Il Giro del Mondo - Parte terza: Oceania

Australia, Papua Nuova Guinea e isole Fiji

Con questa terza parte continua il resoconto del giro del mondo di Gaetano.
La prima e seconda prima parte, dedicate a Cina e Giappone, sono già presenti sulle pagine di Ci Sono Stato.11 Maggio 2000
Ciao di nuovo, sono qui all’aeroporto di Cairns e tra un paio d’ore un volo mi porterà in Papua Nuova Guinea. Sono alcuni giorni che non aggiorno il mio diario, ed il motivo è molto semplice. Sono arrivato a Cairns (Australia) sabato mattina verso le quattro e non ho potuto fare molto durante il weekend perché tutti gli uffici e le agenzie di cui avevo bisogno erano chiuse. Inoltre Cairns è stata una delle tappe durante il mio precedente giro dell’Australia e quindi non mi va di rifare le medesime escursioni o attività. Trascorro la maggior parte del tempo andando in giro per la città e ad usare la posta elettronica. Molteplici sono gli spazi aperti al pubblico con PC ed accesso ad internet; poichè c’è un altissimo afflusso di turisti in questa parte dell’Australia. Ieri controllo la mia posta elettronica per l’ultima volta, e ricevo due lettere molto belle e profonde: una da Laura e una da Minako, alla cui lettura non sono mancate alcune lacrime.
Ho anche modo di conoscere Chiara, una ragazza di Verona. Mentre usiamo i due PC, adiacenti tra loro, nota che scrivo in Italiano e quindi nasce una piccola amicizia. Lei sta viaggiando in Australia proprio come ho fatto io tre anni fa. Ci siamo visti ogni sera e con noi anche un altro ragazzo Italiano di nome Igor. Con Chiara scopro d’avere qualcosa in comune, in particolare sui vari pensieri di vita e quindi mi regala un libro, da lei appena terminato, che pensa mi possa piacere. Lei parte oggi per Alice Springs (centro dell’Australia), mentre Igor torna a Melbourne fermandosi prima lungo la costa.
Lunedì chiedo informazioni sui i voli e prezzi relativi alla Papua Nuova Guinea. Riesco a mettermi in contatto e ad incontrarmi con una persona che da tanti anni lavora in questa terra e che mi organizzerebbe tutto il tour, con vari contatti e soggiorni da qui in Australia. Fortunatamente m’informo e non solo non mi tornano i conti, ma qualcuno mi consiglia di non fidarmi di quell’uomo; quindi decido di fare tutto da solo.
Ho modo d’incontrarmi con Don Bird, il quale era la mia guida per un’escursione fatta tre anni fa nelle zone circostanti di Cairns. Seduti attorno al fuoco, con lui avevo parlato della sua terra madre, la PNG. I suoi racconti mi avevano affascinato tanto e secondo lui era uno degli ultimi luoghi sulla terra dove avrei potuto vedere persone vivere allo stato primitivo. Con lui sono rimasto in contatto per tutti questi anni e l’intenzione era di andarlo a trovare, infatti dopo la mia partenza si era trasferito nuovamente nella sua terra. Avendo perso poi i contatti, per via di una sua particolare condizione di vita, non sapevo se fosse tornato in Australia o se fosse ancora là. Ho fatto alcune ricerche in città e alla fine riesco a scoprire che da poco era rientrato a Cairns.
Durante l’incontro parliamo molto ed è un vero piacere poi uscire alla sera a far baldoria. Mi racconta di come vive gli ultimi anni in Papua, mi parla della sua ultima occupazione, che consisteva nel trasportare dell’oro per conto di un suo vecchio amico che ne possiede una miniera. Il lavoro in sé è molto rischioso ed è costretto a lavorare con quattro guardie del corpo armate di fucile. Mi mostra alcune foto che testimoniano i suoi racconti e tra queste ce n'è una scattata ad uno squilibrato che gli punta la pistola contro. I suoi racconti sono così vivi e pieni di adrenalina che li ascolterei per ore ed ore. Mi dà molte dritte su dove andare e cosa fare in PNG, ma soprattutto di evitare un paio di città perché troppo pericolose.
Insomma sento tante storie e opinioni su questo paese, la maggior parte della gente mi dice di non andare perché è poco sicuro e c’è un alto rischio di malaria e di malattie; altri invece mi dicono semplicemente che devo fare molta attenzione a tutto e quindi l’avventura è fattibile. Alla fine decido di andare (e dovrei tornare l’otto Giugno).
Da questo viaggio in PNG mi auguro di vivere un’esperienza molto diversa e ricca, scattare tante belle foto ai vari popoli, spero di non prendere la malaria per la quale inizio la profilassi, ma sopratutto voglio incontrare persone interessanti e vivere momenti intensi.

11 Maggio
Lae, 20.30. Sono qui in una camera tripla di questo centro Luterano. E' un centro gestito principalmente da missionari di religione luterana. E` uno dei posti consigliatimi da Don siccome sono solitamente molto puliti e sicuri; mi sorprende il prezzo che è piuttosto alto, circa 50 Kina a notte (circa 25 euro).
L’impatto generale non è facile. All’aeroporto vedo i primi sistemi di sicurezza e i primi volti di questo popolo; forse perché non sono abituato, ma alcuni di loro fanno veramente paura. Anche sull’aereo devo aver dato l’impressione di una persona preoccupata e un po' disorientata, tanto è vero che uno degli steward mi chiede se visitavo il paese per la prima volta. Sull’aereo, vedo dei bianchi e ne approfitto per domandare come fare ad arrivare in città con l’autobus. Fortunatamente per me una signora australiana si offre di darmi un passaggio, perché suo marito l’attende all’aeroporto.
A tale proposito voglio aprire una piccola parentesi di ciò che stavo parlando con Chiara l’altra sera. Infatti secondo noi e secondo il libro che mi dona da leggere, tutto ciò che é nei tuoi pensieri alla fine succede; è come se una calamita dentro di te attrae ciò che pensi o che desideri fortemente. Lo so che sembra buffo ma prima di andare a parlare con quella signora, speravo che mi avesse aiutato in qualche modo; con un passaggio o prendendo l’autobus con me, perché ero un po' preoccupato di ciò che sarebbe potuto succedere.
Sue (questo è il nome della signora) e suo marito Chris mi accompagnano al “Luteran Centre”, dove mi trovo ora, e mi lasciano il loro recapito telefonico per ogni evenienza e per un eventuale cena alla fine del mio viaggio, poiché devo riprendere il volo da Lae.
Dalla jeep di Chris, ho modo di vedere tante persone che vivono in condizioni molto povere. Molti di loro camminano a piedi scalzi, indossano vestiti logori, siedono e vendono frutta sui bordi delle strade, vedo alcune delle loro semplici abitazioni e vedo anche gente camminare con il machete. Insomma tutte queste immagini che scorrono veloci davanti a miei occhi, non fanno altro che ricordarmi le scene viste in TV dell’Africa. Mi sento nel terzo mondo e per la prima volta da quando sono partito mi sorge spontanea la domanda: dove c…o sono capitato?
Dovrebbe andare tutto bene anche qui in PNG, anche se non è facile dopo che i tuoi occhi vedono tutto questo.
Prima di ritirarmi nella stanza, discuto con due missionari tedeschi che vivono in questo paese da ormai trent’anni. In nome della loro credenza aiutano questi popoli con la preghiera, il lavoro e l’insegnamento di ciò che a noi occidentali suonerebbe elementare (l’unità di lunghezza metro e la sua divisione logica in decimetri e centimetri per esempio).
Domani mi alzerò alle sette per fare colazione e poi uno dei due missionari mi accompagnerà in uno spiazzo dove posso prendere il PMV per Goroka. Il PMV non è altro che il loro autobus e la sigla significa “Public Motor Vehicle”; essi possono essere dei camion simili a quelli per il trasporto della terra, sopra i quali si trovano invece delle panche ed una struttura telonata come tettoia, oppure sono dei piccoli pullmini coreani chiusi, con dei veri e propri sedili. Goroka è la mia prossima destinazione ed è una città nelle così dette “Highlands”, terre alte, simili alle nostre zone montane. A Goroka spero proprio d’incontrare altri viaggiatori ed insieme ad una guida fare il trek (percorso) di tre o quattro giorni che, attraverso la giungla, conduce a Madang, sulla costa orientale.
Oltre la paura dovuta del primo impatto c’è anche la preoccupazione della malaria; devo sempre mettere la crema contro le zanzare e ogni settimana prendere una pastiglia di Lariam.
Ancora una volta posso far riferimento all’Alchimista, poiché diverse pedine hanno fatto sì che arrivassi a destinazione. Sue e Chris che gentilmente mi hanno condotto qui e il missionario che domani mi darà un passaggio.

12 Maggio
Eccomi qui a Goroka, trascorro quasi tutta la giornata sull’autobus.
Tale città si trova a metà strada tra Mount Hagen e Kainantu, entrambe hanno la reputazione di luoghi pericolosi. Mentre qui tutto dovrebbe essere più tranquillo e sicuro anche se ci sono sempre delle facce che non mi piacciono. Porto con me molti rullini, poiché voglio scattare tante foto di volti, persone e condizioni di vita. Devo ammettere che i loro visi mi fanno paura, i loro sguardi m’incutono timore e quindi mi è difficile scattare dei primi piani.
Per la prima volta mi capita una situazione che mi è già accaduta in Cina; l’autobus continua a percorrere un percorso strategico al fine di trovare dei passeggeri. Una volta completo si può partire; io salgo verso le otto del mattino mentre l’autobus parte al completo verso le dieci. C’è un altra similitudine con la Cina, cioè l’autobus è anche l’unico mezzo per trasportare i propri prodotti, averi dal o al mercato. C’è chi sale con il maialino, chi con le patate, chi con la verdura e la frutta, chi con il pesce e alla fine l’odore globale non è dei migliori.
Devo innanzi tutto complimentarmi con l’autista che, per via delle precarie condizioni stradali, continua ad evitare buche a destra e a sinistra con sicurezza e maestria. E' evidente che conosce la strada molto bene. Il viaggio è lungo e noioso ma al tempo stesso avvincente; non mancano i paesaggi verdi e collinari, ammiro i villaggi e i piccoli mercati incontrati lungo la strada. Le abitazioni sono costruite con materiali semplici, ricavati dalla giungla, mentre nei piccoli mercati la gente vende soprattutto quello che la natura e i loro giardini offrono. Dalla frutta alla verdura, dalle radici alle patate, e così via. Vedo anche le famose noci chiamate “betel nut”, una noce che qui è molto usata dai locali; tutti masticano la noce di betel, e cominciano giovanissimi. Il betel, con l’aggiunta di carbonato di calcio delle madrepore, sprigiona un leggero alcaloide che dà loro forza, euforia ecc. Funziona anche come alimento e stimolo (simile ad una droga) che aiuta a tenerli pimpanti tutto il giorno. Il liquido prodotto gli rende i denti e la lingua rossa, e quindi quando sorridono o parlano ai miei occhi si presenta un’immagine troppo divertente ed inconsueta.
Sono qui all’interno di un centro sportivo, le cui camere sono solitamente affittate agli sportivi e agli addetti alle medesime manifestazioni. Attorno ad esso vi è una recinzione e all’entrata principale vi sono le guardie che a turni controllano chi entra e chi esce dalla struttura. Ancora una volta trovo il prezzo della camera molto alto rispetto ai prezzi riportati nella mia guida; c’è sempre una differenza di 10 o 15 Kina. Per questa camera, per esempio é di 13.
Oggi non posso fare molto ma domani visiterò un po' la piccola città, andrò al mercato e stando attento alla macchina fotografica, sperando di riuscire a scattare delle foto.
C’è un altro fatto che mi ha particolarmente colpito quest’oggi. Quando sono andato a comprare del cibo take away, posso notare come tutti i luoghi di distribuzione o i vari negozi siano dotati di strutture metalliche di protezione o guardie addette alla sicurezza. Tutto ciò per proteggersi da eventuali assalti di tribù o malintenzionati, pronti ai saccheggi.
Sto mangiando una specie di spezzatino con il riso, anche se continuo a trovare più ossa che carne. Vi saluto, ciao.

13 Maggio
La giornata di oggi, vado all’ufficio postale, spedisco varie cartoline e compro alcuni francobolli per mio fratello. Dopodiché vado al mercato e per la prima mezz'ora mi guardo in giro con aria preoccupata, infatti tutti mi guardano perché sono diverso, sono bianco. Una volta rilassato scatto alcune foto ai bambini e ad altri personaggi, purtroppo sono consapevole che sono foto di povero valore artistico. Infatti per non rischiare chiedo tutte le volte il loro consenso e di conseguenza si mettono in posa, se le faccio di nascosto mi sento osservato con il timore che possano rubare qualcosa. Lentamente mi rendo conto che ci sono anche persone gentili e cordiali, ma è ancora presto per il sottoscritto lasciarsi andare a confidenze che potrebbero risultare rischiose.
Dopo il mercato mi reco all’hotel Paradise, al fine di avere informazioni su possibili escursioni e villaggi da vedere. Parlo con Norman, un esperto della zona, menzionato nella mia guida. Purtroppo tutto ha un prezzo troppo alto perché non vedo in giro altri viaggiatori con i quali dividere il costo di una guida. Mi piacerebbe fare il trek che da qui porta a Medang, ma il costo per la guida è di circa mille kina. Gli unici bianchi che vedo in giro sono uomini d’affari o uomini legati al mondo missionario. Sono costretto a rinunciare!
Parlo con una ragazza che lavora nel negozietto dell’hotel, e chiedo se mi può dire come fare a vedere dei “Mud Men”, uomini di fango. Una vecchia leggenda racconta di alcuni guerrieri che, per spaventare il nemico, si erano cosparsi il corpo con del fango. Questo una volta asciutto assume una tonalità più chiara e quindi considerando la limitata conoscenza di questi popoli, si pensa a degli spiriti maligni. Il trucco funzionò, la tribù nemica scappò impaurita e tutto questo oggi è leggenda ed incuriosisce diversi turisti.
La ragazza mi conduce da un signore che lavora nello stesso hotel, il quale mi avrebbe accompagnato per pochi soldi. Decido di accettare anche perché il prezzo che avrei dovuto pagare per vedere un paio di mud men, mi sembra ragionevole. Mi dice che sono circa dieci Kina, più il prezzo dell’autobus per entrambi per un totale di 14 Kina. Voglio solo fare qualche foto senza spendere enormi capitali per un qualcosa che si presenta molto turistico.
Prendiamo il PMV, e una volta nel villaggio mi viene chiesta una cifra superiore a quell’iniziale. In un primo momento voglio lasciar perdere e andarmene, ma visto che non posso fare altre escursioni decido di pagare il prezzo di trenta kina.
I due protagonisti si preparano per la rappresentazione dietro degli alberi, escono e camminano verso di me. Indossano enormi maschere di terra cotta, uno dei due impugna un arco mentre l’altro con delle foglie fa dei movimenti propiziatori con le mani e le braccia. Entrambi indossano delle foglie e della paglia per coprire le parti intime.
Riesco a scattare delle foto ma il tutto è molto commerciale, molto finto e quindi sono veramente deluso; ritorno a Goroka in compagnia del mio “amico”. Naturalmente non gli dò nessuna ricompensa, anche se sono convinto che sia stato ricompensato a mia insaputa. Mi dice inoltre che ci sono diverse ragazze nei villaggi, con le quali potrei divertirmi e passare la notte. No grazie, così come in Cina, tutto troppo sporco e troppo rischioso; non ci penso proprio.
L’unica nota positiva è che vedo per la prima volta nella mia vita come si presenta la pianta del caffé. E' buffo, essere amante di questa bevanda e non sapere come è fatta la pianta.
Sono molte le piantagioni nei dintorni di Goroka, conosciuta per sua la produzione.
Apprendo quelle che sono le prime fasi della lavorazione; la pianta produce delle piccole bacche rosse (dimensioni di un ciliegia), queste vengono sbucciate ed i chicchi in esse contenute, di colore bianco, vengono essiccati al sole su di grossi teli. Quando questi chicchi sono asciutti la buccia assume un colore marroncino, essa viene poi tolta prima d’iniziare il processo di tostatura. Questo lavoro viene fatto soprattutto dalle donne che qui in PNG, come in Cina, rappresentano la “spina dorsale” del paese.
Dopo essere tornato nella piccola città, m’incammino per raggiungere un promontorio da dove posso avere una vista panoramica di tutta la valle. Strada facendo incontro un uomo e sua moglie che mi sconsigliano di proseguire, poiché c’é un gruppo di baldi giovani che stanno bevendo al fine di ubriacarsi. E' sabato e come ogni sabato che si rispetti, da queste parti non si lavora e ci si ubriaca. Rodney, questo è il suo nome, mi dice che potrebbero darmi fastidio, ascolto il suo consiglio e scendo lungo la strada con loro.
Saluta sua moglie che va al mercato mentre noi proseguiamo verso il centro sportivo. Abbiamo modo di parlare un po' di noi e di quello che facciamo. Rodney ha solo 22 anni, ma camminando è bello vedere come la gente lo saluti e lo rispetti. Forse perché è una brava persona o forse per via del suo lavoro. Mi fermo per comprare del Take Away che lui insiste per pagare, lo ringrazio. Mi accompagna fino al cancello del mio alloggio e mi chiede se voglio trascorrere la giornata di domenica con lui e la sua famiglia. Ovviamente accetto, ci diamo appuntamento per il giorno dopo davanti al medesimo cancello. Poi se ne va al lavoro. Rodney è una “Security Guard” e deve fare il turno notturno. Per via della precaria situazione di civiltà, sono molti i corpi di sicurezza addestrati e pronti ad intervenire ad ogni chiamata. Gruppi di banditi o malviventi tentano, a volte con successo, rapine di soldi o scorte alimentari per poi nascondersi nuovamente nella giungla.
Anche se sono passati solo pochi giorni, penso che partirò una settimana prima del previsto dalla PNG. Purtroppo tutte le danze e manifestazioni tradizionali di questo popolo si tengono in Settembre; quindi se voglio ritrarre gli abitanti di questa terra con archi, frecce, gonne di paglia, volti colorati, ecc… devo andare a vedere tribù che vivono nelle parti più sperdute di questa isola. Questo comporta un enorme costo per un viaggiatore solitario, perché sono poche le guide in grado di condurmi da queste tribù. Penso quindi che sarò costretto a pagare la penale di 50 dollari australiani e anticipare la data di partenza del mio volo.

14 Maggio
E' la sera del 14 maggio, e vi racconto un po' come ho trascorso la giornata.
M’incontro con Rodney verso le otto di mattina davanti al cancello del centro sportivo. In verità mi alzo un po' prima per lavare delle magliette, calzini e mutande.
C’incamminiamo verso il villaggio di Rodney, il quale fa una breve sosta al mercato dove compra tre pezzi di pane. Giunti al suo villaggio tutta la gente mi accoglie con molto calore, è come se fosse una gran festa. Per loro sono una persona nuova, sconosciuta, ed inoltre il colore della mia pelle è diverso; mi sento come se fossi una nuova forma d’intrattenimento.
I suoi genitori sono felici di vedermi, e in modo particolare la nonna che non fa altro che abbracciarmi, accarezzarmi, darmi il benvenuto e così via. Tutto ciò è molto bello e speciale per il sottoscritto, poiché non avrei mai vissuto situazioni simili da normale turista.
Ci sono anche molti bambini attorno a me, decido quindi di regalare alcuni palloncini da gonfiare. Sono felicissimi e non perdono tempo a giocare con essi.
Rodney mi mostra poi l’interno della sua casa che non è altro che una capanna con due stanze. Una è la camera da letto dove dorme con la moglie Jenny e la figlia Silvia, mentre l’altra può essere considerata come soggiorno o sala da pranzo. Il cibo viene cucinato, con l’uso del fuoco, all’esterno dell’abitazione. La camera da letto è a sua volta divisa in due da un grosso telo bianco, forse per dare privacy alla coppia, e i vestiti sono appesi sulle pareti.
Ci sediamo per terra nella seconda stanza e mi offre un pezzo di pane ed una tazza di caffè. Anche se può sembrare poco, per me tutto questo è tantissimo, se solo considero le loro povere condizioni di vita. E' anche interessante vedere come cercano di abbellire la loro capanna; usando figurine, posters con personaggi del cinema, pagine di riviste che noi del mondo occidentale buttiamo via.
Mentre Rodney si lava, io gioco con i bambini che mi toccano i piedi, le mani, e soprattutto i capelli che sono così soffici e diversi dai loro. Ad una ragazzina ricordo Tarzan.
Dopodiché tutti si cambiano, si fanno belli perché è giunta l’ora di andare in Chiesa (chiesa Cristiana). Mi sembra di tornare indietro nel tempo, quando dovevo aspettare la domenica per indossare le scarpe e gli abiti più belli. La domenica è giorno di festa e di preghiera proprio come da noi tanti anni fa.
La chiesa è molto semplice, tutti siedono per terra, uomini da una parte e donne dall’altra, e così faccio anch’io. Durante la cerimonia il povero Rodney schiaccia un pisolino, poiché stremato dalla lunga notte di lavoro. Alla fine della messa molti fedeli, nonostante il mio stupore, vengono a stringermi la mano anche se non li conoscevo.
Salutiamo e ci avviamo verso il villaggio, Jenny si ferma al mercato e compra della frutta. Prima di tornare a casa ci sediamo all’ombra di un grande albero per gustare la dolce e gustosa frutta comprata da Jenny. M’insegnano anche a mangiare un tipo di frutto che non conoscevo, il quale si pela, si capovolge, lo si rompe leggermente in punta e poi appoggiando le labbra si succhia il contenuto (ancora oggi non conosco il suo nome poiché non lo vedo sui banchi dei nostri mercati).
Torniamo al villaggio, facciamo due chiacchiere, e poi con un ragazzo di nome Daniel vado a vedere da molto vicino le piante del caffè. Alcune famiglie le coltivano nei loro giardini per guadagnarsi del denaro. Mi dà molte spiegazioni sulla pianta del caffè e sulla sua lavorazione. Ciò mi fa solo tanto piacere perché ero un po' ignorante a riguardo.
Torno alla capanna e prima di salutarli mi offrono un pasto, che comprende una patata dolce, una banana, un pezzo di carne bollita e delle verdure. Ancora una volta mi donano quel poco che hanno, questo rimarrà nella mia mente e nel mio cuore per sempre. Mi regalano una borsa e una freccia. Saluto tutti e torno a casa.
Domani penso di partire per Medang anche se mi dispiace di non aver visto un piccolo museo e non aver incontrato un vescovo d’Assisi. In mattinata devo prendere la pastiglia contro la malaria, e quindi, siccome va assunta a stomaco pieno, spero di trovare la panetteria aperta prima di prendere l’autobus.
Continuo ad essere preoccupato per la macchina fotografica ed i rullini.Il tasso d’umidità è alto e ogni giorno le bustine di “Silca gel” che l’assorbono cambiano colore, da blu diventano rosa.

15 Maggio
Lunedì sera, 15 maggio, sono arrivato nel pomeriggio qui a Medang.
Il viaggio è molto pesante e ne sa qualcosa il mio sedere. Infatti buona parte della strada è asfaltata, ma vi sono tratti, all’interno della foresta, che sono solo spianati. Sassi, buche, dossi, è un continuo saltellare su e giù; fa caldo, si suda, e il mio fondo schiena implora un immediato arrivo a destinazione.
In alcuni tratti stanno riparando la strada, grazie a dei recenti finanziamenti arrivati dal governo Australiano. Il panorama è vario, dalle colline alle valli, dai fiumi ai villaggi, e la foresta la fa da padrone per gran parte del tragitto.
Non ho modo di vedere molto di Medang ma in compenso noto con piacere che tale alloggio vende molti oggetti in legno, tipici della zona e a buon prezzo; conosco anche un ragazzo australiano che dorme nella mia stanza ma mi sembra un po' una testa di… A volte non serve molto per capire una persona, o per intuire che non ci andrai d’accordo. Non mi piace il modo in cui prende e ributta il mio libro sul tavolo, il modo di parlare, da vero e proprio fighetto. Lui è in Papua Nuova Guinea perché ha diversi amici che sono volontari in questa terra e quindi può andare a trovarli e non spendere troppi soldi per dormire.
L’alloggio in sé è molto carino, ordinato, pulito e l’atmosfera è molto piacevole. I bagni sono puliti, c’è la cucina dove posso cucinare, sono 35 kina a notte e quindi penso di rimanere due o tre giorni, poi andare su una delle isolette e successivamente salire sulla nave che conduce su a Wewak. OK, per il momento vi saluto, ciao.

17 Maggio
Oggi è Mercoledì 17 e tutto quello che ho fatto ieri è stato un po' un'avventura.
Di prima mattina vado in banca a cambiare circa 200 dollari che prima di uscire nascondo nelle mutande, quando esco non mi sento sicuro e quindi torno alla guest house e lascio buona parte del contante nell’ufficio della direttrice. Dopodiché voglio andare a visitare un centro dove allevano e studiano le farfalle, la PNG è nota per le sue specie. Purtroppo il tutto si conferma essere un disastro.
Vado al tourist information dove mi spiegano come arrivarci; devo prendere un autobus fino ad una determinata fermata per poi prenderne un altro che mi avrebbe portato al Butterfly Farm. Prendo il primo autobus e poco prima di arrivare alla mia fermata l’autista sostiene che non c’è un altro autobus che porta al centro delle farfalle e quindi sono costretto a tornare.
Decido allora di salire su un altro PMV poiché voglio andare a vedere un relitto della seconda guerra mondiale. Mi lasciano davanti ad un sentiero che conduce all’aereo; c’è anche un piccolo cartello che ne indica la presenza. Mi viene detto di domandare, nel caso vedessi delle persone coltivare la terra. Lungo il sentiero non incontro nessuno, in lontananza nella vegetazione misteriosa vedo un’ala del velivolo e quindi continuo a camminare. Giungo all’inizio della giungla, vi sono alcune capanne ma non vedo nessuno; c’è molto silenzio attorno a me. Non sapendo bene per dove proseguire, non vedendo nessun relitto e nessun individuo, preso un po' dalla paura, decido di tornare sulla strada e aspettare il prossimo PMV.
Torno nel paese, faccio un giro al mercato, torno all’alloggio dove concludo la giornata con cenetta e quattro chiacchiere. Quindi la giornata di ieri non ha reso nulla.
Questa mattina lascio Medang per venire su questa isola, Siar Island. Per 20 kina a notte ho una piccola casetta sulla spiaggia a mia completa disposizione, è un vero e proprio peccato che non ci sia nessuno qui con me. Nel prezzo sono compresi anche i pasti.
Nel fare il check out, incontro Jenny, una ragazza australiana di Alice Springs. Mi dice che sono la prima persona europea che incontra da quando è in PNG, mi racconta velocemente parte del suo viaggio, mi dice anche che ha subìto un tentativo di stupro a Port Moresby ma si è difesa e non le è successo nulla.
Nella mattinata parlo inoltre con la fondatrice del CWA (Country Women Associaton), un’associazione per le donne. La guest house ne è la sede. Mi racconta che quest’associazione era inizialmente nata in Australia, dopo la seconda guerra mondiale, per le donne che vivevano nelle fattorie lontane dai centri abitati. S’incontravano periodicamente in questi centri per discutere ed imparare tutto ciò che le poteva riguardare.
Qui in PNG, la fondazione attraverso la raccolta di fondi cerca di dare il minimo indispensabile alle donne presenti nei vari villaggi. L’intento è di educarle alle gravidanze a tutto ciò che una donna necessita di sapere per un giusto equilibrio. Vengono dati anche dei medicinali. Il progetto che attualmente la fondazione porta avanti è quello di preparare due donne per ogni villaggio affinché possano affrontare e visionare ogni tipo di situazione femminile come gravidanza, complicazioni di essa, dolori mestruali, educazione sessuale, rischi, conseguenze, ecc. Molti villaggi non hanno medicinali e non hanno un’educazione sessuale: molto alto è il tasso di Aids.
Capisco, quanto lavoro viene svolto da tali associazioni e dai vari gruppi religiosi operanti in questa nazione. E' incredibile quanto si può imparare dalle persone che vivono e lavorano sul luogo.
Tornando a noi, il “tipo” che mi affitta la casetta è una specie di boss della zona, mi racconta che prima di me un turista tedesco è stato qui per due settimane in compagnia di due fanciulle, non della PNG. Beh, beato lui!

18 Maggio
Anche questa sera piove a dirotto, è tutto molto buio e sono qui con una lampada a petrolio.
Da quando sono arrivato in PNG piove quasi tutti i giorni, poiché è la stagione delle piogge ma sono ancora fortunato visto che è bello di giorno e di sera tutto si oscura per il forte temporale.
Quello che penso di aver capito, imparato dopo un giorno sull’isola è che c’è molto rispetto per il capo famiglia, il più anziano. Solitamente è anche il proprietario delle terre, Simon veste i panni di questa figura sull’isola e sulla terra ferma. Ogni volta che si parla, il suo nome viene pronunciato; nulla può essere fatto se non si chiede a Simon. Tagliare delle palme, coltivare un terreno, costruire, ecc. Le terre vengono tramandate da generazione in generazione.
Durante la giornata di oggi faccio amicizia con uno dei figli di Simon che pesca proprio qui davanti alla casa, è bello poi vedere nel frangente di luna piena le lucciole volare in mille direzioni sopra la vegetazione. La cena è a base di riso con un po' di carne che non so esattamente cosa fosse talmente era buio.
Mi consegnano una lettera di Jenny, la quale mi spiega cosa farà con il ragazzo australiano e mi domanda se voglio andare con loro. Troppo tardi perché ho già pagato due notti; loro vanno su un altra isola. Nel pomeriggio osservo uno dei diversi figli di Simon che cambia il fogliame del tetto della sua casa. Quest’ultimo deve essere sostituito ogni due o tre anni ma il più delle volte costruiscono una nuova casa e poi successivamente rifanno il tetto della prima. In futuro avrà due case ma può usufruire di una come cucina o luogo per mangiare e la seconda per dormire.
Questo figlio ha solo 19 anni, ma è molto sveglio, molto in gamba. In questa terra si cresce molto in fretta, s’impara a sopravvivere fin da piccoli. A tale proposito vedo un ragazzo arrampicarsi su una pianta molto alta, con una semplicità e rapidità che mi lascia senza parole. Per la prima volta faccio la doccia in modo molto semplice, infatti si riempie un secchio con dell’acqua di un pozzo, si va all’interno di un gabbiotto di legno dove ci si lava versando l’acqua sul corpo con un piccola ciotola. I bambini quando piove non fanno altro che andare in spiaggia, dove l’acqua è bassa, e lavarsi.
Questo è quanto per oggi, vi saluto ciao.

19 Maggio
Oggi vado a Medang, dove ho occasione di parlare con Jenny la quale pensa di venire con me sul fiume Sepik. M’incontrerà sabato a Wewak, lei prende l’aereo sabato mattina mentre io prendo la nave domani sera e arrivo nella mattinata di sabato. L’intenzione è quella di trovare una guida locale che ci porterà al fiume, da lì risalirlo per vedere vari villaggi e tribù.
Torno poi qui sull’isola, il pomeriggio è tranquillo e piacevole mentre la sera scopriamo un protagonista. Simon, dopo essere stato in compagnia di un amico, torna completamente ubriaco e il sottoscritto se lo deve subire. Sono tanti gli argomenti che enuncia e forse si vede la sua vera identità: “Io sono il proprietario di queste terre”, “tutti devono chiedere a Simon” “tutti dipendono da me” ecc. Si rivela così, a mio avviso una persona sgradevole.
“Mi sono simpatici gli Americani, i Tedeschi, gli Italiani (of course/è ovvio sono lì davanti a lui), e non gli Australiani”. In seguito fa riferimento a Gesù Cristo poiché siamo stati noi Italiani (romani) che gli abbiamo fatto del male e lo abbiamo crocifisso; a tale proposito si commuove.
Successivamente va nella sua capanna e torna con una piccola armonica. Inizia così ad intonare alcune melodie di canzoni australiane e della sua terra. Mi piace e mi diverte questa parte musicale mentre trovo fuori luogo e priva d’interesse la prima parte della conversazione.
Mentre racconto i vari eventi, sono qui nella mia capanna e fa un caldo infernale. Sudo molto ma non voglio aprire le finestre per via delle zanzare; provo a scrivere una lettera prima di addormentarmi. Domani parto e lascio l’isola.

21 Maggio
Ciao a tutti, sono un paio di giorni che non aggiorno il mio diario e in questo momento mi trovo nel villaggio di Angoram.
Dopo aver lasciato Siar Island giungo di nuovo a Medang, e proprio in serata salgo sulla nave che mi avrebbe portato a Wewak. Il viaggio ancora una volta è lungo, scomodo e anche un po' divertente. Infatti durante il viaggio proiettano dei film d’azione che da noi sono superati, e per ben due volte il film di Tarzan. E' buffo vedere come tutti siedono davanti al televisore senza distrarsi un solo secondo; è anche divertente vedere le loro reazioni di stupore e meraviglia davanti a certe scene, delle quali noi occidentali conosciamo le tecniche e non ci stupiamo più di tanto.
Provo a dormire sui sedili di plastica, non è per niente comodo perché sento tutte le loro gobbe lungo il mio corpo. Inoltre ci sono alcuni passeggeri che non hanno molta voglia di dormire e di conseguenza continuano a parlare tutta la notte. Praticamente non dormo. La parte più interessante del viaggio è legata ad un incontro avvenuto con un missionario australiano che mi parla un po' della sua vita.
Mi racconta soprattutto della sua “chiamata”, di come la sua vita sia cambiata completamente nonostante il suo rifiuto iniziale. Lui, infatti, aveva una fidanzata ed era pronto a sposarsi; aveva un suo business che rendeva abbastanza bene, insomma aveva un vita del tutto normale.
Sentiva questa voce, una forza interiore che lo chiamava ad intraprendere un'altra strada. Inizialmente non si dava pace perché non voleva, rifiutava l’idea di essere stato scelto per questo tipo di missione. Non riusciva a capire perché proprio lui e non un altro individuo con molta più educazione alle spalle di quanta n’avesse lui. Prova in tutti i modi a rifiutare, a scappare da questa chiamata ma mi racconta che è troppo forte e persistente. Lascia quindi tutto e tutti per iniziare la vita del missionario. Sono profondamente affascinato dal suo racconto, quasi a domandarmi perché sia venuto a raccontarlo proprio a me. Forse perché sono l’unico bianco, insieme a lui, sulla nave o forse per qualche altro motivo non semplice da spiegare?
Mi racconta che va in giro per la Papua a predicare la Bibbia, dorme dove capita, il più delle volte lo invitano a dormire nei villaggi, e così via.
Alla mattina sbarco a Wewak, e insieme all’amico missionario vado al mercato a comprare un po' di frutta e un po' di pane; dopodiché prendo l’autobus e raggiungo l’alloggio di Ralph Stugart. Qui mi devo incontrare con Jenny. Mentre aspetto i due mi guardo un po' in giro; infatti sapevo che Ralph sarebbe andato a prendere Jenny all’aeroporto.
La casa è sulla cima di una collina da dove si ha un bella vista del mare; la casa è strana, particolare e molto buffa; all’esterno, oltre ai quattro cani, “giacciono” un paio delle sue due vecchie vetture, dei veri e propri rottami. Vi è anche una parte di una piccola mitragliatrice risalente alla guerra, all’interno di una piccola costruzione in legno c’è il cesso (una buca molto profonda) ed un lavello per lavare i panni. All’interno vi sono maschere di legno (che gli uomini dei vari villaggi intagliano) appese su tutte le pareti, creando un'atmosfera molto particolare in tutta la casa.
Finalmente arrivano, un abbraccio con Jenny e subito discutiamo con Ralph quali sarebbero state le mosse migliori da adottare. Ci consiglia di metterci in strada subito e tentare di avere un passaggio fino ad Angoram; infatti è sabato e nel giorno di domenica non avremmo avuto possibilità di muoverci. Jenny dispone di pochi giorni, quindi non perdiamo tempo e siamo già in strada pronti a chiedere un passaggio.
Dopo vari tentativi andati a vuoto, un fuoristrada si ferma e ci “scarrozza” fino a qui. L’impatto con gli abitanti del posto non è dei più invitanti perché hanno volti molto cupi e sguardi che incutono paura. Queste aree sono molto primitive. Ci laviamo con l’acqua marrone del fiume, le zanzare in queste zone paludose sono ovunque; questo non fa altro che portare il tuo pensiero al possibile rischio di malaria.
Ieri parliamo con Cletus, non solo proprietario del nostro alloggio, ma anche lui come Simon è molto conosciuto nella zona. Passiamo molto tempo al tavolo e discutiamo sul nostro possibile itinerario, i vari costi e la guida che ci avrebbe accompagnato. I prezzi sono molto alti rispetto a quanto previsto ma non abbiamo scelta per il semplice fatto che senza di loro e la loro barca non andiamo da nessuna parte. Io e Jenny ci pensiamo tutta notte e questa mattina, domenica 21 Maggio, diamo il nostro consenso per farci guidare lungo il fiume e visitare un paio di villaggi. Paghiamo solo metà dell’importo pattuito per assicurarci che tutto vada per il meglio. Partiamo fra un po', prima di mezzogiorno, non appena tutto è pronto. Io e Jenny, in rispetto della loro cultura, dobbiamo fingere d’essere marito e moglie, altrimenti non potremmo dormire assieme. Troppo rischioso per una donna dalla pelle bianca e profumata dormire da sola. All’interno del nostro “mosquito net”, alla fine ci comportiamo poi da marito e moglie.
Da ricordare inoltre che Cletus e tutti coloro che in qualche modo sono legati a lui sono in lutto per la scomparsa di una ragazza, penso sua nipote, di soli dieci anni. L’hanno trovata morta dentro un fossato e non sanno se sia stato un incidente o qualcuno l’abbia fatto di proposito. In segno di lutto non si tagliano la barba dal giorno in cui è morta (circa metà Marzo), dormono sul pavimento delle loro capanne e indossano pezzi di spago intorno alle caviglie e i polsi. Questo durerà fino a quando Cletus considererà esauriente tale comportamento di rispetto nei confronti del defunto.

23 Maggio
Siamo tornati circa tre o quattro ore fa. L’avventura è stata bella ma non eccezionale come ci aspettavamo; inoltre siamo un po' delusi da alcuni particolari di cui adesso andremo a discutere con Cletus. Per esempio parlare del prezzo poiché tutta la benzina preventivata viene in parte inutilizzata. Siamo inoltre delusi dal fatto che le due guide non avevano portato nulla per pranzo, non avevano portato il the o il caffè, non avevano i soldi per la cena e abbiamo dovuto pagare noi (Roy e John, le nostre guide).
Scopriamo poi che Cletus aveva dato i soldi per il cibo a suo figlio Roy, ma li aveva invece usati per comprare un lungo tronco; dal quale avrebbe ricavato diversi oggetti intagliati da poi vendere ai prossimi viaggiatori.
Penso che la parte più brutta della nostra esperienza debba ancora arrivare perché dobbiamo pagare l’altra metà dei soldi, ma per via delle varie delusioni vogliamo provare ad abbassare il prezzo. Parte più dura per il semplice fatto che siamo nel loro territorio e volendo potrebbero fare di noi ciò che vogliono. Ricordando l’escursione sul fiume Sepik.
Lasciamo Angoram in barca al fine di raggiungere il primo villaggio chiamato Kambaramba.
Lungo il percorso ci godiamo uno scenario nuovo: dopo tanta giungla, foreste e isole, finalmente spazi aperti ed immensi ai nostri occhi. Vediamo varie capanne sulle rive del fiume e bimbi felici della nostra presenza.
La parte più affascinante di questa prima parte è visitare il primo villaggio di Kambaramba un giorno sommerso dalle acque. Dopo tale episodio i suoi abitanti costruiscono il nuovo villaggio in un nuova zona, considerata più sicura, sulle rive del fiume. Con il passare dei giorni, gli abitanti si rendono conto che si sta un po' stretti nel nuovo villaggio; quindi approfittando del ritiro delle acque alcune famiglie ritornano alle loro vecchie abitazioni. Quest’ultime devono però usare le canoe per spostarsi o fare qualsiasi altra cosa.
Riesco a scattare molte foto ai bimbi che ci vengono incontro con le loro imbarcazioni. Ci danno il benvenuto, ci salutano e ci vogliono vedere da molto vicino. Spero che le foto siano venute bene perché sono in continuo movimento. A molti di loro regalo degli ami da pesca che avevo comprato in Australia prima di partire.
Arriviamo poi nel primo pomeriggio nel recente villaggio di Kambaramba. E' interessante vedere come sono costruite le case, come vivono, come giocano, come pregano e tanto altro ancora. Tra le altre cose c’è un momento di preghiera rivolto a Maria, tutti siedono su dei lunghi tronchi che sostituiscono le nostre comode panche della chiesa. C’è inoltre una riunione del comitato sportivo, anche qui siedono su dei tronchi di albero. Nel pomeriggio faccio anche un po' lo stupido con alcuni bambini del villaggio che si divertono tanto. Faccio il verso del maiale, della gallina, le pernacchie usando l’ascella, e così via. I bambini non fanno altro che ridere e cercano di ripetere gli stessi suoni a loro nuovi.
C’é anche una parte abbastanza difficile da portare avanti e cioè la finzione di essere il marito di Jenny. Infatti non ci si può toccare in pubblico, bisogna tenere le distanze, devo parlare io per suo conto siccome sono l’uomo, devo salutare per primo gli uomini e poi lei, ecc.
Tutta una serie di attenzioni che Jenny mi spiega di volta in volta ma che io non essendo abituato, non mi vengono naturali.
Camminiamo in giro per il villaggio e vediamo anche giovani ragazze giocare a pallavolo, i ragazzi che giocano a snooka (biliardo), altri a calcio e così via.
Nel tardo pomeriggio compriamo del riso e del pesce in scatola. Dopo cena parliamo con alcuni membri della famiglia che ci ospita e le nostre due guide. Si racconta di tutto e Jenny, attraverso delle cartoline che si è portata dall’Australia, parla della sua terra e degli Aborigeni. Cattura l’attenzione di tutti coloro che sono lì seduti vicino a noi.
Più tardi, entrambi ed a tempi alterni ci laviamo come meglio possiamo con l’acqua del fiume. Certo che io sono un po’ restio ad usare quest’acqua per la paura legata ai coccodrilli e alle varie malattie.
Dormiamo molto male alla notte, non solo perché siamo sdraiati sul pavimento con i nostri sacco a pelo ma perché ci sono tanti animali sotto e nei dintorni della casa. Non stanno zitti un secondo, maiali, cani, galline e il signor gallo che alle prime luci non perde tempo a rompere le palle!
Stamattina paghiamo dieci kina, mettiamo il nostro bagaglio nella barca e ripartiamo. Avrebbero dovuto portarci a vedere le scene di pesca alla mattina presto ma non lo fanno; e quando incontriamo i primi pescatori lungo il fiume sono già di ritorno con il pesce.
Roy è proprio un pirla, non solo spende i soldi per comprare il tronco ma anche non si sveglia presto per portarci a vedere i pescatori alle prime luci dell’alba come d’accordo.
Gli facciamo capire la nostra seccatura e quindi fa il possibile per mostrarci alcuni pescatori ma è troppo tardi. Chi tira la rete nella barca, chi pulisce il pesce e chi lo sta già cucinando.
Ci dirigiamo quindi verso un altro villaggio chiamato Moim. Esso è molto più pulito e ordinato del primo. Ci fermiamo solo per circa un’ora, parliamo con alcuni esponenti del villaggio e mi diverto ad arrampicarmi su una palma usando le loro tecniche. Mi preparano una specie di anello fatto con delle foglie da mettere intorno ai piedi; questo evita che essi si divarichino durante l’arrampicata. I bambini sono lì sotto che guardano e se la ridono a più non posso perché un uomo bianco si arrampica sulla palma.
Torniamo poi ad Angoram e nel pomeriggio ci sediamo per un paio d’ore sotto la casa di John; qui parliamo con lui, i membri della sua famiglia e coloro che vivono vicino alla sua capanna. Ci mostra quello che solitamente indossa durante le cerimonie, come ad esempio un copricapo fatto con conchiglie e denti di cinghiale. Gli regalo la mia maglietta dell’Hard Rock Café che avevo comprato in Thailandia e lui ci regala un paio di maschere costruite dai suoi figli. A me non piacciono e penso di regalarle a Jenny.
Al momento stiamo “tirando sera” e dopo cena dobbiamo sederci e discutere con Cletus.

24 Maggio
Di nuovo qui a Wewak, nell’alloggio di Ralph; la serata di ieri.
La conversazione con Cletus va meglio del previsto anche se all’inizio abbiamo un brutto presentimento, come se non avessimo nessuna possibilità di avere uno sconto. Fortunatamente, grazie anche all’onestà di John, alla fine riusciamo a risparmiare circa 70 Kina (più di 25 euro) sul prezzo inizialmente accordato. Cletus inoltre si scusa per il comportamento di suo figlio e la serata si prolunga per un po' in una piacevole chiacchierata. Ci racconta perché conosce Ralph e come è morta sua moglie. Un giorno mentre torna con la sua barca vede Ralph che ha dei problemi al motore, lo aiuta nel sistemarlo e per ciò rimangono amici. Scopro inoltre che la storia nella Lonely Planet riguardo la morte della moglie di Ralph, non è esatta. Infatti, la guida dice che è morta mentre dava alla luce la loro bimba, mentre Cletus ci spiega che il taglio cesareo eseguito durante il parto subisce un’infezione, non dando scampo alla donna.
Salutiamo John e prima delle dieci andiamo a letto perché alla mattina avremmo dovuto alzarci alle 3.30 per prendere il PMV alle 4.00.
Io e Jenny continuiamo a chiacchierare per un po' e nuovamente abbiamo la nostra privacy. E penso che anche stasera questa intimità si ripeterà siccome lei deve partire domani.
La sveglia suona molto presto, Cletus e suo figlio Jeffry ci accompagnano in barca al punto dove possiamo prendere il nostro PMV per Wewak. Il cielo è coperto con nuvole grigie, sfumature di azzurro all’orizzonte, il vento che soffia forte rinfrescando la mattina e dando un tocco di misticità che si intrinseca perfettamente con la storia del fiume Sepik. Il viaggio dura solo quattro ore, ma è come sempre pesante, su e giù per strade sconnesse, dentro e fuori la foresta.
Dopo esserci rilassati a casa di Ralph, andiamo in città a fare tutte quelle commissioni che non si possono sbrigare quando sei in luoghi sperduti. Andare in banca a cambiare i “Travellers Cheques”, in posta, a comprare del cibo, ecc.
Sfortunatamente non riusciamo a trovare un PMV che va nella direzione del nostro alloggio e alle 15.30 riusciamo ad ottenere un passaggio dopo circa due ore. Paghiamo un prezzo un po' alto rispetto a quello solito dell’autobus (PMV), ma almeno possiamo finalmente tornare a casa.
Il destino vuole che il piccolo pullmino fonda a metà collina, di nuovo a piedi; ma per fortuna passa un altro PMV che ci dà un passaggio. Sono le 19.30, ceniamo, parliamo un po' con Ralph e poi a nanna. Sono solo due giorni, ma a Jenny dispiace partire.

25 Maggio
La giornata di oggi.
Questa mattina accompagno Jenny all’aeroporto ed è subito panico. Non hanno la sua prenotazione e il volo risulta pieno, anche se sappiamo che non è così. Ci dicono di aspettare, poi di andare in un altro ufficio e qui raccontando una nostra versione dei fatti riusciamo ad ottenere l’OK per il suo imbarco. E' molto felice e non sa proprio come ringraziarmi, mi saluta, ma, perché è così forte il suo rispetto per la cultura di questi popoli, non esprime nessun tipo di affetto nei miei confronti in pubblico.
Torno in paese e trascorro tutto il resto della giornata camminando qua e là. Vado a cambiare la data di partenza del mio volo, dal 9 al 5 di giugno. Cammino lungo la spiaggia ed ho un gran voglia di fare il bagno. La giornata è stupenda, il mare e il cielo sembrano essere dello stesso colore ma purtroppo non mi fido a lasciare documenti e soldi sulla spiaggia per godermi ciò che vedo.
Incontro alcuni uomini con i quali mi fermo a parlare. Questi mi offrono quella che loro chiamano Betel Nut, un tipo di noce che mischiano con altre sostanze. Decido di provarla. Mi spiegano come fare ma vi assicuro che non è semplice la prima volta. Con i denti si sbucci la noce, la si mastica ottenendo un liquido incolore che bisogna sputare ogni qualvolta ne abbiamo troppo in bocca. Finito di masticare la noce, ho in bocca un’accettabile quantità di liquido; a questo punto devo prendere un bastoncino verde (simile a nostri fagiolini), sporcarlo con polvere di lime e poi morsicare la parte del bastoncino ricoperta di polvere. Ripeto l’operazione per due o tre volte e continuo a masticare. Il liquido improvvisamente cambia colore e diventa rosso ed anche qui come prima devo espellere l’eccedenza seguendo una tecnica da loro insegnatami.
Il tutto non è semplice e loro non fanno altro che ridere e divertirsi nel vedere la mia bocca e la parte circostante colorarsi di rosso. Dopo alcuni minuti inizio a sentire l’effetto del composto che è simile ad una droga, decido quindi di salutare e proseguire la mia camminata lungo la spiaggia. Sembrano brave persone, ma, sotto l’effetto di essa, potrebbero approfittare della mia borsa o dei miei soldi.
Torno all’alloggio, ritiro i miei panni che sono asciutti, ceno e dopo alcuni minuti Jenny chiama per dire che è arrivata a Goroka e sta bene.

26 Maggio
Ore 19, città di Lae - Mission Army.
Ieri mattina dopo aver salutato Ralph e aver fatto un po' di shopping, mi dirigo verso il molo per aspettare di prendere la nave che mi avrebbe riportato a Medang. Me ne sto tranquillo seduto nella sala d’attesa con gli altri passeggeri, quando un membro del personale della nave m’indica di andare da lui. Quest’uomo mi accompagna davanti al cancello e chiede alla guardia di accompagnarmi sulla nave. Quest’ultimo mi conduce a bordo nella parte dove vi sono i letti, io so di non avere il biglietto per stare in quest’area ma ignoro la cosa poiché non è stata una mia libera scelta. Questa mattina, quando arriviamo al porto, fanno prima scendere i passeggeri della parte inferiore (con sedili), controllano i loro biglietti e solo in un secondo momento fanno scendere anche noi del piano superiore. Mi rendo conto che mi faranno pagare la differenza o una multa perché ho fatto il “furbo”. Dopo avermi controllato il biglietto mi chiedono di aspettare da una parte e nel frattempo chiamano una persona del personale. Prima ancora che sia accusato, spiego quanto era successo la sera prima al sottoscritto e fortunatamente evito complicazioni d’ogni genere. Lascio il porto.
Durante il viaggio, sulla nave vi sono diverse persone che vengono a parlare e a fare amicizia con il sottoscritto. Per esempio vi sono due fratelli che mi parlano un po' della loro vita e mi spiegano perché sono sulla nave. Essi trascorrono sei mesi nel villaggio della madre, su nel Sepik, e sei mesi nel villaggio del padre che si trova vicino a Medang.
Incontro Alick, il quale vive vicino a Goroka ed è di ritorno da Wevak dopo aver trascorso circa una settimana per vendere le sue patate che non crescono nella zona del Sepik (Wevak).
Infatti, sulle Highlands è molto più facile la loro coltivazione per via delle condizioni ambientali. Durante il viaggio mi paga anche una lattina di fanta e m’invita ad andare nel suo villaggio, ma purtroppo sono costretto a rifiutare perché ormai è troppo tardi per rimanere in linea con il mio itinerario e data di partenza. Lo ringrazio tanto e mi lascia il suo indirizzo. C’è inoltre un altro fatto curioso riguardo quest’uomo, perché dopo essere stato nella parte superiore della nave (con i letti), prima ancora che me n’accorga corre giù per evitare di essere colto con l’errato biglietto. Mi dispiace non averlo saputo altrimenti avrei fatto la stessa cosa.
L’incontro più interessante è con una donna originaria del Sepik, ma in vacanza. Era appena stata a trovare la madre su in un villaggio lungo il fiume ed ora va a trovare il padre a Medang. E' in vacanza poiché è sposata con un uomo svizzero che diversi anni fa si trovava in P.N.G. per cercare il petrolio per conto della sua società (Shell).
Sembra che vivono un po' qui e un po' là per via del suo lavoro, ora vivono Mascate, nello stato di Oman.
Lei è molto gentile nel parlare ed attraverso i suoi occhi ed il suo volto, la vedo più di una volta emozionata nel vedere i luoghi dove è nata e cresciuta, rivedere i suoi amici, la madre e prossimamente il padre. Tra le altre cose mi racconta cosa subiscono i ragazzi nel periodo in cui diventano adulti, circa 16 anni. La pelle della loro schiena viene incisa affinché assomigli a quella dei coccodrilli. Il bambù molto giovane è veramente tagliente e pulito, questo è usato per incidere la pelle della schiena e il petto del ragazzo. Questa serie d’incisioni sulla pelle, una volta cicatrizzate, ricorderanno quella del coccodrillo. Il ragazzo deve stare in un'apposita capanna per alcune settimane fino ad opera completata, le incisioni vengono continuamente curate con oli, deve dormire a pancia in giù per tutto il periodo necessario e solitamente c’è una persona che si prende cura di lui.
Questa mattina arriviamo alle 5.30 e poiché saremmo dovuti arrivare alle 6.00, aspettiamo fino alle 6.10 il personale della Security, poi iniziamo a lasciare la nave e alle 7.00 mi dirigo verso CWA (mio ex alloggio).
Giusto il tempo di asciugare il silca gel, bere una tazza di caffè, comprare un po' di regalini in legno per i miei amici, salutare e quindi poi prendere l’autobus per arrivare qui a Lae.
Sulla strada c’è un po' di lavoro da svolgere poiché rimaniamo bloccati nel fango così come diversi altri autobus. Con l’aiuto di corde legate sul davanti dell’autobus e l’aiuto delle nostre braccia, passeggeri dei vari autobus, riusciamo a superare l’ostacolo e a proseguire.
Una volta arrivato a Lae, mi faccio lasciare al Women Centre (alloggio) ma purtroppo è tutto pieno, quindi vengo qui alla Salvation Army (alloggio), dove posso dormire sul pavimento per 3 Kina (circa 2 euro). Stasera avevo voglia di piangere perché gli alloggi costano tanto specialmente nelle zone dove sono diretto, Bulolo/Wau. Non mi sono rimasti molti soldi e se non trovo alloggi economici ritornerò qui a dormire sul pavimento per sole tre Kina a notte.
Ciao e un bacio a tutti.

Due settimane più tardi...
Sono passate quasi due settimane dall’ultima volta che ho aggiornato il mio diario, questo perché ho finito la cassetta.
Negli ultimi dieci giorni vengo ospitato da due diverse famiglie in P.N.G. L’aspetto più interessante è che non volevo e non potevo spendere troppi soldi in quegli ultimi dieci giorni; dentro di me continuo così a pensare che devo trovare il modo di dormire in qualche scuola o chiesa ad un buon prezzo o incontrare qualcuno sull’autobus che mi avrebbe ospitato per pochi soldi o addirittura gratuitamente. Ciò accade veramente; questo è curioso poiché l’ultimo libro che sto leggendo dice che tutte le circostanze che ci capitano, in qualche modo le attiriamo, le calamitiamo verso di noi. Sta poi a noi decidere cosa farne con le persone, l’episodio o la situazione che abbiamo di fronte.
Mentre sono sull’autobus che da Bulolo mi conduce ad Aseki, parlo con l’autista ed il suo assistente. Rispondo alle loro domande e loro alle mie. Scopro che c’è un solo alloggio ed è piuttosto caro, vorrei quindi ammirare i corpi affumicati, fare delle belle foto e poi tornare a Lae. Infatti qui posso dormire nuovamente sul pavimento per poche Kina, in attesa del mio volo. I due mi dicono che chiederanno al poliziotto o agli insegnanti del villaggio e se questi vogliono, possono ospitarmi.
Sta di fatto che una volta arrivati al villaggio, l’autista parla con il poliziotto ed alcuni insegnanti del sottoscritto. Scendo dall’autobus e seguo l’insegnante che si offre di ospitarmi. Trascorro due, tre giorni con la famiglia di quest’insegnante di nome Andy, nel villaggio di Aseki.
La ragione per la quale sono qui ad Aseki è quella di vedere alcuni corpi affumicati. Di loro ne sento solo parlare e vedo delle foto, ma forte è il desiderio di vederli di persona. Dopo la prima notte, grazie ad Andy conosco il proprietario del luogo dove giacciono questi corpi. In P.N.G. tutte le terre appartengono ad un proprietario e, per tale motivo, devo avere il consenso ed essere accompagnato dal proprietario stesso sulla cima di una montagna dove si trovano i corpi. Io, Andy, il proprietario ed altri ragazzi c’incamminiamo per raggiungere la vicina “vetta”, a circa un'ora di camminata. La salita è molto ripida ma ne vale la pena. Non ho parole quando sono davanti a questi scheletri. Sono circa 6 o 7, inizio a scattare delle foto ed il cuore mi batte forte perché non solo sono davanti a ciò che volevo vedere ma mi rendo conto del valore che tali corpi o foto potrebbero avere nella nostra società.
Finisco un rullino da 12 ed uno da 36, nel frattempo sento in lontananza il gruppo di accompagnatori bisbigliare perché scocciati dalle mie troppe fotografie.
Una volta finito mi accompagnano giù a valle ma leggo nei loro volti un senso di scocciatura poiché non gli è piaciuto il fatto che abbia scattato così tante foto. Alla fine della discesa pago 10 Kina (6 euro) per il permesso concessomi.
Chiedo inoltre il perché di quei corpi e chi siano. Diverse sono le spiegazioni, e sembra che chi risiedeva una posizione di rilievo nel villaggio (Capo del villaggio o valoroso guerriero per esempio), veniva affumicato e messo in un luogo di tutto rispetto, in questo caso la cima della montagna. Inoltre secondo altre voci devono proteggere il villaggio da spiriti maligni. Questo rito non si svolge più da quando i missionari arrivarono a predicare la Bibbia e quindi il culto dei morti e la loro sepoltura.
In questi due giorni vivo anche altri momenti di vita particolari per me speciali; non solo vivo nella famiglia di Andy, gioco con i suoi due figli, vedo come cucinano, ma uno degli insegnanti mi chiede di tenere una lezione molto breve, circa un'ora, nella sua classe che da noi potrebbe essere una seconda o terza media. Accetto e ne sono onorato. E' la prima volta che devo stare davanti a degli alunni a rispondere alle loro domande. Mi chiedono del mio paese, di come viviamo e cosa mangiamo. Quasi tutte le curiosità sono molto intelligenti e precise; alcune mi mettono un po' in difficoltà come per esempio il sistema politico e monetario italiano. Altre si riferiscono ai nostri piatti preferiti, quindi disegno una pizza e della pasta sulla lavagna. Una altra esperienza di vita che non dimenticherò mai.
Dopo due giorni Andy deve andare a Lae per prelevare dei soldi in banca, fare delle compere in particolare per la moglie in attesa del terzo bimbo. Infatti nei piccoli villaggi non ci sono banche o altri servizi, solo il minimo indispensabile per sopravvivere.
Naturalmente vado con lui a Lae. Va a trovare anche la sorella che lo ospita per alcuni giorni. Vengo così presentato e poi ospitato fino alla data della mia partenza, circa una settimana. Grazie a quest’altra e nuova esperienza vedo e vivo da vicino il loro modo di vivere, di mangiare, di lavarsi, di dormire e tanto ancora.
Nel villaggio vengo considerato un “diverso” perché sono l’unica persona bianca, ma con loro instauro un buon rapporto. Vado anche al cinema. Certo che è molto diverso dal nostro. Il cinema è stato creato sul retro di una casa: con due teloni vengono coperti e chiusi i tre lati dello spazio scelto, su di un tavolino c’è un televisore ed il videoregistratore entrambi collegati con l’interno della casa e davanti al televisore ci sono dei tronchi dove la gente si siede.
Questo per loro è il cinema, secondo l’età ognuno paga una cifra diversa che va dai 10 ai 40 centesimi di Kina, circa dai 5 ai 20 centesimi di Euro. Michael è l’incaricato e ogni giorno noleggia una o due videocassette per la serata. Molti bambini siedono per terra davanti alla televisione ed è divertente vedere le loro espressioni e reazioni quando guardano il film. Il loro attore preferito è Jackie Chan. Non conoscono molto dei mille trucchi usati nel mondo del cinema, di conseguenza pensano che molti combattimenti o situazioni siano veri.
E' divertente vedere alcune ragazze o ragazzi coprirsi il volto con le mani per via d’alcune immagini un po' private o calde. Quando arrivo un po' tardi mi fanno spazio per cedermi uno dei posti migliori. “L’uomo bianco è arrivato” ma il più delle volte mi sento in imbarazzo e mi siedo dove capita, perché penso di essere una persona normale come tante altre.
Da non dimenticare che tutto ciò è accompagnato dai versi degli animali dei vicini, in particolare maiali, e dalle mille zanzare sempre pronte all’attacco. Ogni volta devo spalmare la crema sulle parti scoperte del corpo rendendo la pelle appiccicosa.
Mi trattano come un vero e proprio membro della famiglia, non mi manca nulla, forse perché sono molto cristiani, praticano attentamente quello che dice la Bibbia. Quello che più mi sorprende è che mi accompagnano all’aeroporto e tutti piangono.
Per me, che vengo da un piccolo paese del nord d’Italia, dove siamo tutti piuttosto freddi e chiusi, vedere tutte queste cinque persone piangere per il sottoscritto dopo avermi conosciuto solo per alcuni giorni... ma? mi è difficile credere e capire le loro lacrime.
Forse per loro sono come una persona speciale mandata dal cielo, un qualcosa che gli rende onore poiché sono di pelle bianca ed ho vissuto con loro.
O forse era tutta una finzione, non lo so, è difficile credere o capire tutto ciò quando vieni da una famiglia che ti ha insegnato a non piangere per le cose futili, dove “le lacrime del coccodrillo non servono a nulla”.

Dalla P.N.G. torno a Cairns il 5 Giugno 2000, da qui prendo l’autobus che mi porta a Sydney, quasi due giorni di viaggio. Faccio sosta per alcune ore a Brisbane, che è a circa metà strada tra Cairns e Sydney. Vado anche in posta e spedisco a casa in Italia tutti gli oggetti acquistati in P.N.G. e tutto ciò che non mi serve più.
Arrivo a Sydney alle cinque del mattino, mi riscaldo un po' con un caffè e poi vado da “AAAA”, società famosa nel settore dell’arredamento dove ho lavorato per circa sette mesi alcuni anni prima. E' bello rivedere vecchi colleghi e vecchie amicizie dopo tanto tempo. Uno di questi, Bob è il suo nome, mi ospita a casa della sua famiglia per due settimane. In questo periodo riesco a lavorare e a guadagnare un po' di contante sotto banco, che fa sempre comodo. Ho inoltre modo di rivedere vecchi amici e con loro vivere piacevoli momenti; uscire a cena, giocare a “pool”, andare in qualche locale ad ascoltare musica dal vivo, pranzi a casa di famiglie italiane, e tanto ancora. Tra questi Noel, Bob, Pino, Paul e Annie.
Vivo a casa di Bob per due settimane ed i suoi genitori non mi fanno mancare nulla, mi trattano come loro figlio. Sono due settimane veramente intense; molte ore di lavoro ed un'intensa vita sociale. Malgrado ciò riusciamo anche a trovare il tempo di andare a fare una corsa di go-kart. Facciamo due gare; non avendo mai provato ho un po' di timore, quindi perdo la prima prova in cui tutti mi sorpassano. Nella seconda prendo coraggio, mi diverto tantissimo, vado più veloce ed arrivo terzo. Negli ultimi giorni del mio soggiorno a Sydney mi viene la febbre alta e le tonsille s’ingrossano. Essendo appena tornato dalla Papua Nuova Guinea il pensiero e la paura si proiettano verso il rischio di malaria.
Vado dal medico, ma fortunatamente per me è solo una tonsillite che rimedio con una cura a base di pastiglie per due settimane. Saluto e ringrazio tutti e ancora una volta mi lascio alle spalle questa bellissima città (nei giorni trascorsi a Sydney si parla molto della situazione piuttosto precaria nelle isole Fiji, poiché tengono in ostaggio alcuni membri del parlamento).

26 Giugno
Adesso sono qui nelle Fiji; la situazione a Suva è ancora un po' problematica, infatti tengono ormai questi ostaggi da più di un mese. Per quanto mi riguarda è tutto molto tranquillo su questa parte ovest dell’isola principale, poiché il colpo di stato è avvenuto solo nella capitale, situata ad est.
La mia unica preoccupazione è legata all’aeroporto di Nadi che potrebbe essere chiuso qualora la situazione peggiorasse. Ieri sera sono arrivato a Nadi e in un certo qual modo mi sono fatto convincere a venire in quest’ostello; non è male ed inoltre sono riuscito a farmi fare un buon prezzo. Conosco altri viaggiatori che però questa mattina sono già partiti verso nuove destinazioni.
C’è una ragazza del luogo che lavora nell’ostello e da alcuni giorni il ragazzo l’ha lasciata. Sembra che sia interessata al sottoscritto anche se nel medesimo alloggio non ci sono molte possibilità poiché si sente osservata dal resto del personale che la conoscono e la ospitano. Mi lascia intendere che mi darà il suo numero di telefono e mi ospiterà nel villaggio dove vive la sua famiglia. Infatti, a causa del basso afflusso di turisti nelle Fiji (lei di solito lavora in un piccolo Hotel) e al suo triste stato d’animo dovuto alla relazione, andrà a trascorrere alcuni giorni con la sua famiglia.
Io domani mi sposto sulla Coral Coast, nel sud dell’isola dove rimarrò un paio di giorni. Speriamo finalmente di fare un bel bagno e di prendere un po' di sole; vivere per un po' una vera e propria vacanza.
Ciao Ciao.

Visto il ritmo vacanziero, le registrazioni sono discontinue.
Trascorro due giorni sulla Coral Coast, dove rimango deluso in particolar modo per le condizioni meteorologiche che non sono delle migliori. Il clima tropicale di questa parte dell’isola porta frequenti piogge e quindi il cielo coperto di nuvole. Questo non mi permette di godermi al massimo la spiaggia, fare dello snorkeling, uscire con il kayak o semplicemente fare il bagno sotto il caldo sole. Il luogo in sé, Korotogo Lodge, è molto tranquillo e ben tenuto.
Quando arrivo il pomeriggio del primo giorno, parlo con una signora di nome Louise ed altre due ragazze inglesi, anche loro in viaggio. Sono costretto, ma non mi dispiace, a mangiare al ristorante dell’alloggio perché devo prendere le pastiglie per la tonsillite. Barbecue alla sera e colazione con toast e caffè (o tè) alla mattina. Il giorno dopo Louise e le due ragazze inglesi lasciano la Resort per altre destinazioni. Io passo tutto il giorno con un ragazzo americano di nome Dug. Andiamo a fare un giro con la bici, messa a disposizione dall’alloggio. Raggiungiamo una lussuosa Resort dove compriamo alcune cartoline e abbiamo la possibilità di visitarla.
Torniamo all’alloggio, lasciamo le biciclette e a piedi andiamo in un villaggio vicino, dove compriamo del cibo.
Una volta tornati mi mostra un machete che usa per aprire le noci di cocco e mi dà una dimostrazione di come si usa in queste zone. E' proprio un americano!
Sembra essere un ragazzo in gamba, mi racconta un po' della sua vita, di sua madre, della sua casa, ecc; inoltre sa che volo a Los Angeles la prima settimana d’agosto e mi consiglia di andare ad una famosa festa, “Spanish Fiesta” che ogni anno si tiene a Santa Barbara; “ Non perdertela perché è piena d’attrazioni, vita, musica ed un sacco di belle ragazze”.
Devo cambiare la data di partenza per L.A. siccome al momento è fissata per il 5 agosto, medesimo giorno dell’inizio della festa.
Chiamo anche Kesa, la ragazza figiana dell’ostello, la quale mi dice che non ci sono problemi se vado a trovarla nel suo villaggio. Più tardi, mentre sono in cucina con Dug, una ragazza del ristorante mi dice che Kesa aveva chiamato. Provo a richiamare ma è già uscita, quindi sua madre mi dice di riprovare la mattina dopo.
Così faccio, prima della mia partenza la chiamo; scopro purtroppo che pur avendo il consenso della madre, riguardo il mio arrivo, non aveva potuto parlare con suo padre perché uscito per trascorrere la serata al pub con degli amici.
Senza il consenso del padre non può essere certa si ospitarmi a casa sua. Parto ugualmente all’insegna di Nadi Lutoka, dove avrei incontrato Kesa. Per giungere a Nadi chiedo un passaggio ad un mezzo pesante, che trasporta cemento, poiché gli autobus che avrei dovuto prendere non sono passati, probabilmente dovuto alla sommossa politica di Suva. Lungo la strada rivedo ancora i posti di blocco con soldati che avevo già visto nel raggiungere la Coral Coast. Questa volta mi sembrano molto più preparati per eventuali situazioni di pericolo, con sacchetti di sabbia e ben armati.
Una volta raggiunta la stazione degli autobus a Lutoka, incontro Kesa che purtroppo non ha avuto modo di parlare con il padre perché quando lei esce da casa lui è ancora a letto. Concludo che è meglio proseguire, la saluto e gli consegno una lettera come risposta alla sua, ricevuta di nascosto all’ostello. Entrambi siamo dispiaciuti del fatto di non poter vivere qualche attimo in più della nostra vita insieme, in seguito a quegli sguardi d’intesa e a quelle parole scritte o dette di nascosto. Forse è meglio così perché Kesa è consapevole che viaggio e quindi potrebbe soffrire. Salgo sull’autobus per Rakiraki, mentre i nostri sguardi continuano ad incontrarsi fino a quando è possibile. Arrivo a destinazione, faccio un po' di compere, prendo un taxi che mi porta al molo dove avrei preso la barca per andare su di un’isoletta, chiamata Nainanura.
Sulla barca con me ci sono due ricche signore australiane ed un ragazzo tedesco (Eugen). Giunto sull’isola incontro di nuovo Louise (la bella signora Inglese), ed anche Kathy e Bryan, una coppia inglese che conosco nel primo ostello a Nadi. Io e Eugen ci capiamo al volo ed entrambi vogliamo divertirci; purtroppo l’isola sembra essere fatta per coppiette e persone anziane, poca selvaggina!
Ieri la conversazione con Louise si fa un po’ più calda, ma lei corre alle difensive dicendo che potrebbe essere mia madre. Oggi i proprietari degli alloggi chiedono a Louise e a Caroline, un’altra ragazza inglese già presente sull’isola, di trasferirsi nello stesso dormitorio dove dormo con Eugen. Infatti l’altro alloggio è venduto come privato ad una coppia che arriva domani. Questo non ci dispiace più di tanto perché nei due giorni passati ceniamo, beviamo e chiacchieriamo insieme.
Ieri sera ci scambiamo dei massaggi, io con Louise e Eugen con Caroline. Così facendo apprendo che Louise ha una triste e intensa vita alle spalle; con figli, marito violento e successivo divorzio, trova un nuovo partner = nuovo motivo di felicità. Egli viene poi ucciso in un pub. Questa è un po' la ragione che la porta a viaggiare per alcuni mesi, anche lei fa il giro del mondo.
Stasera quindi, dormiremo tutti e quattro nello stesso alloggio con cucina, bagno e sei posti letto.
Riguardo all’isola non è niente male anche se mi aspettavo di più sotto l’aspetto delle spiagge, perché quest’ultime sono sempre belle e fantastiche su depliant o cartoline; ma quando sei sul posto sembrano diverse. Domani devo confermare il volo,poiché sabato volo a Tonga. Vediamo un po' come va finire.

6 Luglio
Vediamo di aggiornare un po' il diario, da quella serata dei massaggi.
Le due ragazze si trasferiscono nel nostro dormitorio. Mentre il loro viene adibito a camera doppia, vengono infatti smontati i letti in eccesso e portati via, per due fanciulle che giungono nel pomeriggio.
Quel giorno, una delle donne addette alle pulizie mi dice che sarebbe andata a pescare al termine della sua giornata lavorativa, ovvero intorno alle 14-15 circa. Colgo l’occasione per chiederle se posso andare con lei; la risposta è affermativa, quindi vado a comprare degli ami e dei piombi al piccolo negozio dell’isola. Ci diamo appuntamento in una spiaggia dell’isola; naturalmente invito anche Caroline, Eugen e Louise.
Dopo aver occupato la mattinata, nel primo pomeriggio c’incontriamo con questa gentile donna, la quale ci mostra come trovare le esche. Grazie alla bassa marea, andiamo a scovare delle conchiglie nascoste tra la sabbia e gli scogli, ne raccogliamo il più possibile e poi con l’aiuto di un sasso rompiamo una metà delle conchiglie, conservando la seconda metà con il mollusco.
La signora ci presta l’attrezzatura da pesca, che non è altro che una rocchetta di filo con un amo e un piombo alla sua estremità; ci mostra come mettere l’esca e come lanciarla.
Camminiamo nell’acqua fino a che essa non arriva alla parte alta delle cosce. Con una tecnica simile a quella usata dai cowboys del farwest nel lancio del cappio, lanciamo la nostra esca il più lontano possibile, possibilmente distante dai coralli. Non è così semplice come pensavo; bisogna tenere il filo abbastanza teso in modo da sentire quando il pesce mangia l’esca e dare così un forte strappo per agganciarlo. La signora è molto abile e riesce a prendere fino a 15 pesci, mentre io solo uno, gli altri nulla.
Passiamo però due ore in allegria caratterizzate da vari episodi. Per esempio, dopo essere salito su di un grosso sasso, pensando di poter lanciare più lontano, cado in acqua più di una volta per via del precario equilibrio, delle correnti e del vento.
Gli altri non fanno altro che ridere ogni volta che cado in acqua, in modo particolare quando la signora figiana improvvisamente mi chiede di aiutarla con una grossa preda. Consegno la mia attrezzatura ad Eugen e Caroline ed inizio a tirare velocemente il filo della signora. Nel frattempo cado in acqua un'altra volta e quando il pesce è davanti a me, la signora spaventata mi grida di lasciarlo andare perché è velenoso. Non perdo tempo e malgrado ho del filo tra le gambe mi libero e rilascio la preda. E' una specie di manta, la quale nella lunga coda ha dei piccoli pungiglioni che contengono veleno. Tanta paura perché era davanti a me ed avevo parecchio filo attorno alle braccia e gambe.
Torniamo a riva, la signora si siede su uno scoglio e pulisce i pesci con il suo coltello. Fortunatamente ci regala cinque delle sue catture, che poi cuciniamo alla griglia. Molto freschi e gustosi.
Dopo la bella cenetta, andiamo sullo jetty (stretto ma lungo pontile dove attraccano le barche) a guardare le stelle e a bere qualche bicchiere di birra.
E' bello, c’è una pace quasi dimenticata, noi quattro sdraiati, il suono e la compagnia dell’oceano, il cielo stellato. Tutto ciò porta alle prime carezze e baci tra noi, Eugen e Caroline, io e Louise. Da questa sera nascono due coppie!
Io poi con una scusa torno all’alloggio con Louise e naturalmente facciamo l’amore. Questo mi sorprende un po’ poiché pensavo che lei fosse meno propensa e poco attiva per questo tipo di emozioni; ma invece mi sbagliavo.
La mattina seguente decidiamo di noleggiare due kayak e di fare il giro dell’isola. E' piuttosto impegnativo e faticoso; bisogna essere cordinati con i remi ed essere bravi a non immergerli troppo. Ma il panorama e le spiagge deserte di sabbia bianca appagano la nostra fatica. Ci fermiamo due volte in due angoli di paradiso, con acqua cristallina e spiagge bianchissime. Qui nuotiamo, scherziamo, giochiamo e mangiamo.
Una volta tornati, io ritento l’avventura di pesca ma ancora una volta un solo pesce. Alla sera dopo aver cenato, chiacchierato e bevuto un po' di birra, si va a dormire.
I miei compagni prendono sul serio una mia idea espressa nel pomeriggio. Infatti, noto che i letti a castello dove dormiamo sono infilati l’uno con l’altro e quindi si possono staccare; propongo di comporre due letti matrimoniali. Ma lo spazio è limitato, non è sufficiente per fare ciò, quindi distendono sul pavimento quattro materassi. Due nella zona della cucina e due nella zona dei letti. Fra i quattro vi è una specie di parete alta 1 metro e larga 50 cm; sulla quale solitamente mangiamo. Facciamo così l’amore, si può dire nella stessa stanza ma separati dalla “bassa parete” divisoria ed un walkman la cui musica maschera i primi imbarazzi ed i vari suoni. Io e Louise concludiamo qualche minuto prima dell’altra coppia e quindi è inevitabile sentire l’impegno di Eugen che termina poco prima che la musica finisca. Io e Louise ci tratteniamo dal ridere perché sarebbe stato troppo divertente se la cassetta si fosse fermata prima. Per me è un’esperienza nuova, forse difficile da raccontare e far credere ad amici.

6 Luglio (registro alla sera)
Oggi è l’ultimo giorno che passiamo assieme, domani infatti io e Louise andiamo a Nadi. Da qui partono i nostri prossimi aerei, il mio per le Tonga e lei per le Cook Islands; mentre Eugen e Caroline partono domani e tra l’altro decidono di viaggiare insieme per altri 10 giorni per poi continuare con i rispettivi itinerari.
Adesso vado a fare la doccia, la cenetta, e qualche bicchiere poiché è l’ultima sera.
Ciao, Ciao.

La prossima tappa del diario verterà sulle isole Tonga. Sarà la quarta parte di questo resoconto, prossimamente su Ci Sono Stato!

Un commento in “Il Giro del Mondo – Parte terza: Oceania
  1. Avatar commento
    jzkfuhov hvxtkbg
    16/07/2007 04:47

    vcrlyum qacve ogfvdrzw hztygnlm hekzdqgm xhmnzt hydzw

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