Il Laos, il favoloso "Paese del milione di elefanti"

Scopriamo un gioiello del sud-est asiatico ancora salvo dal turismo di massa

Per chi, come noi, proviene dal Vietnam il confine via terra più comodo è quello di Lao Bao. Si può prenotare tutto il tragitto in bus da Huè per la destinazione che preferite, sia nelle numerose agenzie viaggio lungo il fiume sia in albergo.
Consiglio di girare tre o quattro posti per confrontare le tariffe, che sono comunque trattabili almeno del 40%. Ci sono bus tutti i giorni sia diurni che notturni.
Cose che non vi diranno: le ore che si impiegano, il numero infinito di fermate, il frequente cambio dei mezzi; anche se lo chiedete non vi diranno la verità.10 agosto 2005
Compriamo due biglietti per il bus notturno fino a Savannakhet, che sulla cartina sembra abbastanza vicina. La qualità dei mezzi di trasporto lascia un po’ a desiderare, ma vale la pena fare il viaggio per i paesaggi che si attraversano, la gente che si incontra e le situazioni che si affrontano.
Un primo bus ci porta fino ad un luogo non ben precisato nei pressi della tristemente nota DMZ, sotto il 17° parallelo. Se scegliere la tratta notturna vi “scaricheranno” alle dieci di sera ad un incrocio tra la strada 9 e la 1 dove è previsto un “servizio” di ospitalità notturna incluso nel biglietto. La sistemazione è decisamente basica; tanto per rendere l’idea abbiamo dormito vestiti, con le scarpe, sopra le coperte…

11 agosto 2005
All’alba passa a prenderci un ferrovecchio mascherato da minibus che porta i locali al lavoro e le merci ai mercati. Il viaggio verso il confine è molto faticoso ma il paesaggio è assolutamente da non perdere. In tre ore si arriva al confine con il Laos, dove un addetto della compagnia di viaggio ci aspetta per l’assistenza al border. C’è da camminare un po’, piove a secchiate e per fortuna, dopo mezz’oretta di marcia con i bagagli addosso, due motorini ci danno un passaggio. Le pratiche sono piuttosto veloci, ma non cedete alla tentazione di cambiare denaro in frontiera; il cambio è pessimo!
Da Lao Bao un “big bus” ci porta a Savannakhet. Il bus ha più o meno la nostra età e con noi viaggiano persone, verdure, frutta, animali, motorini, chitarre… Un’esperienza da non perdere: si tratta delle merci di rifornimento per tutti i mercati che si incontrano lungo la strada. Siamo gli unici turisti, ma nessuno pare curarsi di noi.
Capiamo subito che non ci avremmo impiegato le quattro ore preannunciate. Ci sistemiamo sull’unica panchetta asciutta, tra i cipollotti e i pomodori e ci godiamo… lo spettacolo. Siamo in LAOS!
Il paesaggio si presenta verdissimo, tutto puntinato di villaggetti costruiti completamente in legno, con i bimbetti sulla soglia della capanna che fanno ciao ciao con la manina. E quando si accorgono che ci sono due occidentali sul bus mandano dei gridolini e corrono a chiamare i fratelli! Mucche, bufali e vacche contribuiscono a tenere l’erbetta rada, anche nei campi da calcio.
Alle 16 arriviamo a Savannakhet (in tutto 13 ore di bus e 7 di sosta notturna), un paese placido e tranquillo, pieno di monaci sorridenti, che non vedono l’ora di fare pratica con l’inglese.
Prendiamo stanza in una guesthouse e, dopo il solito giro di ricognizione delle agenzie di viaggio, prendiamo un biglietto per il giorno dopo per raggiungere la capitale Vientiane. Attenzione, le agenzie chiudono presto in Laos, verso le quattro o le cinque del pomeriggio. Dopo un bel massaggio ceniamo sulla riva del Mekong.

12 agosto 2005
Il giorno successivo partiamo per Vientiane e, anche se il mezzo spacca un semiasse e perdiamo un po’ di tempo, riusciamo ad arrivare nel tardo pomeriggio.
La capitale è un po’ più cara dei dintorni e una giornata di visita è sufficiente. La cosa che ci ha stupito di più è che la “capitale” sia molto meno trafficata di un nostro qualunque paese di periferia; ci sono solo alcune strade asfaltate e il resto è in terra battuta. C’è una strada dedicata allo shopping e si trovano anche oggetti e tessuti interessanti, ma la contrattazione è piuttosto limitata… il che, arrivando dal Vietnam, ci ha disorientato un po’.
Alla sera prendiamo un bus “V.I.P.” per Luang Prabang. Oltre a non capire per quale motivo il bus sia definito VIP, constatiamo che la strada è lunghissima e per la maggior parte sterrata. Perciò di dormire non se parla neanche.
Dopo un numero imprecisato di ore e di sobbalzi e scossoni, alle 06:30 del mattino arriviamo nella magica Luang Prabang, giusto in tempo per vedere la fine del rito dell’elemosina dei monaci.
La scelta dell’albergo è ardua, ce ne sono di molto belli, ma alla fine optiamo per una guesthouse da 5 dollari a notte, in riva al fiume.

13 agosto 2005
Luang Prabang è un posto veramente strano. E’ pieno di turisti, ma non è una sensazione fastidiosa. Si tratta di un tipo di turismo molto responsabile, spirituale e moderato. Qui non ci sono divertimenti serali, alle nove e mezzo / dieci di sera è tutto chiuso e si va a nanna, perché al mattino alle sei bisogna essere pronti a vedere i monaci in fila per l’elemosina.
Ci sono più templi che case, uno più bello dell’altro. Qui la vita scorre tranquilla e serena, proprio come il Mekong. Pochissime auto, per lo più fuoristrada per il trasporto dei turisti.
Le numerose agenzie di viaggio organizzano escursioni di tutti i tipi e di tutti i gradi di difficoltà. Ce ne sono due gestite da occidentali e pare siano le più affidabili; ne scegliamo una e prenotiamo un trekking di un giorno (Tiger Trail - 30$ non trattabili) per cascate + elefante + canyonig.
Ma abbiamo mezza giornata a disposizione e possiamo andare a vedere le Kuang Xi Falls con un tuc tuc: sono impressionanti! Meglio non portarsi nulla dietro e mettersi il costume da bagno, perché dopo due minuti si è zuppi fino alle mutande. Si può fare il bagno nelle pozze più tranquille e una miriade di sentierini conduce attraverso la foresta dove sono ospitati anche orsi dal collare bianco e Peth, la tigrona indocinese mascotte del parco.
Alla sera andiamo in esplorazione lungo il Mekong e scoviamo un posto dove fanno un BBQ spettacolare. Facciamo conoscenza con una coppia svizzera e dopo aver riempito a dovere la pancia, ci guardiamo intorno e… sorpresa… i camerieri sono tutti travestiti e gay. Come? Qui, in Laos? Ma non era un Paese del terzo mondo? Invece capiamo che la tolleranza qua è d’obbligo e che una persona è libera di esprimersi nel credo religioso come nei gusti sessuali. Ecco perché tollerano anche noi occidentali e non ci guardano come ‘polli da spennare’.

14 agosto 2005
Finalmente arriva il giorno del trekking. Ci rimpinziamo per bene di fruit salad e pancake (da alternare con la fantastica pasticceria francese). L’agenzia fa un sacco di casino per organizzare i gruppi e dopo più di un’ora di sali e scendi da vari fuoristrada e pick up, partiamo alla volta delle piantagioni di teak. Qui ci aspettano tre elefanti, scegliamo il più robusto (non si sa mai) e facciamo un giretto nella piantagione. Poi un emozionante transfer in barca e arriviamo alle cascate: si tratta di un grande bosco completamente allagato dove ci fermiamo a mangiare l’irrinunciabile noodle soup.
Dopo pranzo affrontiamo la discesa del fiume in kayak con tanto di rapide. Fortuna vuole che in quei giorni i monaci si stanno allenando per l’annuale gara di canoa: è uno spettacolo. Una trentina di monaci a torso nudo stanno pigiati in una lunga canoa strettissima e danno delle grandi pagaiate ad un ritmo indiavolato. Controcorrente! Con la tifoseria sulla riva che li incita urlando e battendo i coperchi delle pentole.
Finita l’avventura sportiva rientriamo a Luang Prabang giusto in tempo per il night market. Mangiamo al mercato (per 3,5 $ in due) e poi facciamo un raid di shopping. La contrattazione porta quasi sempre alla metà del prezzo e c’è la simpatica abitudine di sedersi su minisgabellini per stare più comodi durante le trattative più lunghe.

15 agosto 2005
Ci svegliamo alle 05:30 per vedere l’elemosina dei monaci, ma il fascino della situazione è un po’ mitigato dall’eccessivo numero di turisti e relative macchine fotografiche (come noi…). I monaci, data la loro estrema tolleranza, sopportano, ma certamente non apprezzano la nostra presenza.
Si mette a piovere e non ci resta che rifugiarci nella magnifica Lotus Spa per un lungo “stone massage”. Segue un salto al Poutsi Market, cioè quello per i locali, dove troviamo delle merci molto curiose, come il tabacco sfuso. Ne prendiamo due pacchettini; il profumo è irresistibile!
Nel pomeriggio visitiamo altri templi, il palazzo reale e assistiamo all’ennesima funzione buddista. E’ sempre emozionante. E per finire la giornata: un altro massaggio e una cena indiana.

Il 16 agosto finisce la nostra vacanza in Laos. Andiamo all’aeroporto a prendere l’aereo per Chang Mai e dopo aver litigato un po’ perché l’agenzia non ci aveva prenotato i posti e dopo aver scoperto che il nostro era mezzo era uno di quelli con le eliche (e qui scatta una mezza crisi isterica) partiamo con 40 minuti di anticipo. Cose laotiane!

3 commenti in “Il Laos, il favoloso “Paese del milione di elefanti”
  1. Avatar commento
    whftbgeor miydg
    12/08/2007 11:35

    lazm rwcm wteyond dcevhpfy ucef awdqfzglm imsyodwc

  2. Avatar commento
    BEA
    18/11/2005 09:29

    Resoconto allegro e frizzante come la persona che lo ha scritto: complimenti Giorgia

  3. Avatar commento
    poochie76
    18/11/2005 08:56

    Complimenti Giorgia, per un attimo mi è sembrato di essere con voi!

Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento, contattaci per ottenere il tuo account

© 2024 Ci Sono Stato. All RIGHTS RESERVED. | Privacy Policy | Cookie Policy