La Valle Èllero, una magnifica scoperta

Appartata ma ricca di fascino, rivela le sue bellezze una delle più incontaminate valli del Cuneese

 

Le valli di Cuneo, nel cuore delle Alpi Liguri, costituiscono un vero paradiso per gli escursionisti di ogni livello, dal semplice camminatore di fondovalle a colui che ama spingersi alle alte quote per traversate, ascensioni e trekking di più giorni.
L’appellativo “Alpi Liguri” (così come quello delle contingue Alpi Marittime) non induca l’equivoco che si tratti di montagna minore. Le cime più elevate, nonostante la relativa vicinanza in linea d’aria con il mare, superano i 2500 metri; l’ambiente è grandioso e spesso severo, vieppiù impreziosito dal fatto che, a differenza di aree di forte impatto turistico come Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, si può camminare per un’intera giornata senza incontrare nessuno.
In questo senso, è esemplare la Valle Èllero (mi raccomando, accento sulla E iniziale), una delle più appartate e integre; come si intuisce, il nome è dato dall’omonimo fiume lungo 35 km, a regime torrentizio, che è un affluente di sinistra del Tànaro - a sua volta immissario di destra del Po. La sorgente è ubicata nei pressi del vasto Pian Marchisio (o Marchiso o Marchisa), punto nodale della valle dal quale prendono le mosse numerose escursioni, molte delle quali sono inserite nella GTA (Grande Traversata delle Alpi).
Proprio dal Pian Marchisio ha inizio quella che vado a descrivere, molto esemplificativa dei numerosi caratteri dell’area: geologico, botanico, storico, antropico. Alla portata di ogni medio camminatore, ha una durata di circa sei ore fra andata e ritorno su un dislivello poco superiore ai 700 metri fra Piano Marchisio e Porta Sestrera: occorre aggiungere il tratto a piedi dal Ponte Murato, che può variare secondo quanta parte se ne può percorrere in relazione all’autovettura impiegata e alle condizioni della carrareccia.

Riguardo l’approccio automobilistico, quale che sia la provenienza, il riferimento è l’uscita di Mondovì dell’autostrada A6, dalla quale si prosegue sulle S.P. 12 e poi 5. Toccate alcune frazioni, si perviene dopo 15 km a Roccaforte, convenzionalmente considerata lo sbocco (o l’ingresso, per chi la risale) della Valle Èllero: si cominciano a notare le indicazioni bilingui, trovandoci ormai nel vasto comprensorio delle valli occitane.

Mentre la strada prende gradualmente quota, si giunge alla borgata Rastello (m.830), il cui nome è riferito ad antichi recinti (appunto a forma di rastrelliera) eretti a difesa delle frequenti incursioni di lupi.
Il percorso si fa sempre più suggestivo, lungo una stretta strada a tornanti che sale fra folti boschi di latifoglie e di tanto in tanto qualche casolare in pietra abbandonato, fino a raggiungere a quota 1242 il cosiddetto Ponte Murato: è il sito di un manufatto risalente ad epoca romana, distrutto nella seconda guerra mondiale e ricostruito nell’attuale struttura in cemento.
Dopo un breve tratto ancora asfaltato, ha inizio lo sterrato e bisognerà valutarne al momento la percorribilità o meno in auto: nell’ipotesi peggiore, si consideri un’ora di percorso pedestre di 4 km su quasi 400 metri di dislivello da qui al Piano Marchisio, panoramico se pure un po’ monotono. Ci troviamo lungo una storica Via del Sale, lungamente impiegata per il trasporto del prezioso sale marino dalle coste del Mar Ligure alla pianura padana: sono eloquenti, al proposito, i toponimi di Cima e Passo delle Saline.
L’attributo “idilliaco”, spesso impiegato a sproposito, si sposa invece alla perfezione al Piano Marchisio. Ci troviamo sull’orlo di un esteso pianoro di origine alluvionale a quota 1624, probabilmente occupato nell’antichità da un bacino lacustre, dominato da massicci calcarei che in molti casi richiamano le forme dolomitiche: tra essi, il Marguareis, la Cima delle Saline, la Cima Cars, la Cima Pian Ballaur, le Rocche Biecai, alcuni dei quali avremo modo di ammirare da diverse angolazioni nel corso dell’escursione.
Percorrendo l’agevole sentiero che aggira il fiume, si possono apprezzare le varie peculiarità dell’alta Valle Èllero: bianche pareti di calcare, vaste praterie, rocce affioranti modellate da millenni di fenomeni atmosferici, doline, abbondanza di acque. Sono presenti pure numerosi “gias”, recinti in pietre ormai diroccati destinati un tempo a radunare i bovini e gli ovini che per secoli trovarono qui un habitat ideale per il pascolo.
Una quarantina di minuti su sentiero del tutto pianeggiante portano a un modesto rilievo sul quale sorge il Rifugio Mondovì o Havis De Giorgio (m.1761), ideale per una sosta contemplativa e per riempire le borracce con l’acqua incanalata in un abbeveratoio ricavato da un grosso tronco.
Abbandonata la mulattiera che prosegue verso il Passo delle Saline, si imbocca verso ovest un sentierino contrassegnato G5 che prende quota fra balze erbose e scarpate rocciose ben gradinate aggirando i torrioni delle Rocche Biecai. Superato un passaggio fra grossi massi che prende il nome di Porta Biecai (m.1998), la vista si apre a sinistra sulla conca del Lago Biecai, adagiato a una quota di 30 metri inferiore: si tratta di un lago carsico, inteso come bacino con un emissario sotterraneo che provoca un’escursione del livello da parecchi metri con lo scioglimento primaverile delle nevi fino a ritirarsi - in certi anni completamente - alla fine dell’estate. Il toponimo “Biecai” (ma ci si può imbattere anche nell’accezione “Biecal”) significherebbe localmente “gocciolante”.
Lasciato a destra dopo pochi minuti il bivio per il Lago delle Moie (dialettalmente moïe sta per “terreni molli”) si segue a sinistra il sentiero G6: dopo un lungo traverso che taglia un pendio erboso, si sale sempre con pendenza moderata fra rigagnoli, cascatelle, rigogliose fioriture e qualche chiazza di neve. Mentre la vista all’intorno si fa sempre più ampia sui vari settori dei massicci già citati, sono frequenti i fischi delle marmotte che con un po’ di fortuna si possono anche avvistare.
Già ben visibile da lontano, raggiungiamo infine l’insellatura erbosa di Porta Sestrera, sulla quale spicca una palina con svariati cartelli segnaletici. Siamo a quota 2225, al netto delle soste tre ore e 30 minuti dal parcheggio, un’ora e 50 dal Rifugio Havis De Giorgio, 55 minuti dal bivio del Lago Biecai.
Il luogo è di grande bellezza: verso est si può ripercorrere con lo sguardo il percorso di salita appena effettuato, mentre verso ovest si apre all’improvviso lo scenario del vallone del Marguareis, con in lontananza il ben riconoscibile intaglio del Passo del Duca e sotto di noi il Pian del Lupo con l’avveniristico Rifugio Garelli (m.1990).
Porta Sestrera è il punto terminale della nostra gita (ci sarà ovviamente il ritorno per la stessa via), ma, disponendo di due o più giornate, può anche essere luogo di passaggio da una valle all’altra lungo itinerari intervallati da pernottamenti in vari rifugi ubicati strategicamente: avvalendosi della vasta letteratura cartacea (cito le numerose guide di Andrea Parodi) ed informatica (su tutti, il sito alpicuneesi.it), non si avrà che l’imbarazzo della scelta fra un’infinità di escursioni di grande soddisfazione.

 

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