Cilento Felix: progetti per la qualità della vita

Un magnifico Parco Nazionale, ma anche tante “unicità” da valorizzare

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Contributo di Sandro Luchetti e Raffaele Lupoli
da "La nuova ecologia"

COME ARRIVARE
** In auto: dall'autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria, uscita Battipaglia per il tratto che da Agropoli arriva a Palinuro; Campagna, Sicignano e Petina per la zona dei Monti Alburni; Sala Consilina e Padula per l'area del Cervati; Padula per la fascia costiera che da Policastro arriva a Marina di Camerota.
** In treno: la linea Napoli - Salerno - Reggio Calabria segue tutta la costa del Parco. La linea Battipaglia - Lagonegro permette di aggiungere il limite settentrionale.

UN PROGETTO PER L'ULIVO
Per estensione è secondo in Italia solo al Parco del Pollino, ma quello del Cilento e Vallo di Diano è un Parco da primato.
Ricco di natura, storia e cultura, ha ricevuto due dei più autorevoli riconoscimenti internazionali: l'ingresso nelle rete Unesco delle Riserve della Biosfera e nella lista del Patrimonio mondiale (World Heritage List), ancora dell'agenzia Onu.
Il Parco del Cilento e Vallo di Diano si estende per gran parte della Campania meridionale. Restando nei suoi confini si può passare dalle estese e fresche faggete delle zone più interne agli ambienti tipicamente mediterranei, fino alle spiagge e alle scogliere tirreniche.
La varietà di ambienti e clima ha creato le condizioni per lo sviluppo di una flora e fauna varia e ricca di specie rare. Tra queste, la Primula di Palinuro, simbolo del Parco, ritenuta la specie dalla quale derivano tutte le primule spontanee. La "prima primula" insomma, che a differenza delle sue discendenti vive in prossimità del mare. Nei corsi d'acqua dolce sopravvive invece una delle ultime popolazioni nazionali di lontra.
La presenza dell'Uomo nella zona è attestata fin dal Paleolitico, con il ritrovamento nelle grotte di numerosi utensili e manufatti litici. Nel Medioevo il territorio è stato interessato da costruzioni di castelli e fortificazioni e nel 1306 è stata edificata la Certosa di San Lorenzo di Padula, uno dei monumenti più importanti di tutta la Campania. Collegato alla Certosa, nascerà a Sanza il centro di educazione ambientale, formazione, ricerca e ospitalità "Monte Cervati", futuro punto di riferimento di tutte le strutture educative e formative del Parco.
Il paesaggio è tipicamente mediterraneo, con grandi distese di uliveti che rappresentano una significativa risorsa economica, olre che paesaggistica. Qui si trova una delle più alte percentuali di territorio dedicata all'agricoltura, circa il 33%, che occupa quasi il 20% della popolazione.
Un quarto della superficie agricola utilizzabile è coltivata a ulivo. E' per questo che il Parco, in collaborazione con la Provincia di Salerno e il il CNR, ha chiesto un finanziamento all'Unione Europea per migliorare la qualità e ridurre gli impatti ambientali dell'olivicoltura. Si tratta del Progetto Life Tirsav (tecnologie innovative per il riciclaggio delle sanse e delle acque di vegetazione) per la soluzione dei problemi legati allo smaltimento dei reflui dell'industria olearia. Le acque di vegetazione sono il sottoprodotto dell'attività molitoria, costituita dall'acqua della drupa, quella aggiunta per facilitare l'estrazione e quella necessaria per il lavaggio degli impianti. Le sanse invece sono i detriti di buccia, polpa e nocciolo, spesso sottoposti a nuova spremitura per ottenere un olio di qualità inferiore (l'olio di sansa appunto).
Nell'oleocultura le acque di vegetazione sono spesso utilizzate per irrigare i terreni ma possono dare problemi di inquinamento delle falde, mentre le sanse possono avere un impatto ambientale negativo non solo per le emissioni rilasciate in fase di produzione dell'olio di sansa ma anche perché quest'ultimo tende a "inquinare" il mercato dell'extravergine.
Per cercare di risolvere questi problemi con il Progetto Life Tirsav è stato realizzato un prototipo di macchina in grado di lavorare direttamente in frantoio le acque di vegetazione e le sanse, miscelandole con altri sottoprodotti naturali (paglie, residui vegetali, lana) per fornire un prodotto finale da usare come concime organico del tutto naturale. Un'ottima pratica che fa del riutilizzo dei materiali di scarto un'opportunità per migliorare la qualità di una coltura.

LEGUMI E LEGAMI
Le alici di Menaica, la nocciola tonda di Giffoni, i fichi bianchi, la mozzarella, l'olio e i vini. E' terra di autorevoli sapori il Cilento, dove spesso è bastato piantare (non senza fatica) un seme per ottenere un raccolto buono per il palato ma anche per il destino di intere comunità.
E' questa, in sintesi, la storia di due legumi che non a caso oggi portano il nome del comune di nascita (o forse è meglio dire "di rinascita"): il fagiolo di Controne e il cece di Cicerale.
Il primo è il risultato di un processo di lavorazione che nella Valle del Calore si perpetua da secoli. Semina a luglio, fioritura a metà settembre e raccolta fra ottobre e novembre. Fino alla sagra dell'ultimo fine settimana di novembre, durante la quale si vende la maggior parte dei 300 quintali prodotti ogni anno.
Ma perché tanto successo? Sicuramente la sagra, che si svolge ormai da 22 anni, è stata un buon trampolino di lancio. Poi giova il fatto che il prodotto ha ottenuto la DOC e ora è in attesa del riconoscimento dell'Indicazione Geografica Protetta (IGP). Il vero segreto è però nelle qualità organolettiche di questo legume completamente bianco, piccolo e tondo (qualcuno lo chiama "fagiolo-pisello"), nella capacità di tenere perfettamente la cottura, peraltro breve, nonostante una buccia quasi impalpabile, l'alta digeribilità e il sapore delicato ma inconfondibile. Per sentirlo appieno, il consiglio è di assaggiarli "al tozzetto", lessi in bianco e adagiati su una piccola fresella condita con olio extravergine. Ovviamente sono ottimi anche con la pasta, con la scarola o con la làgana, una sfoglia tirata a mano che lega altrettanto bene con i ceci di Cicerale.
Anche l'attività di valorizzazione messa in campo da questo comune - che nello stemma ha una piantina di ceci con la frase "Terra quae cicera alit" (terra vocata per i ceci) - ha dato i suoi frutti. Qui la produzione si era fermata, ma l'amministrazione locale in otto anni l'ha riportata a 300 quintali, distribuendo gratuitamente i semi e redigendo un severo disciplinare di produzione che prevede, fra l'altro, la coltivazione solo su terreni certificati per il biologico e il divieto d'innaffiatura, in modo che restino di dimensioni ridotte ma anche il sapore sia "concentrato". Impareggiabile quello dei ceci in insalata con polpi e frutti di mare.

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