Contributo di Laura Stanganini
da "La nuova ecologia"
Fino agli inizi degli anni Novanta chi era costretto ad attraversare in autostrada la Lusazia, tra Berlino e Dresda, sapeva bene di dover tenere il finestrino dell'auto chiuso e che la visibilità non sarebbe stata delle migliori. Se percorriamo oggi lo stesso tratto viene invece voglia di fermarsi, attirati da numerosi cartelli turistici e invitanti località balneari. Molto è successo nel frattempo, e gli stessi abitanti stentano a crederci.
Per circa 15 anni la lignite ha rappresentato il motore dello sviluppo industriale tedesco. Era di fondamentale importanza del regime autarchico della Repubblica Democratica, quando veniva chiamata "oro nero". Lo sfruttamento avvenne su larga scala, senza rispetto per l'ambiente e per le persone. Imponenti macchine escavatrici attraversavano le cave a cielo aperto per "mangiare" ettari di terreno e raccogliere il prezioso combustibile situato a poche centinaia di metri di profondità. Centrali termoelettriche e industrie chimiche lavoravano a pieno ritmo. I villaggi venivano smantellati, migliaia di persone allontanate, mentre per i minatori si costruivano abitazioni vicino al luogo di lavoro. Fino a quando nel 1993, dopo la riunificazione, è cominciato il processo inverso: 14 delle 17 miniere del distreto di Cottbus sono state chiuse, le altre tre proseguiranno l'attività fino al 2020.
Lusazia al giro di boa
Le miniere hanno lasciato ferite profonde nel paesaggio della Lusazia. Crateri, canyon e deserti delineano un paesaggio surreale, lunare, che poco ricorda questo pianeta. Sotto la pressione di emergenze sia ambientali che socioeconomiche (il tasso di disoccupazione è del 25%) sono state avviate importanti opere di riconversione e attualmente la zona ospita il più grande cantiere a cielo aperto d'Europa.
Nel 2001 si è costituita l'IBA (Mostra internazionale dei lavori Terra del principe Pucher), che coordina i 24 progetti con i quali s'intende completare entro il 2010 l'opera di riconversione della Lusazia. Una sfida ancora più grande di quella vinta qualche anno fa dalla stessa IBA, che nel bacino della Ruhr è riuscita a riconvertire in attrazioni turistiche "relitti" come il gasometro di Oberhausen. Il 2005 è il giro di boa, l'anno dei primi bilanci e delle prime realizzazioni. Ecco alcuni esempi.
La torre Eiffel distesa
La tranquillità ai bordi del cratere appare insolita. Ma il gigantesco mostro che 24 ore su 24 si nutriva di strati di lignite è veramente fuori servizio. Il gigante è, anzi era, un ponte trasportatore di mezzo chilometro che si allunga da un lato all'altro della cava per dominarla dai suoi 74 metri di altezza. Il Foerderbruecke 60, più conosciuto come F60, è un residuo degli anni della grande industrializzazione. Doveva essere smontato, così come è avvenuto per altri impianti. Ma poi è arrivata l'IBA e ha insistito affinché restasse.
Per il direttore Rolf Kuhn è "un simbolo, una mostruosità". Sebbene venga considerato un rottame, in realtà è praticamente nuovo. Inaugurato nel 1991, ha fatto appena in tempo a effettuare il rodaggio. Ora appartiene al Comune di Lichterfeld-Schacksdorf e la sua funzione è quella di essere un'attrazione. Da maggio 2002 l'F60 è infatti percorribile e con un'ora di marcia si raggiunge la piattaforma panoramica. Da lassù fanno bella mostra di sé, oltre l'immensa cava, le nuove forme di approvvigionamento energetico: le pale a vento del parco eolico di Klettwitz. Ultimamente qualche ritocco estetico, con tanto di giochi di luci a segnarne il profilo, ha fatto del "mostro" un'opera d'arte by night, che solo nel 2004 ha richiamato 70.000 visitatori. La prima scommessa sembra vinta: la "torre Eiffel distesa", come la chiamano da queste parti, ormai cammina con le proprie gambe.
Il forte slavo di Slawenburg
A metà dell'Ottocento ha inizio l'estrazione della lignite. E contemporaneamente inizia anche la distruzione delle testimonianze di un'antica civiltà slava, quella dei Lusizi, da cui la regione prende il nome. Oltre un secolo più tardi saranno macchinari come l'F60 a riportare alla luce insieme a strati di lignite, giorno dopo giorno, secoli di storia. Ma solo con la chiusura delle miniere si decide di valorizzare questi reperti archeologici.
Così nel 1999 inizia la ricostruzione nel luogo originario di una tipica fortificazione slava del IX-X secolo. Nel maggio 2003, con una mostra sulla vita nella Lusazia di mille anni fa, viene inaugurato Slawenburg. E gli 80.000 visitatori dello scorso anno confermano il successo, anche economico, dell'iniziativa.
Laghi… e case galleggianti
Ma come si riempiono i buchi lasciati dalle miniere? Innanzitutto con l'acqua. Già adesso metà dei laghi della zona sono artificiali. E i crateri dove il fine settimana vagano curiosi visitatori postindustriali vedranno presto salire l'acqua. Entro il 2012 una ventina di laghi ricoprirà una superficie di circa 140 kmq, fino a cambiare l'intera fisionomia della regione. Il complesso idrografico artificiale più grande d'Europa sarà interamente navigabile, collegato con i bacini già esistenti e destinato principalmente ad attività turistico-ricreative: un paradiso per il surf, la vela, la pesca e la balneazione. Ma non solo. Anche una zona residenziale unica nel suo genere con vere e proprie case appoggiate sull'acqua, con posto barca e un pontile per raggiungere la riva. Le sponde, infatti, si preferisce lasciarle sgombre per destinarle a percorsi pedonali e ciclabili o altre attività a contatto con la natura.
Un paesaggio in transizione quello della Lusazia, che comunque non intende rinunciare al suo ruolo di regione produttrice di energia. Di un'altra energia però, pulita. In primo luogo eolica. Importanti investimenti sono stati fatti dalla Vesta, leader danese del settore, e così in parte è stato assorbito l'esubero di manodopera. Ma le ricerche sulle fonti rinnovabili proseguono, coinvolgendo anche i settori dell'energia solare e delle biomasse.
"Chi non ha visto queste zone prima non può immaginare quanto siano cambiate - commenta Werner Blaschke, insegnante in pensione, ora impegnato nella locale Agenda 21 - Smog e sporcizia erano ovunque".
"I bambini erano sempre malati - aggiunge la moglie - Adesso abbiamo un bel paesaggio, la natura torna a rifiorire, l'aria è finalmente respirabile".
"Il problema sono i posti di lavoro - riprende Blaschke - Interi paesi si stanno spopolando, quello che sta facendo l'IBA è molto importante. Qualche relitto industriale però si dovrebbe lasciare, altrimenti tra qualche anno chi se ne ricorderà?".
Un canto popolare locale recita: "Il Signore Iddio ha creato la Lusazia e il diavolo ci ha sotterrato la lignite". Quando si dice la saggezza popolare.
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