Il Madagascar: avventure tra lemuri, foreste e mare

La grande isola africana continua a regalare meraviglie e stupori

Viaggio di Marco e Virginia, estate 2008.
E' il mio primo viaggio "fai da te" e per di più in Africa. Devo ammettere che è stata Vì, la mia compagna, a farmi scoprire il gusto di viaggiare in proprio e non smetterò mai di ringraziarla per questo.
Ho cercato di essere il più sintetico possibile ma ci sarebbero tante storie da raccontare per ogni giorno di viaggio sulla fantastica isola del Madagascar, in particolare su gli abitanti sempre sorridenti e disponibili, nonostante la grande povertà che, soprattutto nella capitale, è di tutta evidenza.
Consiglio a tutti di girare zaino in spalla questa isola stupenda, dobbiamo segnalare infatti che non ci siamo mai trovati in situazione di difficoltà o di pericolo.
Fa freschino di sera quindi occorre portarsi un pile se, come noi, arrivate durante il loro inverno, anche se i malgasci in questo senso ci sono sembrati un pochino esagerati (tipo gente in giro con sciarpe e cappellini). Inoltre le giornate purtroppo sono molto corte; tuttavia credo sia stato un bene essere arrivati in questo periodo, altrimenti ritengo che, soprattutto per l’umidità della foresta, saremmo morti dal caldo.
Per il volo (Air France con scalo a Parigi) abbiamo pagato 1.480 euro a testa più altri 380 per i due voli interni (carissimi!!!). Per il resto è tutto economicissimo, sopratutto il dormire (noi stavamo in alberghetti ma sempre decenti). Gli spostamenti sono stranamente più cari dei pernottamenti e del mangiare perchè in Madagascar il carburante è molto caro. Comunque tenete conto che abbiamo pagato circa 800 euro a testa per tutto il resto e, in 24 giorni di permanenza, non ci siamo fatti mancare davvero nulla, compresi tre giorni di affitto auto con guida disposizione 24 ore su 24 e una giornata di affitto di un fuoristrada.
Quanto alle vaccinazioni abbiamo fatto epatite A, B, antitifo e antimalaria (Lariam).
Se avete bisogno di altre info contattatemi pure.
Itinerario
Arriviamo ad Antananarivo (“Tana” per gli amici) il 13 agosto, pernottamento al Sakamanga, un hotel che è anche ristorante, cinema e negozio (quasi un circolo culturale), molto carino anche se un po’ caro (non certo per i nostri standard ma per quelli del Madagascar).
Il giorno dopo visita della città a gustarci questa strana sensazione (almeno da parte mia) di essere così diverso in mezzo ad un altro mondo, mentre la Vì, nonostante il forte contrasto della sua carnagione pallida, si butta a capofitto tra le bancarelle.
La città è un po’ strana: da lontano sembra quasi di essere in Austria, con tutte quelle casette colorate con i tetti a punta. Purtroppo da vicino si scorge anche molta povertà e l’aria è tutt’altro che di montagna ma piena di smog. Comunque alla fine ci siamo affezionati a questo strano posto, o almeno alla zona centrale, visto che abbiamo avuto modo di vedere che la periferia si estende per kilometri e kilometri.
In particolare lo zoo di Tana è molto carino e si trova in un grande parco: un ottimo antipasto per le escursioni nei parchi naturali. La sera deliziosa cenetta a base di gamberoni nel ristorante dell'albergo.

Il 15 agosto comincia l'avventura dei "taxi brousse", furgoncini dove si viaggia schiacciati e che partono solo quando il mezzo è pieno (ma pieno per davvero!)
Andiamo ad est: tappa ad Andasibe per visitare il parco naturale del Perinet, dove alloggiamo nei bungalow del Feony Ala nel cuore della foresta. Posto suggestivo e meraviglioso, attenzione però perchè la sera fa molto freddo!
Arriviamo verso le tre e ci consigliano di fare l’escursione al parco la mattina del giorno dopo perché, a quanto pare, i famosi indri il pomeriggio non ne vogliono sapere di farsi vedere perché dormono.
Quindi facciamo una escursione in notturna organizzata da un parco privato confinante con il parc national. Pochi avvistamenti di animali (rane e un piccolo lemure-topo) ma la passeggiata al buio nella foresta è molto suggestiva.
Il giorno dopo è la volta di una lunga escursione in giornata dove gustiamo la compagnia di una famiglia di bellissimi indri con il loro caratteristico richiamo e (moooolto in cima agli alberi) una coppia di straordinari sifaka diadema.
Quindi, con un taxi privato trovato per caso, ritorniamo a Tana e subito continuiamo il nostro viaggio lungo la strada degli altipiani, la Rue National 7 (RN7), e decidiamo quindi di fermarci ad Antsirabe.
La città è abbastanza carina, ci sono ampie strade con diverse ville di chiara impronta coloniale francese (c’è anche una cattedrale stile gotico assolutamente fuori contesto con il resto dell’ambiente), tuttavia il paragone che la Guida Bradt fa con le città della costa azzurra ci sembra assolutamente esagerato…
Ci fermiamo due notti (hotel baobab) nella città dei pousse-pousse (in pratica delle cariole porta persone) imparando alla fine a ben volere i simpatici guidatori-portatori nonostante la loro invadenza. Da segnalare anche una bellissima escursione in mountain bike nei dintorni fino al lago Tritriva (lago di un colore verde azzurro spettacolare).

Il 19 agosto mattina proseguiamo, sempre in Taxi Brousse, per Fianarantsoa e lì, esausti, decidiamo di prendere una macchina (con autista) presso una piccolissima “agenzia turistica” (un bungalow davanti alla stazione). La sera pernottiamo in una pensioncina nella zona della città alta dove, in un ambiente molto spartano, un severo e religiosissimo signore malgascio si prende cura di noi cucinandoci una buonissima zuppa calda.
Il giorno dopo sveglia all’alba per compiere una bellissima (e durissima!) escursione al parco Ranofama, pieno di avvistamenti di lemuri (più che altro lemuri del bambù).

Il nostro piano poi prevede di andare ancora ad est per raggiungere Manakara sull'Oceano Indiano, raggiungibile solo con il noleggio di un’auto (almeno ritengo) o con il treno che prenderemo al ritorno. Quindi, sempre con la nostra fidata auto con autista e una simpatica ragazza come guida (che dopo tanti viaggi in taxi brousse ci sembra un lusso) partiamo dopo la lunga visita al parco ed arriviamo a Manakara per la notte.
Qui si ha davvero la sensazione di essere persi in mezzo al mondo, soprattutto alla vista dell’Oceano, sempre molto agitato. Molto carina l'escursione in piroga sul canale dei Panganales (parallelo all’oceano) e la visita ad un villaggio tipico di pescatori e di una piantagione di vaniglia, il prodotto nazionale, il tutto gestito da dei ragazzi locali che, per la verità, ci abbrancano per la strada in modo un po’ invadente, ma alla fine ci fidiamo e li seguiamo, conquistati come sempre dai loro sorrisi.
A Manakara ci attende il treno che ci riporterà a Fianarantsoa e sarà un'avventura fantastica. Il treno parte con dieci ore di ritardo per un guasto, e quindi, contrariamente ai programmi, abbiamo percorso quasi tutti i 150 km da Manakara a Fianar con solo la luce delle lucciole sugli alberi della foresta a tenerci compagnia. Ogni fermata (una ogni dieci minuti!) è una festa: fuochi, bambini che vendono ogni tipo di cibarie tra cui tutte le possibili ricette che si possono fare con le banane, gente che continua a salire e scendere. Un'esperienza unica.
Quindi torniamo alle 4 di notte a Fianar (unici turisti, in quanto il ritardo ha fatto rinunciare tutti gli altri), e un albergo per fortuna ci apre la porta.
Il giorno dopo (o meglio qualche ora dopo) levataccia e ritorno in un sol giorno verso Tana, con breve sosta nella caratteristica Ambositra dove assaggiamo in giro varie “bichignerie” tra cui un delizioso succo di fragola. Il viaggio lo abbiamo prenotato con una agenzia privata: il tutto è abbastanza caro ma non ce la sentivamo di rifarci tutta la strada sulla RN7 in taxi brousse.
Otto ore di viaggio e siamo ancora a Tana dove ci fermiamo un paio di giorni facendo una capatina al divertente lemur park, un parco zoo pieno di tutti i lemuri (semi domestici) che siamo o non siamo riusciti a vedere/fotografare nelle scarpinate dei parchi: sembra tutto troppo facile (così non vale!!!).

Il 25 agosto comincia la seconda parte della nostra vacanza dove abbiamo previsto di fare molto più relax (cioè mare) e un po’ meno avventura.
Con un volo interno atterriamo all'aeroporto di Diego Suarez e in aereo decidiamo di non andare subito a Diego ma di sostare un piccolo villaggio di pescatori, Ramena, segnalato dalla Bradt Guide (nostra fedele compagna di viaggio), anche perché la Vì non vuole sentire ragioni: “voglio andare al mare, senza passare dal via!”, reclama.
Dopo una feroce contrattazione fuori dell’aeroporto con i tassisti, che si sentono forti del fatto che siamo in pratica in mezzo ad un brullo deserto, ne prendiamo uno per Diego Suarez e poi un taxi-brousse sgangherato ci lascia a destinazione.
Ci innamoriamo subito del posto: l'acqua è cristallina, il sole finalmente batte caldo. Troviamo un posticino incantevole sulla spiaggia gestito da una famiglia francese e segnalato dalla guida chiamato “chambres trop pres”: tre stanzettine deliziose (di cui solo la nostra piena) con a fianco il ristorante frequentato da alcuni simpatici lemuri coronati.

Ci fermiamo ben quattro giorni tra mare azzurro, grigliatone di pesce e ottimo rhum alla frutta (vera e propria specialità).

Il 29 agosto, ripartiamo a Diego Suarez, cittadina molto caratteristica e animata (non pensate però a Riccione…) dove dormiamo praticamente a casa di un simpatico signore, trovato per caso tramite un suo amico che passava in bici e che si offerto di portarci in un “hotel”: in ogni caso è tutto molto pulito e confortevole e che più economico di così non si può.
Da qui ci avviciniamo alla nostra destinazione finale: Nosy Be, ma prima ci concediamo una giornata fantastica: affittiamo un fuoristrada (sempre con autista/guida) che ci porta a vedere gli stupefacenti tsingy rossi (strane formazioni rocciose create dall'erosione) e il lago sacro Anivorano dove riusciamo a vedere un coccodrillo allo stato selvaggio attirato dai nostri rumori. Infatti in questo Lago sono soliti fare sacrifici di Zebù ai cocchi con canti e balli e quindi appena sentono dei rumori vengono fuori nella speranza di rimediare un po’ di cibo: per me è stata un emozione indescrivibile.
Quindi procediamo verso ovest e ci accampiamo due giorni in un bungalow di legno e paglia presso la riserva naturale dell'Ankarana. Questa è una visita ancora più impegnativa delle precedenti e devo ammettere che tra zanzare, topi e scarrafoni ho spesso desiderato di essere in un lussuoso resort.
Comunque facciamo due escursioni bellissime. La prima durissima di dieci ore tra simpaticissimi lemuri coronati, ficus giganteschi e gli straordinari tsingy grigi, forse meno belli di quelli rossi ma questi si estendono per kilometri quadrati in uno straordinario paesaggio lunare.
La seconda escursione è di mezza giornata, dove ci infiliamo in una enorme caverna e proviamo l'ebbrezza di stare in compagnia di migliaia di pipistrelli giganti chiamati volpi volanti.
Quindi ripartiamo sempre via taxi brousse alla volta dell'isola di Nosy Be, dove alla fine staremo solo un paio di giorni.
L'isola è molto più turistica di tutti gli altri posti in cui siamo stati prima messi insieme ma ha delle spiagge molto belle.
Da segnalare una escursione a Nosy Komba e a Nosy Tanikely (un paradiso!), gita in barca con super pranzo di pesce e snorkeling mozzafiato (per la prima volta vedo una tartaruga!)

Quindi un altro volo interno ci riporta a Tana, dove facciamo una capatina al mercato dell’artigianato del legno nei pressi di Avenue de l’Indipendence. Ci avevano avvertito che ci sarebbe stata ressa e che là i mercanti sarebbero stati aggressivi con i turisti, in realtà è tutto molto tranquillo e ci divertiamo a spendere gli ultimi contanti e a fare dei baratti con i nostri vestiti.
Un ultima cena al Sakamanga a gustare l’ultima volta i “geants camarones de Majunga” e… ciao ciao isola rossa.

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