Due settimane negli States

Una sintesi degli USA: California, Nevada, Utah, Arizona e Chicago

Viaggio in California, Nevada, Utah, Arizona, Chicago
Periodo: 12/7/2008 – 27/7/2008
Partecipanti: Gabriele e Nadia, e dal 16/07 al 22/07 anche Pierangelo (Piro) e FedericaSabato 12/07/2008
Finalmente è arrivato il momento di partire per il viaggio sognato da una vita e grazie ad un volo pagato relativamente poco (euro 498 a/r) siamo pronti per cominciare. Il decollo del volo Airone da Milano Malpensa destinazione Chicago O’Hare, avviene in perfetto orario alle 12 e giungiamo negli States alle 15 ora locale. Facciamo una notevole coda all’Immigrazione e dopo circa un ora raggiungiamo il Terminal della American Airlines da dove con un volo interno di circa 5 ore (pagato 125 euro) raggiungeremo San Francisco California.
Arriviamo all’aeroporto di San Francisco che sono le 22.30 e abbiamo subito una spiacevole sorpresa, nonostante l’albergo prenotato online promettesse la navetta continua da e per l’aeroporto, in realtà alle 22 questo servizio è stato interrotto perciò siamo costretti a prendere un taxi che ci porti fino a San Mateo. L’albergo è confortevole e comunque siamo talmente stanchi che crolliamo letteralmente sul letto.

Domenica 13/07/2008
Dopo una discreta colazione in albergo ci facciamo riaccompagnare all’aeroporto da dove con il treno (BART) arriviamo a San Francisco. Qui partono i primi consigli per chi legge: prima di tutto nonostante sia estate piena in questa città non fa mai veramente caldo anzi, la sera direi che è addirittura freddo perciò è conveniente vestirsi a strati. Inoltre è molto utile acquistare l’abbonamento per tutti i mezzi pubblici, è molto conveniente. E’ possibile acquistarlo al capolinea di partenza del tram in Market street vicino Union Square. Si chiama MUNI e per 3 giorni costa 18 dollari. Con il Muni è possibile salire anche sul cable car che addirittura senza abbonamento costa 5 dollari a corsa.
Comunque arriviamo all’albergo prenotato anche questo via internet, scarichiamo le valigie e finalmente possiamo dire di poter cominciare la visita della città. L’hotel si chiama Marina Inn su Octavia Street, è in buona posizione però la strada è trafficatissima di auto a tutte le ore del giorno e della notte. Non lo consiglierei. Tuttavia come detto la posizione ci permette di muoverci a piedi, raggiungiamo prima il SF Maritime National Historic Park da dove riusciamo a vedere per la prima volta in lontananza il Golden Gate alla nostra sinistra e di fronte Alcatraz proprio in mezzo alla baia. Siamo affascinati dalla quantità di gente che fa jogging in solitudine, in gruppo o con il cane nonostante il vento piuttosto fresco. Piano piano raggiungiamo il Fisherman’s Wharf che probabilmente è il posto più caratteristico di SF turisticamente parlando, in particolare il Pier 39 che è pieno zeppo di locali di tutti i gusti, ristoranti, pub, souvenir. Tra l’altro essendo domenica c’è veramente tanta gente di tutti i tipi e razze. Vediamo anche l’attore Lou Ferrigno che si fa fotografare davanti al poster di Hulk. Pranziamo con pesce e coca cola (12 dollari a testa), poi utilizzando il tram ci spostiamo a Union Square che è la zona dello shopping. Troviamo infatti tutti i negozi delle marche di moda più famose, mi colpisce la coda lunghissima di fronte al negozio che vende l’I-phone.
Raggiungiamo Chinatown che è forse quella più famosa di tutti gli Stati Uniti ma per quanto mi riguarda è molto deludente, piena di negozietti tutti uguali soprattutto di cibi che non comprerei neanche se stessi morendo di fame. Dopo aver fatto una visitina allo stadio dei SF Giants (sono un grande appassionato di baseball), e cenato di nuovo al Pier 39 decidiamo che è ora di andare a dormire.

Lunedì 14/07/2008
La giornata comincia nei pressi di Ghirardelli Square, più precisamente al capolinea del cable car, il caratteristico tram in legno che attraversa tutta la città fino a Union Square e viceversa. Con il pullman poi raggiungiamo il Pioneer Park dove c’è la Coit Tower dalla vetta del quale (raggiungibile con l’ascensore a 4,50 dollari) è possibile ammirare il panorama di tutta la città e della baia. Riscendendo dal Pioneer merita una visita la chiesa di San Peter and Paul in Washington Square. Tornati in Union Square e ripreso il cable car in senso inverso ci siamo fermati in Lombard street, la tortuosissima strada in discesa resa celebre da tanti film. Merita veramente venire qui, credo che questa strada sia la prova di come San Francisco sia completamente differente da qualsiasi altra città americana. Torniamo a cenare al Pier 39 dove in effetti c’è molta meno gente di ieri.

Martedì 15/07/2008
Oggi sarà il nostro ultimo giorno a San Francisco ma probabilmente anche il più interessante, infatti dopo la colazione in albergo, con l’autobus raggiungiamo la Golden Gate National Recreation Area, sono le 10 di mattina e la foschia avvolge il ponte rendendolo ancora più affascinante. Cominciamo l’attraversamento pedonale con le auto che sfrecciano alla nostra sinistra e la splendida vista della città e dell’isolotto di Alcatraz a destra. E’ difficile non pensare che tante persone hanno scelto di lasciare questo mondo saltando proprio da dove siamo adesso noi. Arriviamo fino al primo pilone, il vento è fortissimo e spazza via la nebbia, la visuale adesso è ottimale in tutto e per tutto.
Lasciato il Golden Gate riprendiamo i mezzi per tornare di nuovo al porto dove alle 13.10 abbiamo in programma la visita ad Alcatraz. I biglietti per questa escursione li abbiamo comprati online dall’Italia altrimenti sarebbe impossibile dato che oggi è martedì e i primi biglietti disponibili sono per lunedì prossimo. La partenza è dal Pier 33 e in una ventina di minuti siamo già nel piazzale del penitenziario. La prima cosa che ci colpisce è lo stato pessimo in cui versa l’intera struttura. Quasi tutti gli edifici sono diroccati e recintati proprio per evitare rischi per i visitatori. Altre due cose ci colpiscono in particolare ovvero l’odore davvero sgradevole (misto pesce ed escrementi) che pervade l’aria e soprattutto la quantità incredibile di escrementi di gabbiano ovunque. Finalmente entriamo nell’edificio più interessante, quello che ospita le celle e ti viene subito in mente il film con Clint Eastwood “Fuga da Alcatraz”, addirittura all’interno di una cella è possibile vedere il foro da dove Frank Morris riuscì a fuggire. E’ incredibile pensare che anche Al Capone è stato qui. Dal terrazzo esterno si gode una vista della città eccezionale, c’è un sole bellissimo e vento forte.
La permanenza a SF è agli sgoccioli, riprendiamo il battello per tornare a riva, pranziamo al Pier 39 ancora una volta poi dopo uno shopping veloce tra i negozietti del Fisherman’s , riprendiamo i bagagli in albergo e con l’autobus torniamo all’aeroporto, da dove voleremo a Los Angeles. Il volo è un American Airlines (pagato 38 euro), decollo puntuale alle 20.15, dopo solo un ora stiamo già sorvolando LA, che dai finestrini dell’aereo appare immensa, non riusciamo nemmeno a vedere la fine, le luci sotto di noi sono davvero sterminate.
Atterraggio alle 21.30 al Los Angeles International Airport e dopo il ritiro dei bagagli ci siamo incontrati con i nostri amici Piro e Federica che sono in viaggio di nozze. Al momento di prenotare la vacanza abbiamo deciso di trascorrere una settimana insieme per i parchi degli States. Insieme andiamo subito al Royal Century Hotel che è vicino all’aeroporto e che devo dire è piuttosto squallido. A parte il fatto che il proprietario è visibilmente ubriaco, la nostra stanza è decisamente brutta e non particolarmente pulita. Questi inconvenienti vanno sempre messi in conto e non ci abbattiamo più di tanto. Tra l’altro la stanza di Fede e Piro invece è molto meglio, hanno l’angolo cottura e ci preparano un fantastico piatto di spaghetti al pomodoro che mangiamo tutti insieme scambiandoci i dettagli della vacanza fino ad ora trascorsa.

Mercoledì 16/07/2008
Colazione da Starbucks poi subito al noleggio Alamo dove abbiamo ritirato la vettura che ci terrà compagnia per tutta la settimana. Particolarità che non mi era mai capitata, dopo tutte le formalità e le firme sul contratto di noleggio ci hanno indirizzato in un parcheggio da dove avremmo potuto scegliere la macchina a nostro piacimento. Abbiamo optato per un bellissimo SUV di marca sconosciuta in Europa (Saturn), ovviamente con cambio automatico e navigatore satellitare che si rivelerà poi estremamente importante, soprattutto per le vie di LA, ma allo stesso tempo fonte di numerose “incazzature” e varie offese alla virtuale signorina che spesso ci dava indicazioni sbagliate e altrettanto spesso veniva mandata a fare il lavoro più antico del mondo.
Comunque registriamo la prima destinazione sul navigatore e partiamo in direzione Rodeo Drive, il traffico è incredibile, nonostante le Highway abbiano anche sei o più corsie, queste sono tutte intasate di auto. Siamo in vacanza e non ci innervosiamo certo per questo, infatti arriviamo a Rodeo, posteggiamo in un parcheggio sotterraneo con Vallet (ovvero con il posteggiatore che prende l’auto e poi te la riporta) e usciamo al sole losangelino. Il caldo infatti è notevole. Ci aggiriamo per i prestigiosi negozi di tutte le marche di abbigliamento più famose, soprattutto quelle italiane, scattiamo foto e perché no ci guardiamo intorno alla ricerca di qualche Vip che ovviamente non troviamo.
Altra tappa imprescindibile è Hollywood con il suo Chinese Theater e la Walk of Fame. Qui c’è un sacco di turisti ma fondamentalmente non c’è niente di interessante. Nel primo pomeriggio subito dopo aver pranzato ci spostiamo a downtown, nel percorso riusciamo a vedere lo Staples Center, la casa dei LA Lakers di basket ed il Memorial Coliseum, lo stadio teatro delle olimpiadi del 1984. Decidiamo a questo punto di spostarci verso le località di mare, optiamo per Santa Monica che raggiungiamo a fatica a causa del traffico incredibile.
E’ vero che arriviamo a pomeriggio inoltrato ma ci colpisce il fatto che in spiaggia c’è pochissima gente, non c’è nemmeno Pamela Anderson sulla torretta stile Baywatch. Peccato. A parte gli scherzi, cominciamo a cercare un motel per la notte, ma a dispetto della poca gente in giro, in realtà gli hotel e i motel sono quasi tutti No Vacancy, e quei pochi che invece non lo sono hanno dei prezzi esorbitanti, non meno di 200 dollari a camera. Alla fine troviamo un motel libero a Venice, si chiama Lincoln Inn e costa 95 dollari compresa la colazione. Non è male.
Per cena torniamo a Santa Monica in un bel ristorante, che con una bella bistecca e una birra ci rimette al mondo. Chiudiamo la giornata passeggiando per il luna park sulla spiaggia, anche qui non c’è molta gente, fa anche freschino ma vediamo alcuni ragazzi che incuranti di tutto ciò fanno il bagno nell’oceano.
C’è una cosa che ho notato e riguarda il prezzo della benzina: nell’ultimo viaggio on the road fatto negli States nel 2004 ricordo che costava intorno a 2 dollari al gallone (circa 4 lt.), oggi costa praticamente il doppio, tra 4.20 e 4.50 dollari. Tutto il mondo è paese.

Giovedì 17/07/2008
Los Angeles secondo noi ha poco altro da offrire, decidiamo perciò di lasciarla non prima però di aver percorso in auto tutto il Sunset Blvd dove ad ogni angolo vendono la mappa delle ville delle star che noi evitiamo, anche se qui in effetti si respira aria di ricchezza. Ogni villa ha la sua piscina, il giardino e l’auto di lusso parcheggiata di fronte. Proseguendo arriviamo fino alla UCLA che è veramente immensa.
Prossima destinazione Death Valley, ci immettiamo sulla Interstate 15 e per l’ora di pranzo siamo a Barstow. Attraversiamo il deserto del Mojave fino a Baker poi ci immettiamo sulla 127 da dove a tutti gli effetti comincia il Death Valley National Park, il caldo comincia ad essere veramente pesante, la vegetazione completamente assente se non per qualche cactus e cespugli sparsi. Il primo stop è Badwater il luogo più basso di tutti gli Stati Uniti, sotto il livello del mare. Per quanto mi riguarda questo rimarrà uno dei posti più affascinanti di tutta la vacanza. Appena posteggiata l’auto, scendiamo e subito ci avvolge un calore mai provato prima, il termometro indica 120 F ovvero circa 50 gradi centigradi, tra l’altro tira vento e sembra di essere dentro ad un forno con un phon acceso puntato addosso. C’è una passerella di legno che ci porta proprio nel mezzo del deserto, siamo circondati dal nulla, nonostante le difficoltà climatiche è una sensazione indescrivibile. Risaltiamo in macchina e dopo qualche miglio arriviamo a Zabriskie point. Ovviamente il caldo non da tregua ma anche qui il paesaggio è incredibile, inoltre il sole sta calando e rende tutto ancora più particolare.
Intorno alle 19.30 ci rimettiamo in viaggio per la destinazione finale di questa giornata, ovvero Las Vegas, Nevada. Le luci della città del gioco si cominciano a vedere già a miglia di distanza e avvicinandoci cominciamo a scorgere le sagome degli alberghi più famosi.
Prendiamo alloggio al Circus Circus, hotel non tra i più celebri ma molto grande e confortevole. Paghiamo la stanza soltanto 45 dollari. Dobbiamo ancora cenare, ne approfittiamo perciò per fare un giro sulla Strip e mangiare ad un McDonald’s. La temperatura nonostante sia passata mezzanotte è vicina ai 40 gradi. Per adesso a Las Vegas siamo solo di passaggio, ne parleremo più approfonditamente tra qualche giorno quando torneremo.

Venerdì 18/07/2008
In tarda mattinata abbiamo lasciato Las Vegas, imboccando la I-15, passiamo accanto alla base militare di Nellis, attraversiamo una piccola parte di Arizona per poi entrare nello Utah in direzione dello Zion NP. L’ingresso costa 25 dollari a veicolo. All’interno c’è una navetta continua che fa fare il giro di tutto il parco. Onestamente questo parco non ci è piaciuto, non c’è praticamente niente da vedere. L’unica cosa interessante alla fine è stato il pranzo al sacco sull’erba di fronte allo Zion Lodge, rigorosamente all’ombra degli alberi perché il caldo continua ad essere molto intenso.
Lasciamo senza rimpianti lo Zion e ci dirigiamo verso il Bryce Canyon che abbiamo intenzione di visitare domani. Arriviamo intorno alle 19 a Glendale sulla route 89 e qui commettiamo un errore che con il senno di poi risulterà pesante. Infatti pur trovando un motel libero dove appoggiarci decidiamo di continuare per avvicinarci il più possibile al Bryce. Ci fermiamo a cenare in un caratteristico ristorante. Sembra veramente di essere all’interno di un tipico locale da cowboy e per di più mangiamo una bistecca fantastica. Ed ora eccoci all’errore di cui sopra, perché lasciando il ristorante incominciamo a cercare un posto per dormire, girovaghiamo per ore trovando tutti no vacancy, compreso quello che qualche ora prima avevamo trovato libero. Siamo costretti per questo a percorrere più di cento km indietro per la route 14, che è una strada di montagna tanto è vero che incontriamo tantissimi cerbiatti anche rischiando di investirli. Finalmente all’1 troviamo da dormire al Quality Inn di Cedar City al costo di 85 usd.

Sabato 19/07/2008
Dopo una bella colazione in hotel, ripercorriamo in senso opposto gli stessi 100 km fatti ieri sera, per fortuna io e Piro ci alterniamo alla guida altrimenti sarebbe dura. Anche l’ingresso del Bryce Canyon NP costa 25 dollari a veicolo, ma tutti all’unisono possiamo affermare che siamo di fronte ad uno spettacolo naturale indimenticabile. E’ possibile percorrere l’intero parco con la propria auto fermandosi ai vari punti di interesse: il primo si chiama Inspiration Point e secondo noi è anche il più bello perché la vista spazia interamente sui pinnacoli rossi e bianchi modellati dagli elementi in milioni di anni. Piro è un geologo per questo sembra un bambino dentro un negozio di giocattoli, ci spiega un po’ di cose interessanti. Veramente è difficile spiegare a parole quello che vediamo in questo momento. Scattiamo decine di foto, soprattutto Piro che fotografa qualsiasi cosa, e raggiungiamo gli altri points tra cui quello dove il vento ha scolpito un arco naturale nella roccia.
A malincuore alle 16 decidiamo di lasciare questa meraviglia per puntare in direzione della Monument Valley, dimenticando per una volta i consigli del navigatore e ignorando le rimostranze degli abitanti del luogo azzardiamo un percorso che ci farebbe risparmiare tantissimi km. E’ una strada completamente sterrata, addirittura per i primi km siamo costretti a guadare qualche rigagnolo di acqua. Non c’è dubbio che senza un auto come la nostra sarebbe stato impossibile. Comunque dopo un’ora sbuchiamo sulla route 89 nei pressi di Big Water. Ci lasciamo alle spalle lo Utah e rientriamo in Arizona fino ad arrivare a Page dove c’è l’immensa diga costruita per regolare le acque del fiume Colorado e generare corrente elettrica per tutto lo stato. A questo punto ci immettiamo sulla route 98 e poi sulla 160 che ci porterà dritti a destinazione.
Ormai è pomeriggio inoltrato, visiteremo la Monument domattina, perciò per non ripetere l’errore di ieri proviamo subito a cercare un hotel a Kayenta che è l’ultimo paese prima della Valley. Incredibile, anche qui è tutto assolutamente pieno, inoltre gli indiani che gestiscono quasi tutte le strutture presenti non sono per niente simpatici e disponibili, anzi ci smontano dicendoci che sarà impossibile trovare da dormire se non tornando a Page che è ormai molto distante. Preoccupati di dover ripetere l’esperienza di ieri saliamo in macchina e partiamo, questa volta la fortuna ci viene incontro, a pochi km troviamo un motel che ha camere disponibili. Si chiama Anasazi Inn, è decisamente brutto, costoso e i gestori sono ancora più antipatici di quelli incontrati fino ad ora. Non possiamo certo fare gli schizzinosi e anzi prendiamo al volo due stanze a 100 usd l’una che tra l’altro alla fine si rivelano pulite e spaziose. Consigliamo a tutti coloro che hanno intenzione di visitare la Monument Valley di prenotare in anticipo un albergo perché la recettività è poca e per questo assai difficile trovare camere libere. Liberi dal pensiero di dover trovare alloggio torniamo a Kayenta e ceniamo a base di pizza prima di chiudere questa bella giornata.

Domenica 20/07/2008
Il motel non prevede la colazione che facciamo quindi in un locale di Kayenta, dopo di che è arrivato il momento tanto atteso di raggiungere la Valley. Percorriamo un po’ di miglia sulla route 163, ai lati della quale ci sono numerosissimi banchi di manifatture indiane, per lo più braccialetti e collanine ma dal sapore prettamente turistico.
Finalmente arriviamo a destinazione, paghiamo 5 dollari per entrare nella Navajo Indian Reservation, posteggiamo e scendiamo. Che dire di ciò che si apre di fronte a noi? Questo luogo sarà stato visto da tutti in decine di film e documentari ma essere qui adesso è qualcosa di inimmaginabile. Una immensa distesa di terra rossa a tratti interrotta da grandi pinnacoli anch’essi rossi chiamati mesas o butte. Anche qui non puoi non pensare ai milioni di anni occorsi per modellare e rifinire queste strutture naturali. E’ consentito percorrere con l’auto una strada decisamente sconnessa che porta comunque all’interno della valle da dove è possibile ammirare i mesas da sotto e passarci accanto. Tutto il percorso lo facciamo con la nostra vettura in un paio d’ore, volendo è anche possibile farlo con i furgoncini scoperti delle escursioni organizzate dagli indiani nativi, ma oltre che tornare completamente ricoperti di polvere rossa, costa l’iperbolica cifra di 65 dollari a persona.
Appena decidiamo di ripartire, anche da qui a malincuore per lo spettacolo ammirato, veniamo colti da un bel temporale. Da queste parti è molto frequente passare dal sole che spacca le pietre alla pioggia improvvisa. Comunque per noi è un toccasana, primo perché rinfresca un po’ l’aria e secondo perché la pioggia ci pulisce l’auto altrimenti completamente ricoperta di sabbia rossa.
Percorriamo la 169 fino a Tuba City e poi la 89 fino alla nostra destinazione finale della giornata che è Flagstaff. Qui potete star tranquilli, non esiste il rischio di non trovare un posto per dormire, mai vista una piccola città così piena di motel e alberghi. Ci divertiamo quasi a cercare quello più economico e alla fine scegliamo l’Howard Johnson, molto confortevole, al costo di 59 dollari a camera compresa colazione, tra l’altro questo è in assoluto l’unico hotel di tutta la vacanza dove abbiamo trovato un computer in cui era possibile collegarsi ad internet gratuitamente.
Adesso sono le 18.30, siamo un ora indietro rispetto a stamani, è ormai tardi per pensare di andare al Grand Canyon, ma presto per cenare, perciò memori di un consiglio datoci da una coppia italiana incontrata alla Monument, decidiamo di andare a visitare Sedona immettendoci sulla route 179. Sedona è praticamente un paesino di montagna, niente di eccezionale, tra l’altro pioviggina, tutti i negozi sono chiusi e c’è poca gente in giro. Non merita che una mezzora di permanenza dopo di che risaltiamo in auto e sulle note del cd di Jovanotti autentica colonna sonora di questa vacanza, torniamo a Flagstaff dove ceniamo in un ottima SteakHouse in stile australiano (??), con uno staff veramente simpatico, in particolare il cameriere che ad ogni nostra scelta esclamava “excellent”.

Lunedì 21/07/2008
Oggi è il giorno del Grand Canyon. Partiamo presto dopo aver percorso la 184 prima e la 64 poi che termina esattamente al Grand Canyon National Park. Questo posto è quello che in noi suscitava le aspettative più alte, invece ci ha lasciato un pochino di amaro in bocca. Certo non perchè non è interessante, anzi il posto è stupendo proprio come pensavamo, ma c’è una quantità di turisti insopportabile. Specialmente i giapponesi sono dappertutto e per una foto sarebbero capaci di uccidere qualcuno. In sostanza l’atmosfera che si respira è un po’ viziata dalla troppa gente presente. Le acque del fiume Colorado hanno scavato dei solchi profondi centinaia di metri, di molti infatti non si riesce nemmeno a vedere il fondo. Ci sono dei sentieri che permettono di scendere proprio all’interno dei Canyon, ma noi non abbiamo né la preparazione né l’abbigliamento adatto per provare, anche perché il caldo poi non aiuta.
Dopo aver pranzato all’interno di un pizza Hut appena fuori dal parco, partiamo per raggiungere nel tardo pomeriggio Las Vegas. Durante il tragitto, tra l’altro sbagliamo strada e allunghiamo di diversi km e per di più mentre io sono alla guida ci ferma la polizia per eccesso di velocità (limite 60 mph, io andavo a 90 mph). Per questo reato da queste parti si rischia molto, per fortuna invece il poliziotto è molto cortese e disponibile e dopo avermi redarguito un po’ ci lascia andare senza nemmeno multarci. Inutile dire che da questo punto in poi ho rispettato eccome i limiti, infatti arriviamo a Las Vegas alle 19 un po’ oltre l’orario previsto. E’ ancora giorno e senza le luci la città fa tutta un'altra impressione. Resteremo qui 2 notti, troviamo da dormire allo Stratosphere per 51 dollari per camera a notte. Incredibile come i prezzi delle camere in questi alberghi enormi e bellissimi siano così bassi durante i giorni feriali. Al momento di fare il check in ci danno addirittura una piantina perché in effetti il rischio di perdersi è alto tanto è grande l’hotel. Al piano terra oltre al casinò ci sono ristoranti e negozi di ogni tipo, all’ottavo piano c’è invece una grande piscina esterna con sala attrezzi, bar e spogliatoi. Le stanze sono molto grandi.
Dopo una bella doccia ci buttiamo in auto per “the Strip”, la maggior parte degli alberghi sono veramente molto belli e lussuosi ed ognuno ha il suo spettacolo per attirare i turisti. Posteggiamo nel parcheggio del Paris che ha la riproduzione della torre Eiffel e dell’Arco di Trionfo, di fronte c’è il Bellagio al cui esterno c’è un laghetto in cui ogni venti minuti e fino a tarda notte è possibile ammirare lo spettacolo delle fontane. Accanto c’è il Caesar’s Palace e il Mirage. Di fronte a questo il Venetian riproduce la Serenissima con il campanile di San Marco, il ponte di Rialto e i canali veneziani con tanto di gondole.
La temperatura esterna si aggira sui 38 gradi anche a mezzanotte, conviene sempre però portarsi un maglioncino perché all’interno degli alberghi e di qualsiasi locale l’aria condizionata è talmente alta che la temperatura scende vertiginosamente. Ceniamo in un simpatico locale con musica dal vivo, pieno di gente di tutti i tipi.

Martedì 22/07/2008
Non può mancare una bella visita al Las Vegas Outlet Center, facile da trovare perché proprio a ridosso dell’aeroporto. All’interno trovate tutte le marche possibili e immaginabili a prezzi davvero vantaggiosi. Per fare un esempio nello store della Timberland compriamo ben 5 paia di stivaletti e una t-shirt al costo di 300 dollari, ovvero circa 190 euro. In Italia con questa cifra compri ben poco. I prezzi invoglierebbero veramente a comprare tante cose ma cerchiamo di evitare per non sentirci in colpa, la vacanza è già abbastanza costosa di suo.
Pranziamo all’interno dell’Outlet per poi tornare in albergo e mentre Nadia e Federica approfittano per riposarsi un po’, io e Piro invece passiamo un paio d’ore in piscina. Ogni albergo ha il suo buffet aperto al pubblico in cui è possibile mangiare, noi scegliamo quello del Treasure Island. Facciamo una leggera coda poi i camerieri ci accompagnano al tavolo e alla modica cifra di 22 dollari a testa abbiamo la possibilità di mangiare tutto quello che vogliamo. Solo le bibite sono extra. Uscendo fuori ci riassale di nuovo il caldo torrido del deserto del Nevada, assistiamo allo spettacolo dei pirati proprio del Treasure Island e visto che domani lasceremo Las Vegas decidiamo di dare un occhiata all’interno degli altri celebri alberghi che non abbiamo ancora visto. Per esempio il Wynn , l’Mgm, per finire con il New York New York con le repliche dell’Empire State, del Chrysler Building e della Statua della Libertà. Concludiamo la serata con una bella foto ricordo di fronte alla celeberrima scritta “Welcome to fabulous Las Vegas”.
Sono le 2.30, purtroppo è giunta l’ora di salutare Fede e Piro, le nostre strade americane si dividono, domattina loro volano a New York, noi invece a Chicago.

Mercoledì 23/07/2008
Oggi per me e Nadia è praticamente un giorno dedicato agli spostamenti, infatti alle 10.30 con un volo US Airways raggiungiamo in 45 minuti Phoenix, da dove alle 15.30 con un altro domestic flight di oltre 4 ore arriviamo alle 21 ora locale all’ aeroporto O’Hare di Chicago. Non potete neanche immaginare la quantità di gente che è in attesa delle navette per gli alberghi. Il caos è totale e la disorganizzazione è in stile italiano. Dopo un ora di attesa arriva il nostro shuttle, guidato da una persona di colore palesemente ubriaca che ci porta al Super 8, catena di alberghi che fino ad ora ha sempre riscontrato il nostro gradimento. Non è questo il caso. L’hotel è orrendo, direi quasi lugubre oltre che fatiscente. Da evitare.

Giovedì 24/07/2008
Dopo esserci fatti riportare all’aeroporto dalla navetta, con la linea blu della metro arriviamo direttamente a Chicago città. C’è un bel sole. Pernotteremo per 2 notti al Congress Plaza Hotel, un albergo con una certa storia, vi hanno alloggiato anche alcuni presidenti statunitensi, ma decisamente poco accogliente. Si vede che è molto vecchio, l’unico pregio è l’ottima posizione su Michigan Avenue proprio di fronte al Grant Park.
Dopo il check in, usciamo e prima cosa acquistiamo il pass per tutti i mezzi pubblici al costo di 12 dollari per 3 giorni. La prima tappa è il Navy Pier che ricorda un po’ il Pier 39 di San Francisco. C’è il luna park, ci sono i negozi di souvenir e quelli adatti per mangiare, infatti pranziamo a base di Shrimps & chips in un tavolo di legno all’aperto. La temperatura è ottimale. Non può mancare in ogni vacanza negli States andare ad assistere a qualche manifestazione sportiva, è proprio così che meglio si respira lo stile di vita americano, con le famiglie intere negli stadi, le quantità industriali di hot dog, birre e pop corn venduti e un sano divertimento a prescindere dal risultato. Ci rechiamo infatti al Wrigley Field, home dei Chicago Cubs di baseball, biglietti comprati online prima di partire. Lo stadio è strapieno, il colpo d’occhio è straordinario specie nel momento dell’inno nazionale, tutti in piedi con la mano sul cuore. Da brividi. Lo stadio è storico, insieme a quello di Boston è il più vecchio della Major league baseball, anche noi come al solito ci adeguiamo volentieri mangiando un bel hot dog con mostarda e ketch up. Per la cronaca i Cubs vincono 6 a 3.
Tornando verso l’albergo abbiamo la sensazione che di sera Chicago non sia propriamente la città più sicura e tranquilla del mondo, pur non essendo disturbati da nessuno ti viene da guardarti intorno. Tra l’altro ci sono veramente tantissimi homeless che dormono per terra o che rovistano nei bidoni della spazzatura alla ricerca di qualcosa da mangiare. Noi abbiamo assistito ad una scena dentro un drugstore di quelli aperti 24 ore, dove una persona di colore decisamente ubriaca chiedeva soldi e disturbava i pochi clienti. Per fortuna il padrone del negozio in maniera comunque molto educata l’ha preso e “accompagnato” fuori.

Venerdì 25/07/07
Cominciamo la giornata con una visita a Chinatown che è anche peggiore di quella di San Francisco, potete evitarla tranquillamente, ci spostiamo sempre con la metro fino alla famosa Sears Tower. Passiamo tutto il pomeriggio nel “Magnificent Mile” ovvero la strada dello shopping, piena di negozi e grandi magazzini. Tutto sommato Chicago è una gran bella città ma fondamentalmente non ci sono tante cose da vedere e per di più avvertiamo che la vacanza è agli sgoccioli perché siamo proprio fisicamente stanchi, trasciniamo a malapena le gambe. Ritorniamo per chiudere la serata e in un certo senso anche la vacanza al Navy Pier.

Sabato 26/07/2008
Abbiamo disponibile soltanto la mattinata per l’ultimo shopping prima di tornare in aeroporto, scegliamo ovviamente di nuovo il Magnificent Mile e in particolare H & M.
Diciamo che a questo punto la vacanza è finita, abbiamo solo una decina di ore di volo più cinque di auto prima di tornare a casa, provati ma felicissimi per tutto ciò che abbiamo visto e che vorrei riassumere: San Francisco: bellissima, assolutamente tappa fondamentale; Los Angeles: evitabile; Death Valley: emozionante e terribilmente calda; Zion NP: poco interessante; Bryce Canyon: inaspettatamente meraviglioso; Monument Valley: altrettanto indimenticabile; Grand Canyon: stupendo anche se troppo affollato; Las Vegas: affascinante e infine Chicago: interessante. Per concludere ringrazio e bacio Nadia, splendida compagna di vita e di viaggi e colgo l’occasione per ricordare a Piro e Federica che hanno contribuito in maniera determinante a rendere questo viaggio straordinario.

2 commenti in “Due settimane negli States
  1. Avatar commento
    gabriele
    28/09/2010 20:05

    Tutto da soli, sia per i voli interni che per il noleggio auto. Credo che il bello sia proprio questo, organizzare il tutto come ti pare.

  2. Avatar commento
    PiccolaLallina
    28/09/2010 14:54

    Ciao! Ho visto che hai visitato varie e diverse zone dell'America (che invidia..) era un viaggio organizzato o avete girato tutto da soli?

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