incuriosiva l’idea di vedere questi ampi spazi aperti, questa terra dominata dai venti e soprattutto l’imponenza delle Ande. Ho letto molto a riguardo, compreso il famoso ‘In Patagonia’ di Chatwin e non riuscivo ad immaginarmi più di tanto questa parte di mondo.
L’organizzazione del viaggio non è stata difficile, gli Argentini sono molto cordiali e disponibili e anche in loco non ci sono state difficoltà di alcun genere.
L’inglese, al di fuori degli addetti ai lavori, non è molto conosciuto, ma lo spagnolo non è difficile da imparare. Muniti del preziosissimo frasario dell’Edt che ci ha fornito qualche rudimento di questa lingua siamo riusciti a cavarcela benissimo comunicando nella loro lingua. Personalmente, quando vado in un posto preferisco essere io a dovermi adattare piuttosto che ostinarmi a parlare italiano e pretendere che siano gli altri a capirci. In fondo gli ospiti siamo noi!. Ad El Calafate ho avuto modo di assistere ad una scena che mi ha parecchio infastidito. Cenando, una sera in un ristorante, entra una coppia sulla cinquantina. Si accomodano ad un tavolo e in tono di voce, nemmeno troppo contenuto la signora inizia a dire ‘siamo italiani, siamo italiani’ e lo ripete parecchie volte. Il cameriere l’ha guardata e la sua espressione diceva chiaramente ‘e con questo?’. L’osservazione mi è sembrata decisamente fuori luogo e di pessimo gusto, cosa pretendeva? Che il cameriere stendesse un tappetino rosso sul percorso del suo passaggio? Voleva un trattamento di favore? Che tirassero fuori un interprete dal cilindro? Beh, a me è sembrato di cattivo gusto questo suo atteggiamento, soprattutto considerato poi che si è espressa rigorosamente in italiano pretendendo che il cameriere, che o aveva una scarsa propensione per le lingue o lo faceva di proposito, capisse alla lettera le sue istruzioni. Condivido pienamente l’atteggiamento del cameriere, avrei fatto lo stesso.
Comunque ribadisco, lo spagnolo è meno difficile di quello che si può pensare e i nostri sforzi per comunicare nella loro lingua sono sempre ben accolti.

I prezzi riportati in questo testo, se non diversamente indicato, sono espressi tutti in pesos ($). Vuoi per la crisi del economica del 2000 vuoi per il cambio favorevole (1€ è circa 3,5 Pesos) la Patagonia è una meta piuttosto economica. Gli effetti della crisi si vedono ancora. Non ho mai visto tante macchine così vecchie e così sgangherate, pezzi legati con il fil di ferro, veri e propri catorci. Certo le strade che si ritrovano non concedono certo una vita lunga alle loro auto e nemmeno la loro fantastica guida. E’ così i sobborghi delle cittadine, periferie fatte di baracche e degrado.

GUIDE
Argentina 3° edizione – EDT (Lonely Planet) – Ed. in Italiano
Trekking in Patagonia 1° edizione - EDT (Lonely Planet) – Ed. in Italiano
Argentina Cile 1° edizione – Rough guides – A. Vallardi viaggiSabato 28 gennaio 2006
Lasciamo Torino imbiancata da una bella nevicata mentre si prepara per l’imminente evento olimpico. Come se non fossero bastati una settimana di scioperi dell’Alitalia e del personale dell’aeroporto di Caselle, quando finalmente il traffico aereo ha ripreso a funzionare regolarmente la neve ha deciso di fare la sua comparsa bloccando il nord Italia!
Sabato mattina, facendo io parte della categoria di persone che aspetta sempre l’ultimo minuto per ogni cosa, preparavo le valigie con un occhio vigile all’esterno. E la neve continuava a cadere copiosamente, perfino gli sms scambiati con una mia collega di Torino, che mi aggiornava in tempo reale della situazione neve nella città non promettevano niente di buono. L’aeroporto comunque era in funzione e questo era ciò che contava.
Arrivati in aeroporto, con molto anticipo effettuiamo immediatamente il check-in. Sebbene con qualche ritardo trascurabile, a parte qualche eccezione, l’aeroporto funzionava normalmente. Ovviamente a noi è toccata un eccezione ed il ritardo prima trascurabile e diventato via via preoccupante, soprattutto alla luce del fatto che il tempo a disposizione a Roma non era molto. Più il tempo passava e più questo si riduceva. Il personale al cancello di imbarco rispondeva vago e talvolta scocciato alle richieste dei passeggeri. Ometto i commenti sul fatto che non era in grado di rispondere alla domande se l’aereo, che doveva arrivare da Roma, era o non era in volo. ‘Dovrebbe’ era la sua risposta… Un aereo non mi sembra un oggettino tanto piccino da passere inosservato!
Comunque alla fine l’aereo arriva e in poco tempo lascia Torino alla medesima ora in cui doveva atterrare a Roma… visto che non esiste il teletrasporto arriviamo a Roma che mancano meno di 10 minuti al decollo del volo per Buenos Aires. Anche se in teoria ci avrebbero aspettato cerchiamo di spostarci il più velocemente possibile. Consegno la mia carta d’imbarco e iniziano i problemi. Qualche fenomeno di addetto ha cancellato la mia prenotazione e ha assegnato il mio posto ad un altro passeggero. Inutile dire che le scuse della responsabile dell’imbarco non ci hanno fatto un baffo, soprattutto il suo tentativo di rimandare la partenza. Argomento assolutamente fuori discussione, considerato che l’errore era loro non vedo perché avrei dovuto rimetterci io. Lei insiste, l’aereo è al completo, ma io non cedo. Discutiamo per parecchio, sono le 22 di sera, siamo stanchi, non abbiamo ancora cenato e questo inghippo ci ha fatto andare su tutte le furie per cui non siamo affatto propensi a rinunciare ad un giorno del nostro viaggio per un errore commesso da un fenomeno di addetto. Alla fine, scende il pilota, e ci propone, sotto la sua responsabilità, di farmi viaggiare nei posti riservati al personale, comunemente detto ‘strapuntino’ o qualcosa del genere. In cambio mi avrebbero rimborsato il biglietto. Così alla fine saliamo sull’aereo e finalmente partiamo.

Domenica 29 gennaio 2006 – Buenos Aires
Dopo un viaggio che è stato meglio di come si era prospettato, a parte l’atterraggio che mi è toccato di sentire una conferenza sulle doti calcistiche di Totti da parte di uno steward molto ‘romanista’ arriviamo a Buenos Aires dopo 14 ore di volo che sono circa le otto di mattina e il termometro già si avvicina ai trenta gradi.
Come se non bastasse il disagio della sera precedente, la nostra cara compagnia di bandiera ha ben pensato di aggiungere una ciliegina a questa già mal riuscita torta. Ha lasciato i nostri bagagli a Roma. Che dire… è abbastanza normale ‘perdere’ i propri bagagli ma insomma, doveva capitarci tutto con il medesimo volo!? Comunque visto che già dovevo passare all’ufficio in loco dell’Alitalia per prendere il mio risarcimento, aggiungiamoci anche questo.
L’aeroporto di Ezeiza, da dove partono e arrivano tutti i voli internazionali dista circa 45 km dal centro della città. Le possibilità per raggiungerla sono molteplici, taxi, auto remises, bus. Noi scegliamo il bus della compagnia Manuel Tienda Leon (25$ a persona). Così muniti del nostro solo bagaglio a mano, i due zaini da usare per le nostre escursioni in montagna, ci avviamo in città.
Vuoi perché non siamo abituati a questo caldo, a Torino nevicava e le temperature erano sotto lo zero, vuoi per la stanchezza del viaggio ma camminare per le vie assolate della città è una fatica immane. Di gente in giro, comunque ce n’è poca, sarà perché è domenica sarà perché fa troppo caldo ma la città appare deserta, un po’ come Torino in agosto.
Raggiungiamo velocemente il nostro ostello e ci facciamo una doccia fresca. Facciamo un po’ il punto della situazione e la lista della spesa delle prime necessità. Fortuna che siamo vestiti a strati e che in un momento di ‘sanità mentale’ ho deciso di mettere negli zaini due paia di pantaloni leggeri. Sarebbe stato impossibile portare quelli invernali.
Il cuore di Buenos Aires è la zona denominata microcentro. Percorriamo la via pedonale via Florida ed arriviamo fino alla famosa Plaza De Mayo, conosciuta perché è stata teatro di moltissime proteste e lo è tutt’ora. Su questa piazza si affaccia la altrettanto famosa casa Rosada, dalle cui finestre si affacciavano Peron e la moglie Evita.
Per la via Florida un po’ di vita si anima, i negozi sono aperti ed entrare a vedere la merce è perfino piacevole, visto che sono quasi tutti dotati di aria condizionata. Ristoranti e locali distribuiscono pieghevoli che pubblicizzano cene o spettacoli.
Gironzoliamo così per la città non tanto come turisti ma come semplici passeggiatori della domenica, arriviamo in Plaza de la Republica dove domina un altro obelisco e ci affacciamo su Av. 9 de Julio, la via più larga al mondo, conta infatti 16 corsie e per essere sicuri che la guida non abbia detto una fregnacciata proviamo a contare le corsie. Lo sbalzo termico oltre alla stanchezza del viaggio inizia a farsi sentire, spesso ci fermiamo a riposare su qualche panchina all’ombra di qualche albero, non soffia un filino d’aria manco a pagarla.
Il traffico è poco, e la città sembra dormire. Ogni tanto agli angoli delle strade si vedono dei venditori di spremute d’arancia, con i loro banchetti aspettano fiduciosi i clienti.
Con l’avanzare della sera e il diminuire delle temperature la gente inizia a riempire le vie, ad affollare la strada e Buenos Aires acquista tutta la sua vivacità descritta dalle guide.
Per cena scegliamo di andare in uno dei locali di cui abbiamo ricevuto il pieghevole (El Gaucho – 28,10$) e ci mangiamo la nostra prima bistecca argentina. Spettacolare.
Passeggiamo ancora per la città e poi rientriamo in ostello. E’ stata una giornata molto lunga. L’ostello ha un piccolo balcone e un gruppo di ospiti intona canzoni con una chitarra. Per un po’ la cosa è anche piacevole ma poi diventa una lagna e visto che io volevo dormire gli avrei volentieri dato la chitarra sulla capoccia. La pala del ventilatore a soffitto ha girato tutta la notte ma il caldo di Buenos Aires non ci ha fatto rimpiangere di non aver previsto più giorni per questa città. Certo la nostra è stata una ‘toccata e fuga’ ma in questa stagione non può essere altrimenti. Se torneremo in inverno visiteremo meglio questa città.
Pernottamento: V&S Hostel -Viamonte 887 – Buenos Aires – Costo 85$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Lunedì 30 gennaio 2006 – El Calafate
La sveglia suona presto, il nostro volo è alle 9 circa, quindi non abbiamo molto tempo da perdere. Velocemente facciamo colazione e scendiamo in strada ad attendere l’auto, una remises, che ci porterà dritto all’aeroporto di Ezeiza (costo 45$). Abbiamo tutto il tempo per andare con calma all’aeroporto ma l’autista corre che è una meraviglia. Ci sono i cartelli con i limiti di velocità ma abbiamo l’impressione che li consideri dei semplici numeri che abbelliscono la strada.
All’aeroporto scopriamo tristemente che i nostri bagagli sono ancora a Roma, così ci accordiamo con il personale dell’Alitalia affinché ce li spediscano direttamente in Patagonia.
Il nostro volo per El Calafate parte puntuale, si tratta di uno dei pochi voli in partenza da Ezeiza, solitamente i voli cosiddetti ‘domestici’ partono tutti all’Aeroparque che è l’altro aeroporto di Buenos Aires. Per poco non lasciamo i nostri averi su una seggiola, Marco alzandosi non si accorge che il marsupio, con il portafoglio è rimasto lì; ma un gentilissimo signore si accorge della dimenticanza e ci rincorre per consegnarcelo. Ci mancava solo più questo!
Il volo è tranquillo e arriviamo a El Calafate verso l’ora di pranzo. L’aeroporto di El Calafate è proprio piccolo, ma dotato di tutto quello che serve, è una struttura piuttosto recente in mezzo al nulla ad una quindicina di chilometri dalla città. El Calafate non vanta certo un traffico aereo molto intenso, pertanto alle 17 l’aeroporto chiude. Questo significa che domani, sempre se i bagagli arrivano, dovremmo essere qui entro l’orario di chiusura per effettuarne il ritiro.
Il paesaggio che abbiamo intorno ricorda per molti aspetti la Namibia. Mi aspettavo una terra desolata ma non così arida. Se non si guarda in direzione delle Ande la sensazione è proprio quella di un arido paesaggio africano, le tonalità, i colori sono gli stessi, sfumature di giallo fino al marrone, distese terrose con arbusti secchi sparsi qua e là, non so perché ma mi aspetto da un momento all’altro di vedere sbucare una giraffa o un antilope.
Il tizio dell’Avis che ci deve consegnare l’auto che abbiamo prenotato è in ritardo. Veramente mi sorge anche il dubbio di non aver capito bene il luogo del noleggio ma alla fine, tutto trafelato arriva. Le ditte di noleggio, in questi aeroporti hanno solamente l’insegna, gli uffici sono in città e anche qui talvolta si limitano ad essere semplici scrivanie nell’ambito di un altro esercizio commerciale (agenzie viaggio). Gli addetti vengono a portarti e a ritirare l’auto all’aeroporto se questo era stato concordato in anticipo.
Il nostro addetto è un ragazzo molto giovane, che in un perfetto inglese ci spiega che l’auto da noi prenotata ce la può consegnare solo dopo le 17 e provvisoriamente ce ne assegna un'altra. Tutto questo, aggiunto al fatto che dobbiamo organizzarci per recuperare, forse, i nostri bagagli ci scombussola un po’ i piani. Avevamo prenotato questa e le successive notti ad El Chalten, che dista 220 km di strada sterrata da El Calafate. Di contro, i chilometri fatti con quest’auto non ci verranno conteggiati (n.d.r. i noleggi in Argentina sono quasi tutti a chilometraggio limitato).
Un po’ stufi di tutte queste disavventure andiamo in città a cercare un locale per fare pranzo e decidere il da farsi. Se non arrivano i nostri bagagli è un casino fare trekking, i miei scarponi sono nelle valigie e non solo quelli, per cui domani è fuori discussione andare a camminare.
El Calafate è una cittadina carina, il suo centro è molto vivace e ricco di esercizi commerciali, fondamentalmente tutto si trova lungo la via principale alberata che attraversa il centro. Il cartello all’ingresso della città la definisce la capitale dei ghiacciai. E’ infatti la città più vicina al famoso ghiacciaio Perito Moreno (circa 80 km) e alla parte meridionale del Parque Nacional Los Graciares. El Calafate si affaccia sulle sponde dell’immenso lago Argentino, circa 1600 kmq, che ne fanno il più grosso lago del paese.
Mentre passeggiamo per la strada principale brulicante di persone e di negozi, mi viene una di quelle pensate che uno si stupisce da solo di averle fatte. Pensata tra l’altro ovvia, perché complicarci la vita ad andare avanti e indietro per queste strade sterrate basta invertire la prenotazione per la notte e modificare leggermente l’itinerario. Così ci rechiamo subito al B&B (Casa de Grillos) dove abbiamo prenotato alcune notti e fortuna nostra, hanno una camera disponibile per la notte. I proprietari sono veramente molto gentili, una coppia di anziani molto cordiale e socievole. La casa del Grillo è una bella casetta in una zona tranquilla fuori dal centro cittadino a pochi passi dalla Laguna Nimez, un’area naturale in cui è possibile osservare gli uccelli nel loro habitat. La nostra camera è molto bella e il bagno è molto spazioso. Non potevamo fare una scelta migliore.
Risolto il problema della notte passiamo alla fase due del piano, telefonare all’hosteria di El Chalten per disdire la prima notte. Impresa non proprio semplice visto che il numero di telefono che mi sono segnata è sbagliato (e ti pareva) e sull’elenco del telefono non si trova il numero. Fortuna che ci sono gli internet cafè e che questa hosteria l’ho rimediata gironzolando per internet. La tizia parla solo spagnolo così con le mie misere conoscenze della lingua cerco di farmi capire, soprattutto cerco di farle capire che non disdico tutta la prenotazione ma solo la prima notte. Continua a ripetermi ‘no problema no problema’, speriamo che abbia capito.
Risolto questo problema pratico passiamo il resto del pomeriggio a gironzolare per la città e a fare qualche shopping, compriamo anche delle cartine utili nei prossimi giorni per le camminate che faremo.
Ci rechiamo anche alla sede della Chalten Travel per prenotare l’escursione in Cile. Alla fine, dopo tanto informarci e tanto pensare, abbiamo deciso di ricorrere ad un'escursione di un giorno per visitare il Parque Nacional Torres del Paine in Cile. Il costo dell’escursione è di 186$ a persona. Comprende il viaggio in pullman e la visita guidata al parco. Certo, una cosa da comitiva ma non si può fare diversamente.
Per cena scegliamo un ristorante (La Cocina - 31,50$) lungo la via principale e per rallegrarci ci concediamo anche il dolce, tutto sommato la nostra vacanza è iniziata e anche se abbiamo avuto qualche intoppo per ora siamo riusciti a non farci rovinare la vacanza da tutti questi inconvenienti. Il vento, che ha soffiato incessantemente per tutto il giorno, con il calare del sole è aumentato. L’aria è fresca e si sta bene con la maglia.
Pernottamento: Casa de Grillos - Pasaje Las Bandurrias s/n – El Calafate – 105$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Martedì 31 gennaio 2006 – Glaciar Perito Moreno
Iniziamo subito la giornata con una colazione spettacolare. Marta, la proprietaria del B&B, prepara le torte e le marmellate offerte a colazione lei stessa. La torta di mele di questa mattina è semplicemente sublime. Marco è soddisfattissimo della colazione, lui che ama la colazione dolce e non salata dice di avere trovato finalmente un paese che ‘sa fare colazione’. Assaggiamo per la prima volta la marmellata di ‘Calafate’, un frutto che cresce in questa terra. Assomiglia ad un mirtillo, stesso colore e stessa forma, cresce su rovi spinosi ma il sapore è diverso.
Il programma per la giornata prevede la visita al famoso ghiacciaio Perito Moreno, poi, forse recupereremo i bagagli e ci sposteremo a El Chalten per la sera.
Il ghiacciaio dista a 80 km alla città. Per chi non dispone di un'auto propria ci sono degli autobus o delle escursioni organizzate. Il tragitto costeggia inizialmente il lago Argentino, maestoso e immenso. Lungo la strada si possono osservare lepri e piccoli rapaci ed altri uccelli, raramente qualche guanaco. Il percorso è in parte asfaltato e in parte sterrato, la parte sterrata è anche oggetto di lavori stradali per cui la percorrenza del tratto di strada è piuttosto noiosa.
Finalmente arriviamo al ghiacciaio... è presto e non c’è ancora tanta gente. Il costo dell’ingresso nel parco è di 30$ a persona. Il ghiacciaio Perito Moreno più semplicemente glaciar Moreno è forse il solo, così dicono, ghiacciaio al mondo in continuo avanzamento. Nella zona vi sono altri ghiacciai, quali il ghiacciaio Upsula, che sebbene sia più esteso del glaciar Moreno risulta essere meno spettacolare ed il glaciar Onelli, siti nel braccio nord del Lago Argentino. Questi ghiacciai sono raggiungibili sono in barca con gite della durata di una giornata.
Il ghiacciaio, la sua imponenza sono spettacolari. Di tanto in tanto si sentono i tonfi di qualche pezzo che cade nell’acqua. La sua maestosità è impressionante. Ci sono diverse passerelle e livelli di balconate per vedere il ghiaccio che è posto esattamente di fronte allo spettatore. La sua altezza supera i 50 metri e alla base è piuttosto crepacciato. Il ghiaccio che si stacca dal ghiacciaio va ad alimentare le acque dell’immenso lago Argentino.
Ai piedi del ghiacciaio, su una piccola piattaforma di pietra, una mamma volpe con i suoi due cuccioli si godono il sole. Ma pochi si accorgono della sua presenza, il colore mimetico con la pietra e il fatto di trovarsi davanti ad uno spettacolo naturale di così grande maestosità fa si che la sua presenza venga quasi ignorata alla maggior parte dei presenti.
A vedere questo ghiacciaio ci vengono proprio tutti. Basta osservare la variegata presenza umana che c’è. C’è perfino un gruppo di italiane di una nota organizzazione di viaggi. Sedute, con la schiena rivolta al ghiacciaio, si lamentano della scelta di alcuni loro compagni di rimanere più del necessario in questo posto, e progettano di andarsene a cercare un bar, si stanno annoiando. A volte la gente va in giro per il mondo per poter dire di esserci andata, fa una bella fotografia per i parenti e poi tutto il resto non ha importanza. Mi spiace per loro, ma se il loro primo pensiero è di andare al bar piuttosto che rimanere lì a godersi questo spettacolo, tanto valeva restarsene a casa a sfogliare un catalogo! Questo non vuol dire che gli italiani siano peggio degli altri, e che gli altri non capisco cosa dicono quindi non posso commentare. Ma questi atteggiamenti mi infastidiscono parecchio, se non ti piace e non ti interessa avevi solo da startene a casa così non affollavi tanto questo posto.
Con l’aumentare delle temperature, verso l’ora di pranzo, le cadute di ghiaccio giustamente aumentano. Alzando lo sguardo al cielo Marco scova due Condor che volano. Felice come un bambino quando riceve un gioco nuovo, inizia il servizio fotografico ai due volatili, fortuna che abbiamo portato le macchine digitali, altrimenti ci toccava di fare un mutuo dal fotografo per pagarne lo sviluppo!
Nel pomeriggio passiamo a ritirare i bagagli all’aeroporto e ci dirigiamo verso El Chalten. Percorriamo un tratto della famosa ruta 40, la strada che attraversa la Patagonia da sud a nord lungo le Ande. Lungo la strada si incontrano, oltre a dei guanachi, anche dei nandù. Sono degli struzzi un po’ più piccoli ma stupidi uguale. Ci sono tantissimi recinti che segnano i confini tra le varie proprietà ed estancias; questi animali ogni tanto trovano un punto di uscita e poi non riescono più a trovare la strada per tornare indietro. Stupidamente infilano la testa tra i fili della recinzione ma non riescono a passare dall’altra parte perché non arrivano a pensare che semplicemente alzando la gamba riuscirebbero a far passare anche il resto del corpo, poveretti! Così ne vediamo parecchi correre affannati lungo i recinti in cerca di un qualche passaggio.
Il territorio è proprio arido e questa zona che ricorda la Namibia in tutto e per tutto, per i suoi colori, i suoi arbusti secchi, conserva un suo fascino particolare. La strada costeggia prima il lago Argentino e poi il lago Viedma. Immense distese di acqua dove le Ande si specchiano.
Qua e là si vedono le indicazioni per qualche Estancia, questi non sono di certo svegliati nel cuore della notte dal rumore prodotto dai vicini che rincasano.
La strada è tutta sterrata, stanno eseguendo dei lavori di asfaltatura che procedono mooooolto lentamente, ma intanto la strada è sterrata e non è nemmeno delle migliori.
Fortunatamente l’ultimo pezzo di strada, la RP23, è asfaltata. Al bivio carichiamo anche un autostoppista, sono le 18 e considerando che non passano molte macchine, che il vento è molto forte e chissà da quanto, povero, era lì in attesa di un passaggio siamo ben contenti di dargli uno strappo. E’ un ragazzo di Milano, com’è piccolo il mondo, è un po’ che è in Argentina così passiamo il resto del viaggio parlando con lui di quello che ha visto o fatto. Davanti a noi il Cerro Torre e il Fitz Roy dominano con tutta la loro imponenza. Forse questi nomi ai più dicono poco ma sono due signore montagne che da sempre hanno affascinato gli alpinisti più capaci.
El Chalten è un piccolo paese, nato nel 1985 come base per le spedizioni alpinistiche alle due montagne. E’ un paese recente e l’urbanistica lo dimostra. Le sue strade sono sterrate e il traffico è inesistente, sembra un paese del far-west, dove sono i cavalli e i pistoleri? Ci molti bambini che affollano le strade. Bimbi in bicicletta, di corsa, con il pallone, schiamazzi e tante risa; le strade di El Chalten brulicano di bambini.
L’hosteria Lago Viedma è una casupola bianca non lontano dal centro, ma nulla è lontano dal centro. Ci sono poche stanze e sono tutte al piano superiore, gli interni sono tutti in legno e ne fa un ambiente un po’ rustico. La nostra camera è carina, piccolina ma dotata di tutti i confort.
Per cena andiamo in uno dei ristoranti (Pizza Bar Comidas Patagonicus – 40$) presenti in città. Niente menù di carne perché non siamo degli affezionati del genere, ci prendiamo due bei piatti di tagliatelle al pomodoro niente male e ovviamente anche questa sera ci concediamo il dolce. Due passi per il paese che pare proprio un paese d’altri tempi se non fosse per gli internet cafè. Le guide ne fanno un po’ una descrizione che sembra quella di un avamposto di frontiera ma, per il turista, a El Chalten c’è quasi tutto, il supermercato, negozi, internet cafè, manca solo la banca ma qualcuno dice che presto arriverà anche quella.
Pernottamento: Hosteria Lago Viedma – Ricardo Arbilla 71 – El Chalten – Te. (02962) 49389 – www.elchalten.com/lagoviedma - 120$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Mercoledì 1 febbraio 2006 – Laguna Los Tres (El Chalten)
Sveglia presto, quest’oggi si cammina! La colazione dell’Hosteria non è niente male anche se la fetta di torta non ha niente a che vedere con quelle preparate da Marta!
Abbiamo in programma di andare a Laguna Los Tres. Quello che abbiamo scelto, infatti, è il miglior percorso per ammirare da distanza ravvicinata il versante orientale del mitico Monte Fitz Roy. Itinerario praticamente privo di difficoltà su sentiero molto battuto ma piuttosto lungo (22 km andata e ritorno con un dislivello di 850 m circa).
Lasciamo la macchina all’imbocco del sentiero nei pressi del campeggio Madsen, e ci incamminiamo, forse è un tantino presto ma in giro non c’è quasi nessuno. Non è molto che siamo in Argentina ma abbiamo già capito che non sono particolarmente mattinieri.
L’imbocco del sentiero è comunque ben segnalato da un cartello di legno. Il sentiero subito sale nel bosco portandosi verso nord-ovest. Superato un colletto poco sotto il Cerro Rosado, si traversa fino ad entrare in ampio vallone quasi pianeggiante. Attraversato il bacino si giunge al Campi Base Poincenot nascosto fra i faggi australi. Si supera poi il Rio Blanco su un ponte costruito con un tronco di legno ed in pochi minuti si è al Campo Base Rio Blanco, punto di partenza per le ascensioni alpinistiche nel gruppo del Fitz Roy. In questo campo possono soggiornarvi solo gli alpinisti che effettueranno le ascese al monte Fitz Roy per tutti gli altri c’è il campo Poincenot.
Il percorso diventa quindi più impegnativo e il sentiero sale più ripido e accidentato fino al ripiano dove giace il Lago del Los Tres, ai piedi del ghiacciaio omonimo. Semplicemente fantastico!
Arrivati ci piazziamo in una bella posizione che ci consente di ammirare tutto quanto. Il posto è spettacolare. Le nebbie vanno e vengono dalla punta e ogni tanto si riesce a vederne la sommità della montagna. Il Fitz Roy (m 3405) è anche detta la montagna che fuma proprio per questa sua particolarità di aver spesso la punta celata nella nebbia. Il nome Fitz Roy ovviamente è un nome relativamente recente, dalle popolazioni indigene la montagna è conosciuta come Chalten.
Scrutando con il binocolo scoviamo due alpinisti in parete, non li invidio affatto, viste le nebbie che ogni tanto avvolgono la montagna non penso che stiano patendo troppo il caldo, anzi.
La prima spedizione che arrivò sulla cima del Fitz Roy fu una spedizione francese nel 1951, così ho letto perchè non c’ero! Una delle vette limitrofe al Fitz Roy porta il nome di un francese membro di questa spedizione, un certo Poincenot che sfiga sua è annegato nelle acque del rio Fitz Roy. Dico io la sfortuna, uno scala una montagna del genere dove le probabilità di lasciarci le piume non sono una fantasia e poi che fa… affoga in un rio. Questa è proprio iella!
Man mano che il tempo passa la gente comincia ad arrivare. Mmmhhh non sono molto mattinieri questi Argentini.
Nel pomeriggio riprendiamo la via del ritorno.
Dopo esserci ripuliti per benino usciamo per la cena. Visto che non abbiamo ancora camminato a sufficienza, usciamo a piedi e ci facciamo il giretto del paese.
Dopo aver ben ben guardato da fuori molti ristoranti ritorniamo nel medesimo locale della sera prima. Ci accomodiamo in un'altra parte del locale, ai muri sono appese vecchie fotografie di alpinisti che sono transitati per la città. Ci sono perfino delle foto di Maestri con i suoi compagni di quella infelice spedizione sul Cerro Torre datata 1959 in cui Egger perse la vita. Avrebbero dovuto essere i primi alpinisti a raggiungere la vetta ma purtroppo non ci sono prove ad avvalere tale tesi visto che la macchina fotografica è caduta assieme ad Egger ed è andata persa, così la sola testimonianza di Maestri non è stata ritenuta valida. Eh miiii... che diffidenza sti alpinisti! Fatto sta che l’argomento per anni fu oggetto di discussioni e ci credo! Nel 1970 Maestri, per porre fine alle chiacchiere una buona volta scalò il Cerro Torre aprendo quella che oggi è conosciuta come la via del compressore. Visto che la salita è una passeggiatina ha pensato bene di aprirsi una via utilizzando dei chiodi ad espansione che infilava (non sarà proprio il termine corretto ma rende l’idea) nelle pareti della montagna aiutandosi con un trapano alimentato da un compressore, da qui il nome ‘vai del compressore’. Oggettino di poco ingombro. Ma invece di togliere ogni dubbio sulle sue reali capacità di aver scalato la vetta ne è venuto fuori un putiferio; c’è infatti chi sostiene che arrivato quasi in cima non abbia comunque superato quella specie di fungo di ghiaccio che sovrasta la vetta. Se si osserva con un binocolo questo fungo lo si riesce a vedere, impressionante. Tanta fatica per niente, dico io, perché tanto ancora oggi la prima salita certa alla vetta del Cerro Torre è quella compiuta nel 1974 dalla sottoscritta, che allora aveva due anni, e dalla spedizione italiana di Ferrari! Non ci credete? Problemi vostri!
Pernottamento: Hosteria Lago Viedma – Ricardo Arbilla 71 – El Chalten – Te. (02962) 49389 – www.elchalten.com/lagoviedma - 120$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Giovedì 2 febbraio 2006 – Lago Torre (El Chalten)
Anche oggi partenza presto. La nostra destinazione di oggi è il lago Torre nei pressi del campo base De Agostini. Il sentiero da percorrere oggi è poco più corto di quello di ieri ma questa sera dobbiamo andare a El Calafate per cui dopo la camminata, ci aspettano ancora due ore buone di macchina per quella strada purgosa.
Partiamo presto per non dover poi correre nel pomeriggio. Contemporaneamente a noi si avvia un comitiva di ragazzi. Secondo Marco sono quelli che fanno un trekking su un ghiacciaio, di cui ne aveva visto la brochure, secondo me no. Trascurando il fatto che sono poco vestiti e solo alcuni hanno degli zainetti che se non sono le borse di Mary Poppins dubito che da questi possano uscire grosse giacche o maglie, restano comunque le loro scarpe. Ti pare che gente con le scarpe da tennis possa indossare un paio di ramponi? Non si sono mai viste le scarpe da tennis di tela ramponabili!
Comunque… staremo a vedere.
Anche oggi c’è una buona dose di vento, ma è normale per questa terra, per cui tanto vale abituarsi.
Il sentiero inizia dai prati sul lato occidentale del villaggio di El Chalten anche qui un cartello indicatore in legno che ne illustra il percorso. Il sentiero in moderata ascesa attraversa una serie di dossi erbosi ed entra del vallone bagnato dal Rio Fitz Roy, che scorre sulla sinistra piuttosto incassato. Raggiunto un colletto, si raggiunge quindi il primo belvedere sul Cerro Torre. Di tanto in tanto da qualche cespuglio spuntano delle lepri. Troppo simpatiche!
Il sentiero scende fino a avvicinarsi al rio che scorre in un’ampia piana alluvionale. Dopo circa 3-4 ore da El Chalten si raggiunge il Campo Base De Agostini che sorge in un bosco nei pressi della morena del Ghiacciaio Grande. Oltre la morena, prima del ghiacciano, giace il Lago Torre. Altro posto spettacolare. Il Cerro Torre (m 3102) si erge in fondo al ghiacciaio. Mi chiedo come si possa scalare una montagna del genere. Le sue pareti verticali mi sembrano ripidissime e inaccessibili.
Arrivati a destinazione ci cerchiamo un angolino riparato sulle sponde del lago e ci godiamo la vista del Cerro Torre e delle altre montagne. Intanto arriva anche la nostra comitiva e ahimè aveva ragione Marco. In fila indiana preceduti con un buon distacco da due guide procedono i nostri, ‘aspiranti alpinisti’, muniti di imbrago, che useranno per attraversare il fiume su un ponte tirolese. Visto che ci sfilano tutti davanti Marco, fissato per gli scarponi, passa in rassegna ogni singolo paio di scarpe e divertito commenta ciò che vede. Chiude in gruppo una guida che molto probabilmente intuisce l’origine del divertimento di Marco, lo guarda con fare ‘rassegnato’ e indicando il gruppo che ha davanti si mette a ridere. Già.. il mondo è bello perché è vario ma chissà quanto è ‘demoralizzante’ per una guida portare a spasso elementi del genere. E’ vero che il trekking che propongono è una cosa alla portata di chiunque ma proprio presentarsi con le scarpe da tennis e senza una giacca od un pile… insomma… un ghiacciaio è sempre un ghiacciaio anche se te lo fanno giusto vedere per un paio di minuti e ti fanno fare due passi sopra tanto per poter dire di aver camminato sul ghiacciaio.
Nel primo pomeriggio riprendiamo la lunga strada del ritorno, non so come mai ma i ritorni sono sempre più lunghi delle andate.
Rientrati in paese prendiamo la nostra macchina e ci mettiamo subito in marcia verso El Calafate che raggiungiamo verso sera. Aleando e Marta, della casa del Grillos, ci accolgono con molto calore come se fossimo parte della famiglia.
Pernottamento: Casa de Grillos - Pasaje Las Bandurrias s/n – El Calafate – 105$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Venerdì 3 febbraio 2006 – Lago Roca (El Calafate)
Questa mattina abbiamo un po’ di cose da fare in città, così ci svegliamo in tutta tranquillità e ci rechiamo con calma in centro per sbrigare un po’ di commissioni. Domani andiamo in ‘gita’ in Cile e dobbiamo cambiare i soldi argentini in soldi cileni per pagare l’ingresso del parco.
Andiamo quindi all’ufficio del cambio che ci hanno indicato e dopo una lunga coda scopriamo che non hanno soldi in questa valuta, così andiamo in banca, e anche qui dopo una lunga coda arriviamo davanti allo sportello e riusciamo a comperare l’equivalente in valuta cilena per pagare l’ingresso al parco. Così tra una coda e l’altra se ne è andata via buona parte della mattina.
Le code in Argentina sono uno spettacolo. Code interminabili, file e file di persone, in coda alla cassa nei supermercati, davanti ai bancomat. Tutti in coda tranquillamente senza nervosismi. Un approccio mooolto diverso dal nostro dove una coda è sinonimo di stress e se ti attardi un tantino quelli dietro si fanno sentire. Le cose più comiche al supermercato. Mettono la spesa sul banco della cassa, che non ha il tappeto scorrevole come le nostre, il cassiere con tutta calma prende pezzo per pezzo e lo passa sopra il lettore. Se poi il cliente ha dimenticato qualcosa, poco male… il cassiere rimane tranquillamente in attesa del cliente che intanto gironzola, con tutta calma, per il supermercato a prendere ciò che manca. Terminata la processione di pezzi davanti al lettore, con tutta calma il cassiere inizia ad imbustare la spesa, fortunatamente aiutato dal cliente. Sistemata la spesa si passa al conto. Il cassiere comunica l’ammontare e il cliente inizia a cercare i soldi. Tutto questo avviene con estrema calma senza il nervosismo di nessuno. Tutti aspettano tranquillamente il proprio turno e nessuno si lamenta, insomma un approccio meno stressato del nostro, anzi proprio per niente. L’ideale sarebbe un sistema intermedio: il nostro è troppo stressato e il loro troppo rilassato.
Vista l’approssimarsi dell’ora di pranzo andiamo a vedere la vicina riserva naturale Laguna Nimes che si trova infatti sulle sponde del lago Argentino. Come tutte le riserve forse è più interessante durante la stagione migratoria degli uccelli ma in ogni caso potrebbe essere interessante farci una visitina. L’ingresso costa 2$. Viene fornita una piccola cartina che il vento ci porta via quasi subito, ma la riserva non è molto grossa e il percorso è unico. Ci sono parecchi rapaci, paperotti di vario genere, ibis. Non siamo ancora riusciti a trovare un libro sugli uccelli di questa zona così per la nostra attività di bird-watching di oggi dobbiamo affidarci alle sole conoscenze ornitologiche di Marco.
Nel pomeriggio invece ci spostiamo nella zona del lago Roca. Percorriamo questa valle e questa strada lungo questo lago. La strada è sterrata e non c’è quasi nessuno. E’ una zona poco battuta dal turismo e a parte qualche estancia non si incontra null’altro. Prendiamo una strada che porta lungo il lago, ci sono due pescatori e una famiglia che gioca a pallone nel prato.
La vista sul lago e sulle montagne è molto bella, è un posto tranquillo dove concedersi un po’ di relax e fare merenda con la famiglia. Marco non sta troppo bene, gli sbalzi di temperatura gli hanno fatto venire un bel raffreddore, un pomeriggio in completo relax sulle rive del lago è proprio quello che ci vuole. In lontananza un gaucho, a cavallo, raccoglie alcune mucche sparse qua e la e le riporta indietro. Sembra così lontano il resto del mondo con la sua confusione, la sua gente, si sente solamente il sibilo del vento e il rumore dell’acqua del lago mossa dal vento.
Rientriamo per cena percorrendo una strada alternativa, tutta sterrata, che ci porta dritto in centro paese. L’intenzione non era proprio questa ma come già avevamo avuto modo di capire le cartine stradali non sono precisissime, sulla nostra è segnata una strada che non troviamo. Magari è ancora una pista e noi non l’abbiamo riconosciuta come strada o magari non c’è e basta.
In alternativa, se non avessimo dovuto perdere tutta la mattinata in banca si poteva fare l’escursione di un giorno al ghiacciaio Upsala, sarà per un’altra volta.
Per cena andiamo in una pizzeria (La Lechuza – 34$) dove assisto alla fantastica scena descritta all’inizio del mio racconto. La cena non è male. La pizza è servita su un tagliere di legno, molto caratteristico. Per scegliere il locale della cena, ce ne sono veramente tanti in centro, abbiamo ben ben consultato le nostre fedeli guide per poi scegliere un locale non citato sulle guide... eh eh
Pernottamento: Casa de Grillos - Pasaje Las Bandurrias s/n – El Calafate – 105$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Sabato 4 febbraio 2006 – P.N. Torre del Paine (Cile)
E’ ancora notte quando ci svegliamo. Vengono a prenderci alle 5 per l’escursione in Cile al parco Torres del Paine. All’interno di questo parco è presente il massiccio del Paine, un’insieme di montagne, picchi in granito che si ergono dalla steppa patagonica verso l’alto e dominano il paesaggio. Che dire… sono spettacolari.
Abbiamo un po’ da ridire sull’efficienza di questa metodologia per organizzare le escursioni, comunque… Marta, quando scendiamo a fare colazione, è già in piedi. Veramente una padrona di casa eccezionale. Alle 5 puntuale un'auto viene a prelevarci. Ci accompagnano presso un altro hotel, da qui parte un pulmino che facendo il giro della città carica tutti i partecipanti all’escursione. Così lasciamo El Calafate che sono quasi le 6. Non si faceva prima a dare l’appuntamento alle persone tutte da qualche parte così si evitava di perdere tempo inutile con questo servizio di taxi a domicilio? Ma i miei canoni di efficienza e organizzazione mi rendo conto poco si addicono ai ritmi e agli stili di vita sud-americani.
Il viaggio è piuttosto lungo, una sosta in un bar per la colazione e qualche bisognino, poi dritti fino alla frontiera. La strada inizialmente è asfaltata e il piccolo bus corre veloce, nonostante la pioggia, poi diventa sterrata ma il piccolo bus continua a correre veloce.
Arriviamo alla frontiera argentina, una casupola in mezzo al nulla, un freddo, piove e ovviamente c’è il vento. I doganieri lenti controllano i passaporti e timbrano le varie scartoffie. L’aspetto è esattamente quello dei posti di frontiera che si vedono nei vecchi film western, chissà se gli sceneggiatori si sono ispirati a posti del genere!
Un altro po’ di strada ed eccoci al confine con il Cile e qui un gran caos. Il doganiere è da solo, o meglio a svolgere le pratiche di entrate e uscita dal paese c’è una sola persona, perché effettivamente sono in due, uno che lavora e uno che guarda. Di gente che vuole oltrepassare il confine nei due sensi ce n’è proprio tanta, non ci resta che compilare i moduli per l’ingresso e metterci in fila. Dopo il controllo passaporti si passa al controllo sanitario. Non si può portare nel paese nessun tipo di alimento fresco, quale frutta, verdura, carne. Che dire, abbiamo passato la bellezza di tre ore per riuscire a passare tutti la dogana. A titolo di cronaca per passare con un mezzo proprio occorre fare un'ulteriore fila per il controllo dei documenti della macchina.
Finalmente siamo di nuovo tutti sul bus, un bus diverso perché quello su cui abbiamo viaggiato fino ad ora è rimasto aldilà del confine, un altro bus con la guida ci aspettava da questa parte.
La guida inizia subito a spiegare il tipo di tour che faremo, le tappe, le regole e informa i presenti che l’ingresso del parco va pagato in contanti ed in valuta cilena. Ed ecco subito qualche manina che si alza dicendo che non aveva i soldi in valuta cilena. Così ulteriore fermata al cambio con annessa arrabbiatura di alcuni dei presenti per questo ulteriore ritardo.
E finalmente si parte. La prima sosta è nei pressi dell’ingresso del parco. Mentre la guida si reca ad espletare tutte le formalità di ingresso noi gironzoliamo per il piazzale e facciamo qualche prima foto di questo massiccio del Torre del Paine. La giornata non è bella, non piove, ma le nuvole avvolgono le montagne. L’ambiente che abbiamo intorno è differente da quello argentino. E’ più verde, più rigoglioso. Le Ande infatti, fanno da sbarramento per le perturbazioni fermando quindi le stesse aldiquà delle montagne.
La guida fornisce un sacco di informazioni sul luogo, sulla gente, sulla vita in queste zone. Ci fermiamo in più punti a vedere le montagne, il paesaggio. In un parcheggio una volpe patagonica si lascia fotografare; lungo la strada miriade di guanachi. Molti di più di quelli che si vedono in Argentina, ma anche questo lo avevamo letto. Il parco nato nel 1959 aveva tra i suoi obiettivi principali la salvaguarda di questa ed altre specie animali dai cacciatori e bracconieri.
Andiamo a visitare la cascata del Salto Grande molto bella. Poi il lago Pehoe. Non è possibile recarsi al lago Grey perché, spiega la guida, ci sono dei problemi sulla strada o qualcosa del genere legata al transito del minibus. Bella fregatura perché all’agenzia ci avevano detto che si andava proprio lì ed era anche li che volevamo andare noi, sigh!
Infine riprendiamo la via del ritorno. Fortunatamente le frontiere sono meno affollate che all’andata così non perdiamo troppo tempo con le varie formalità e in breve tempo siamo di nuovo sul bus diretti ad El Calafate. Rientriamo in città che sono le 22 ma noi arriviamo al nostro B&B che sono quasi le 23 perchè grazie a questo servizio a domicilio gironzoliamo per la città lasciando chi davanti ad un hotel, chi ad un altro, fintanto che tocca noi. Ovviamente gli ultimi del bus!
Alla casa del Grillo Marta è ancora in piedi. Ci accoglie con la solita gentilezza e disponibilità e ci chiede della nostra giornata. Così davanti ad una bella tazza di mate le raccontiamo della lenta burocrazia cilena e del nostra gita in Cile che ci ha permesso di vedere, anche se in maniera molto furtiva, questo splendido paese che torneremo di certo a visitare con più attenzione e più tempo. Magari faremo anche il famosissimo trekking conosciuto con il nome di ‘W’, per la sua particolare forma. Chissà…
Pernottamento: Casa de Grillos - Pasaje Las Bandurrias s/n – El Calafate – 105$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Domenica 5 febbraio 2006 - Ushuaia
Il nostro aereo per Ushuaia parte a mezzogiorno, così niente sveglia presto e colazione in tutta calma. Ci attardiamo anche a chiacchierare con Aleandro prima di lasciare la casa del Grillo. Ci racconta un po’ della situazione del Paese, economica e politica, della situazione in generale del Sud America e della gente. Mi piace parlare con la gente del posto anche solo per capire come vivono, cosa pensano, chi sono.
Lasciata la casa del Grillo ci fermiamo in città per qualche acquisto e poi ci avviamo all’aeroporto. Facciamo il check-in e paghiamo le tasse aeroportuali (18$) e rimaniamo in attesa dell’addetto dell’Avis anche oggi in ritardo. Non abbiamo superato i chilometri previsti dal contratto quindi non dobbiamo pagare nessun extra. Sta per andarsene quando Marco mi chiama, intanto io ero andata a vedere dei tabelloni in aeroporto, per chiedermi se avevamo pagato già il noleggio quanto avevamo prenotato. Assolutamente no, così richiama l’addetto e glielo facciamo presente. Avremmo potuto fregarcene e andarcene ma non ci pareva corretto nei confronti di questo ragazzo, magari poi glieli scalavano dal suo stipendio. Saldiamo l’auto e ci salutiamo per la seconda volta, ovviamente, lui non fa che ringraziarci, forse gli avrebbero sul serio detratto la cifra dallo stipendio!
Il volo è tranquillo e arriviamo a Ushuaia nel pomeriggio. Il tempo non è un granchè, coperto e freddo ma non mi sembra che qui il tempo sia mai eccessivamente bello.
Ushuaia… ‘la città de la fin del mundo’, ti pareva che anche lei non aveva il suo appellativo, è posta sulle rive del canale di Beagle. Effettivamente è la città più meridionale del mondo ma non è il caso di ripeterlo in ogni dove. Ushuaia è stata in passato sia sede di prigioni penali argentine che importante base navale. E’ comunque un posto dotato di un fascino particolare.
Qui non abbiamo noleggiato nessuna auto, possiamo spostarci tranquillamente con i mezzi pubblici, c’è un servizio e un’organizzazione da far invidia a molti posti.
L’aeroporto si trova su una penisola ed è un tantino più grosso e affollato di quello di El Calafate. Il Nido del Condores dove alloggiamo, offre anche un servizio di trasporto dall’aeroporto fino alla struttura così troviamo un'auto pronta ad aspettarci.
Il Nido del Condores è un posto particolare, in legno con i pavimenti che scricchiolano, il riscaldamento acceso; veramente i proprietari indossano le maniche corte e tengono il riscaldamento acceso, non farebbero prima a spegnere il riscaldamento e a mettersi una maglia? Non sarebbe più economico?
Usciamo subito alla ricerca di un posto in cui fare merenda, per pranzo abbiamo mangiato un semplice snack. Troviamo una caffetteria niente male, e ci concediamo due cioccolate calde con altrettanti croissant che qui chiamano medialuna. Anche in Argentina, come in Italia, la cioccolata ha i suoi seguaci e i suoi estimatori.
Gironzoliamo per la città, alcuni negozi sono aperti, altri sono chiusi, in fin dei conti è anche domenica. Andiamo all’ufficio informazioni e recuperiamo l’orario dei diversi bus per le varie destinazioni, un po’ di informazioni varie e gli indirizzi delle agenzie che organizzano escursioni. Molte di queste sono chiuse ma la Rumbo Sur è aperta. Siamo particolarmente interessati a vedere i castori. L’escursione costa 70$ e comprende il viaggio di andata e ritorno con questo discutibile sistema del servizio a domicilio, la visita e un breve snack per la cena. Prenotiamo e ci indicano come ora di partenza le 19.00.
Ceniamo in un ristorante (Restaurant la Estancia) che fa la parrilla. Per 25$ a testa puoi mangiare tutto quello che vuoi. Il cuoco cucina la parrilla davanti ai clienti; gli agnelli sono appesi sul braciere in maniera molto coreografica e la carne abbrustolisce sulla griglia. Alle 8 il ristorante apre e noi puntali siamo lì. Ciascuno con il proprio piatto si va dal cuoco e si sceglie il pezzo che si vuole. Non siamo dei grandi mangioni così ci limitiamo ad assaggiare un pezzo per tipo, perfino un pezzo di una specie di mostardella. La carne è cotta alla perfezione, tenera e deliziosa. Dopo cena passeggiamo un po’ per la via animata da tanti turisti ma il freddo è piuttosto pungente.
Pernottamento: Nido de Condores - Gobernador Campos 783 – Ushuaia – tel (02901) 437.753 – nidodecondores@speedy.com.ar - 105$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Lunedì 6 febbraio 2006 – P.N. Tierra del Fuego (Ushuaia)
Anche oggi non è una splendida giornata. Non si capisce se pensa solamente di piovere o se ha veramente intenzione di farlo. Fatto sta che non fa affatto caldo per cui abbigliati per benino ci avviamo verso la fermata del bus. Mi aspettavo di vedere delle paline indicanti il nome della compagnia, la direzione ma all’angolo della strada non vedo nulla. Dall’altra parte della strada però notiamo una serie di piccoli bus fermi e un autista che ci fa segno con la mano. Attraversiamo e anche se non era ancora l’ora di partenza delle sua compagnia decide di partire lo stesso, così ci mettiamo subito in moto.
Il biglietto, di andata e ritorno (da operarsi quindi con la medesima compagnia) per il parco nazionale Terra del Fuoco costa 20$ e il viaggio dura una mezz’oretta. Si tratta del primo parco nazionale costiero istituito in Argentina. Il suo territorio è molto vasto e comprende non solo la costa, ricca di avifauna. Si possono avvistare condor, albatri, cormorani, gabbiani, starne, vari tipi di oche e anatre, oltre a mammiferi quali volpi e conigli. Noi abbiamo visto solo conigli (molti), cormorani, gabbiani, starne e qualche modello di oche e anatre.
Tornando al nostro viaggio in bus, c’è da dire che questo meccanismo di trasporti pubblici funziona molto bene. Ci sono diverse compagnie che effettuano servizio in questa zona partendo ciascuna ad un orario prestabilito, dal centro di Ushuaia per le varie località del parco nazionale. Così anche senza un'auto ci si può spostare tranquillamente senza grosse difficoltà.
Una breve sosta al gate del parco per pagare l’ingresso giornaliero (20$) ed eccoci arrivati a destinazione. Prendiamo subito la direzione del nostro sentiero, vogliamo arrivare sul Cerro Guanaco da cui si dice si goda di un ottima vista. Dubitiamo un po’ sulla qualità della vista considerato che il tempo è proprio brutto e le montagne sono avvolte dalle nebbie. Fa molto freddo, il vento è molto forte e a tratti piove. C’è pochissima gente in giro, ma in compenso ci sono tantissimi conigli, deduciamo che o le volpi non sono troppe o i conigli si riproducono più velocemente di quello che le volpi riescano a papparseli. Da ogni cespuglio si vede spuntare un paio di orecchie, correre un batuffoletto di pelo. Sono veramente adorabili.
Il sentiero inizialmente attraversa il bosco con alcuni tratti di ripida salita. Percorre una lunghezza di 8 km (solo andata). Man mano che aumenta la salita diventa più ripido e talvolta il terreno è scivoloso. Il vento è molto forte ma al riparo nel bosco si riesce a camminare abbastanza bene. Lo scricchiolare, un po’ sinistro, dei tronchi mossi dal vento ha un che di inquietante. Arrivati al limitare del bosco il vento è molto forte. Indossiamo guanti e cappello e proseguiamo ancora per un po’. Fa troppo freddo e il vento soffia molto forte, a tratti piove e alla fine, visto che le nebbie basse ci avrebbero comunque impedito la vista dalla sommità della montagna, decidiamo di lasciar perdere e riprendiamo la via del ritorno. Non mancava più molto ma io ho proprio troppo freddo per proseguire. Scendendo incontriamo una sola persona. Pranziamo sulle rive del lago Roca, seduti su un tronco rovesciato accompagnati dal sibilare del vento e dallo scricchiolare degli alberi. Non incontriamo altra gente. Originali sti Argentini nella scelta dei nomi. Questo è il secondo Lago Roca che vedo in meno di una settimana.
I bus per il ritorno partono vicino alla caffetteria che avrà sicuramente un nome ma sulla piantina non l’hanno scritto. Per il campeggio ogni tanto si vede qualche coniglio correre veloce nel prato, ce ne sono tantissimi e mi diverto a guardarli. Ci sono anche parecchi falchi o qualcosa del genere, che cercano le briciole lasciate dai turisti, uno ha per fino l’ardire di appollaiarsi alla finestra della caffetteria.
Ritornati in città facciamo una scappatina in cioccolateria a fare merenda e un giro per negozi. Siamo alla disperata ricerca di una guida sui mammiferi e sugli uccelli della Patagonia o del Sud America, dopo tanto girare finalmente una libreria ci consiglia il negozio che fa per noi. Infine rientriamo a casa in attesa dell’escursione serale ai castori. Anche qui vige l’efficentissimo metodo del servizio a domicilio e fortuna che siamo rientrati in anticipo perché l’orario che ci ha dato l’agenzia non era corretto. La tizia del bus è passata la bellezza di 40 minuti prima rispetto all’orario concordato, così abbiamo dovuto preparare l’occorrente e fiondarci fuori per non far aspettare tutti più del necessario.
Dopo aver caricato anche l’ultimo partecipante possiamo tranquillamente avviarci verso il rifugio ad una mezz’ora da Ushuaia in direzione di Tolhuin, sede dell’escursione, che per ovvi motivi, si terrà al crepuscolo. I castori infatti escono la sera per cui le probabilità di vederli sono maggiori. Il rifugio è una casupola in legno che ricorda uno chalet valdostano. Basta guardarsi intorno per vedere che, in questa zona, il castoro la fa da padrone. L’ambiente è proprio il suo, dighe, tronchi rovesciati e rosicchiati.
Prima di avviarci per il nostro breve tour nel suo ambiente chi non dispone di un paio di scarpe waterproof viene dotato di un paio di stivali di gomma. Io ho i miei scarponi, ci informiamo sul tipo di giro e il terreno, vorrà dire che ci toccherà di spazzolare gli scarponi ma preferisco le mie scarpe ad un paio di stivali di gomma. Una signora australiana, che non parla una parola di spagnolo, non capisce cosa stia accadendo, così, con il nostro povero inglese le spieghiamo la faccenda delle scarpe. Purtroppo gli organizzatori di quest’escursione non parlano inglese ma solo spagnolo, sarà un po’ dura per lei.
Il giro ci porta a vedere l’area circostante, colonizzata da una famiglia di castori. Si vedono i segni del suo passaggio, tronchi rosicchiati, dighe, tane abbandonate. Il ragazzo che funge da accompagnatore descrive la vita del castoro, le sue abitudini, il suo habitat. Il gruppo è molto vario, ci sono anche dei ragazzini, la signora australiana chiede un po’ a noi e un po’ ad un ragazzo messicano che parla bene l’inglese di tradurgli quanto viene detto dalla guida.
Infine arriviamo alla zona di attuale colonizzazione della famigliola di castori che conta in tutto cinque soggetti. Ed ecco che ogni tanto qualche elemento fa la sua comparsa. In tutto vediamo tre castori diversi. Nuotano, mangiano, spostano rami, sono in piena attività. Sono fantastici, e dopo tre viaggi in nord America dove non li abbiamo visti nemmeno da lontano è quasi il colmo riuscirci all’estremo opposto di questo continente. I castori, va detto, non sono una specie autoctona per questa zona. Qualche fenomeno li ha introdotti, portandoli dal nord America, e loro hanno trovato un ambiente favorevole e si sono adattati più che bene, forse troppo.
La sera è ormai arrivata da molto e prima che sia troppo buio riprendiamo la via del ritorno, appagati e felici di aver finalmente visto questo simpatico animaletto, in fondo questo è l’unico motivo per cui abbiamo deciso di partecipare a quest’escursione.
Rientrati al rifugio la tavola è pronta per la cena. Così, passiamo il resto della serata chiacchierando con la signora australiana e il ragazzo messicano; il resto degli ospiti fa un po’ vita a sè chiacchierando in spagnolo. Infine alle 22 il piccolo pulmino arriva per riportarci in città.
Pernottamento: Nido de Condores - Gobernador Campos 783 – Ushuaia – tel (02901) 437.753 – nidodecondores@speedy.com.ar - 105$ (doppia con bagno in camera – B&B)

Il proseguimento del resoconto di viaggio sarà disponibile prossimamente, sempre sulle pagine virtuali di Ci Sono Stato!Abbiamo anche avuto il ‘piacere’ di sperimentare la guida in Argentina. Beh, abbiamo avuto modo di verificare che il codice stradale gli argentini lo usano solo per tenere in piano le gambe del tavolo perché ci pare proprio che nessuno si sia preso la briga di andare oltre alla lettura dell’indice.
Auto che sorpassano macchine ferme in centro strada per svoltare a sinistra, uso di frecce solo quando si ricordano, gente che mette fuori il braccino per segnalare una svolta, limiti di velocità ignorati, per non parlare degli incroci dove la logica non è di casa, non si può dire che passi chi ha la precedenza e nemmeno il più grosso, passa il più furbo e il più veloce, per gli altri non resta che aspettare e sperare di riuscire ad infilarsi. Non parliamo poi per i pedoni… non è salutare attraversare senza prima aver scrupolosamente verificato la reale possibilità di arrivare dall’altra parte della strada. Alle nonnine che in Italia si ostinano a camminare sempre dal lato della strada privo del marciapiede, quando dall’altra parte il comune ne ha costruito uno con tutti i crismi che quasi ci passa un automobile, consiglio vivamente di provare la stessa esperienza in Argentina.
In città, le strade sono quasi tutte a senso unico. Essendo la piantina a scacchiera questo favorisce questo uso massiccio di sensi unici. Per sapere se una strada è a senso unico, poiché non sono segnalati come i nostri, oltre alla già collaudata tecnica del vedere ‘in che direzione sono parcheggiate le auto’ è sufficiente guardare, ai lati della strada, il cartello con l’indicazione del nome della via. Sotto sono riportate due frecce (nei due sensi) se la strada è a doppio senso, altrimenti è riportata la freccia nella direzione di marcia della strada. I numeri presenti stanno ad indicare la numerazione civica delle case. E non c’è da spaventarsi per il loro ‘alto’ numero, la prima parte della numerazione ne indica l’isolato.
Chiedere indicazioni poi è un vero spasso. Non è che si capisce mai bene dove ti vogliano mandare, fatto sta che se chiedi l’ubicazione di un albergo ti sentirai rispondere ‘3 isolati dal centro’ indicazione precisa se fosse comprensiva della direzione in cui bisogna andare!

8 commenti in “Hola Patagonia! – Parte prima
  1. Avatar commento
    Lo Staff
    26/08/2008 08:23

    Scusa Anna, hai ragione. Siamo noi che abbiamo fatto confusione: abbiamo equivocato con Danibi, che anch'essa ha scritto un diario sull'Argentina. Riguardo al tuo recapito e-mail, già da tempo abbiamo disattivato il link dai diari di viaggio per un fatto di privacy: parecchi nostri autori erano infatti stati presi di mira da un pressante spamming. Adesso cliccando sull'icona a forma di busta tutti i lettori sono smistati su questo spazio. Quindi se vuoi essere contattata, devi mettere qui il tuo indirizzo e-mail. Grazie. Un caro saluto. Leandro

  2. Avatar commento
    Anna
    26/08/2008 08:12

    Mi sa che avete sbagliato o persona o dario. Il diario a cui è stato messo il commento è il mio ma non mi chiamo Daniela ma Anna e purtroppo sono già rientrata dalle ferie! Sigh! Comunque per rispondere a Silvia, dovendo per forza togliere qualcosa eliminerei la Terra del Fuoco. Se hai altre domande puoi tranquillamente scrivermi una mail.

  3. Avatar commento
    Lo Staff
    25/08/2008 20:49

    Per Silvia. Daniela, l'autrice del viaggio, è in viaggio all'estero, quindi non potrà leggere la tua richiesta fino a metà settembre.

  4. Avatar commento
    silvia
    25/08/2008 19:41

    ciao.stiamo organizzando un viaggio ma il tempo è tiranno. di tutto quello che hai visto, se costretta, cosa elimineresti? grazie

  5. Avatar commento
    anna_mrcs
    26/09/2007 08:38

    I prezzi del racconto sono in Pesos argentini. Così come scritto ad inizio del racconto.

  6. Avatar commento
    cenerentola
    25/09/2007 22:57

    Ciao.Avrei bisogno di un'informazione. Il 16 novembre partirò per Buenos Aires. Arriverò alle 20.45 all'aeroporto Ezeiza e alle 6.00 ho l'aereo per Ushuaia dall'aeroporto Aeroparque. Volevo tre informazioni: 1) A che ora chiudono gli uffici di cambio all'aeroporto Eziza? 2) fino a che ora partono i pullman da Eziza per l'Aeroparque? 3) è preferibile partire con i dollari o con gli euro? grazie a tutti.

  7. Avatar commento
    axubcvyh vpqy
    20/08/2007 14:52

    nhcbl qtnwdigfu kvyjw opudr qdrecow hlmkdtjvg edyxfu

  8. Avatar commento
    Viajero
    17/12/2006 09:40

    Ma i prezzi che hai elencato aver pagato, sono in dollari? Perchè se è cosi ti hanno davvero fregato alla grande!

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