Mathura, Vrindavan e Goverdhan sono località connesse al culto del dio Krishna. La leggenda ci racconta che Krishna nacque a Mathura, passò la giovinezza allegramente con le fanciulle-pastorelle di Vrindavan fra le quali la sua preferita era Radha e sconfisse il dio Indra a Goverdhan quando quest’ultimo, per punizione, aveva fatto piovere per sette giorni accusando la popolazione di dare più importanza ai lavori piuttosto che dedicarsi ai sacrifici per il dio Indra. A quel punto, per salvare gli esseri umani e animali, Krishna sollevò la collina di Goverdhan sul suo mignolo, radunò i suoi protetti sotto la collina come fosse un ombrello, e aspettò finchè Indra, stanco, cedette di interferire e smise di piovere.
Questi sono posti di pellegrinaggio molto venerati dai seguaci di Krishna in tutto il mondo. Il culto di Krishna è basato principalmente sulla devozione e sul canto del nome di Krishna e di Radha, e quindi in questi luoghi si avverte un notevole fervore religioso.MATHURA conta un grande numero di templi di tutte le dimensioni, in ognuno dei quali si sente cantare, dal vivo oppure da una audio-cassetta; per strada una banda musicale, quelle di solito riservate per i matrimoni, canta il nome Radhe-Radhe a suon di tamburi e tromboni. Alla sera i devoti scendono verso i ghat sullo Yamuna affollandoli per assistere alla cerimonia dell’aarti: il Vishram Ghat è quello che richiama più devoti in assoluto. Un sadhu spinge un carrettino pieno di kulfi [il gelato indiano] e per renderlo più visibile accende le lampadine intermittenti che illuminano la scritta sul suo mezzo “Radhe Radhe”.
La città di Mathura è disgustosa: mucche, cani randagi, scimmie e maiali lasciano in giro i loro escrementi, fogne a cielo aperto, buche nelle strade, sporcizia e polvere, e per coronare il tutto uno smog nell’aria che rende difficile respirare. Ma in mezzo a tutto questo caos c’è un via vai di persone e l’atmosfera allegra e vivace fa dimenticare quello che c’è intorno.
Mathura vanta anche un museo governativo di prim’ordine, con bellissime statue buddhiste e induiste in arenaria ritrovate nei dintorni, molte delle quali risalenti al periodo dell’impero Kushan (1/2 secolo D.C). Ma a visitare il museo ero sola…
VRINDAVAN, il cui nome significa ‘boschetto di basilico’, ora è diventato una cittadina, con un bazaar, stradine strette, pavimenti sconnessi, e anche qui un grande affollamento di esseri umani e animali. Per visitare i templi più noti - tra cui il Govind Deva Temple costruito in arenaria rossa in occasione della visita di Akbar al maestro Hari Das, il guru del suo musicista Tansen - il mezzo migliore è il rickshaw a pedali, dalla cui altezza si riesce ad osservare tutto senza essere importunati.
Questa cittadina è molto frequentata dai seguaci occidentali di Krishna, che si vedono in giro, le ragazze vestite con il sari, i ragazzi con il dhoti e il codino dei Hare Krishna. Mi racconta la guida che questi ragazzi passano parecchio tempo a Vrindavan, vivendo negli ashram della cittadina, e la maggior parte di loro parla correntemente l’hindi. Molti si dedicano ai progetti di beneficenza dell’organizzazione Iskcon (International Society for Krishna Consciousness). Tra questi: distribuzione cibo e abiti, scuole, ospedale, piantare alberi, pulire l’ambiente, ma anche il progetto “cura per le mucche”.
Il tempio Iskcon è decisamente interessante da visitare. È una struttura relativamente nuova e pulita, piena di gente. C’è chi canta, chi balla, chi suona gli strumenti musicali, chi pulisce gli oggetti in ottone del tempio e chi in questa allegra atmosfera rende semplicemente omaggio a Krishna e Radha.
Vrindavan è anche nota come “la città delle vedove”. La città è piena di donne che vengono qui a concludere il loro percorso terreno per mancanza di alternative. Ho visto anche i “Bhajan Ashram” dove le donne si riuniscono per cantare bhajan (canti religiosi) tutto il giorno in cambio di poche rupie. Vietato fotografare…
GOVERDHAN è stata la sorpresa maggiore per me. Non avevo mai sentito parlare di questa località situata ad una ventina di km da Mathura.
Già all’ingresso della cittadina notai un grande affollamento di pellegrini che avevano costruito alcuni campi tendati dove pernottare. Vengono qui a fare il parikrama (il percorso sacro) intorno alla collinetta sollevata da Krishna per salvare la gente dall’inondazione provocata dal dio Indra. Un percorso di più di 20 km, fatto per lo più scalzi. Si vedono intere famigliole intraprendere questo cammino purificatorio.
La prima parte si svolge lungo la strada, poi ci s’inoltra nel bazaar di Goverdhan, e qui inizia il parikrama vero e proprio, in mezzo a tempietti e vasche sacre. Molte persone percorrono questo cammino prosternandosi. In ogni punto sacro i brahmini sono pronti a spiegare il significato di ciò che s’incontra, qualche episodio della vita di Krishna e di Radha. Verso la fine del percorso si incontra il Kusum Sarovar, un luogo incantevole, una vasca sacra con i ghat che scendono nell’acqua. La leggenda narra che Radha ci veniva a raccogliere fiori da offrire a Krishna. Nel 18° secolo vi furono costruiti dei chhatri meravigliosi da Jawahar Singh, un Maharaja Jat di Bharatpur, in onore di suo padre, Suraj Mal.
Gli stessi regnanti di Bharatpur furono i costruttori del meraviglioso “palazzo delle fontane” a DEEG, situato 20 km oltre Goverdhan. Questo palazzo, concepito come residenza estiva per i Jat di Bharatpur, aveva un sistema di fontane e corsi d’acqua sotterranei che davano refrigerio durante l’estate torrida in questa regione. I palazzi sono collegati l’uno con l’altro da viali bellissimi pieni di fontane, che vengono messe in funzione, ogni anno soltanto in due occasioni. Mi fu raccontato che questi regnanti di Bharatpur aggredirono i Moghul ad Agra e a Delhi e razziarono un intero palazzo che fu ridotto in pezzi, questi furono numerati e usati dopo per ricostruirlo identico a Deeg, dove divenne noto come il Suraj Mal. Dagli intarsi in pietra dura sulle pareti, e quelli in pietra semi-dura visti su una pedana sotto un arco nel giardino, è evidente la provvenienza di queste costruzioni.
Seguo la stessa strada, per circa 75 km, in direzione di ALWAR. Cammelli per strada, casupole tipiche ricoperte con sterco di mucca, vivaci colori di sari: sono arrivata in Rajasthan. Niente più smog adesso, il cielo è tornato azzurro.
La Alwar del presente è una cittadina anonima, tranquilla ma poco attraente. A dargli colore c’è la Alwar del passato. Alwar era uno degli stati Rajput, ed era eminente nel 18° secolo, sotto il Maharaja Pratap Singh. Egli fece costruire uno splendido palazzo di città, che attualmente ospita edifici governativi.
Quando arrivo ci sono ragazzini che giocano a cricket nei cortile, e per visitare il palazzo e salire ai piani superiori non incontro nessuno che mi indica la via dove andare. Dai piani superiori si gode di un panorama magnifico, con le colline degli Aravalli sullo sfondo. Il palazzo ospita un museo molto bello, con oggetti d’arte, abiti in broccato, strumenti musicali tradizionali, un’armeria, e una splendida collezione di pitture in miniatura e di manoscritti magnificamente illuminati, sia di ispirazione indù che musulmana.
Fuori dal palazzo si trova un laghetto, è una vasca magnifica con degli scalini che portano fino in fondo. Di fianco è stato costruito il bellissimo cenotafio del Maharaja Bakthawar Singh,conosciuto anche con il nome “Moosi Maharani ki Chhatri” perchè una delle mogli di Bakthawar Singh, la Rani Moosi, vi commise sati immolandosi sulla pira funeraria del marito.
Alwar era una città fortificata, cinta con 5 km di mura coronate con un forte situato 300 metri al di sopra della cittadina. Per arrivarci si sale su una collinetta, passando in mezzo ai boschi. Purtroppo il forte Bala Quila è in uno stato molto trasandato, anche se sono in atto lavori di restauro. Per poterlo visitare, e ciò vale veramente la pena - se non altro dal punto di vista panoramico - si deve richiedere un permesso alla polizia locale, perchè al forte è stata installata una stazione radio-trasmittente.
A circa 35 km da Alwar si trova il parco nazionale di SARISKA - ufficialmente si chiama ‘Tiger Riserve”, ma non illudetevi… difficilmente si vede una tigre! A Sariska i Maharaja di Alwar avevano costruito un ‘hunting lodge’, un bel palazzo dove si può anche soggiornare e da dove vengono gestiti i safari nel parco. E da qui si arriva nelle zone più conosciute del Rajasthan: Jaipur, Pushkar, Ajmer.
Reportage e fotografie di Kristin Blancke, Novembre 2010