Good bye Namibia - parte seconda

Immergiamoci nella natura africana che tutti abbiamo sognato!

E' il proseguimento del resoconto "Good bye Namibia - parte prima" già pubblicato su questo stesso sito, con la parte conclusiva del viaggio.22 luglio 2003
Oggi ci aspetta una bella scarpinata. Abbiamo deciso di percorrere il Waterkloof Trail, un giro ad anello di 17 chilometri sulle Naukluft Mountain.
Partiamo subito dopo colazione con gli zaini pronti per la camminata. Arriviamo alla sede del parco e andiamo subito a comperare il permesso. Il tizio è un po’ perplesso alla notizia che percorreremo il Waterkloof Trail e non fa altro che ripeterci che sono 17 km e che ci vogliono 6/7 ore. Gli diciamo che sappiamo quello che stiamo facendo e, visto che sulla nostra cartina è indicato solo la quota del punto più alto toccato dal sentiero gli chiediamo la quota in cui si trova la partenza del sentiero! Oh, ancora meglio di quello che pensavamo, il dislivello non è granché (circa 500 metri). Detto questo ci avviamo a percorrere questo sentiero. Gran parte del giro attraversa fiumi in secca, ed è un po’ una rottura, non si fa altro che attraversare a destra per poi tornare a sinistra, e così via, avanti e indietro sul fiume a seconda di come curva. Il sentiero in generale è ben segnato anche se vi sono alcuni punti dove le tracce non si vedono benissimo e abbiamo dovuto faticare un po’ per trovarle. Anche loro però, segnarle con dei piedi di colore giallo! Non potevano usare un colore un po’ più visibile!
Lentamente il sentiero prende quota. Anche l’ultimo pezzo, definito come una ripida salita dalla guida, sale ma definirla una ripida salita ci sembra eccessivo. Deduciamo quindi che colui che ha scritto la guida non ha mai camminato molto in montagna, altrimenti saprebbe cos’è una ripida salita. Comunque arriviamo per pranzo sul punto più in alto dove incontriamo altre 4 persone, le uniche che vedremo per tutto il giorno. Da questo punto si gode una bella vista su tutte le montagne circostanti.
Discendiamo rapidamente per camminare nuovamente nel letto del fiume, sempre in secca. Ovviamente Marco, dopo aver seguito fedelmente il sentiero per quasi tutta la giornata, decide, verso la fine, che è il caso di operare una scorciatoia. Brontolo ma lo seguo e… questa volta avevo ragione io, ci tocca di tornare indietro. Comunque dopo 5 ore e 40 di cammino, soddisfatti di averci messo meno del tempo riportato su guide e cartine, giungiamo finalmente alla macchina. I piedi sono un po’ doloranti per via di tutti i sassi su cui abbiamo dovuto camminare, ma il giro nel complesso è stato piacevole, abbiamo visto la natura presente su queste montagne, non abbiamo però visto nessun animale a parte qualche uccellino e piccolo mammifero.

23 luglio
Dopo colazione ci mettiamo subito in macchina diretti a Walvis Bay, attraversiamo uno strano paesaggio lunare e giungiamo nuovamente in una zona di sola sabbia.
Lo spettacolo dei fenicotteri nella baia di Walvis Bay è veramente impressionante. Ci sono tantissimi uccelli rosa che contarli non è nemmeno possibile. La giornata è molto ventilata, facciamo due passi sulla baia molto velocemente perché l’aria è proprio pungente.
Dopo pranzo ci spostiamo a Swakopmund, dove pernotteremo per due notti. Arrivati in città, tiriamo fuori tutte le nostre cartine del centro alla ricerca della strada in cui è ubicata la nostra guest-house. Ho subito qualche difficoltà a trovare i nomi segnalati sulla nostra cartina. Siamo in centro, eppure i nomi non coincidono. Marco mi accusa ingiustamente di non saper leggere la cartina! Scopriremo in seguito, che a causa di un cambiamento dell’amministrazione comunale (da una di origine tedesca a una di origine indigena (di colore) i nomi delle strade nella via principale sono stati cambiati in modo da avere una topomastica, per così dire, più africana. Comunque all’ufficio informazioni vendono, per un dollaro, una fotocopia del centro della città con la corretta topomastica. Mentre la cartina con i nomi errati te la danno gratis, eh eh eh…
Beh, ma la topomastica di Swakopmud non è stato il nostro unico problema per scovare la nostra guest-house. Eh già, erano in corso, proprio nella zona in cui dovevamo recarci noi, diversi lavori di pavimentazione della strada, costruzione di rotonde (sono arrivate anche li!), etc. per cui la strada per raggiungere la guest house si è un po’ complicata.
L’Intermezzo Guest House è una villa su due piani con tantissime vetrate, poco lontano dal mare, in una zona residenziale. La nostra camera è molto bella, Marco la definisce “di gran classe”.
Completiamo la giornata con un giro per Swakopmund e con un po’ di shopping. Facciamo anche una scappatina presso gli uffici dell’AfricanDesk per conoscere Elizabeth, la persona che ci ha aiutato nella prenotazione dei pernottamenti e per chiarire il malinteso di Ai-Ais. Impresa non facile perché l’ufficio non è dotato di un’insegna e noi non riusciamo a trovarlo. Elizabeth, che fino ad ora avevamo contattato solo via mail, è molto gentile così ne approfittiamo per chiedere qualche informazione sul posto e per farci confermare i voli per il ritorno. Per chiarire il malinteso di Ai-Ais, Elizabeth, che è sicura di avere versato l’importo complessivo dei pernottamenti, deve chiamare il ministero, ma vista l’ora, rimanda il tutto al giorno dopo.
Per cena, decidiamo di mangiare la pizza! Non ci aspettiamo una vera pizza all’italiana, in fondo siamo all’estero! Ma la pizza che abbiamo gustato era molto buona e possiamo definirla molto simile alle nostre, forse un po’ più croccante delle nostre.
Di ritorno dalla cena, la spia dell’olio del motore si accende. Parcheggiamo sotto un bel lampione, visto che la luce è scarsa e iniziamo la nostra nuova attività di meccanici. Verificato il livello dell’olio al minimo notiamo anche che la batteria se ne sta “andando a spasso”, nel vero senso della parola per il motore. Sicuramente l’originale era stata sostituita da questa che non era delle stesse dimensioni. Le sollecitazioni a cui è sottoposta l’auto hanno fatto si che le viti delle asticelle che la imprigionano si allentassero per cui adesso ci troviamo con una batteria che ‘passeggia’ nella sua sede. Cerchiamo fra gli attrezzi, ma come volevasi dimostrare, ci sono tutti (pochi) i cacciaviti possibili e immaginabili ad eccezione di quelli che servono a noi. Alla fine con l’aiuto di un cucchiaio e una pinza avvitiamo le viti e assicuriamo la batteria al resto della macchina. Se non altro, non dovremmo perderla per strada!

24 luglio
Durante la notte la temperatura è scesa parecchio perché nonostante il piumone, abbiamo avuto freddo. Mi alzo, tiro le tende alle finestre per far entrare il sole e sorpresa delle sorprese: c’è la nebbia! Sembra di essere da noi a novembre, con questa nebbiolina bassa, tutto grigio e triste, per terra è tutto bagnato, tant’è che ipotizzo, erroneamente, che durante la notte abbia piovuto.
A colazione, chiediamo spiegazione alla signora della guest house su questo strano tempo. Tutto normale, ci spiega, si tratta delle correnti calde provenienti dal deserto che incontrano le correnti fredde provenienti dall’oceano e generano questa nebbiolina. Ci spiega che questo risveglio li accompagna molto spesso e che basta spostarsi una decina di chilometri nell’entroterra per riavere il cielo azzurro con il sole splendente; ci spiega anche che la pioggia a Swakopmund è piuttosto rara.
Il buffet per la colazione è veramente molto ricco sia per quanto riguarda il dolce che il salato, finalmente troviamo qualcosa che assomiglia a un plum-cake e a dei biscotti, veramente un’ottima colazione.
Prima di iniziare il programma della giornata che prevede di percorrere, in mattinata, la Welwitschia Drive e di andare a vedere le otarie nel pomeriggio, passiamo da un distributore per aggiungere dell’olio al motore e ci facciamo rilasciare la ricevuta di quanto abbiamo speso. Rimaniamo colpiti dal fatto che costi nulla la confronto di quello che costa in Italia.
Come preannunciato dalla signora del guest house, dopo un po’ che viaggiamo in direzione est la nebbia si dissolve facendo spazio al solito cielo azzurro privo di qualsiasi nuvola. Percorriamo la Welwitschia Drive quasi in solitudine, visto che non incontriamo nessuno. Lungo questo percorso è possibile ammirare panorami lunari, un dicco di dolerite, l’oasi di Goanikontes, dei rottami appartenenti a qualche vecchio esercito e finalmente le welwitschia mirabilis, queste strane piante desertiche.
Nel pomeriggio ci rechiamo a Cape Cross per vedere la colonia di otarie. E’ impossibile immaginare il numero di otarie presenti sulla costa e quelle che ancora si vedono in mare, tutto dove si guarda si vedono tantissimi animali. Fanno un sacco di rumore per non parlare del piacevole profumo che ti assale appena scendi dalla macchina! Una puzza!
Come tutti, ci facciamo coraggio e ci avviciniamo agli animali. Ce ne sono talmente tante che alcune dormono sopra alle compagne, altre per sposarsi calpestano le altre. Ci sono mamme che allattano piccoli, maschi che litigano, insomma una gran confusione, ma è veramente uno spettacolo impressionante vedere tutti questi animali insieme. Ora capisco come mai i pescatori della zona si lamentano che le otarie gli fanno fuori tutto il pesce!
Passeggiamo un po’ nei dintorni e scorgiamo due sciacalli che si aggirano indisturbati vicino alle otarie. Gli sciacalli sono, infatti, dei predatori di otarie, nella zona è possibile osservare resti di otarie predate: pelle, ossa e crani appartenenti sicuramente ad animali giovani.
Rientriamo a Swakopmund nel tardo pomeriggio, passiamo da Elizabeth per scoprire che l’errore è del ministero pertanto ci restituiscono i soldi che abbiamo versato. In attesa che arrivi l’ora di cena ci concediamo, nonostante l’aria frizzante, una passeggiatina sulla spiaggia al tramonto, riusciamo anche a fare una di quelle belle foto da cartolina.

25 luglio
Siamo appassionati di montagna per cui una visita allo Spitzkuppe, detto Cervino d’Africa, è di rigore. La nostra intenzione è di raggiungerne la cima.
Strada facendo, visto in lontananza è una montagna di tutto rispetto, un cumulo di pietra che spicca dal piano sottostante. Effettivamente, con quella sua punta, ricorda il Cervino. Ovviamente l’immensità del Cervino è tutta un’altra cosa. Paghiamo il biglietto di ingresso e ci avviamo per andare a vedere la montagna da vicino. Non abbiamo una cartina dettagliata delle piste intorno alla montagna e sul posto non vi sono cartelli che indichino le direzioni, per cui la scegliamo per così dire ad occhio. Procediamo molto lentamente perché la strada è veramente molto brutta, sembra che sia transitata un convoglio di mezzi cingolati.
Procediamo piano ed ad un certo punto la nostra macchina sembra avere dei problemi a muoversi. Ci fermiamo e... sorpresina, abbiamo una ruota a terra. Marco non si scompone più di tanto, io invece mi secco non poco. Accidenti, è vero che capita molto spesso, ma uffah... non ci voleva. Per farla breve sostituiamo la ruota, purtroppo quella danneggiata è proprio fuori uso, non possiamo nemmeno farla riparare, non è semplicemente bucata ma il copertone è proprio rotto.
Risaliamo in macchina un po’ preoccupati di non fare il bis, visto che avevamo una sola ruota di scorta e continuiamo a fare il nostro giro intorno allo Spitzkuppe. Considerata l’ansia che ci procurava l’avere una sola ruota decidiamo che la vetta dello Spitzkuppe resti dov’è mentre noi ce ne andiamo a cercare una nuova ruota di scorta.
Ci dirigiamo così a Usakos. Troviamo un negozio di gomme usate e pensiamo che se la fortuna fosse dalla nostra avremmo risolto il tutto in fretta e magari saremo potuti tornare dallo Spitzkuppe. E invece ciccia! La proprietaria ci spiega che non ha nessuna ruota adatta alla nostra macchina, ma gentilmente si offre di telefonare ai suoi colleghi nelle vicinanze (si fa per dire) e di trovarcene una. Così ce ne andiamo con un bigliettino con il nome di un auto concessionario del paese vicino (Karibib).
Per farla breve, prima di pranzo risolviamo il problema della ruota di scorta. Ci facciamo rilasciare la ricevuta perché avendo stipulato un’assicurazione aggiuntiva sulle ruote e sui vetri ci aspettiamo che la ditta di noleggio ci restituisca i soldi anticipati! In ogni caso il programma della giornata è un po’ sfumato. Ci dirigiamo quindi in direzione di Omaruru, dove diamo un’occhiatina al massiccio delle montagne Erongo e poi ci dirigiamo verso Uis dove pernotteremo.
Uis ci appare subito per quello che è, un paese che forse ha avuto un momento di gloria (forse) ma che adesso sta lentamente decadendo. Cosi è il paese e la struttura in cui soggiorniamo, il Brandberg Rest Camp. Non abbiamo capito se per un problema di disponibilità o di lavori stradali (la strada è tutta un cantiere) l’acqua è razionata, viene erogata solo in alcune ore. Abbiamo a disposizione un mini appartamento, cucina, salotto, due camere e due bagni. Scegliamo una delle due camere. Nonostante tutta quest’ampia scelta, i letti sono un po’ troppo molli e il mio scricchiola pure. E pensare che abbiamo scelto la stanza migliore!
Il posto non è un granché, ma non lo è nemmeno il resto che ci circonda. Per cena, abbiamo a disposizione una cucina ma non ci sono le stoviglie, per cui ci rechiamo al ristorante del Rest Camp. Al bar c’è parecchia gente, ma di turisti ci siamo solo noi. Decidiamo di cenare fuori nel dehors, non che faccia caldo, ma dentro, con tutta la gente che staziona al bar sembra di essere in una ciminiera. Noi non amiamo il fumo, tanto meno mentre mangiamo. Ci accomodiamo fuori, fortunatamente la serata è fresca ma non fredda. Fuori ci sono altre persone che bevono sedute ad un tavolo vicino alla piscina vuota, uno di questi indubbiamente ha già fatto il pieno per benino. Insomma, non so se sia solo una sensazione ma a me sembra che questo posto stia andando alla malora.
Il menù è molto vario, T-bone con insalata o T-bone con insalata. Mah... quasi che mangerei una T-bone. Ordiniamo precisando che le bistecche devono essere ben cotte e aspettiamo. I tempi di attesa sono sempre molto lunghi. E meno male che ci siamo solo noi, se il locale fosse stato pieno chissà quanti giorni ci avremmo messo per cenare. Finalmente veniamo serviti. Ci portano due enormi bisteccone (non troppo cotte) ricoperte di salsa con patatine ed insalata. Beh, l’aspetto non è male, dobbiamo solo scoprire di che salsa si tratti e purtroppo, con mia immensa gioia, scopro che sia la salsa della bistecca che l’insalata contengono una quantità industriale di aglio. Sicuramente nel raggio di chilometri non ci sono vampiri!

26 luglio
Vista la cena precedente, per la colazione siamo piuttosto preoccupati. Lasciamo la nostra camera e ci avviamo verso la sala per la colazione. Deserto, altro che Kolmanskoop città fantasma, questa sì che è una vera città fantasma. Troviamo la sala e rimaniamo stupiti. Non c’è nessuno, nemmeno il personale, ma noi ci accomodiamo lo stesso. Non so cosa ci aspettavamo ma quello che vediamo supera le nostre aspettative. Un buffet, solo per noi due, non ci sono altri ospiti, con tutto il necessario. Beh, la colazione è stata nella media.
Partiamo quindi in direzione del Brandberg. Vogliamo vedere questo massiccio, anche se non proprio da vicino, e la famosa pittura rupestre della White Lady.
Arriviamo all’ingresso del Brandberg e ci viene assegnata una guida. Qualcuno sostiene che si possa effettuare il giro anche da soli. La cifra richiesta è veramente piccola e considerato lo stato di povertà di alcuni villaggi presenti nella zona ci sembra corretto ‘dare’ del lavoro a queste persone. Tanto più che raggiungere le pitture rupestri non è cosa facile se non sai dove cercarle. Detto questo ci incamminiamo al seguito della nostra guida. Cammina molto in fretta, ma riusciamo comunque a stargli dietro. Riusciamo perfino a raggiungere il gruppo che abbiamo davanti.
La gita dura poco più di due ore, prevede la visita alle pitture rupestri della White Lady e ad altri tre siti. Si tratta di una passeggiata piacevole in questa valle del Brandberg. Il Brandberg è infatti visibile sul fondo del vallone. La guida è molto preparata e competente, non solo sulle pitture, ma anche sull’ambiente circostante. Ci fa osservare anche vari tipi di lucertole di diverse colorazioni. Incontriamo altri gruppi ma in generale non c’è molta gente. Eh eh, quando si cammina la gente si riduce, è proprio vero che la massa va solo dove ti porta la macchina!
Terminato il nostro piacevole giro ci viene richiesto se potevamo dare un passaggio ad un ragazzo che doveva tornare alla sua fattoria. Il nostro mezzo ha solo due posti ma l’autostoppista si accontenta di viaggiare nel cassone. Così partiamo in direzione di Khorixas, dopo una trentina di chilometri il nostro ospite ci chiede di fermarsi: è giunto a destinazione. Mah.. nel bel mezzo del nulla scende e si incammina a piedi nella savana. La sua fattoria sarà sicuramente in quella direzione, come faccia ad orientarsi visto che è tutto uguale e soprattutto, dove sarà, visto che all’orizzonte noi non vediamo nulla.
Proseguiamo il nostro viaggio e andiamo a visitare la Burnt Mountain e le Organ Pipes… sinceramente non è che ne valga la pena. Tanto quanto per le Organ Pipes (è del basalto che nel tempo ha assunto questa particolare forma a canne d’organo) ma per la Burnt Mountain, si tratta di una montagnola la cui parete è completamente bruciata, nera. Infine dopo la visita alla Foresta Pietrificata (è impressionante come questi tronchi siano diventati roccia) e ci dirigiamo ad Outjo dove pernotteremo all’Etosha Garten Hotel.
Abbiamo letto sulla guida che questo hotel ha anche il miglior ristorante della città (date le dimensioni delle città non è poi mica difficile esser il migliore della città!), per cui, visto che oggi è anche il mio onomastico decidiamo di regalarci una bella cenetta in questo posto. Ci sistemiamo nella nostra camera, molto bella e molto caratteristica, e ci prepariamo per la nostra cenetta che è proprio di ottima qualità. Assaggiamo quindi i famosi involtini di zebra e una bistecca di kudu, e visto che il cuoco è di origine austriaca, completiamo la cena con due belle fette di AppleStrudel.

27luglio
Ci svegliamo presto e dopo una bella colazione subito in macchina verso l’Etosha. Ci aspetta una bellissima giornata all’interno del parco. I chilometri da percorrere non sono molti e fino al parco sono di strada asfaltata. E’ una bella giornata di sole calda e ad un certo punto l’aria condizionata smette improvvisamente di funzionare. Beh, proprio non ci voleva, con il caldo che fa e con le strade piene di polvere viaggiare con i vetri abbassati non è di certo la soluzione migliore.
Ad un certo punto un rumore molto forte proveniente dal motore della nostra macchina ci costringe a fermarci immediatamente. Apriamo il cofano… ohi ohi, due cinghie se ne stanno lì belle belle a spasso per il motore. Preciso che io di motori non ne capisco proprio niente. Fatto sta che il nostro bollettino di guerra riporta una cinghia più piccola uscita dalla sede ma intera e una più grande tutta in pezzi! Ed è soprattutto questa la causa della nostra disperazione, potrebbe trattarsi di qualche cinghia fondamentale come quella della ventola o del motore.
Dopo un attimo di panico non ci resta che decidere il da farsi. Cosa fare? Oltre tutto è domenica! Fantastico! Vediamo una macchina arrivare all’orizzonte e decidiamo di fermarla. Visto che di macchine non è che ne transitino troppe non è il caso di sprecare queste occasioni. Per nostra fortuna l’auto si ferma. Si tratta di un pullmino con due famiglie di turisti est-Europei che ne capiscono qualcosa di motori. Insomma, il verdetto è questo, la prima cinghia la più piccola, quella ancora intera, è dell’aria condizionata. Pazienza, ne faremo a meno. Mentre la seconda è del servosterzo (idroguida) e forse riguarda anche la ventola. E qui sono cavoli… senza la ventola non andiamo lontano.
Visto che l’ingresso del parco non è lontano ci consigliano di proseguire fino al parco piano piano e di fermarci ad ogni accenno di surriscaldamento della macchina. Va beh… se non altro arriviamo a destinazione e poi vedremo di contattare la ditta di noleggio e di ottenere in breve tempo (un’utopia) un’altra macchina. Così ripartiamo. E sorpresa delle sorprese, la ventola del motore gira. Ci fermiamo, controlliamo il tutto a motore acceso. Già già… la cinghia riguarda solo il servosterzo!!!
Raggiungiamo così l’ingresso del parco. Alla fine, consultato il manuale delle istruzioni dell’auto per avere conferma che la cinghia rotta non coinvolga anche altre parti fondamentali, e considerato che alla fine del viaggio manca meno di una settimana, decidiamo di tenerci l’auto così com’è, è un po’ più dura nel fare manovra, ma tanto guida Marco! Valutando infatti i tempi per la gestione della sostituzione dell’auto da parte della ditta noleggiatrice, decidiamo che è più veloce tenerci la macchina così com’è.
Così ha inizio il nostro primo giorno di safari all’Etosha. Espletate le formalità al cancello entriamo nel mitico parco. E subito un’antilope che pascola vicino alla strada. Ed ecco fatto una bella foto! Tiro subito fuori l’opuscolo che avevamo comperato sul parco con la cartina delle strade interne al parco e l’ubicazione delle pozze e via pronti per il safari! Dopo anni di SuperQuark finalmente anche noi vedremo questi animali della savana dal vivo esattamente nel loro ambiente naturale! Qualcosa di indescrivibile!
Iniziamo a vedere qualche zebra. Subito le fotografiamo… Ci perseguita un po’ la fretta. Nel timore di non avere altre occasioni fotografiamo appena possiamo. Continuiamo a vedere qualche zebra, e ancora e ancora… In breve ci troviamo circonda da tantissime zebre. Marco tenta di contarle ma sono troppe, a destra a sinistra, sulla strada si vedono solo zebre. Ci guardiamo, troppo bello! Non è facile descrivere la vista e le emozioni nel vedere così tanti animali nel loro ambiente!
Proseguiamo per la strada piano piano, le zebre non è che danno molto peso alla nostra presenza. Se proprio devono si spostano dalla strada ma con molta calma. Dicevo, procediamo lentamente assaporando ogni attimo di questi incontri ravvicinati con questi animali a noi tanto lontani e arriviamo finalmente alla pozza! Sembra di essere al mercato. Non per le persone, di quelle fortunatamente ce ne sono poche e tutte raccolte su pochi automezzi (il regolamento del parco vieta severamente di scendere dall’auto). Ma per gli animali, zebre, orici, antilopi, impala e perfino uno sciacallo. Quanti animali, non me l’aspettavo.
E questo è stato solo l’inizio. Sono stati tre giorni così. Beh, ci sono stati chilometri e pozze in cui non c’era anima viva, ma ci sono stati momenti e pozze in cui c’era solo l’imbarazzo della scelta. Gli elefanti, questi grandi pachidermi. Gli elefantini sono molto buffi. Ma tutti i cuccioli fanno tenerezza! Le giraffe poi, si vedono in lontananza, con il loro collo che esce dalle piante. Se vogliamo parlare di collo anche gli struzzi stanno bene. Con quell’ammasso di piume che ne fa un enorme sedere su due zampe. E non solo mammiferi ma anche tanti uccelli. Insomma... all’Etosha abbiamo visto di tutto di più!
Inutile descrivere ogni singolo animale. Le innumerevoli foto che abbiamo fatto serviranno nel tempo a farci ricordare la bellezza della natura, di questi animali e quanto sia stato bello ed emozionante fare questo safari. E ancora una volta ci siamo resi conto di quanto la natura possa essere meravigliosa. Lo sguardo di un’antilope (sono i miei preferiti), i suoi occhioni che ti guardano mentre la fotografi. Chissà a cosa starà pensando! Sono ricordi che porteremo con noi!
Ah, una cosa curiosa… al negozio del campo incontriamo nuovamente la nostra famiglia. Com’è piccolo il mondo, anche loro qua. Chissà dove sono stati questi giorni in cui non ci siamo incontrati!

28-29 luglio
Il nostro secondo e terzo giorno di safari nell’Etosha si rivela all’altezza del primo. Sono molti gli animali che riusciamo a vedere e ad osservare. Giriamo tutto il giorno fino alla chiusura dei cancelli. Inutile elencare specie o altro. I felini non sono stati molto collaborativi e a parte una leonessa accucciata dietro un cespuglio ad osservare un branco di antilopi (magari sceglieva la colazione) non ne abbiamo visti altri. La prima e la seconda notte la trascorriamo ancora ad Okaukuejo mentre la terza a Namutoni. Sono due campi molto belli. Nella pozza di Okaukuejo abbiamo modo di ammirare, entrambe le sere, i rinoceronti. Il penultimo giorno riusciamo anche a scorgere il serpentario (secretary-bird) e con un po’ di pazienza anche a fotografarlo. Veramente un uccello con un portamento molto elegante.
Davanti alla camera di Namutoni ci sono un sacco di manguste che passeggiano nel prato, sono divertenti e simpatiche, un po’ meno quando le vediamo arrampicarsi all’interno del motore delle auto. Speriamo che non decidano di rosicchiare qualche filo, ci mancherebbe solo più questo.

30 luglio
Prima di incamminarci e di lasciare il parco dell’Etosha percorriamo per l’ultima volta la Dik-Dik Drive e questa volta riusciamo a vedere i dik dik, eh ma sono proprio piccoli!
Lasciamo così l’Etosha con un bottino di animali avvistati di tutto rispetto, peccato per il leoni ma per il resto siamo molto soddisfatti!
La nostra prima meta è Otjiwarongo, dove vogliamo visitare il centro di allevamento dei coccodrilli. La visita è interessante, ci siamo noi e una coppia di spagnoli. Il proprietario fa da guida e ci racconta qualcosa sull’allevamento di questi grandi rettili. Gli esemplari grossi sono tenuti in un recinto esterno e sono tutti appisolati al sole. Sono mostruosamente grandi e i loro denti affilati. In un locale chiuso, riscaldato, ci sono i cuccioli di coccodrillo, che non possono essere tenuti all’esterno perché le temperature invernali non sono loro adatte. Ci sono tantissimi lucertoloni dai 30 ai 40 centimetri. Gli spagnoli sembrano molto entusiasti, a me, detto in verità, sarà che non ho molto feeling e simpatia per i rettili, ma di definirli proprio ‘very nice’ mi sembra un po’ eccessivo. Sono dei super lucertoloni con uno sguardo per niente amichevole ed una dentiera già di tutto rispetto!
Finita la visita al centro dei coccodrilli ci dirigiamo al Waterberg Plateau Park. Lungo la strada incontriamo parecchi babbuini. Tentiamo di fotografarli ma appena ci fermiamo scappano.
Arriviamo al Waterberg Plateau Park che sono da poco passate le 14, tentano nuovamente di farci pagare la fantomatica differenza per il pagamento non completo ma questa volta non ci fregano, insistiamo e ci danno ragione! Prenotiamo il game drive nel parco per il mattino seguente alle 6. Per cui decidiamo di trascorre il pomeriggio rilassandoci, seduti sulla panchina davanti alla nostra stanza e di andare a fare l’escursione che ci porta in cima al plateau nel tardo pomeriggio.
Il posto è un paradiso di tranquillità, il silenzio è rotto solo dal canto degli uccelli. Intanto che ci rilassiamo e ci godiamo tutto questo silenzio e questa pace, arriva l’addetto del campo per riparare il lavandino del bagno che è intasato. E’ un omino sulla cinquantina molto simpatico. Dopo un po’ di tentativi esce dalla stanza e ci fa “it’s very hard”! Troppo simpatico! E se ne ritorna dopo un po’ con molti attrezzi e la versione africana dell’idraulico liquido! Marco si offre di aiutarlo, visto che è solo, e il tipo accetta volentieri. Dopo vari tentativi andati a vuoto finalmente si riesce a liberare il lavandino. I nostri predecessori avevano lasciato ‘cadere’ nello scarico un calzino e un tappo di una bottiglia, mah! Il nostro addetto del parco se ne va, quindi, soddisfatto di aver risolto il problema. E un’altra volta rimango colpita dalla semplicità e la genuinità di queste persone!
Il campo è organizzato in casette, e ogni casetta ospita due camere, indovinate un po’ chi sono i nostri vicini? Ma sì, la nostra famigliola, neanche a farlo apposta. Ci siamo inseguiti per tutto il viaggio e dire che la Namibia è grande!
Verso le 15.30 quando il sole è meno caldo ci incamminiamo verso la cima del Plateau. La passeggiata, un primo tratto tra gli alberi per poi concludersi tra le rocce, è piacevole e la vista dall’alto è spettacolare.
Concludiamo la serata a cena presso il ristorante del resort. C’è tantissima gente e il personale corre a destra e sinistra, prendono le ordinazioni ma poi non si sa che fine fanno. Qualcuno si spazientisce per la lunga attesa, qualcuno si innervosisce, un tizio si reca addirittura in cucina. Per quanto ci riguarda, dopo un bel po’ che aspettavamo, il cameriere viene a chiederci conferma di cosa avevamo ordinato. Ci preoccupiamo che tutta questa attesa sia stata vana, ma dopo qualche minuto il cameriere spunta con i piatti.
Notiamo una certa simpatica multi-funzionalità da parte del personale. La ragazza alla reception del parco ora si trova a servire al bar, il tizio che fungeva da responsabile della faccenda serve ai tavoli, mah... se guardiamo in cucina magari troviamo l’idraulico tra i fornelli! La cena viene allietata da un coro di ragazzi e ragazze di una scuola ad una decina di chilometri dal campo. Le loro voci e i loro canti tradizionali sono molto suggestivi.

31 luglio
Ci svegliamo che è ancora buio, il game drive è fissato per le 6. E’ buio e fa freddo quando la jeep del parco lascia il parcheggio e ci dirigiamo verso li plateau. L’aria è proprio fredda, mi metto anche i guanti e il paraorecchie, facendo invidia al tizio francese che ho di fianco che furbamente se ne è arrivato in bermuda e pile. Subito mi ha squadrato come se venissi da Marte, ma intanto io non sono morta di freddo mentre lui ha battuto i denti per tutto il viaggio!
La vista dall’alto del plateau spazia sull’infinito che lo circonda, la vegetazione è piuttosto fitta, non si vedono molti animali. Facciamo tappa in un posto dove c’è un capanno in prossimità di una pozza che permette di osservare in tutta calma gli animali, se ci fossero! Tutti, in rigoroso silenzio, ci sistemiamo sulle panche e cominciamo a perlustrare il territorio davanti a noi alla ricerca di qualcosa. Niente, assolutamente niente. Ci viene servita una colazione che non ha niente da invidiare a quelle servite in aereo, stesso stile stessi contenuti. Non so come uno possa pensare di mangiare una coscetta di pollo fritta per colazione. Eppure succede, i vicini di Marco rosicchiano avidamente la coscetta di pollo fritta. Mangiamo, quindi, questa prelibata colazione mentre, finalmente, un orice ci fa la grazia di farsi vedere. Per noi che veniamo da quasi tre settimane di viaggio e di orici, la cosa non è che ci esalti più di tanto. Pensavamo di vedere tanti animali come all’Etosha.
Risaliamo sulla jeep e riprendiamo il nostro giro turistico pensando che se, quello da vedere era tutto li, avevamo speso 400N$ inutilmente. Come non detto, eccoci accontentati, i roan e il sable. Mancavano al nostro elenco degli ungulati visti, per cui ci sentiamo ora soddisfatti di aver visto due nuove specie che altrimenti non abbiamo avvistato.
Il game drive finisce alle 11 e noi abbiamo giusto il tempo per salire in macchina e dirigerci verso la nostra prossima destinazione, la Dusternbrook Guestfarm dove alle 14.30 abbiamo prenotato il game drive per vedere i leopardi e ghepardi.
Effettivamente non ne avanziamo molto, l’ubicazione della fattoria si rileva meno comoda di quello che avevano descritto su internet, ma finalmente arriviamo. Lungo la strada abbiamo modo di osservare ancora molti animali. Il game drive dei gattoni (come li chiamo io) è molto emozionante. Si ha proprio la possibilità di vedere questi splendidi animali (lo ammetto, sono di parte, adoro i felini) da vicino, di fotografarli e di osservarli. Sono splendidi, niente da dire! Vediamo un leopardo e quattro ghepardi. Il leopardo ha proprio un espressione da gatto cattivo, ma io lo trovo semplicemente stupendo. I ghepardi sembrano meno feroci, ma non è il caso di andare a tirare la coda nemmeno a questi!
Salutati i gattoni, ci accingiamo a fare gli ultimi chilometri del nostro viaggio verso la capitale, alloggiamo alla medesima guest house della prima notte, per cui sappiamo cosa ci aspetta. Come abbiamo iniziato, finiamo! Ovviamente stesso posto per la cena, ma questa volta facciamo una coda che non finisce più. Non capiamo se fanno i saldi o se il giovedì a Windhoek è la serata del fast-food, fatto sta che ci sono ben quattro file chilometriche e noi che avevamo scelto questo posto per fare in fretta!

01 agosto
E siamo arrivati al giorno della partenza. Ci svegliamo con calma, facciamo colazione e prepariamo le nostre valige. Abbiamo ancora un po’ di tempo prima di andare a riportare l’auto e di andare all’aeroporto e lo trascorriamo godendoci ancora un po’ del sole della Namibia nel giardino della Guest House.
Quando andiamo a restituire l’auto, dobbiamo segnalare tutti i problemi che abbiamo avuto e soprattutto siamo intenzionati a non andarcene senza che ci vengano restituiti i soldi che abbiamo anticipato, ruota compresa. Pensavamo di dover insistere o protestare, i noleggiatori sono sempre dei furboni, e invece… ci vengono restituiti immediatamente tutti i soldi anticipati fino all’ultimo centesimo senza nessuna obiezione.
Così non ci resta che caricare la nostra roba sul taxi che ci hanno chiamato e di recarci all’aeroporto. Ma le nostre avventure non sono ancora finite, il check-in è stato tutto un programma. Tra tutti gli addetti al check-in abbiamo scelto proprio il più sveglio. Gli consegniamo tutti i nostri biglietti, mettiamo le valigie sul nastro e precisiamo che le valigie devono essere spedite a Torino in Italia (precisiamo la nazione perché non ci aspettiamo che conosca l’ubicazione di Torino). Dopo un bel pezzo che trafficava al computer, mentre la fila di fianco continua a smaltirsi velocemente, stampa la solita listarella di carta e la appiccica alle valigie. Gli do una sbirciatina come d’abitudine e che ci leggo JNB. Gli faccio presente che le valigie non le vogliamo ritirare a Joannesbourg e gli ripeto tutto il piano di volo, sottolineando la destinazione finale. Si scusa e traffica di nuovo per un bel pezzo al computer. Ristampa la listarella la appiccica e… di nuovo non va bene. Ha scritto JNB e poi TRN saltando lo scalo intermedio a Francoforte. Gli facciamo di nuovo presente la cosa, dicendogli che Johannesburg - Torino non esiste, che ha dimenticato lo scalo intermedio. Seccato, stacca la listarella e la rifà! Finalmente, al terzo tentativo il percorso di viaggio delle valigie è corretto. Ma che fatica! Ora tocca alle nostre carte di imbarco… ci viene fatta solo quella per Johannesburg, le altre le dobbiamo fare una volta giunti in Sud-Africa. Non stiamo nemmeno ad insistere altrimenti chissà dove ci manda! E così, alle 12.50 decolliamo lasciando questo straordinario paese e portandoci con noi tanti bei ricordi di questo fantastico viaggio.
Good bye Namibia…

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