Il più brontolone di questo viaggio, mio padre, non c‘è più.
Ha lottato per mesi contro i danni che un dannato e inatteso ictus gli aveva inferto, poi non ce l’ha più fatta.
E’ a te, papà, che dedico queste righe, so che il ricordo ti è dolce, anche se non me lo puoi dire.
La Norvegia è una di quelle mete che ogni amante dei viaggi sa di dover visitare prima o poi: il Grande Nord, i Fiordi, i ghiacciai, le montagne e l’acqua limpida dei ruscelli, le coste, capo Nord, le renne. E la Norvegia ripaga alla grande, non offre quella sensazione dolceamara di deja-vu, di posto che abbiamo visto tanto in fotografia e in televisione che sembra di esserci già stati.
Mi piacerebbe andare in Norvegia, ma è così cara… Sì, la Norvegia costa, soprattutto costano parecchio alcuni elementi del viaggio, primo tra tutti il noleggio della macchina; ci sono altre cose, però, che non incidono così pesantemente, come il pernottamento, se si sceglie di alloggiare nelle casette dei campeggi, o il vitto, sfruttando l’opportunità dei piatti unici. Allora la Norvegia diventa una meta tutto sommato accessibile, si punta verso Nord!
C'ERA UNA VOLTA UN PICCOLO TROLL…
…“E’ vero che il sole fa esplodere i Troll e li trasforma in pietra´” domanda Piccolo Troll. “Sì”, rispondono gli altri Troll, e le foreste sono piene di pietre coperte di muschio che somigliano a molti dei loro antenati. Ma un giorno, un amico di Piccolo Troll si trova in grave pericolo e solo Piccolo Troll può salvarlo; ma in cielo splende il sole…
Ogni leggenda, come ogni favola, ha bisogno della sua ambientazione, di un clima, di una luce, di tutti quegli elementi indispensabili a creare la giusta atmosfera, quella suggestione impalpabile che la rende veritiera e affascinante.
La leggenda dei Troll E' la Norvegia: montagne selvagge, la penombra dei boschi umidi e rigogliosi, la roccia e i torrenti, il buio dei lunghi inverni nordici e la luce scintillante dell'estate, il connubio con la Natura, poche luci, finestre illuminate di casette sparse nel verde.
Come la leggenda, anche la Storia è indissolubilmente legata alla terra. E questa è la terra dei Vichinghi, di cui rispecchia fedelmente il carattere forte e indomabile, il matrimonio con il mare, lo stretto legame con antiche tradizioni.
Oggi, la Norvegia è una nazione accogliente e turisticamente attrezzata, dove la maggior parte della attrazioni sono facilmente raggiungibili; ma la Norvegia migliore, quella fiera che esige rispetto, è quella "conquistata" con un minimo di sforzo e adattamento. Certo, Geiranger lo si può raggiungere con i comfort della crociera e sbarcare nel porticciolo con una di quelle piccole imbarcazioni-pulmann che fanno la spola tra il molo e la smisurata nave ancorata; ma se Geiranger lo si raggiunge dall’alto, dalla strada che, superati splendidi paesaggi montani scende a capofitto sullo splendido fiordo, la meraviglia e lo stupore per il grandioso spettacolo hanno tutt'altro sapore, sanno di meta conquistata, fanno gonfiare il cuore.
Come spostarsi
L’autonoleggio è la soluzione migliore, l’unica logica per chi non disponga di tempi illimitati. Ribadisco però di fare attenzione: i temi di percorrenza sono dannatamente superiori al previsto in rapporto alle distanze coperte.
Innumerevoli sono i traghetti che si prendono in un viaggio itinerante lungo la Norvegia. Perché non diventino un incubo, vanno affrontati con lo spirito giusto, come un’esperienza decisamente fuori dal comune ed un’opportunità di godersi il panorama non incorniciato dal finestrino della macchina. Con quest’ottica, ho trovato facile sopportare code, prezzi e orari e nessun tragitto sul mare mi è parso noioso, né tanto meno una perdita di tempo.
Negli uffici turistici è disponibile una piccola guida per zona con gli orari dei traghetti; perdere qualche minuto per cercarla può far risparmiare parecchio tempo!
Un’ultima annotazione: soprattutto in alta stagione è meglio assicurarsi il traghetto da Bødo a Moskenes: lo si può fare in internet, all’indirizzo www.ovds.no
Dove alloggiare
Viaggiando in 6 persone (5 adulti e mia figlia di 5 anni), la soluzione scelta per la maggior parte delle notti nella Norvegia “continentale” è stata il campeggio, più precisamente le casette presenti in ognuna delle innumerevoli strutture. Sono casette interamente in legno, interno ed esterno, con diversa capacità di posti letto, bagno, cucina, riscaldamento disponibile; le abbiamo trovate confortevoli e tutto sommato economiche, considerato appunto che viaggiavamo in tanti.
Io ho preferito prenotare tutto dall’Italia, via internet; non so sinceramente se trovare posto rappresenti un problema, certo è che questi campeggi sono veramente numerosi (ma non meno frequentati).
Oltre a queste, abbiamo provato altre sistemazioni che vale la pena di citare:
- A Bergen, esperienza decisamente positiva presso la Fjellsiden Guesthouse: siamo stati in un caratteristico appartamento all’ultimo piano, di un’elegante casa in legno bianco tipica del quartiere di Ovre, con vista a spaziare sui tetti e sul mare della città. (vd. link)
- A Ålesund, ci siamo permessi un hotel di buon livello, il Brosundet Gjestehus, vecchia casa elegantemente ristrutturata affacciata sul principale canale della città, tanto che come pubblicità dicono che si può pescare direttamente dalla camera. L’albergo è decisamente accogliente, peccato aver trovato personale al front-desk tanto maleducato! (vd. link).
- A Copenhagen, per chi come noi sia solo di passaggio, magari per lo scalo della Sterling Airline, una buona soluzione può essere lo Zleep Airport Hotel, molto vicino all’aeroporto: certamente niente più che essenziale, ma pulito e ordinato, oltre che con prezzi ragionevoli, tanto basta per chi debba sostare solo poche ore. (vd. link)
Una menzione a parte la meritano due luoghi diversi, a loro modo entrambe indimenticabili:
Prima di tutto il soggiorno nelle rorbu, palafitte in legno, riunite in piccoli gruppi a formare i suggestivi villaggi delle Lofoten. Nate come casette dei pescatori, oggi molto spesso ospitano i turisti alla ricerca di soluzioni caratteristiche e dal sapore intenso. Le rorbu offrono diversi livelli di comfort, anche se di norma si caratterizzano più per l’atmosfera che regalano che per i lussi della sistemazione.
Noi abbiamo soggiornato a Sørvågen, alla Lofoten Sjøhus & Rorbuer; non so come si stia altrove, noi siamo rimasti entusiasti, non fosse altro che per la posizione incantevole in una piccola silenziosa baia. (vd. link)
Dulcis in fundo, il coronamento di un sogno: la notte passata in un faro, precisamente al Kråkenes Fyr. Il faro è nell’isola di Vågsoy, posizionato su uno sperone di roccia alto una quarantina di metri sopra il mare, nella Norvegia centro-occidentale. Posto al termine di una strada splendida, prima asfaltata, poi sterrata nell’ultimo tratto, ospita turisti per pochi mesi all’anno in un ampio appartamento al secondo piano, all’altezza della lampada (visibile nel suo lampeggiare inquietante dalla finestra del bagno…); si può anche cenare al piano di sotto, noi abbiamo mangiato uno storico bacalao pescato da un enorme pentolone!
Difficile da descrivere l’emozione che si prova quando i pochi turisti lasciano il faro e il silenzio cala sulla luminosa sera! Noi abbiamo trovato una giornata con cielo blu e mare calmo, il chè ci ha permesso di andarcene beatamente sulla costa, passeggiando come in un sogno nella sera di fronte ad un tramonto senza fine; ma un’esperienza incredibile dev’essere sostare nel faro in un momento di burrasca: l’ospite, un tedesco di Amburgo, ci ha raccontato gli effetti devastanti della tempesta e ci ha mostrato una videocassetta girata appunto in un giorno di burrasca, quando le onde fanno letteralmente tremare la casa e gli spruzzi arrivano a bagnare le finestre (circa 40 metri di dislivello). Di lì a pochi mesi, il simpatico tedesco avrebbe dovuto decidere cosa fare della propria esistenza, se continuare la vita quasi eremitica del faro o tornarsene in Germania: superfluo dire cosa mi auguro abbia scelto…
Kråkenes Fyr si può trovare in internet in siti solo in norvegese, ma mandando una mail in inglese si ottiene risposta (almeno così è andata a me): tbickhar@online.no.
In cucina
La cucina norvegese tutto sommato non è male, di certo non rappresenta un problema. I ristoranti offrono piatti unici di norma gradevoli e a prezzi abbordabili.
Il piatto nazionale è il “bacalao”, vale a dire merluzzo cotto con pomodoro e un sacco di verdure: decisamente ottimo!
Scordarsi il vino: costa un occhio della testa ed i norvegesi, anche nei ristoranti di discreto livello, fanno errori per noi inconcepibili, come quella volta alle Lofoten che di fronte ad un monumentale bacalao abbiamo voluto toglierci lo sfizio di abbinare un buon bianco, per poi vederci servito un moscato dolce che faceva a pugni con il pesce, alla modica cifra di circa 30 euro. Ce lo siamo meritati…
Itinerario
Per una vacanza di poco più i due settimane, affrontare il viaggio in macchina partendo dall’Italia è una pazzia, sicuramente una bella avventura, ma praticamente un unico interminabile trasferimento.
Quindi, soluzione fly & drive, per me resta sempre la migliore.
Volo Bergamo-Oslo con Sterling, con scalo e pernottamento a Copenhagen, per essere ad Oslo la mattina presto e non perdere una giornata, visti gli orari sfavorevoli; rientro con Wideroe da Bodo, quindi volo Sterling Oslo-Bergamo, sempre via Copnehagen.
Solo pochi mesi dopo il nostro viaggio è stata inaugurata la tratta Bergamo-Oslo della Ryanair, unico volo diretto dal Nord Italia alla capitale norvegese, con arrivo all’aeroporto di Torp, un centinaio di chilometri a sud.
DECALOGO DEL TURISTA IN NORVEGIA, 10 idee buttate come vengono sull’onda del ricordo
1. Le strade sono lente, i chilometri tanti, i tempi di percorrenza sempre maggiori del preventivato
2. Per “vedere” la Norvegia da Oslo a Nordkapp, sono necessari 20 giorni, farlo in due settimane diventa un tour de force; disponendo di tempo ancora inferiore, molto meglio scegliere, rinunciando a qualche zona
3. Non è vero, come si dice, che la RV17 sia un concentrato del meglio della Norvegia; ne esprime al meglio alcuni aspetti, ma ci sono “altre norvegie” che meritano assolutamente, come la zona montuosa interna e la costa occidentale, per non dire delle Lofoten che sono un mondo a sé
4. Bergen non si può perdere, con tempo limitato Alesund non è invece imprescindibile, preferirei un giorno in più sulla costa
5. I fiordi non andrebbero solo “sfiorati” attraversandoli con il traghetto, ma percorsi nel senso della lunghezza, sia guidando lungo la riva, sia navigando (Narrowfjord e Geirangerfjord)
6. Traghetti, traghetti e poi ancora traghetti. Questa sequenza infinita di imbarchi e sbarchi che fa vacillare anche il più convinto appassionato di navigazione, in realtà è utilissima per spezzare il viaggio e , soprattutto, resterà difficile da scordare la sensazione di libertà data dagli ampi spazi e dall’aria fredda: stare fuori il più possibile, c’è sempre tempo per accontentarsi delle visuali “limitate” attraverso i vetri del bar
7. Alle Lofoten, organizzarsi per tempo per usufruire delle escursioni in gommone: durano parecchie ore e non tutti i giorni è organizzato lo stesso programma
8. Ancora, avendo problemi di tempo, trascurare la parte che da Oslo porta verso le montagne o verso la costa; sono interessanti, soprattutto l’Handargenvidda, ma dovendo fare una scelta… Piuttosto dedicare un paio di giorni alla costa occidentale, alle regioni di Sunnfjord e Sunnmøre
9. I ristoranti non sono carissimi come si dice, anche perché offrono piatti unici che saziano a sufficienza. Evitare di ordinare il vino, quello sì è veramente caro
10. Se interessati a musei di qualsiasi tipo, tenerne sempre presente gli orari di apertura nel calcolare i tempi di spostamento: in pratica, inutile arrivare in una città dopo la metà pomeriggio, non ci sarà più il tempo per entrare da nessuna parte.
Da non perdere
OSLO, I MUSEI
Della capitale non ho un gran ricordo. Il nostro programma non la prevedeva e solo all’ultimo abbiamo deciso di farci una scappata, giusto qualche ora per dare un’occhiata. La mia fugace impressione è che il centro si possa tranquillamente tralasciare, non presenta né gioielli architettonici di rilievo, né quella vitalità che sinceramente mi aspettavo, soprattutto sulla spianata di fronte al porto.
Veramente notevole, invece, la zona dei musei, la penisola di Bygdøy, dove si trovano le migliori collezioni cittadine. Per la già citata ristrettezza di tempo, siamo entrati solo nel Vikingskipshuset, il Museo delle navi vichinghe, che si è rivelato una piacevole sorpresa, molto al di là delle aspettative; la sensazione, però, è che l’intero complesso museale sia interessante, a cominciare dal Norsk Folkemuseum, che si intravede dalla strada, il più grande e importante museo all’aperto dedicato alla vita tradizionale norvegese.
Purtroppo, abbiamo mancato la visita del Parco Vigeland, che mi si dice sia l’attrazione migliore della città, reso famoso dalle numerose statue che lo popolano.
HANDARGENVIDDA, FREDDO PRIMORDIALE
La strada da Oslo alla costa purtroppo si traduce quasi sempre in un trasferimento, a meno che non si disponga davvero di tanto tempo.
Noi abbiamo scelto il percorso basso, passando per la valle Hallingdal, sinceramente non un granché, pur essendo descritta con discreta enfasi dalle guide.
Passate le località turistiche di maggior richiamo (Gol, Geilo) con sempre troppa fretta rispetto a quello che meriterebbero, si aprono gli sconfinati spazi dell’altopiano Hardargenvidda, una regione aspra, desertica, fredda da far paura, ma affascinante. La strada ne percorre i margini, lasciando solo intravedere l’enorme distesa di erba, sassi, laghi e torrenti, in un susseguirsi di leggeri rilievi collinari.
Oltre che “casa” di grandi branchi di renne selvagge, Hardargenvidda è un paradiso per fondisti ed escursionisti, comunque molto molto lontano dalla nostra concezione di zona turisticamente accogliente. Mi sarebbe piaciuto gustarne il carattere primordiale, ma a dire il vero l’altopiano non si presta per passeggiate mordi e fuggi: certo, si può parcheggiare la macchina ovunque e cominciare a camminare, ma non esistono mete rapidamente raggiungibili, per “entrare” nel luogo vanno organizzate escursioni di medio-lunga durata.
BERGEN, UN’EMOZIONE IN LEGNO
Che Bergen sia la più bella città norvegese, non c’è alcun dubbio; che sia anche il luogo più affollato di turisti, anche.
Il massiccio afflusso di visitatori non è comunque tale da intaccare il fascino della città, fiabescamente adagiata sulle colline che digradano verso il mare.
Cartolina di Bergen è tradizionalmente il pittoresco quartiere portuale di Bryggen, il nucleo antico interamente costruito in legno e ottimamente conservato che riporta ai fasti medioevali di quando la città era parte della Lega Anseatica. Ma davvero piacevoli sono anche la zona che sovrasta il porto, un vero dedalo di viuzze dove le case, risalenti al XIX secolo, sono tutte in legno colorato di bianco, e la vivace parte più recente, con il celeberrimo mercato del pesce che affolla il molo.
Il mercato del pesce di Bergen, forse il punto più turistico della Norvegia, è più piccolo di quanto ci si immagini, solo qualche bancarella sulla piazzetta in riva al mare denominata Torget, dove insegne in tutte le principali lingue turistiche offrono tutte i medesimi prodotti: salmone, salmone, salmone e poi crostacei, carne di balena ed altro pesce in genere. Comunque, al di là di quello che si può immaginare, i gentilissimi addetti (tutti parlano un italiano perfetto, anzi, secondo me molti avevano l’aria di essere ragazzi italiani “arruolati” ad hoc) vendono a prezzi realmente inferiori a quelli a cui noi siamo abituati pesce di ottima qualità per chi abbia la possibilità di cucinarlo.
Bergen in una giornata è vista e rivista tutta, a meno che ovviamente non si dedichi parecchio tempo nei musei. E’ raccomandata la gita in funicolare per godere del panorama della città: noi non ci siamo andati, anche perché già alloggiavamo in una casa dalla quale già si godeva di una splendida vista sul porto.
Per chiudere, per chi abbia intenzione di fare acquisti, anche se si è all’inizio della vacanza io consiglierei vivamente di pensarci già a Bergen dove, a parte i negozi di souvenir che sono uguali in tutta la nazione, vi sono decisamente più possibilità per lo shopping che altrove (anzi, lungo il nostro percorso direi che negozi interessanti li abbiamo trovati soltanto a Bergen e a Trondheim).
FJORDLAND, L’ACQUA
Nell’entroterra di Bergen entra in scena la magia della Norvegia, di quella Norvegia che abbiamo visto mille volte in fotografia con il mare che si insinua tra montagne verdissime, con i panorami magnifici che ad ogni curva dovresti fermarti per scattare una foto, con le cascate.
Già, le cascate, chissà perché mi affascinano così tanto.
La Norvegia è il paese delle cascate, soprattutto nei mesi in cui il disgelo rovescia acqua dai ghiacciai lungo gli innumerevoli corsi d’acqua che tagliano i fianchi delle montagne. Le più famose del Fjordland sono Vøringfoss, lungo la strada per Bergen, veramente spettacolare e meritevole di una sosta, e Afdal, nello splendido scenario verde della valle a nord di Voss, verso Balestrand e Sogndal.
A proposito, una nota utile: il viaggiatore che intenda raggiungere Sogndal con il traghetto che da Gudvangen percorre tutto il Naerofjorden tenga presente che le partenze con trasporto macchina sono poche nella giornata e conviene procurarsi per tempo un orario (disponibili nei frequenti uffici turistici) prima di deviare dalla Strada n.13 per raggiungere l'imbarco a Gudvangen. Altrimenti, l’unica alternativa giunti a quel punto resta il il più lungo tunnel stradale del mondo (17 + 25 km) recentemente inaugurato e che presenta interessanti soluzioni architettoniche (oltre ad essere gratuito), ma che non può chiaramente reggere il confronto con l’alternativa della navigazione sul fiordo.
Nella zona si trovano alcune tra le più visitate “stavkirke”, le celebri chiese in legno scuro norvegesi. Le chiese sono indubbiamente affascinanti, molto particolari e suggestive. Internamente, abbiamo visitato una delle più note, quella di Urnes, che si raggiunge dopo il breve tratto in traghetto che attraversando l’ultimo braccio del Sognefjorden collega l’incantevole villaggio di Solvorn, con la sponda opposta, sulla quale va affrontata una salita a piedi di una ventina di minuti. Non siamo entrati in altre chiese; un po’ per i ristretti orari di apertura (vd. Note dolenti), un po’ perché scoraggiati dal biglietto di ingresso (40 Corone, circa 5 Euro a testa) che ci è parso eccessivo per la visita di interni piccoli e privi di particolari bellezze artistiche, soprattutto agli occhi bene abituati di noi italiani.
E i fiordi´ Sono come ci si aspetta, anzi forse come quei posti che abbiamo visto tante volte in fotografia e alla fine dal vivo lasciano un pizzico di delusione che fatichiamo a confessare.
Comunque sono bellissimi, in particolare quando con la luce del sole si accendono in mille colori, sfumature, riflessi e scintillii. Francamente mi aspettavo di più dal Sognefjorden, ma il problema anche in questo caso è che i tempi di trasferimento non consentono di godere appieno delle bellezze della regione: bisognerebbe sostare sui fiordi, magari dormirci per qualche giorno, salire sulle montagne a piedi e godere della tranquillità assoluta della Natura, insomma non essere soltanto spettatori di passaggio.
Discorso a parte merita il Geirangerfjord, classico itinerario da percorrere in traghetto con partenza da Geiranger e arrivo a Hellesylt dopo un’ora di navigazione circa (o viceversa); il panorama è da togliere il fiato, le fotografie che si scattano innumerevoli, insomma, questa escursione è arci-nota e la celebrità è tutta meritata. Il problema, come ho già detto, nasce proprio dal fatto che nessuno viene in Norvegia senza andare a Geiranger e questo fa sì che la testa del fiordo divenga un angusto parcheggio per le enormi navi da crociera che si addentrano dal mare aperto; e il discorso non è l’essere snob o poco tolleranti, a nessuno può far piacere vedere questi “mostri” del mare che rilasciano puzzolenti scie di fumo nelle manovre per districarsi attorno al molo e vomitare continuamente gente sulla ristretta banchina, suonano sirene, appestano l’aria limpida e distruggono il silenzio nel fiordo.
Le mie preferenze vanno al Nordfjorden, sia nella parte più “interna” che finisce con l’amena baia di Loen, sotto la lingua Kjenndalsbreen dell’area glaciale Jostedalsbreen, sia verso il mare, dove il paesaggio si fa ancora meno abitato, se possibile, e il vento della costa spazza il cielo terso e sostituisce nell’odore e nei colori l’aria fredda delle montagne.
JOSTEDALSBREEN, IL REGNO DEL GHIACCIO… E DEI TROLL
Che bello l’interno della Norvegia!
Ci si aspetta tantissimo dai fiordi, dalla costa e dalle immagini canoniche della Norvegia, chissà perché non si parla nei dovuti termini delle montagne: stupende, spettacolari sia negli aspetti a noi meno familiari, come i ghiacciai, le altissime cascate e la vegetazione rarefatta a bassa quota, sia nelle parti che sono per noi più comuni, come boschi e torrenti, che qui trovano qui la massima espressione.
I boschi sono sconfinati, silenziosi, umidi e profumati, la vegetazione verde e rigogliosa ovunque; i torrenti sono impetuosi, cristallini o dell’azzurro pastello dell’acqua che esce dal ghiacciaio, il panorama è tanto più ampio (se non è coperto dalle nubi) quanto più ci si sposta verso nord; i paesi sono rari, trasmettono poco calore a dire il vero, ovunque nelle case o nelle capanne dei campeggi la stufa a legna è accesa, l’umidità è davvero tanta…
Gli itinerari più frequentati risalgono da Bergen verso l’interno per raggiungere in diverse direzioni Ålesund, o Trondheim, o le località turistiche di Balestrand e Andalsnes. Noi abbiamo attraversato in macchina il massiccio montuoso del Dovrefjiell Nasjonalpark, lungo la Sognefjellet, la strada dei ghiacciai, una delle principali vie panoramiche della Norvegia che consiglio vivamente di non perdere: purtroppo non abbiamo trovato un tempo clemente e ci siamo dovuti accontentare della suggestione di attraversare nuvole, pioggerella e sprazzi di sereno in un paesaggio che abbiamo potuto solo intuire essere davvero grandioso. Lo spettacolo è nelle montagne, nei ghiacciai e nei laghetti, in questa strada che si inerpica tortuosa e poi percorre altopiani selvaggi; le possibilità di fermarsi per un’escursione sono innumerevoli, ma il freddo pungente, oltre alla pioggia sottile, ci ha scoraggiato e non siamo andati oltre fugaci soste ai bordi della strada.
Discorso a parte meritano i ghiacciai. Subito un’avvertenza da tenere presente. I ghiacciai in Norvegia sono vicini e accessibili (così come “abbordabili” sono le escursioni sul ghiaccio, da organizzare in loco), ma il tempo necessario è comunque parecchio, sempre troppo per chi ha le ore contate: la strada è ovviamente lenta, in alcuni casi sterrata, i pochi chilometri che separano i parcheggi dalle lingue sono da percorrere a piedi e quindi richiedono tempo, le barche per attraversare i laghetti sottostanti al ghiaccio hanno degli orari e possono non essere immediatamente disponibili.
Detto questo, ci siamo avvicinati alla lingua Nigardsbreen in una giornata di mezzo sole che faceva brillare di azzurro le propaggini dell’immensa colata bianca: lo spettacolo, inutile dirlo, è grandioso e ben difficile da raccontare. Dal parcheggio si prende una barchetta che attraversa il laghetto di un azzurro chiarissimo e si percorre poi un sentiero per avvicinarsi al ghiaccio: il percorso è facile e accessibile a tutti, anche per i bambini (mia figlia ha trovato molto divertente “scovare” i segnali di vernice che delimitano il sentiero e attaccarsi alla corda che facilita la piccola salita dell’ultimo tratto).
Da Loen, vinta la stanchezza della giornata, non abbiamo voluto perdere la Kjenndalsbreen, la lingua ghiacciata che scende sull’altro versante Jostedalsbreen. Qui è tutto meno organizzato, addirittura il pedaggio per percorrere l’ultimo tratto di strada si paga in una sorta di cassetta delle lettera in cui lasciare i soldi richiesti (e la battuta va subito ovviamente a quanti in Italia lascerebbero i soldi in assenza di controlli); purtroppo non c’era sole e i colori non erano gli stessi già visti altrove, ma le emozioni sono state comunque vive e i panorami, soprattutto lungo la strada ed il sentiero di avvicinamento, spettacolari.
La piccola Matilde sul sentiero si è a dire il vero un po’ arrabbiata, perché alcuni Troll dispettosi, tramutati in sassi, l’avevano fatta inciampare più volte. Il bosco norvegese è la casa dei Troll, e nella penombra degli alberi, o sulle rive bagnate del torrente, ti sembra veramente di poterne scorgere nei sassi le buffe sagome; e allora ti accorgi che mentre discuti con Matilde dei suoi Troll dispettosi, soli in una valle incantata camminando su un muschio che pare un cuscino di velluto verde, ad un certo punto non ti sembra neanche più di parlare delle fantasie di un bambino, tutto è così magico e così reale…
Per chiudere il capitolo, un messaggio a chi, come tutti, pensi che l’interno della Norvegia sia il passaggio necessario per vedere coste e fiordi, o per arrivare a Nordkapp: non lo è nel modo più assoluto, le montagne meritano veramente attenzione, sono da ammirare, da camminare, da ascoltare, da annusare, da vivere a polmoni spalancati.
LA COSTA: IL MARE, IL VENTO, IL VICHINGO
La montagna norvegese ha come detto una sua dignità, ma la Norvegia senza il mare non è la Norvegia e la costa è la parte che ho preferito, forse per la passione per il mare del nord che negli anni mi ha portato a visitare parecchi Paesi che abbiano mare freddo e coste ventose.
Bergen e fiordi a parte, abbiamo incontrato il mare arrivando all’isola di Vågsoy tramite il ponte che la collega alla terraferma, destinazione il faro di Kråkenes.
La costa norvegese è drammaticamente frastagliata, scogliere si alternano a baie con splendide spiaggette, il mare può essere di un bellissimo blu, ma anche grigio molto scuro, i paesi sono pochi e sentono tremendamente di mare, per non dire di pesce…
L’isola di Vågsoy è fuori dagli itinerari più frequentati, ma solo per questioni geografiche, visto che è stupenda anche solo da percorrere in macchina, ammirando panorami eccezionali in una luce decisamente inusuale per noi. Ad accogliere i visitatori, direttamente al termine del caratteristico ponte moderno che collega l’isola alla terraferma, si trova la cittadina di Møyå, un piccolo centro di pescatori, in cui tutto è permeato dello stesso odore del mare. Nel nucleo centrale due passi si fanno volentieri; mi è rimasto impresso un negozio, più che altro un magazzino, in un vicolo laterale: vendono articoli marinari, compresi capi di abbigliamento da barca che qui da noi sarebbero richiestissimi, come quelli della marca Helly Hansen (norvegese) a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli praticati in Italia.
Sull’isola, abbiamo intrapreso la “passeggiata” verso il faro di Skongsnes, definita “easy and short” sia dal locale ufficio turistico che da alcuni residenti interpellati; in verità, la passeggiata è più un’escursione e richiede circa due ore di camminata, con un continuo saliscendi discretamente impegnativo. Certo che alla fine il paesaggio è grandioso. Ho raggiunto Skongsnes da solo, gli altri li “ho persi” strada facendo, mi sono seduto sulle rocce in cima al promontorio e ho ascoltato il canto del vento: tutt’attorno il mare, blu, in alto nel cielo, due aquile a volteggiare urlando. Fantastico!
Quindi abbiamo raggiunto Kråkenes Fyr, il “nostro faro”, una delle più affascinanti esperienze della mia breve vita di viaggiatore. Il faro, posto su uno sperone roccioso a picco sull’oceano, è raggiungibile al termine di una lunga strada, in parte sterrata.
Ne ho parlato nella Sezione apposita: il luogo ci è rimasto nel cuore, questo è chiaro, quindi ho disseminato il mio racconto di informazioni e aneddoti che lo riguardino, Per non dilungarmi, mi limiterò a sognare scrivendo, riguardandomi nella pagina di word che sta davanti a me le immagini della sera che scende sul mare, del tramonto che sembra non finire mai, della passeggiata sulla strada nel silenzio assoluto, noi, i gabbiani e il mare.
Ålesund è una bella città, piacevolmente adagiata sul tratto di mare che penetra tra le case creando effetti suggestivi da "città d'acqua"; di certo, però, non è Bergen, e mi sembra quanto meno incauto il giudizio di chi (secondo la Lonely Planet) la reputa addirittura superiore.
Ålesund l’abbiamo vista per poche ore arrivando nel pomeriggio, il ché ci ha negato la possibilità di visitare i musei cittadini, tra cui l’importante Sunnmøre Museum; in questo modo abbiamo però potuto spendere del tempo al relax, prima in albergo, poi passeggiando senza meta (in verità la strada interessante è una sola), con un occhio a vetrine e bancarelle.
Fortunatamente, in una splendida giornata di sole abbiamo potuto godere della vivacità della Alesund serale, quando un sacco di gente si riunisce sulle barche ormeggiate sulla "via" principale per cenare, fare due chiacchere, cantare; noi ci siamo fatti una birra in un pub centralissimo: 10 di sera, sole ancora ben visibile in un cielo blu, tante barche, l'idea della classica sera in cui i norvegesi sembrano voler sfuggire al buio del lungo inverno artico e si godono queste giornate interminabili per raccogliere tutti i raggi di sole possibile.
Purtroppo, i soliti limiti di tempo ci hanno impedito di fermarci oltre lungo la costa che sta “sopra la pancia” della Norvegia, quella di Kristiansund o della Strada Atlantica, e ci hanno imposto un’interminabile lunga traversata orizzontale (lo spostamento più lungo della vacanza) fino a Snåsa, in cima al lago omonimo.
Mi preme citare Trondheim, che abbiamo visitato più per una sosta quasi alla fine del percorso (quasi alla fine secondo la cartina, in verità l’ultimo tratto ha richiesto più di tre ore). La città è stata decisamente una bella sorpresa, l’abbiamo apprezzata sicuramente più di Alesund: è molto viva, con un centro nel conservato e comunque oggetto di iniziative di riqualificazione, direi che Trondheim sembra avere un carattere non strettamente norvegese, sarà per la splendida cattedrale gotica, sarà perché ci è parsa meno “fredda”, insomma ci è piaciuta e consiglierei di passarci una mezza giornata abbondante.
RV17, LA STRADA DELLA NORVEGIA
Per spostarsi verso nord, la maggior parte dei turisti segue l'itinerario più comodo e veloce della E6. Peccato che solo una minoranza scelga di risalire la Norvegia lungo la costa, nello splendido scenario di mare, isole, promontori, paesi di pescatori, insomma nell'essenza di Norvegia che la costiera RV17 può offrire.
Anzi, a pensarci bene è una fortuna che non ci passino tutti.
La RV17 parte dopo Trondheim, ma noi l'abbiamo imboccata un poco sopra, dopo il soggiorno a Snasa. A proposito, è il caso di fermarsi per un secondo per constatare come in Norvegia posti come Snasa, certamente non i più frequentati dai turisti, avrebbero invece tutte le caratteristiche per meritare una sosta di qualche giorno: natura incontaminata, boschi incantevoli con renne e alci, un lago blu, spazi enormi. Tra l’altro nelle vicinanze, a Steinkjer, vengono organizzati safari a piedi che conducono in qualche ora alla scoperta degli alci; per chi abbia tempo, credo sia una bella occasione.
Prima di imboccare la Strada Costiera, abbiamo risalito per un attimo la E6 fino al Fiskumfossen, un centro dedicato al re del torrente, il salmone, con tanto di museo e allevamento.
Gli appassionati di pesca, magari invogliati dalle strabilianti fotografie di “pesche miracolose” esposte nel piccolo museo, possono cimentarsi in un ambiente straordinario, in un fiume limpido dove a occhio nudo si possono scorgere i salmoni saltare, impegnati nella risalita della corrente.
In teoria ci sarebbe anche una bella cascata, ma solo in teoria, perché la regolazione dell’acqua è artificiale e può succedere, come a noi, di trovarsi la cascata completamente asciutta, senza né avvisi all’ingresso né scuse alla biglietteria (né tanto meno la riduzione del prezzo di entrata).
Tornando alla RV17, uno dei luoghi di sosta più caratteristici è Brønnøysund, che la Lonely definisce una piacevole sorpresa. Secondo me, in verità il paese ha davvero poco del centro vivace: due vie, un improbabile centro commerciale, un bar e poco altro. Piuttosto, la bella sorpresa è rappresentata dal mare, che qui nel sole assume colori incredibili, di un azzurro pastello che mai e poi mai avrei creduto di trovare a queste latitudini, qualche casa rossa, vivaci barche tintinnanti nel porticciolo.
E poi, la fortuna di essere il punto di accesso via terra ad una delle meraviglie di questa terra: il Torghatten.
Il Torghatten è un enorme antro, un buco nella montagna, una sorta di galleria scavata nella montagna a mezza altezza, un terrazzo naturale ineguagliabile sul mare sottostante punteggiato di isolette. Lo si raggiunge con una passeggiata in salita di un quarto d’ora circa, comunque accessibile praticamente a tutti, e lo spettacolo che attende i visitatori vale sicuramente un poco di affanno.
Nella zona, si rende necessario prendere tre traghetti di fila, uno dopo l’altro, con partenza da Holm, da Horn e da Forvik (quest’ultimo tratto dura circa un’ora per raggiungere Tjøtta). Si crea in questo tratto di strada una curiosa carovana: le macchine sulla strada e le persone che si incontrano sui traghetti sono praticamente sempre le stesse, perché tutti seguono lo stesso itinerario e hanno gli stessi orari. Questo può però portare ad inconvenienti antipatici: per esempio noi, essendo saliti tra i primi sul secondo traghetto, ci siamo trovati tra gli ultimi a scendere e il traghetto successivo è partito lasciandoci “a piedi”, dopo lunga e tesa colonna, imprecanti insieme a 4 – 5 altri sfortunati fermi in prossimità del molo di Forvik per 2 ore e costretti ad arrivare a Tjøtta quasi alle 11 di sera. Niente paura, però: il ristorantino che si trova giusto alla partenza dei traghetti prepara un’ottima Lofoten fiskesuppe in un’atmosfera amichevole e le due ore passano in allegria.
In direzione nord, il Circolo Polare è una di quelle tappe fondamentali che inducono emozioni forti. E’ vero, è affollato di turisti, spesso anche piuttosto fastidiosi e palesemente inadatti al luogo, ma è il Circolo Polare!!
Basta attendere un attimo, per noi è stato sufficiente lasciare che partisse il pullmann di anziane turiste francesi perché tutto rientrasse nell’atmosfera che ci attendevamo, il freddo, i grandi spazi, il vento che “pela” la terra, chiazze di neve qua e là; e poi le immancabili foto davanti al “monumento” che segna il passaggio del Circolo: saremo stati anche i soliti turisti, va bene, d’altro canto ci sono occasioni in cui ne può valere la pena.
Sempre più su, tappa ultima del nostro spostamento verso il Polo, si trova un altro gioiello indimenticabile: il ghiacciaio Svartisen, un luogo unico, assolutamente non una copia di quelli visti precedentemente.
Innanzitutto raggiungere il ghiacciaio richiede tempo, meglio prendersi una mezza giornata buona per la visita; la strada che si stacca dalla E6, prima asfaltata e poi sterrata, impegna per un’oretta circa, segue l’attraversamento in barca del lago in testa alla valle e, infine, un’atra ora e mezza di camminata per arrivare al ghiaccio vero e proprio ed al laghetto sottostante. Il tutto in un ambiente decisamente nordico, quasi lunare, tanto affascinante quanto da affrontare con rispetto e cautela. La salita verso lo Svartisen avviene lungo un sentiero roccioso, delimitato da curiosi paletti segnavia sorretti da sassi con una bandierina rossa consunta dal clima poco generoso. Arrivare al ghiacciaio è una gioia enorme, un’emozione pura; non abbiamo avuto la fortuna di assistere al distacco di un blocco di ghiaccio nell’acqua, come d’estate talvolta avviene, ma è bastato restare per un po’ (sempre troppo poco tempo, quanto avrei voluto starmene lì per ore ed ore!) ad ammirare un simile spettacolo della Natura per restarne veramente affascinati.
Infine Bødo, dove il nostro itinerario esaurisce la fase di risalita della Norvegia, vivace cittadina portuale utilizzata come trampolino di lancio verso il mondo straordinario delle Isole Lofoten.
ISOLE LOFOTEN
Immaginate una manciate di montagne, verdi e appuntite, buttate in fila nell’acqua come i fulmini lanciati da un Giove arrabbiato; immaginate che il verde sia contornato da un mare di un azzurro incredibile oltre il Circolo Polare e che i due colori siano interrotti solo dal bianco delle lingue di sabbia e dai colori vivaci delle casette in legno. Immaginate l’urlo dell’aquila, l’aria impregnata dell’odore acre del merluzzo, lo sbuffo delle orche nel fiordo, una strada che corre stretta nel verde ed un sole rosso che non tramonta mai…
Queste sono le Lofoten, senza il minimo dubbio un posto che lascia il segno, senza il minimo dubbio la parte più incredibile degli spettacoli ammirati in Norvegia.
Subito un consiglio: prendete più tempo, indipendentemente da quello che avete progettato, prendete più tempo; un po’ perché ho sentito solo persone che si rammaricavano di averne avuto troppo poco a disposizione, un po’ perché l’escursione che reputo più interessante, quella in gommone, impegna per diverse ore e non è effettuata giornalmente, un po’ infine perché succede che una pioggia incessante ridimensioni tutti i programmi di una giornata, come è successo a noi. Direi comunque di non dedicare alle isole meno di tre giorni e tre notti.
L’arrivo serale, dopo tre ore circa di traversata (a proposito, non ci si aspetti chissà che servizi per la navigazione, il traghetto è tale e quale a quelli che attraversano i tratti mare più brevi a sud, lungo la costa), è qualcosa di strepitoso: lo “skyline” delle isole si staglia nel tramonto, il mare si tinge d’oro da una parte e grigio scuro dall’altra, scorgere i paesini man mano ci si avvicina è eccitante.
Alloggiare nelle rorbu è di per sé un’esperienza affascinante: ti svegli al mattino, apri la finestra e la casa viene invasa da un acre odore di pesce; esci sul molo e senti odore di pesce; mangi fuori di sera e qualsiasi cosa sa di pesce; la notte, nel letto dei bei sospironi al pesce…
L’isola migliore è probabilmente quella più a sud e più impervia, Moskenes, ma anche le altre sono estremamente affascinanti, se si eccettua forse la zona centrale un po’ più piatta.
I centri abitati di maggior fascino sono segnalati dalle guide, minuscoli villaggi di casupole rosse in legno costruite direttamente sull’acqua: io segnalerei Å, sulla punta meridionale dell’arcipelago, con il museo del merluzzo, Nusfjord, simbolo dei paesini delle Lofoten, Haennigsvaer, un poco più grande, quasi una cittadina, e Reine, adagiato nella splendida baia.
Come consigli pratici, direi che è importante recarsi al più presto agli uffici turistici per prenotare le già citate escursioni in gommone: io ne ho trovato uno a Moskenes, presso l’ufficio turistico in parte al molo dove attraccano i traghetti, e diversi a Henningsvaer.
Vale la pena, inoltre, di salire un poco verso nord, fino a Bøstad, per visitare il museo vichingo, interessante ricostruzione della vita del leggendario popolo del nord, con tanto di nave attraccata sul lago, sulla quale potersi cimentare in una remata “medioevale”.
Infine, per una passeggiata sulla spiaggia il pensiero va immediato alle due spiagge gemelle presso Ramberg, due mezzelune di sabbia bianca contornate da montagne verdissime; qui ho trovato colori pazzeschi, quasi irreali nell’aria sottile: cupi, quasi bui con nuvole basse e minacciose e il mare grigio scuro, e vivi all’apparire del sole, vivi di una luce che accende tutto, il verde dei monti e soprattutto l’acqua del mare che si fa di un celeste caraibico.
Non abbiamo certo mancato di gustarci il sole di mezzanotte, visto da uno dei punti consigliati dalla Lonely, una spiaggetta sulla la punta di Myrland. E’ stata un’esperienza davvero intensa, come non avrei mai creduto, difficile da spiegare: una grande sensazione di serenità e di intimità condivisa, come se i nostri corpi fossero in grado di assorbire tutta l’energia dei raggi di quel sole; il pensiero di aver “guidato” la mia famiglia fino su quella spiaggia, completamento di un viaggio bellissimo, è per me motivo di profonda gioia.
Salire sul traghetto e guardare le Lofoten allontanarsi non è stato facile…
Curiosità
* La leggenda vuole che il Torghatten altro non sia che il cappello di un re, bucato dalla freccia del cavaliere Hestmannen indirizzata alla principessa Lekamøya che l’aveva rifiutato. Il cappello, cioè il Torghatten, aveva naturalmente funzionato da scudo salvando la principessa.
* Sono rimasto impressionato dal muschio norvegese: soffice e alto in misura incredibile, camminandoci sopra sembra davvero di passeggiare su un tappeto di cuscini.
* Il mare dell’isola di Vågsoy, nelle vicinanze di Kråkenes Fyr, è particolarmente agitato e ostico per le imbarcazioni. Tanto che esiste una località, un breve istmo di terraferma chiamato con una parola che non ricordo ma che significa “passaggio”; anticamente, infatti, i popoli vichinghi usavano sollevare di peso le navi e trasportarle a mano dall’altra parte, piuttosto che circumnavigare la penisola affrontando la furia delle acqua.
* Sempre a proposito del Kråkenes Fyr, nelle immediate vicinanze sono visibili i resti di quello che doveva essere un piccolo molo. La storia racconta che i tedeschi, durante l’occupazione della Seconda Guerra Mondiale, cominciarono a costruire un porticciolo, incuranti dei consigli degli abitanti, per i quali il mare avrebbe spazzato tutto; i tedeschi, per dimostrare tutta la loro potenza, non vollero sentire nulla e… le onde si portarono via il molo. Questa storiella piace ai norvegesi del luogo, che si compiacciono di come la loro Natura sia riuscita ad avere la meglio sull’odiato invasore.
Note dolenti
ORARI: Capisco e per molti aspetti condivido la scelta di terminare la giornata lavorativa presto, negozi compresi, ma chiudere gran parte dei musei alle 16,30 mi è sembrato sinceramente eccessivo, soprattutto nella stagione estiva, quando la sera arriva con tanta lentezza e con il sole la gente se ne sta beatamente fuori anche fino alle 23.
AUTONOLEGGIO: La nota dolente riguarda non tanto la Norvegia quanto la Sixt Car Rental. La mia vicenda:
1) il sito internet della Sixt indica automaticamente, in corrispondenza di un certo luogo in cui viene prelevata l’autovettura, altri luoghi in cui è possibile rilasciarla, indicando il prezzo e consentendo di terminare la prenotazione, alla quale viene data successiva conferma (almeno questo avveniva nel 2004); nel mio caso, ritiro a Oslo e rilascio a Bodø. Senonchè, passato qualche giorno (dopo che sulla base di un noleggio macchina così strutturato avevo prenotato i voli), mi arriva comunicazione per cui il rilascio in luogo diverso da Oslo è sì possibile , ma previo pagamento di una penale parecchio onerosa, dapprima non comunicata. La Sixt ha poi riconosciuto l’errore ed ha accettato di pagare la metà di detta penale.
2) Giunti in aeroporto a Oslo, ci viene detto al banco dell’autonoleggio che la Sixt nientedimeno non opera più in Norvegia, avendo interrotto da qualche mese la collaborazione con altra compagnia di autonoleggio sulla quale si appoggiava precedentemente. L’addetto ci dice candidamente che può sì darci la macchina, ma è costretto a farcela pagare di nuovo, salvo poi la possibilità per noi di rivalerci con Sixt. A seguito di estenuanti preghiere, il cortese impiegato accetta il nostro noleggio pre-pagato e si prende carico di sistemare le cose con la sua compagnia, ma questo solo grazie alla sua gentilezza.
Mi sono dilungato forse eccessivamente; però ritengo che queste informazioni siano utili per chi, come me, organizzando le proprie vacanze in rete si trovi a scegliere tra le numerose offerte disponibili.
ONESTA'´: i nordici sono educati, i nordici sono onesti, i nordici sono corretti e non si approfittano dei turisti. Io l’ho sempre detto, però in Norvegia mi sono trovato di fronte a situazioni che mi hanno lasciato perplesso: ho dovuto fronteggiare due tentativi di cambio delle tariffe in albergo rispetto a quanto concordato (e scritto) e, soprattutto, mi sono salvato da due resti clamorosamente sbagliati dai negozianti, con situazioni che facevano pensare a tutt’altro che alla buona fede!
Io sono un convinto assertore dei suddetti luoghi comuni, ma cavolo di trovare in Norvegia negozianti e albergatori che cercano di fregare il turista proprio non me l’aspettavo!!
ANIMALI: Forse ho solo avuto sfortuna, ma in tutta la Norvegia ho visto solo due volpi; niente renne, niente alci, non parliamo di orsi, sinceramente mi aspettavo di più
BAMBINI: Altro classico luogo comune riguarda le fantastiche strutture, i giochi e le attenzioni che i Paesi nordici dedicano ai bambini. Beh, forse in Norvegia saranno attenti ad altri aspetti magari molto più importanti per i bimbi, ma di giochi nei parchi, negozi o cose simili non ne ho davvero visti. Certo, è molto meglio che un bambino corra in un bosco o giochi sulla riva di un torrente piuttosto che si perda tra scivoli e passerelle di legno, ma vallo a spiegare ad una bimba di 5 anni che si è magari sorbita buona buona diverse ore di macchina!