Spagna: Castiglia e Mancha

La caliente Spagna Centrale: la capitale e le grandi città d’arte

Chi ha letto la prima parte di questa relazione, (Catalogna ed Andalusia) alla quale rimando per tutte le notizie di carattere pratico quali i trasporti, gli alloggi e l’alimentazione, sa già che sto raccontando un viaggio fatto qualche anno fa dal sottoscritto Leandro in compagnia dell’ottimo amico Lino, viaggio impostato su trasferimenti in treno sia da/per l’Italia che all’interno del territorio spagnolo.
Com’è noto, la Spagna ha grossolanamente una forma quadrangolare. Nella prima parte abbiamo visitato le principali città dell’Andalusia, vale a dire l’angolo in basso a sinistra del quadrato; a questo punto stiamo per dedicarci alla parte centrale, vale a dire i più importanti centri di Castiglia e Mancha, concentrati in un raggio di non più di cento chilometri all’intorno di Madrid.

Itinerario

MADRID (4 giorni)
Arriviamo in città intorno alle 18. Aprire la portiera del “Talgo” climatizzato che ci ha portato qui e posare i piedi sul marciapiedi della stazione di Atocha ci dà l’impressione di entrare in un forno, già prima di scorgere un termometro che segna 36°: l’aria è letteralmente rovente! E meno male che gli impegni di lavoro ci hanno consentito di fare questa vacanza a maggio: se tanto mi dà tanto, a luglio e agosto le condizioni devono essere veramente proibitive.
Ci hanno detto che però la sera, visto che Madrid con i suoi 655 metri è la capitale più alta d’Europa, la temperatura si abbassa fino a valori accettabili. Per fortuna sarà davvero così: forse è anche per questo che le ore più intense della vita madrilena sono quelle notturne.
Tramite l’ufficio di accoglienza turistica della stazione fissiamo sei pernottamenti in una pensione in posizione centrale, l’Hostal Reconquista. Dato che il nostro programma prevede l’Escorial, Segovia e Avila, tutte località in un raggio di meno di cento chilometri dalla capitale e ben servite dal servizio ferroviario, preferiamo fare base qui dedicando una giornata a ciascuna di esse.
Grazie all’efficientissima metropolitana, che copre praticamente tutto l’agglomerato urbano con una decina di linee, raggiungiamo la Puerta del Sol, ideale “chilometro zero” di tutte le strade che si diramano da Madrid e uno dei principali luoghi in cui aggregarsi e darsi appuntamento. Nella zona della Calle Zorrilla, una trasversale della Carrera de San Jerònimo a non più di 500 metri dalla stazione del Metro, sono ubicate, oltre alla nostra, parecchie strutture ricettive, semplici ma accoglienti e familiari. D’altra parte non si viene in una città come questa per fare vita d’albergo, quindi è sufficiente che la camera sia tranquilla e pulita.
Come è d’abitudine in altri miei articoli messi in Rete da Ci Sono Stato, posso parlare solo del “mio” viaggio senza la pretesa di stendere una guida turistica: non ne sono in grado e dubito che troverebbe posto in un settore editoriale che già è inflazionato di prodotti più o meno esaurienti.
Ma parlando di Madrid anche per sommi capi non si possono tacere note di merito per l’enorme apparato museale della città, anche ricordando un’affermazione del filosofo Ortega y Gasset: “Chi vuol capire la Spagna deve guardare i suoi quadri”. Raccomandare una visita al Prado, magari evitando una maratona sfiancante e distribuendola invece in due o tre giorni per godere con calma le sue splendide gallerie di pittura spagnola, italiana e fiamminga, è quindi scontato; ma sono da non perdere anche le opere custodite nell’immenso Palazzo Reale, nel Monastero de las Descalzas Reales, nel Museo di Arte Contemporanea e nell’impareggiabile collezione privata Thyssen-Bornemisza, che abbiamo il piacere di rivisitare dopo averla apprezzata già qualche anno fa nella precedente sede di Lugano.
E poi le splendide fontane delle sue piazze monumentali, i grandi viali, lo sterminato Parque del Retiro, mille altre attrazioni. Ma Madrid vuol dire soprattutto movida, parola che ha senso solo in Spagna, nata all’indomani della caduta della dittatura franchista, che sintetizza i piaceri di stare all’aria aperta, di incontrarsi, di radunarsi nei locali, di affollare le strade passeggiando con lentezza, di vedere e farsi vedere, di fare tardi: è quel “vivere il presente” caratterizzato magistralmente nei films di Almodòvar.
Anche se tutto, come nel resto del mondo, è inevitabilmente turisticizzato, atmosfere tipicamente madrilene si posso ancora respirare nelle tabernas storiche della Gran Via o sotto i portici di Plaza Mayor, uno degli spazi più scenografici della città; nelle birrerie della più appartata Plaza de Santa Ana, tra cui la vivacissima Cerveceria Alemana e la Naturbier, imperdibile non fosse altro che per ammirare il gigantesco alambicco in rame che troneggia di fianco al bancone dal quale la birra viene spillata al momento; nel frenetico Viva Madrid dove, ammesso che riusciate a entrare, potete immergervi in uno dei covi più sanguigni della tifoseria del Real.
Sulla vita notturna, è risaputo che sotto quest’aspetto Madrid è in assoluto una delle città più esuberanti del pianeta; fatto presente che il mondo delle discoteche e dei locali alla moda non mi è particolarmente consono, non posso dare particolari indicazioni, anche perché i mutamenti sono talmente repentini che un locale oggi particolarmente alla moda fra una settimana può non esistere più. Un buon riferimento per chi vuole essere aggiornato su tutto quanto succede in città è quello che ho già dato nella prima parte di questo resoconto, dedicata alla Catalogna e all’Andalusia: è la “Guìa del Ocio” (Guida dell’ozio), periodico reperibile in tutte le edicole.
Ma anche di giorno è impossibile annoiarsi. O compenetrarsi nel rito delle tapas e delle copas de fino cercando magari di inserirsi nelle tertulias (chiacchiere) dei vicini di tavolo; o scivolare pigramente su una barchetta a remi nello stagno del Parque del Retiro; o perdersi tra i profumi del Museo del Jamòn, negozio storico che offre il più inverosimile assortimento di prosciutti che si possa immaginare; o indugiare davanti alle vetrine delle confetterie di Calle San Jerònimo ricolme di dolciumi alla violetta, proprio di fronte alla statua in bronzo raffigurante in grandezza naturale la Violetera (venditrice di violette), protagonista di una delle canzoni popolari più famose; o, se è domenica mattina, risalire la Calle de Toledo curiosando nella miriade di negozietti e bancarelle dell’affollatissimo mercatino del Rastro (occhio al portafoglio!); o anche semplicemente alzare gli occhi e perdersi nelle insegne in ferro battuto e nelle variopinte targhe in ceramica delle vie; sono tutti modi eccellenti di vivere la città ed ecco che quattro giorni, quelli che abbiamo a disposizione, possono volare via in un lampo!

ESCORIAL (1 giorno)
Una cinquantina di chilometri dalla capitale, circondato dalle montagne della Sierra de Guadarrama a un’altezza di 1032 metri, sorge il colossale Escorial, per completezza San Lorenzo del Escorial. Si tratta della megalomaniaca autocelebrazione di Filippo II, fatta erigere tra il 1563 e il 1584, con l’intervento dei migliori artisti spagnoli e italiani dell’epoca, come polo religioso e luogo di sepoltura di tutti i Reali di Spagna.
Il suo perimetro di 162 metri per 208, le duemila stanze, gli 86 scaloni, i 16 cortili, i 15 chiostri sono cifre che impressionano e la freddezza del granito con il quale è costruito contribuisce a trasmettere un senso di soggezione che col procedere della visita può opprimere il visitatore.
Tra i vari corpi dell’edificio, solo una parte sono accessibili alla visita. Vero e proprio cuore del complesso è la Basilica, caratterizzata all’interno da 44 altari distribuiti lungo le pareti della sua pianta quadrata. Lo stile prevalente è un barocco particolarmente sfarzoso, intonato agli intenti celebrativi di una Spagna che all’epoca era all’apogeo della sua potenza, ma che ai nostri tempi, pur prendendo atto della maestria degli artisti, può risultare piuttosto stucchevole.
Il Pantheon de los Reyes custodisce le spoglie di dodici re, nove regine-madri e un consistente numero di principi reali racchiuse in sarcofagi di marmo nero, il che aumenta ancora, se possibile, la severità dell’ambientazione. Anche se grandioso, il sito è, come si può immaginare, particolarmente tetro; tutto l’insieme, unito al fatto che l’illuminazione è scarsissima e che una porta (sigillata) su un ripiano dello scalone conduce al Putridero, una cella in cui erano conservati i cadaveri per dieci anni prima dell’inumazione, fanno sì che quando torniamo alla luce sorga spontaneo un respiro di sollievo.
Il Palazzo Reale con i suoi magnifici arredi e i Nuevos Museos, che espongono una significativa collezione di dipinti spagnoli, italiani e fiamminghi, sono infine la parte più piacevole della visita: proprio quello che ci voleva per risollevarsi lo spirito, prima di risalire su un treno di metà pomeriggio che in meno di un’ora ci riconduce nella vita madrilena.

SEGOVIA (1 giorno)
In posizione dominante a mille metri di quota su uno sperone roccioso alla confluenza del Rio Clamores nel Rio Eresma, Segovia era già un insediamento di grande importanza in epoca romana. Non è quindi un caso che la sua attrattiva più imponente sia l’acquedotto costruito all’epoca di Traiano, testimonianza di una realizzazione ingegneristica incredibile per il tempo, se si pensa che portava in città l’acqua captata da un corso d’acqua distante 17 chilometri. Il perfetto stato di conservazione dopo duemila anni lascia sbalorditi non appena ci si rende conto che i giganteschi massi di granito che compongono le 118 arcate su un’altezza che raggiunge i 28 metri sono sovrapposti a secco.
Dall’acquedotto, ubicato all’angolo sudorientale della città, parte un itinerario che consente di tagliare diagonalmente tutto il centro storico fino all’Alcàzar sulla sua estremità opposta. La Calle de Cervantes, zona pedonale che da qui sale fino alla sommità del colle fiancheggiata da belle abitazioni del XV e XVI secolo, tra cui spiccano la Casa de Los Picos dalla facciata a punte di diamante e la chiesa romanica di San Martin con un bel porticato a colonnine, ha termine sulla Plaza Mayor. Su di essa prospetta l’abside della Cattedrale, di forme talmente eleganti da essere definita Dama de las Catedrales; la facciata è però sul lato opposto, caratterizzata dal colossale campanile che raggiunge l’altezza di 110 metri.
Superata la Plaza de la Merced, si scende verso l’Alcàzar, vero e proprio simbolo di Segovia, già ben visibile da lontano. L’edificio è situato proprio sul ciglio di uno strapiombo di ottanta metri ed è il risultato di un primo nucleo del sec. XI passato attraverso successivi rimaneggiamenti. Il corpo frontale è affiancato e sormontato da una serie di torri e torricine cilindriche con tetti conici, per un colpo d’occhio che fa pensare ai castelli delle favole. Il cortile interno immette nelle diverse sale, che presentano in parte l’originaria decorazione mudéjar e custodiscono magnifici arredi, arazzi e armature; dalla sala del trono si passa sul Paseo de los Reyes, un passaggio sopraelevato che porta a una terrazza panoramica a filo di due torrioni con vedute vertiginose sulla vallata sottostante.
A completamento della visita della città si possono compiere due belle passeggiate nella sua parte bassa: la prima è la cosiddetta Cuesta de los Hoyos (dei fossi), che corre sul lato sudoccidentale parallelamente al Rio Clamores offrendo begli scorci sulla cinta delle mura romane fino a rientrare dalla Puerta de San Andrès, in prossimità del fianco destro della Cattedrale; la seconda costeggia a nord il Rio Eresma toccando alcuni luoghi di culto quali il quattrocentesco Monasterio del Parràl e l’isolata chiesetta romanica a pianta ottagonale di Vera Cruz, eretta dai Templari nel sec. XIII e dall’interno davvero suggestivo per l’originale navata anulare a due piani. Allungando la passeggiata un po’ oltre il Santuario de la Fuencisla immerso nel verde, si può godere, meglio se con la luce del tramonto, delle più classiche vedute sull’Alcàzar; con una piccola fatica supplementare si può risalire il fianco di una collinetta fino al punto in cui il castello, grazie a un curioso gioco di prospettiva, sembra formare un’unica mole con la Cattedrale.

AVILA (1 giorno)
Avila, per completezza Avila de los Caballeros, è situata, un po’ a somiglianza di Segovia e, come vedremo, Toledo, al culmine di un colle che domina il corso del Rio Adaja. Ci troviamo a una quota di 1128 metri, in linea d’aria una quarantina di chilometri dalla Sierra de Gredos, una catena montuosa, di cui si scorge il profilo a sud-ovest della città, che sfiora i 2600 metri in uno scenario, stando a quanto si vede nelle cartoline, di selvaggia bellezza. Bisognerebbe disporre di qualche giorno in più per addentrarsi tra queste montagne sconosciute ai più: sarà per un’altra volta.
La maggior parte delle bellezze di Avila sono invece racchiuse in una massiccia cinta di mura eretta tra il 1090 e il 1099 su un perimetro di 2400 metri scandito da otto porte e 88 torrioni cilindrici. Quindi ecco il primo consiglio: dedicare un’oretta al giro completo dei bastioni, magari di sera, quando le mura vengono illuminate.
Proprio addossata al lato est delle mura sorge la Cattedrale, una fusione di romanico e gotico dalla scenografica facciata compresa tra due torri; come tutte le cattedrali della Spagna che abbiamo visitato in questo viaggio che volge al termine, anche questa presenta un interno ricco di opere d’arte, ancora più valorizzate dall’inconsueta luminosità delle tre navate.
Dire Avila equivale a dire Santa Teresa, considerata la più importante di Spagna; ne consegue che uno dei luoghi di gran lunga più visitati della città (addirittura l’unico da parte delle comitive dei gruppi organizzati) sia il Convento, eretto nel 1636 nel sito dove sorgeva la casa della Santa. Analogamente a tutte le mete di pellegrinaggio, l’impatto del turismo è forte, con particolare affollamento di fronte alle reliquie e al banco dei ricordini.
Preferiamo quindi limitarci a una visita breve e ci concediamo una sosta nella più tranquilla Plaza de la Victoria o Plaza Mayor, ubicata proprio al centro della città murata; tre dei suoi lati sono percorsi da portici, sotto i quali, anche per ripararsi dalla calura, è piacevole passeggiare curiosando nei negozietti o facendo uno spuntino in caratteristici localini.
All’esterno delle mura, vale la pena visitare la chiesa romanica di San Vicente, situata presso l’omonima porta all’angolo nord-est del perimetro, e, circa un chilometro più decentrato, il Real Monasterio de Santo Tomàs, pregevole soprattutto per i tre chiostri ad arcate. Adiacente al più grande, il Claustro de los Reyes, è imperdibile il piccolo Museo de Arte Oriental, gestito con grande dedizione dai frati domenicani; gli oggetti esposti, provenienti dalla regione indocinese, sono veramente straordinari, in particolare alcuni manufatti in filigrana e in avorio di grande raffinatezza.

TOLEDO (3 giorni)
Giungiamo a Toledo, che è situata un’ottantina di chilometri a sud di Madrid, dopo un viaggio in treno dalla capitale di circa un’ora e mezza. Il trasferimento in autobus dalla stazione, ubicata a fondo valle, alla Plaza Zocodovèr nel cuore del centro storico, offre nel corso della salita a tornanti una serie di prospettive che ci danno un’anticipazione dello splendore della città; non per nulla l’UNESCO ha inserito Toledo nella sua interezza tra i siti considerati Patrimonio dell’Umanità.
Prima del regno di Filippo II la città fu capitale della Spagna, in quanto centro della vita culturale, politica e artistica tra i più floridi del mondo conosciuto, grazie anche alla secolare convivenza di civiltà ricchissime come quelle araba, ebraica e cristiana.
La sua posizione, sulla sommità di un’altura circondata da un meandro del Tago, è davvero teatrale e suggerisco, come ideale primo approccio con Toledo, di compiere il Giro dei Cigarrales (da cigarra = cicala), vale a dire la strada che corre sul lato opposto del fiume in un contesto di pendii disseminati di ulivi, per riempirsi gli occhi con una sequenza di vedute memorabili.
Alcune porte monumentali consentono l’accesso al nucleo storico, tra cui le più scenografiche sono la Puerta del Sol, vero capolavoro dell’architettura moresca, e la Puerta de Bisagra, delimitata da due torrioni cilindrici. Una visita esauriente della città dovrebbe essere effettuata a piedi, meglio diluendola in due o tre giorni, visto che richiede un certo impegno per i frequenti saliscendi che la caratterizzano.
L’Hostal Maravilla, pensione vecchiotta ma non priva di atmosfera nella quale prendiamo alloggio, è ubicato nella Calle Barrio Rey, che sbocca nella Plaza Zocodovèr; da lì bastano pochi minuti per raggiungere l’Alcàzar. Arroccato sul punto culminante della città, è probabilmente l’edificio dell’intera Spagna che più di ogni altro può testimoniare un millennio di storia, dalla sua costruzione di poco successiva al Mille con funzione di fortezza, ai successivi rimaneggiamenti, a incendi e ricostruzioni, fino alla sanguinosa guerra civile del 1936, rievocata al suo interno nel Museo del Asedio. La sua imponente struttura è a forma quadrilatera in granito con quattro torrioni agli angoli e la sua austerità è inferiore solo a quella dell’Escorial.
A breve distanza eccoci al Museo de Santa Cruz. Oltre al grande pregio delle collezioni in esso custodite, tra le quali fanno spicco preziosi cicli di arazzi e molti dipinti di scuola spagnola (in particolare El Greco) e fiamminga, l’edificio è di grande rilievo anche per la sua architettura sia esterna che interna; si tratta infatti del cinquecentesco Ospedale di Santa Cruz che, una volta dismesso, fu nel 1929 riconvertito in museo colmando le corsie di opere d’arte prestigiose ma lasciandone intatta la struttura su due piani soppalcati, in particolare gli stupendi soffitti in parte a cassettoni in legno (artesonados) e in parte in stile mudéjar (il termine definisce l’arte dei musulmani integratisi in territorio cristiano a partire dal XIV secolo).
Ho accennato a El Greco. Cretese di nascita con il nome di Domenico Theotokòpulos ma insediatosi a Toledo verso i trent’anni a metà del Cinquecento, è la figura artistica più presente in città. La sua pittura, fatta di visi allungati, figure contorte, colori cupi e intrisa di complesse simbologie racchiuse talvolta in ambientazioni visionarie, per secoli non fu capita e solo nel Novecento la critica ne decretò la grandezza. Oltre che ai dipinti già citati del Museo de Santa Cruz, se ne possono ammirare una ventina nella casa-museo del pittore, ma soprattutto raccomando, in una cappella laterale della chiesa di Santo Tomé, la grande tela (cm.460x360) dell’“Entierro del Conte de Orgaz”, forse l’opera più rilevante dell’artista: caso quasi unico (un altro è l’adorazione dell’Agnello Mistico di Van Eyck a Gand - vedi la mia relazione sul Belgio in Ci Sono Stato), si paga il biglietto per vedere una sola opera d’arte, ma che opera!
Il monumento più importante di Toledo è certamente la Cattedrale, straordinario esempio di architettura gotica. In posizione scenografica sul fondo di una piazzetta allungata, offre dalle stradine circostanti scorci sempre diversi che variano a seconda della luce nell’arco della giornata. Senza dilungarmi a una trattazione artistica che richiederebbe pagine e pagine, voglio dare solo un’idea del suo splendore dicendo ad esempio che possiede sei porte d’ingresso, che l’interno, con le numerose cappelle e le vetrate policrome, è un vero e proprio museo, che il coro è uno dei massimi capolavori della scultura in legno, che la Capilla Mayor contiene opere d’arte che ne fanno una delle più preziose al mondo. Per il resto, prendetevi del tempo e gustatevi in ogni particolare questa straordinaria lezione di architettura.
Ma non si può lasciare Toledo senza avere visto anche San Juan de los Reyes, esempio ottimamente riuscito di integrazione tra gli stili isabellino, gotico e mudéjar; Santa Maria la Blanca, luminosissima chiesa ricca di raffinate decorazioni a stucco in stile moresco sulle pareti interne e sui capitelli; la Sinagoga del Trànsito, considerata la più importante di Spagna; ma anche, semplicemente, il pittoresco intrico di stradine e piazzette nel quale coltivare il piacere di passeggiare senza meta a caccia di piccole meraviglie.
Raccomando infine la visita di uno dei tanti laboratori di lavorazione del damaschino, tipica di Toledo almeno quanto lo è il vetro per Murano. Si tratta della tecnica con la quale, mantenendo l’acciaio sopra la fiamma a una temperatura costante, si incorporano nel metallo frammenti di sottilissima lamina d’oro tramite punteruoli, scalpellini, martelletti e altri strumenti di precisione per ottenere una grande varietà di decorazioni. Si realizzano così coltelli (le famose lame di Toledo), piatti, statuine, soprammobili di ogni tipo. In caso di acquisto, il suggerimento è sempre lo stesso: affidarsi agli artigiani che esibiscono il marchio di qualità e diffidare dei prezzi troppo bassi. La lavorazione a mano richiede molto tempo e gli oggetti così ottenuti presentano sempre qualche imperfezione, per quanto piccola, e giustificano un prezzo elevato, mentre i manufatti troppo perfetti sono senza dubbio di produzione industriale e possono giusto avere il ruolo di souvenirs senza valore. Il piacere di possedere un oggetto di pregio è un’altra cosa.

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