WEST USA: Questo è VIAGGIARE - Honeymoon

USA OVEST: Questo è VIAGGIARE – Viaggio di nozze

Questo non è solo un viaggio, non uno come gli altri. Per più di un motivo. È il nostro sogno che si avvera. Il nostro Viaggio di Nozze. Un Viaggio che abbiamo talmente desiderato e che è diventato realtà. Porteremo con noi ogni singolo minuto che abbiamo vissuto e intensamente assaporato.
35 giorni di magia, divisi fra il WEST degli USA e le isole paradisiache della POLINESIA FRANCESE.
Ero già stata nell'ovest, ma volevo di più. Tenevo questo viaggio nel cassetto, aspettando il momento più speciale della mia vita. L'ho studiato, pianificato, affinato e prenotato da sola cercando di rendere perfetto ogni dettaglio. E ce l'ho fatta. Condividerlo con voi è volerlo rivivere ancora una volta e soprattutto mostrare che, con un po’ d'impegno, pazienza e una passione sfrenata, chiunque può avere la sua favola a un prezzo ben lontano da quello proposto dalle agenzie di viaggio.

27 luglio
È trascorsa una settimana esatta dal giorno del nostro matrimonio. Una settimana piena di emozioni, novità, entusiasmo, vissuta a ricordare i dettagli di quel giorno che tutti, in particolare tutte, sognamo.
Ma oggi le emozioni ricominciano. Mi sveglio riprovando la stessa sensazione che da bambina avevo la mattina di Natale... fra poche ore si parte. Il tempo di sistemarsi e chiudere le valigie, controllare i biglietti, i passaporti, la copia delle prenotazioni, la carta di credito. Ok, c'è tutto. Arriviamo a Fiumicino in perfetto orario per sbrigare tutti i controlli e le formalità richieste per gli USA. Ultimi saluti prima di dire addio al cellulare e salire sull'aereo dell'American Airlines che ci porterà a Chicago. Abbiamo quasi 11 ore di volo, durante le quali l'adrenalina è ancora alle stelle e non riposiamo affatto. Accumuliamo anche un po’ di ritardo e cominciamo ad essere in tensione per i tempi necessari a prendere la coincidenza per Los Angeles. Quando atterriamo ci aspetta all’ uscita un'addetta della compagnia, che ci consegna un cartello magico..."priority". Dogana, ritiro e riconsegna bagagli a tempo di record. Cambio terminal e imbarco sul volo American per Los Angeles. Altre quattro ore ci separano dalla meta. La stanchezza comincia a farsi sentire. Il nostro orologio segna le 23:30 ma riportiamo le lancette indietro di 9 ore... forza e coraggio. Atterriamo a Los Angeles alle 19:00 ora locale, in poco tempo siamo fuori dal terminal e respiriamo la prima boccata di aria californiana. Aspettiamo la navetta della Hertz che ci accompagnerà fino all'autonoleggio per ritirare la macchina riservata. Tutti gli hotel intorno all'aeroporto e tutti gli autonoleggi hanno navette gratuite che effettuano il servizio, basta aspettare la propria e mostrare la prenotazione.
Appena saliti in macchina l'entusiasmo è alle stelle, ma non cediamo a nessuna tentazione. Ora Hotel, tutto il resto è rigorosamente rimandato a domani. Si sta facendo buio mentre percorriamo le freeways della sterminata Los Angeles e sentiamo già il senso di libertà, che nessun altro luogo come l'America sa comunicare. Abbiamo prenotato il Best Western Hollywood Hills, su una parallela a Hollywood Blv. Ottimo davvero il rapporto qualità-prezzo. Molto carino, con stanza grande e pulita. Piscina nel cortile interno su cui si affacciano tutte le stanze. Solo un po’ caro il parcheggio (14 USD/DAY). Ne approfittiamo per mangiare qualcosa al caffè 101, adiacente all'hotel, e corriamo a recuperare il fuso.

28 luglio
Ci svegliamo abbastanza presto e cominciamo a realizzare di essere arrivati. Siamo a L.A. Siamo felici.
Dalla finestra il sole, il caffè americano che emana il suo profumo dal bollitore, i pensieri lasciati a casa. Oggi l'intera giornata è dedicata alla città degli angeli. Per prima cosa abbiamo lasciato l'auto in hotel e ci siamo diretti a piedi verso Hollywood Blv percorrendo tutta la Walk of Fame fino al Kodak Theatre e al Chinese Theatre. Cominciamo a respirare l'atmosfera americana. Colazione da Starbucks e full immersion fra i sosia delle stelle! Qui non c'è nulla che sia bello, anzi. Hollywood è un quartiere piuttosto squallido, che fa immaginare tante "pretty woman" piuttosto che la notte degli Oscar. Qui tutto è un rituale piuttosto discutibile... cercare i propri miti sul marciapiede per la foto di rito, andare a mettere piedi e mani sulle impronte di Marcello&Sofia, spulciare fra gli orribili souvenir a tema cinema dei tanti negozi. Ma vi assicuro. Lo farete anche voi. LA è anche questo. Niente di bello, ma dentro al film ci siete voi.
Torniamo in hotel a riprenderci la macchina e ci dirigiamo verso Bel Air e poi Beverly Hills. Dopo un rapido tour in auto fra le ville meravigliose e i suoi viali contornati dalle filiformi palme, destinazione Rodeo Drive... il miglio più caro del mondo. Parcheggiamo e andiamo a piedi. In questo piccolo tratto di strada, le firme più famose e prestigiose si susseguono. Di nuovo...nulla di eccezionale, ma è bello esserci. Scendiamo su Wilshare Blv, come perdere la foto di rito? Uno sguardo al famoso hotel e via...
Proseguiamo la nostra giornata con un salto all'indietro nel tempo o semplicemente con una ventata di Messico. Attraversata downtown e visitata la Missione di Nuestra Senora de la Reina, passeggiamo per Olvera Street e visitiamo la prima casa che fu costruita a LA: l'Avila Adobe. Qui ci concediamo un pranzo a base di deliziosi burritos e ci lasciamo prendere dal clima festoso e colorato che caratterizza questo quartiere. Torniamo in hotel e dopo un po’ di riposo (il fuso continua a farsi sentire) destinazione spiaggia con aperitivo e cena a Santa Monica. Cenare a Santa Monica è piuttosto caro, anche in un semplice pub. Il suo molo, famoso soprattutto poiché è il punto in cui termina la Route66 sa tanto di passato. In legno bianco, la ruota panoramica, il ristorante Bubba Gump, l'odore di mare e i gabbiani. Poetico rispetto al resto della città. Nonostante il clima eccezionale e la mia gioia incontenibile, Los Angeles conferma l'opinione che ne ebbi la prima volta. Un mito inesistente, creato sul cinema e sul lusso di alcuni dei suoi quartieri, la sensazione di sentirsi in un telefilm... ma nasconde un'anima ben diversa da quest'atmosfera spensierata. E ce ne accorgeremo più avanti. Insomma, le meraviglie d'America sono altrove...

29 luglio
Stamattina lasciamo Los Angeles con destinazione Las Vegas. Percorriamo la I-15 fino al confine con il Nevada, cominciando ad assaporare il gusto del vero viaggio on the road. Le aree di sosta, i tir, il caffè e i muffin che accompagnano le colazioni al volante, le lunghe salite e le discese, gli spazi che si aprono davanti a te, la civiltà che sparisce, la libertà. Il gran caldo ci scoraggia ad addentrarci nella riserva del Mojave, così decidiamo di ripiegare con la visita della città fantasma di Calico. Un avamposto della corsa all'oro, poi abbandonata e sfruttata come attrazione turistica. Forse anche troppo. Sicuramente folkloristica, è una tappa simpatica per chi si trova a passare da queste parti non richiedendo una lunga deviazione. Senza dubbio perde un po' del suo fascino considerando lo sviluppo dei servizi e la ricostruzione, che l'ha resa molto meno fantasma di quello che dice il suo nome. Passato il confine con il Nevada puntiamo dritti su Las Vegas. Arriviamo prima di pranzo e la città è avvolta da una fitta cappa di caldo. Il termometro della macchina segna 45° e basta aprire il finestrino per capire che funziona perfettamente! Andiamo a rifugiarci in hotel. Questa volta abbiamo scelto di soggiornare al Bellagio, come si dice, almeno una volta nella vita... (Vi confesso che non è poi così caro e irraggiungibile!) Tutte le nostre aspettative sono pienamente soddisfatte e la finestra a vetrata affacciata sul lago da si assiste allo spettacolo delle fontane è la ciliegina sulla torta di una stanza fantastica! Ad accoglierci una scatola di pregiati cioccolatini e una lettera con i migliori auguri dello staff per un buon soggiorno. DI classe. Il resto dell'hotel è facilmente visitabile per tutti. Fantastica la hall e l'area attorno al caffè, allestita come un giardino fantastico con composizioni floreali. Desistiamo dal trascorrere il pomeriggio nelle piscine dell'hotel (bellissime ma troppo affollate) e cominciamo il nostro giro dei casinò, la vera e unica attrazione della città. Cesar's Palace, Mirage, Trasure Island, Winn, The Venetian&Palazzo, Paris Paris. Per chi non lo sapesse ognuno di essi riproduce, in modo più o meno pacchiano, il tema a cui il nome è dedicato. La dimostrazione dell'amore per l'Italia è al Cesar's con la ricostruzione della Roma Imperiale, con statue e fontane non proprio somiglianti alle originali, e soprattutto al Venetian dove all'esterno hanno riscostruito il campanile di San Marco, il ponte di Rialto e una laguna con le gondole. All'interno si rimane a dir poco esterrefatti, se sei italiano anche divertito! Il canale con le gondole al secondo piano di un palazzo, sotto un cielo finto con giapponesi che si fanno cullare da gondolieri in divisa sulle note di "that's amore" può ben rendere l'idea. La differenza di temperatura fra interni ed esterni ci mette a dura prova. In serata usciamo nuovamente percorrendo la strip in direzione contraria...ci sono nuovi casinò aperti di recente, ma non sono nulla di che, così procediamo verso il New York New York (ricostruzione della grande mela), l'Excalibur (sul mito di Mago Merlino), il Luxor (antico Egitto) e il Mandala Bay (laguna tropicale), dove ceniamo al buffet del casinò. Prezzi aumentati e qualità diminuita, questa volta non ci soddisfa pienamente anche se l'abbuffata è d'obbligo. Rientriamo verso il Bellagio, questa volta con la visione notturna della strip. Prima di ritirarci ammiriamo lo spettacolo delle fontane del nostro hotel e qui, seppur sapendo cosa aspettarci, i giochi d'acqua accompagnati dalla voce di Bocelli ci mettono i brividi e… un po’ d'orgoglio per questa conferma di stima verso l'Italia.

30 luglio
Stamattina ci alziamo con calma... è pur sempre il nostro viaggio di nozze! Come scappare dai piccoli lussi del Bellagio?? Quando finalmente usciamo il caldo è già torrido, prendiamo la macchina e andiamo diretti a fare shopping. Ho promesso al marito che il viaggio avrebbe previsto poche sessioni di shopping, ma qui a Las Vegas è d'obbligo. L'Outlet a sud della città ha tutto ciò che cerco: Guess, Tommy Hilfigher, Abercrombie e Ralph Lauren... (tanto lo shopping non è nel budget viaggio!). Tornando in città, ci fermiamo anche in un country store, cominciando ad assaporare l'aria del west e non resisto alla tentazione di un autentico cappello da Cow-girl. Ripercorriamo la strip e ci dirigiamo a downtown, soffermandoci ad osservare le tante wedding chapel lungo la strada, immaginando un matrimonio qui. Piccola digressione: si sposano ovunque. Bastano poche centinaia di dollari per avere un bel pacchetto completo di bouquet, anelli e velo... pacchiani e molto poco romantici. E non parliamo dei matrimoni a tema...fra le proposte anche Biancaneve e i sette nani. Ci scappa da ridere... Arriviamo a Fremont st.: il massimo del kitsch! Ma anche questo, anzi soprattutto questo è Las Vegas! Torniamo in hotel, relax e piscina. In serata ci dedichiamo alla visita dei casinò mancanti e dei loro show, come il vulcano del Mirage e le sirene del TI...Ah… l'America! Ceniamo al buffet del TI, questo è più economico ma anche molto più buono di quello del Mandala. Consigliatissimo! La strip è ancora una fornace affollata come non mai di frotte di turisti. Il pianeta sembra essere venuto a Las Vegas. Atmosfera vibrante, ma per me è sufficiente così. Si torna in hotel, pronti da domani ad affrontare la tanta strada che abbiamo davanti… non prima però di aver visto altre due volte lo show delle fontane per ricordarlo bene. Salutiamo Las Vegas, dove probabilmente non torneremo. Una parentesi di follia in pieno deserto, un parco giochi per adulti, una finzione americana dove davvero tutto è possibile. Las Vegas... la osservo nelle sue mille luci dalla finestra della stanza. Un'oasi nel deserto, eccessiva e sfavillante. La mia adrenalina non è ancora calata e continuo a fremere per quel che verrà.
 
31 luglio
Quando apro gli occhi è prestissimo. Ma stamattina sono così euforica... Oggi comincia davvero il "viaggio", quello che amo di più. Apro le tende per guardare fuori. La città che non dorme mai ora sta dormendo. Anche a Las Vegas esiste il silenzio. L'alba sul deserto è bellissima, a ricordarmi dove siamo sono l'enorme insegna del Ballys e delle sue signorine. Sveglio mio marito con il solito caffè americano, a cui ci siamo abituati e ci prepariamo a lasciare la città... facciamo il check-out nella hall deserta eppure al casinò c'è già qualche irriducibile che aziona le slot. Pronti a partire, siamo ancora su Las Vegas Blv quando un piccolo imprevisto ritarda la nostra partenza. Sul cruscotto si accende una spia, il libretto della macchina dice solo STOP ENGINE and CHECK. Facciamo inversione a andiamo all'aeroporto dove siamo certi di trovare un'altra Hertz. Infatti ci cambiano la macchina. E ci guadagnamo anche... quando spiego al gentile signore la strada che ci attende e che NON PUO' ricapitare scuotendo la testa borbotta qualcosa sulle auto giapponesi e ci assegna un'enorme auto americana... tanto brutta ma tanto comoda! Questa non ci lascerà, percorrendo insieme a noi tutte le future 4.500 miglia! Ora ce ne andiamo sul serio e riprendiamo la I-15 verso St.George. La nostra destinazione è il Parco Nazionale di Bryce Canyon in Utah. Attraversata la città di St.George pieghiamo a nord. Cominciamo ad assaporare il silenzio e la calma dopo tutto il chiasso dell'assordante Las Vegas. Gli spazi sterminati, i tir, i colori. Finalmente gli Stati Uniti che amiamo di più. Entriamo nella regione del Red Canyon subito dopo la sosta per il pranzo e così decidiamo di non fermarci al village, ma di proseguire direttamente per la visita del parco. Piccola nota: Tutti i parchi gestiti dal National Park Service (NPS) sono a pagamento. Il costo è di 25 USD ad autovettura e comprende gli occupanti. È possibile acquistare un pass che vale per tutti i parchi d'America a validità annuale per 80 USD. Se ne avete molti da vedere è molto conveniente. Non rientrano qui i parchi statali e quelli gestiti dai Navajo come Antelope e Monument. Acquistiamo il Park Pass e come in tutti i parchi nazionali all'ingresso ti viene data la piantina con percorsi e punti di osservazione. Poco dopo si incontra il Visitor Center, dove è interessante fare una sosta. Ci sono musei, spazi che descrivono la storia e la geologia, i bagni, lo shop con poster, puzzle e souvenir tipici di ogni parco. Qui non ci soffermiamo molto, ma cominciamo a percorrere la strada che lo attraversa, iniziando le nostre soste dall'ultimo punto di osservazione, Rainbow Point, per poi man mano tornare indietro. Ogni volta si scoprono panorami affascinanti e incredibili. In realtà sono quattro, cinque, quelli da non perdere fra cui Rainbow Point, Brice Point, Sunset Point. Rispetto allo scenario innevato che vidi in pieno inverno, questo è sicuramente più bello ma l'affluenza di turisti di gran lunga superiore. La caratteristica di questo piccolo e meraviglioso parco sono le formazioni rocciose a guglia, i famosi hoodles, che creano un anfiteatro naturale di rara bellezza. Osservare dalle terrazze le loro sfumature di colore, la loro conformazione, il loro profilo che sembra una trina ricamata all'uncinetto, è la prima emozione forte di questo viaggio. E pur essendo uno dei parchi più piccoli, riesce comunque a farti sentire piccolo. Piccolo davanti al capolavoro che acqua e vento hanno creato. Terminati i punti panoramici, intraprendiamo a piedi il Navajo Rim Trail, che inizia da sunset point. Scendendo fra la sabbia rossa nel baratro del canyon, il panorama e l'aspetto delle guglie sono ancor più imponenti. Assolutamente da non perdere. A sole ormai basso, dopo aver ammirato l'intensificarsi del rosso delle rocce, andiamo a sistemarci in hotel al Brice Village, un piccolo agglomerato di lodge e hotel a pochi chilometri dall'ingresso. Qui avevamo prenotato il Bryce View Lodge. È il tipico motel all'americana, con stanze piccole e piuttosto spartane (parecchio spartane) ma pulito e più che sufficiente per una sola notte, in fondo l'avventura è cominciata! Il tempo di farci una doccia e fuori il tempo è cambiato, rapidamente si scatena un bel temporale estivo. Dai 46 gradi del mattino ora ce ne sono 12 e l'atmosfera è davvero quella da alta montagna, in fondo siamo a quasi 3000 metri di quota. Per mangiare scegliamo una steak house a carattere familiare lungo la statale 12, infatti mangiare al village si rivela impossibile visto che tutti i turisti presenti si radunano al Ruby's Inn creando attese interminabili! Qui una bella zuppa calda fa piacere, così come anche ritrovarci sotto la trapunta molto presto... pronti per una nuova intensa giornata.

1 agosto
La bufera notturna ha lasciato di nuovo spazio al sole. Quando apriamo la porta del Lodge siamo investiti da un'aria veramente fredda! Ci sono 7 gradi! Il maglioncino è già servito... Si parte molto presto oggi, per quella che si prospetta come una delle giornate più intense e ricche di cose da vedere. Non sono neanche le 8 quando lasciamo il village ancora addormentato. Ripercorrendo la statale 12, torniamo alla I-89 questa volta in direzione sud. A kanab, nei pressi del confine con lo stato dell'Arizona, procediamo ancora a sud lungo la I-89A. Al confine la foto di rito è d'obbligo. Eccoci in Arizona, la vera essenza del West. Spazi sterminati, colori, panorami unici. L'America che più di ogni altra cosa merita di essere visitata, vissuta, scoperta. In rispettoso silenzio dinanzi alle grandi meraviglie di madre natura.
Subito il paesaggio cambia, diviene familiare, già vissuto e tante volte visto in tv. Quello che insieme alle grandi attrazioni ci fa amare da morire questo paese. Davanti a noi miglia e miglia di strada, una fettuccia d'asfalto di cui non vedi la fine nel bel mezzo del nulla e di nessuno. Ma proprio qui c'è tutto il fascino e l'emozione che non si possono descrivere, devono essere vissute. È una sensazione che mette i brividi, ti senti così piccolo eppure così pieno. Libero. Poi il paesaggio cambia ancora, torniamo in montagna attraversando la foresta di kaibab e l'ingresso al north rim del Grand Canyon. Ancora altra strada e scendiamo di nuovo: di fronte a noi ancora deserto e l'inizio dell'area dei canyon. Sostiamo a mettere benzina nei pressi di Marble Canyon e l'area di servizio è un autentico salto nel tempo. Pompe di mezzo secolo fa, le vecchie cabine telefoniche, le porte come nei saloon. Ricarichiamo la macchina di acqua e un "buon" caffè. La sosta successiva la effettuiamo a Navajo Bridge per un primo e fugace sguardo sul fiume Colorado. Proseguiamo sempre più elettrizzati verso Page, determinati a trovare Horseshoe Bend. Le indicazioni cercate in Italia sono corrette, e tenendo gli occhi ben aperti, individuiamo il cartello che lo segnala (Ripresa la I-89 dalla I-89A e scendendo verso Lake Powell). C'è un parcheggio e da li si comincia a camminare sulla sabbia rossiccia... i cartelli segnalano 1,8 miglia e ricordano di portare con se l'acqua. È davvero NECESSARIA. Affrontiamo il percorso che è all'andata è in discesa, il sentiero si snoda su un altopiano piatto e apparentemente banale fino a raggiungere l'orlo della parete… lo spettacolo ti coglie di sorpresa pur sapendo cosa ti aspetti. Un baratro. Lo scenario e la profondità hanno proporzioni che non ti aspetti. Il fiume Colorado scorre placido laggiù in fondo, e qui (e solo qui) è di un colore limpido fra il verde e blu. Il suo corso percorre un quasi 360 gradi attorno a questo grande roccione, un ferro di cavallo appunto. Il contrasto dei colori è esaltante. Se soffrite di vertigini siate pronti a sentirvi girare la testa. Il ritorno è piuttosto faticoso... anche perché si è fatta quasi l'una. La macchina ci sembra un miraggio e l'aria condizionata un dono divino. Ma dobbiamo riprenderci in fretta, l'attrazione che ci ha portato qui e che non vogliamo perdere è a poche miglia: l'ANTELOPE CANYON. Premettiamo subito che il conto per la visita è abbastanza salato, troppo direi, ma bisogna dire che ne vale assolutamente la pena. 12 USD sono solo per l'accesso al parcheggio, il tour del canyon da fare obbligatoriamente con la guida navajo (4x4 fino all'ingresso del canyon e poi a piedi) costa 25 USD a persona. Non è necessario prenotare, si parte ogni 1h 40 circa, ma i tour dalle 11:00 alle 14:00 sono affollati considerando che la luce è la più bella per gli effetti che produce all'interno del canyon. Il luogo è assolutamente fantastico. Lungo poco più di un miglio, largo poco più di un metro e profondo circa 200 metri è un vero capolavoro prodotto dall'incanalarsi di acqua e vento. Si cammina su un soffice strato di sabbia rossa, pulitissima e finissima. Ogni roccia ha il suo nome, dato loro dalle tribù indiane, in base alla somiglianza riscontrata. Tutto sembra irreale, fantastico e quasi psichedelico. È piccolo e raccolto, ma questo piccolo tesoro fa davvero concorrenza ai giganteschi e ben più famosi parchi del sud ovest. La visita dura circa un'ora e mezza, peccato solo per l'alta affluenza di persone. Vorremmo essere qui da soli. Terminata la visita la fame comincia a farsi sentire, così sostiamo in un piccolo market alla periferia di Page, lungo la strada. È caratteristico anche questo per il suo abbandono, le vecchie insegne e il suo proprietario con stivali e cappello che sembra uscito da un fumetto di Tex Willer! Le insegne al neon della Marlboro ci catapultano in uno spot pubblicitario. Ci rimettiamo in marcia, la giornata non finisce qui. La nostra meta, dove pernotteremo, è la Monument Valley. Ancora panorami mozzafiato ci aspettano lungo la strada. Attraversando la cittadina di Kayenta, piuttosto triste a dire il vero, salutiamo l'Arizona dove torneremo fra una settimana! In prossimità del Navajo Tribal Park varchiamo nuovamente il confine con l'Utah, entrando nella contea di San Juan.
Di fronte a noi svetta minacciosa una nube temporalesca enorme, che sembra avvicinarsi sempre più. Numerosi fulmini cominciano a cadere di fronte a noi, rendendo il panorama ancora più attraente. Vorremmo fermarci e tentare lo scatto del secolo, ma il vento alza la sabbia e comincia a piovere; lasciamo stare e preferiamo andare subito in hotel a sistemarci. Per il pernottamento abbiamo scelto il Goulding's Lodge, storico tradepost, il luogo che ha fatto la storia della valle e che ha permesso fosse conosciuta al grande cinema. Il Lodge è molto carino, incastonato sotto una delle maestose pareti di roccia rossa. La nostra camera è grande, curata nei dettagli, ha un terrazzino con tavolo e sedie di cui il vero must è il panorama. Davanti a noi la meraviglia di quello che tutti i western hanno celebrato. Restiamo qui a guardare incantati. Poiché il tempo non accenna a migliorare, rimandiamo la visita della Monument a domani e trascorriamo quel che resta del pomeriggio al Lodge visitando il suo museo.
Qui c'è la vita di Mr.Goulding e del suo amico John Ford e c'è la storia del cinema western e non solo. Tantissime sono le pellicole più o meno famose che qui sono state girate, basta pensare a Ritorno al futuro e a Forrest Gump. La confusione fatta con gli orari al cambio di stato, ci fa perdere la cognizione del tempo, fra poco il ristorante chiude. Infatti il ristorante dell'hotel, anche in piena stagione, chiude alle 22.00 in punto. Così ceniamo per poi goderci un notturno illuminato dalla luna dello scenario, per me ovviamente, più bello d'America.

2 agosto
Senza il bisogno di alcuna sveglia è prestissimo quando apro gli occhi. Il desiderio di assistere al sorgere del sole dietro le "buttes" è tanto forte che alle 6:00 siamo in posizione. Caffè bollente e macchinetta fotografica. Intorno solo silenzio e immensità. Solo noi due. In pochi minuti uno dei momenti più magici che questo viaggio ci ha regalato. Oggi il tempo è stupendo, non caldissimo e con un cielo azzurro e pulito. Ricarichiamo la macchina e andiamo al vicino parco. Non potevamo desiderare di meglio per intraprendere le 17 miglia del loop interno al Navajo Tribal Park. Prima di cominciare il giro, restiamo quasi un'ora sulla terrazza panoramica per godere appieno e interiorizzare la vista che si apre a perdita d'occhio di fronte a noi. L'orario ci permette di farlo da soli e quest'aspetto può sembrare stupido, ma fa la differenza. Dopo un giretto al visitor centre, ci addentriamo nella sabbia rossa del parco. Impieghiamo circa tre ore a completare il loop. Ogni metro di strada è una sorpresa, ogni angolo è diverso, si è immersi sempre più nella sacralità del luogo, comprendendo solo lontanamente quello che rappresenta per i Navajo che lo abitano. Ci dispiace andare via. Molto. Ma altra strada ci aspetta. Uscendo pieghiamo a nord lungo la 163. La seconda emozione della giornata arriva presto. Lungo la US Scenic 163, ci fermiamo in quel punto esatto che 1000 volte abbiamo visto sulle cartoline, nelle pubblicità, quel panorama che è l'immagine stessa degli Stati Uniti. Ancora una volta il meraviglioso senso di libertà e pace ci assale. Provare per credere. Inutile dire che la strada è deserta. Lo sono praticamente sempre da queste parti, qualche macchina e qualche tir anche in alta stagione. Continuiamo verso nord. Passaggio nei pressi di Mexican Hat e ancora a nord, verso Moab, nostra destinazione finale. Lungo la strada si alternano panorami diversi, sempre nuovi. Incontriamo un altro temporale che rallenta la nostra marcia. E poi ancora il sole. Superiamo Moab, infatti il Lodge prenotato è oltre la cittadina, a circa 18 miglia a nord, lungo la US Scenic 128. La strada costeggia il fiume Colorado addentrandosi all'interno di un canyon dalle pareti ripide e rossissime. Raggiungiamo così il Red Cliff Lodge, un resort più che un lodge. Le sue "cabins" sono tutte adagiate sulle rive del Colorado in uno scenario isolato e di rara bellezza. La nostra stanza era enorme, con un soggiorno e cucina, zona letto e bagno separati. Grande, comoda, pulitissima, arredata in perfetto stile country. La veranda con tavolo e sedia, aveva accesso diretto al giardino. Panorama da sogno. La cucina completamente attrezzata ci ha permesso di evitare il ristorante per due sere, e di farci due cenette romantiche al chiaro di luna direttamente in stanza. Mangiamo qualcosa in veranda e ci rilassiamo un po’. Ma la nostra giornata non termina qui. Sono circa le 16.00 quando raggiungiamo l'ingresso del parco nazionale di ARCHES. Per gli amanti di Indiana Jones, lo ricorderete nella scena iniziale dell'Ultima crociata (Area di Park Avenue). Anche in questo parco, percorreremo tutte le strade accessibili, sostando nei differenti punti panoramici. Il parco non è grande come tanti altri, diviso in tre aree è sicuramente molto bello. Le formazioni rocciose che vi si trovano sono differenti l'una dall'altra, cambiando completamente a distanza di poche miglia e ciò lo rende accattivante. Ma con tutta sincerità, ci aspettavamo molto di più, vista la pubblicità e le celebrazioni che se ne fanno. Gli archi naturali presenti non sono facilmente visibili e raggiungibili. E poi...colpiscono meno...magari perché ancora abbiamo negli occhi la Monument. Il famoso "delicate Arch", riprodotto ovunque, anche sul simbolo dello stato dell'Utah è geologicamente una meraviglia, ma se non si vuole affrontare una faticosa arrampicata a quaranta gradi è visibile solo in lontananza e ciò lo sminuisce un po’. Altro punto famoso è l'area di "balanced rocks", questa facilmente accessibile ed ottima per le foto. Bellissimo il contrasto fra le rocce del parco e le montagne La Sal sullo sfondo. Insomma, consiglio vivamente di visitarlo, ne vale la pena. Ma per me resta un po’ troppo celebrato. Rientrando in hotel ci fermiamo a fare la spesa e piuttosto stanchi trascorriamo l'intera serata in veranda.

3 agosto
Ormai è ufficiale… in USA non riesco a essere dormigliona. Mi alzo e preparo una bella colazione in veranda, che ci gustiamo chiacchierando sul programma della giornata. Oggi ci dedicheremo ai due gioielli dell'area di Moab: Canyonlands National Park e il Dead Horse Point State Park. Da Moab impieghiamo poco più di un'ora a raggiungere l'ingresso di Canyonlands. Ma prima facciamo una piccola deviazione per la visita del piccolo e poco famoso parco statale Dead Horse Point. Qui il National Park pass non vale e dobbiamo acquistare il biglietto, ma i 10 dollari sono assolutamente spesi benissimo. I punti di osservazione sono solo due, ma entrambi lasciano davvero senza fiato. Il parco è poco conosciuto e ciò permette di assistere allo spettacolo in quasi completa solitudine. Per chi avesse poco tempo consiglio di venire qui, invece che al più dispersivo Canyonlands. Per gli appassionati di cinema, è qui che fu girata la scena finale di "Thelma & Louise" e non nel Grand Canyon. Io e mio marito siamo rimasti sul belvedere per quasi due ore, senza accorgerci del tempo che passava. Perdere lo sguardo e la mente laggiù nel vuoto è un toccasana per lo spirito, difficile da spiegare, ma io mi sentivo bene. Come non mai. Continuiamo anche noi verso il Canyonlands. Questo parco è invece enorme, suddiviso in tre aree remote e distanti centinaia di miglia fra loro. Da qui si accede all'area visitabile di "Island in the Sky". Al visitor centre sono visibili le immagini delle altre due e siamo desolati di non poter andare al "The Maze", la più isolata e irraggiungibile... Anche qui percorriamo tutte le miglia a disposizione e ci fermiamo nei vari punti panoramici. Il più bello è sicuramente il Green River Overlook, dove restiamo un bel po’ a guardare l'immensità di quel che abbiamo davanti. Purtroppo il caldo comincia a diventare insopportabile e ciò ci costringe a malincuore a risalire in macchina. Appagati e felici andiamo a pranzo a Moab, dove guardiamo qualche negozietto western e facciamo la spesa per preparare un'altra romantica cena al nostro lodge. Il pomeriggio lo trascorriamo in completo relax, alternando un buon libro in terrazza alla piscina del lodge. Domani si riparte e ci godiamo appieno questo paradiso.

4 agosto
È giunta l'ora di lasciare anche Moab e lo stato dell'Utah. Convinti che anche questa volta sarà solo un arrivederci. Oggi andiamo in Colorado. E siamo assaliti dal dubbio amletico sulla strada da fare per raggiungere la nostra destinazione finale, Cortez e il parco nazionale di Mesa Verde. Il mio iniziale itinerario prevedeva un lungo percorso da nord, attraverso le rocky mountains per percorrere la Durango & Silverton. Ma mio marito ha qualche dubbio vedendo i tempi di percorrenza del navigatore. Rischiamo di dedicare davvero poco a Mesa Verde. Così lasciamo stare, preferiamo prendercela comoda e ci mettiamo in marcia verso sud direzione Cortez, non dovrebbero volerci più di un paio d'ore. Entrando in Colorado si nota subito la differenza fra gli stati: nei panorami, nei colori, nelle persone, nei piccoli villaggi. Arrivati a Cortez andiamo a lasciare i bagagli all'hotel dove soggiorneremo per questa notte, il Mesa Verde Inn. È un tipico motel lungo la statale, senza lussi e fronzoli in una cittadina che appare fin da subito come terra di confine. Ci aspettavamo un alloggio spartano, considerando il prezzo pagato, invece seppur confermando esteriormente le nostre aspettative, internamente la stanza si dimostra al di sopra di esse. In breve tempo siamo di nuovo in auto diretti al parco nazionale di Mesa Verde, patrimonio UNESCO e famoso per i resti dei pueblos degli Anasazi. Il parco è vicino a Cortez, ma dall'ingresso al Visitor Center e poi fino ai punti d'interesse la strada è lunghissima. Niente più che somigli ai parchi visitati finora. Si estende su una mesa completamente ricoperta da una pineta purtroppo andata distrutta in un incendio (almeno questo è quello che appare). La sosta al Visitor Center qui è d'obbligo, in quanto è necessario acquistare i tour per la visita degli insediamenti più famosi, come il "Cliff Palace". Infatti solo alcuni sono visitabili in autonomia mentre l'accesso a quelli più famosi è consentito solo con la visita guidata dal ranger e ristretta a un numero di circa 20 persone. Le visite si svolgono ogni ora e il loro costo è d circa 3 USD a persona. Alle 11 del mattino non erano disponibili posti prima delle 16.00... Abbiamo acquistato il tour per il Cliff Palace e continuato a visitare il parco da soli. Spruce Tree è l'unico insediamento ben conservato raggiungibile da soli, con circa mezz'ora di cammino. È piuttosto dura visto il gran caldo che ci attanaglia. Gli altri sono visibili da lontano lungo le piazzole panoramiche disposte lungo la strada. Alle tre abbiamo concluso tutto. Per ora siamo un po’ delusi. Sicuramente molto interessante, ma nulla di spettacolare nè tanto meno di coinvolgente come tutto quello che abbiamo visto fino ad ora. Rimpiango di non essere lungo il percorso delle vecchie miniere...ma...pazienza. Un errore può capitare. Il tour con il ranger si rivela sicuramente formativo, per avere maggiori informazioni sugli abitanti di questi luoghi, permette di arrivare ad avere una visione ravvicinata dell'imponente insediamento ma... nulla di più. Uscendo dal parco, quando ormai sono le 18:00, ammiriamo in lontananza le rocky mountain e adesso mi pento amaramente. Speriamo in una prossima volta. Trascorriamo la serata in una bella steack house di Cortez e poi... nanna.

5 agosto
Ripartiamo presto da Cortez. Oggi la nostra destinazione finale è il Canyon De Chelly, nuovamente in Arizona, ma abbiamo deciso di raggiungerlo con un percorso non convenzionale. Attraverseremo il New Mexico, nell'area delle Bisti Badlands e percorreremo la vecchia Route 66 fino a piegare di nuovo a nord, una volta passato il confine fra i due stati. Prima di varcare il confine con il New Mexico, o meglio, sul confine, visitiamo il Four Corner National Monument. Gli americani sono riusciti a creare un monumento nazionale anche nel bel mezzo del niente. Questo è il punto (unico negli USA) dove si incontrano i confini di 4 stati: Arizona, Utah, Colorado e New Mexico. Pur non essendoci davvero nulla è considerato un must da queste parti, così decidiamo di pagare questi 2 USD per scattare anche noi la foto di rito... in realtà c'è un monumento (piuttosto povero) con al centro la targa del punto di intersezione, le quattro bandiere e tutto intorno bancarelle degli indiani che vendono souvenir. Una bella trovata per turisti, insomma... ma fa piacere anche questo, in fondo è quello che siamo. Non veniteci apposta, ma se siete di passaggio perché non fermarsi? Entriamo in New Mexico sulla I-64 e proseguiamo fino a Shiprock. Anche qui la differenza fra i due stati è visibile. In particolare sembra di tornare indietro, è palpabile una minore agiatezza e il panorama si fa più brullo, il giallo diventa dominante. Imbocchiamo la 491 south, e lasciamo la civiltà. Percorreremo questa strada per più di 100 miglia, fino a incontrare la famosa I-40. Credetemi, avremo incontrato non più di tre, quattro auto e un paio di tir. Una lingua d'asfalto dritta fino a perdere il proprio sguardo all'orizzonte. Intorno solo immensi spazi, pochi campi di grano arsi dal sole. I mulini a torre abbandonati e qualche pozzo da estrazione automatico. Ogni tanto traverse non asfaltate incrociano la nostra rotta e tutte si perdono all'infinito. Pochi ranch isolati all'orizzonte. L'area delle Bisti Badland, che ammiriamo di passaggio, è davvero remota e assolutamente solitaria. La cosa che più mi colpisce è che lontano da qualsiasi forma di vita, troviamo dei cartelli che segnano la strada per quelli che ci sembravano ranch e riportano i nomi di gruppi religiosi da me mai sentiti "Chiesa dei ... " nomi lunghi e assurdi. L'ho trovato inquietante. Mio marito scherzava, ricordando lo scherzo che l'altra macchina ci ha fatto a Las Vegas, pensando se fosse successo qui. Ho avuto la pelle d'oca. Affascinante ma… sono contenta quando raggiungiamo la mitica 40, che imbocchiamo di nuovo a ovest. La 40 è forse l'interstate più famosa degli USA, che segue parallelamente quella che era la Route 66. Oggi la mitica via della Beat Generation, che tutti abbiamo percorso con Kerouak, non esiste più. Ne sono stati conservati solo alcuni tratti, indicati come Hystoric Route 66. Su questi tratti, rimasti soprattutto nei pressi dei centri abitati, tutto è rimasto com'era. Gli scheletri abbandonati di vecchi motel, aree di servizio e vecchi bar mantengono tutto il loro fascino. Sostiamo nei pressi di alcuni di questi tratti di strada dove sono sopravissuti negozi di souvenir che vendono monili indiani d'argento, tratti polverosi che sanno di passato. Bello. Piegando nuovamente a nord ci godiamo la nostra giornata "on the road", diretti a Chinle, per la visita del Canyon de Chelly. Arrivati a destinazione andiamo a sistemarci in hotel, all'Holiday Inn Canyon de Chelly in prossimità dell'ingresso del parco. L'hotel è molto bello, camere enormi, luminose, pulite ma personale e organizzazione da dimenticare. La cittadina di Chinle è un luogo che potremmo definire spettrale...  se Kayenta colpisce per abbandono e sporcizia arrivando a Chinle si ha l'impressione che sia 100 volte peggio. Case sparse, auto abbandonate, cumuli di mondezza e pneumatici ovunque, cani randagi, roulotte... insomma un campo nomadi definito città. Il tempo di lasciare il bagaglio e andiamo al parco. Il tempo si è guastato, in lontananza si sta abbattendo un nubifragio, si alza polvere e sabbia, il vento ulula nel canyon. Non c'è gente. Magari è un peccato per i colori, ma non ci dispiace affatto l'atmosfera che ci circonda. È molto bello, anche qui sono visibili nella roccia vecchi insediamenti indiani. Il fondo del canyon è molto verde. Bello, davvero bello. Il punto più famoso è il panorama su Spider Rock, che non delude le aspettative. Sono numerose le abitazioni degli indiani presenti nell'area del canyon. Questo luogo ci colpisce per la sua naturalezza, e più che in ogni altro luogo la presenza indiana sembra vita reale e non dedita al turismo. Abbiamo modo di conversare con alcuni di loro, appoggiati alle macchine in cerca di qualcuno interessato ai loro manufatti da vendere. Interessante. Torniamo in hotel che ormai è quasi buio, il temporale è arrivato anche qui. Sfruttiamo il ristorante dell'hotel e poi un lungo sonno ristoratore.

6 agosto
Lasciamo Chinle con davanti un'altra giornata intensa da affrontare. Ormai caricare le valigie è pura routine, fermarci subito per il consueto caffè da viaggio un'abitudine. Percorrendo la Hwy 77 torniamo a sud fino a incrociare nuovamente la I-40 nei pressi di Holbrock. Qui percorriamo un altro tratto storico della Route66. Il più bello che abbiamo trovato. Qui sorge il famoso Wigwam Motel, dove i nostalgici possono pernottare nelle tende indiane. Il suo parcheggio è uno spettacolo, museo d'auto americane a cielo aperto. È qui che incontriamo il maggior numero di Harleysti, tutti perfettamente corrispondenti al migliore degli stereotipi! Imbocchiamo poi la 180 fino a raggiungere l'ingresso sud del Petrified Forest National Park. Il parco si rivela una vera sorpresa. Lo percorriamo tutto, uscendo dall'accesso nord nei pressi del Painted Desert. I panorami che ci accompagnano nel parco sono vari e tutti particolarissimi. Dalle distese di tronchi cristallizzati, agli spazi desertici coloratissimi, alle formazioni psichedeliche della Blue Mesa e The Teepes. Qui c'è una certa somiglianza alla valle della morte, ma con un caldo meno opprimente! E ancora percorrendo il parco si incontra la fotografatissima carcassa d'auto, posizionata là dove correva la 66. Bellissimi i punti panoramici sul deserto dipinto, purtroppo un po’ troppo lontano. Usciti dal parco riprendiamo ancora la I-40 verso ovest fino alla cittadina di Flagstaff, anch'essa patria degli Hippies. Ci prendiamo un po’ di tempo per una passeggiata e una fresca Budweiser nei pressi della stazione, una delle attrazioni da non perdere. Un vecchio treno è parcheggiato lì...e sembra di vederlo passare carico delle speranze di chi correva verso west! Ora siamo vicini alla nostra destinazione finale, l'ultimo parco, ma quello che più di ogni altro ci ha spinto a tornare qui. Il Grand Canyon. Ci rimettiamo in marcia stavolta verso nord, attraversando la foresta di Coconino, fino a raggiungere l'ultima frontiera prima del parco, Tusayan. Ci sistemiamo in hotel, il Grand Canyon Plaza Resort, che di resort ha davvero ben poco. Altro tipico motel, senza infamia e senza lode. Avevano combinato un pasticcio...e in cambio della nostra king premium room ci hanno offerto una stanza piccola e poco luminosa, scusandosi con una cena omaggio...  meglio di nulla! In perfetto orario, come da tabella di marcia, arriviamo al Grand Canyon in tempo per ammirare il tramonto sul canyon. Credo davvero che questo sia un luogo magico. Nonostante ci sia una folta schiera di turisti lungo il south rim, regna un religioso silenzio. Ognuno ha scelto una piazzola, un masso, un albero da cui godere dello show di madre natura che si ripete ogni sera e, ognuno è solo davanti a quello che posso solo definire "immensità". Strano, surreale. I colori cambiano rapidamente, le tonalità da tenui si fanno più accese, la foschia penetrata dalla luce mette in risalto i profili in lontananza. E anche stavolta a guardare tutto ciò mi vengono le lacrime agli occhi. Torniamo a Tusayan che è già notte, ceniamo all'ottima steak house del villaggio. Domani il parco sarà per un giorno intero per noi...

7 agosto
Mi basta aprire gli occhi per essere entusiasta e ormai anche mio marito si è abituato alle sveglie precoci. Alle 8.00 siamo già al parco, la giornata è stupenda e a quest'ora ci accoglie un'aria frizzante e piacevole. Siamo equipaggiati con acqua e cibo per trascorrere in giro l'intera giornata. Ci fermiamo al Visitor Center, per comprare un poster e visitare il museo. Poi arriviamo in macchina fino al village, dove comincia la nostra avventura a piedi. Seguendo il sentiero affacciato sul canyon, cominciamo a camminare con l'intenzione di percorrere tutte le miglia che ci separano da Hermits Rest, sfruttando poi l'autobus per tornare indietro. Hopi Point, Mojave Point… ogni centimetro di strada percorsa è puro spettacolo. Non è possibile staccare lo sguardo dal baratro che a ogni curva e a ogni miglio sembra cambiare colore e aspetto giocando a nascondino con il Colorado, che da qui appare come un insignificante rigagnolo d'acqua. Non è possibile descrivere veramente il Grand Canyon, non è possibile riportare sensazioni ed emozioni. Non è possibile neanche con le immagini. Nessuna foto e nessun video sono in grado di riprodurre davvero quello che è. Potete fare 1000 scatti, riprenderlo da mille angolazioni, ma rivedendo quelle immagini e quei video vi accorgerete che nessuno di essi sta riproducendo la realtà. Il Grand Canyon deve solo essere visto, vissuto. Nel tardo pomeriggio riprendiamo la macchina e terminiamo il tour dei punti panoramici seguendo la strada fino a desert view. È inutile dire che non vorremmo mai uscire. Torniamo che è buio, e ancora non appagati sfruttiamo il dopo cena per andare a vedere il film imax sulla storia del canyon. Ben fatto, bel significato, bel messaggio. E anche questa volta il tempo è volato. Arrivederci Grand Canyon, è di nuovo una promessa.

8 agosto
Oggi per la prima volta suona la sveglia. Per la prima volta da quado siamo partiti non ho l'euforia di sempre. Lasciamo i parchi, lasciamo gli USA che amo di più. Ma ancora tante emozioni ci aspettano e troveremo l'occasione di tornare ancora una volta... Oggi sappiamo di dover affrontare una giornata davvero pesante. Ci aspettano 1000 chilometri... quelli che ci separano da San Diego, anche oggi con percorso alternativo. Ci auguriamo buon viaggio e pieghiamo a sud, lungo la I-17, ma non perdiamo la deviazione lungo la scenic 89A per una passeggiata e una ricca colazione nella cittadina di Sedona. Patria della filosofia new age e di nostalgici hippy, è davvero una cittadina carina, incastonata in un contesto di rara bellezza. Effettivamente le rocce rosse che la circondano sembrano sprigionare energia. Alle 9 del mattino ci sono già 38 gradi. L'impressione è che, rispetto alle aree circostanti, qui regni un certo benessere. Belle case, boutique di lusso, negozi di pietre che sembrano salottini, giardini e piante curatissime nonostante il torrido clima. La tabella di marcia ci impone una sosta non troppo lunga, così ripartiamo. Prossima tappa Phoenix. Avvicinandosi alla città, cominciano a comparire i cactus saguari, che diventano sempre di più. Sono tanti, tantissimi e alti. Il simbolo stesso dell'Arizona. Vorremmo fermarci anche qui, ma siamo pressati dal tempo. Anche a Phoenix decidiamo di non fermarci, la temperatura esterna è a dir poco proibitiva; il termometro segna 48 e aprendo il finestrino è come se avessero tolto l'ossigeno. Inoltre la città, che avevo già visitato, non ha nulla da offrire. Imbocchiamo la I-10 e poi deviamo subito a sud lungo la 85, per raggiungere la I-8 che ci porterà a San Diego costeggiando il confine messicano. La 85 è deserta. In tutti i sensi. La strada sembra quasi abbandonata, in pieno deserto, solo saguari sparsi nel nulla. Costeggiata solo dai vecchi piloni in legno della linea elettrica. Le macchine e i tir sono rari, siamo avvolti in una cappa di caldo che l'aria condizionata sembra non riesca a rinfrescare. In lontananza ogni tanto si vedono formarsi dei piccolissimi vortici di sabbia, come mini tornado. È irreale. Da film. La fine del nulla ricomincia nel paese di Gila Bend. Qui la frontiera col Messico dista tre miglia, ma sembra di aver già varcato il confine. Pranziamo in un fast food, è impossibile stare fuori dall'auto, il terreno brucia letteralmente sotto i piedi. Da qui al confine con la California attraversiamo solo deserto, vediamo solo cactus. Al nostro fianco la ferrovia con i convogli vecchi e lunghi chilometri diretti a est. Si respira aria di frontiera. Ogni tanto incontriamo blocchi stradali della polizia, controllano le auto, i passaporti, se si hanno a bordo prodotti agricoli... e intorno ancora deserto. E ancora controlli. Posti di blocco con poliziotti armati fino ai denti. La guerra dei narcos è una triste realtà da queste parti e si vede. Si potrebbe immaginare monotono ma non è così, poi oggi è l'ultima giornata dell'America on the road. Vogliamo arrivare eppure è come se ogni miglio ci mettesse un po’ di nostalgia per l'imminente fine dell'avventura. Arriviamo finalmente a Yuma. La California è dietro l'angolo. Qui sostiamo per una rapida visita delle dune di sabbia. Altro colpo d'occhio spettacolare. E salutiamo l'Arizona. Quando passiamo il confine, ancora un bel po’ di miglia ci separano da San Diego, dove arriviamo intorno alle 18:00. Tornare in città è come uno shock, ma l'atmosfera di San Diego ci coinvolge fin dal primo momento. Ci sistemiamo in hotel, il Best Western Bayside Inn, in pieno centro città, a solo un blocco dall'imbarcadero e a poca distanza dal Guslamp Quarter. Il parcheggio è a disposizione degli ospiti, anche qui a 13 USD al giorno. La stanza è fantastica, molto grande e moderna, un 4 stelle a tutti gli effetti. Abbiamo un bel balconcino, da cui si vede il mare. Relax. Usciamo per cena dirigendoci all'imbarcadero. La baia ci affascina fin da subito, con i colori del tramonto dietro gli alberi della Star of India. Ci concediamo finalmente una cena a base di pesce e dopo tutto questo tempo ci sembra ancor più buono... granchi, gamberetti e finalmente l'adorata Clam Chowder!! Dopo cena restiamo un po’ delusi dal fatto che il lungomare è completamente deserto, popolato purtroppo da senzatetto e gente un po’ strana. Ci aspettavamo un clima diverso da una città che al primo sguardo si fa subito amare. Comunque, stanchi e provati dai 1000 chilometri percorsi, torniamo in hotel per un bel sonno ristoratore.

9 Agosto
Oggi niente orari. Ci crogiolamo nel lettone, rilassandoci completamente. La colazione la facciamo in hotel, uno dei pochi in cui era compresa nella tariffa. Comincia la nostra visita di San Diego. Prima tappa è la penisola di Point Loma, per la visita del Cabrillo National Monument. Per raggiungerlo attraversiamo diversi quartieri della città e tutti ci colpiscono per le bellissime case e i giardini curati. Al nostro arrivo il faro e il monumento a Cabrillo sono avvolti nella nebbia, ne approfittiamo per visitare il museo mentre il sole fa pian piano capolino mostrandoci una spettacolare vista sull'oceano e sulla baia della città. Il monumento non è altro che una statua dedicata al navigatore, per primo arrivato in California, ma la location merita sicuramente una visita, tra l'altro è sempre valido il Park pass. Il vecchio faro è molto romantico. Continuiamo la nostra giornata dirigendoci all'Old Town State Historic Park. Qui il vicino Messico non è più solo vicino ma è una realtà. Nonostante il parco sia una ricostruzione della San Diego alle origini e senza dubbio non sia naturale, l'atmosfera che si respira è fantastica. Dona serenità e allegria. I negozietti in cui curiosare sono numerosi e i colori che vi avvolgeranno davvero bellissimi. Piante e fiori sono ovunque, la musica onnipresente. Amerete San Diego da ora e per sempre. Carino il piccolo cimitero e da vedere il bazar del mundo. Lasciamo la old town e ci dirigiamo al Balboa Park. Qui l'atmosfera cambia radicalmente. Ordinato e curatissimo, il parco colpisce per la bellezza del suo viale contornato dai palazzi costruiti per l'expo oggi riconvertiti in musei. Non sembra più di essere in America, ma piuttosto in una città dell'andalusia... Pranziamo qui e ci godiamo la frescura in un angolo del parco. Amiamo ogni minuto di più questa città. Tornando verso l'hotel, dedichiamo il primo pomeriggio alla visita dell'US Midway Museum. Il museo non è altro che la Portaerei Midway, ancorata nel porto dopo la guerra del golfo e riconvertita in museo. Il piacere di visitarla è senza dubbio soggettivo e legato agli interessi di ciascuno di noi, ma gli amanti dell'aeronautica ne resteranno entusiasti. San Diego è un polo strategico per questo settore, con le principali industrie USA presenti e sede di numerosi basi aeree della marina. Ad ogni modo una visita può essere interessante anche per i non amanti... visto che dal ponte si possono ammirare panorami sulla città, sull'isola di Coronado e sulla baia. A parte il ponte superiore, l'intera portaerei è visitabile, dagli alloggi degli alti ufficiali fino alle mense, all'infermeria, alla lavanderia. Tutto rende bene l'idea di quella che deve essere la vita in mare... la visita non è adatta a chi soffre di claustrofobia. Molto interessanti le sale comando, le aule di addestramento e briefing. Prima tappa obbligata per gli amanti e i fans di Top Gun. Qui si sentiranno davvero dentro al film. Ci prendiamo un po’ di riposo. Nel tardo pomeriggio andiamo a vedere il tramonto dall'Isola di Coronado, con il suo bel molo e il famigerato hotel con la paradisiaca spiaggia ma soprattutto per ammirare il più bello skyline della città di San Diego. Bellissimo. Per cena andiamo al Guslamp, invaso da cittadini e turisti fino a tarda notte. Per cena scegliamo il folcloristico Dick's. Ci uniamo poi alla movida locale brindando e riflettendo che forse San Diego è proprio il posto in cui non sarebbe male vivere...

10 agosto
Seconda giornata da dedicare a questa città che ci sta piacendo da morire. A essere sinceri durante il primo giorno abbiamo praticamente esaurito le attrazioni per noi imperdibili, non essendo interessati ai vari parchi a tema e al suo famoso SeaWorld. La Polinesia ci attende, il biglietto è carissimo, così preferiamo trascorrere la giornata sulle spiagge più famose della California, altrettanto rinomate. Parcheggiamo a Mission Beach e percorriamo tutta la Ocean Front Walk fino a Pacific Beach e al suo Crystal Pier. Beh... cosa dire? Pensate ai beach boys, pensate ai più tipici stereotipi della California e qui troverete tutto quello che vi viene in mente. Casette sul mare, surfisti, guardaspiaggie, le tipiche torrette, pattinatori, biciclette, teenagers che fanno aerobica in spiaggia, muscolosi ragazzotti abbronzati... assolutamente da non perdere! Continuamo in macchina verso nord, fino a La Jolla, dove San Diego da il meglio di sè. Prima tappa è Windseana Beach, località rinomata per il surf e poi il centro di La Jolla con il suo parco, le spiagge di Children's Pool e La Jolla Cove. Pulizia, ordine, tanto verde e ville da sogno contraddistinguono quest'area purtroppo invasa dai turisti. Relax. Sole. Mare. Stasera per l'aperitivo scegliamo un'altra di quelle tappe che, se avete amato Top Gun, non potete perdere. Il film, infatti, fu girato a San Diego e molti sono i luoghi che ve lo ricorderanno. Abbiamo scelto il Kansas City BarBQ. È il locale di downtown dove furono girate le scene al pianoforte e quella finale del film, che ha fatto la sua fortuna. Sarebbe un locale anonimo, con tavolini all'aperto, che invece oggi è come un santuario dedicato al film. Targa, pareti, foto, crest, locandine, poster e addirittura il contratto originale con cui il proprietario cedeva il locale gratuitamente per le riprese... naturalmente non mancano gli originali del pianoforte e del juke box. Per la cena e per l'ultima serata decidiamo di tornare a Coronado, l'altra area lussuosa e piena di fascino, con le viste migliori della città. L'ultimo sguardo che vogliamo dare a San Diego è da qui, con lo skyline illuminato. Saremo fortunati, sarà stato un regalo agli sposi ma proprio mentre siamo qui a festeggiare la notte di San Lorenzo, arriva improvviso uno spettacolo di fuochi d'artificio a regalarci lo scatto del secolo. Non vediamo le stelle cadenti, ma non avrei saputo chiedere altro a quello che già sto vivendo. Anche qui, ci piacerebbe che fosse un arrivederci.

11 agosto
Giornata strana oggi. Dobbiamo rimettere la sveglia, alle 7:30 dobbiamo essere all'aeroporto di San Diego, che è proprio nel centro della città e dista poco dal nostro hotel. Dobbiamo riconsegnare la macchina... l'astronave bianca che ci ha accompagnato per le strade del west. È un po’ come lasciare qualcosa che ormai senti tuo. Nel togliere l'ultimo zaino dal sedile una fitta di malinconia. Entriamo al Terminal United e facciamo il check-in per San Francisco. La regina incontrastata della California è la nostra ultima tappa prima di lasciare gli States. Alle 10:30, in perfetto orario, atterriamo a San Francisco e andiamo a ritirare l'auto che anche qui avremo a disposizione - Qui la scelta è piuttosto personale, nel senso che in centro città non è assolutamente necessaria, anzi può risultare un peso. Ma se volete vedere anche i quartieri più esterni, attraversare il Golden Gate e passeggiare a Sausalito sicuramente diventa conveniente per tempi e costi. - Appena usciti dall'aeroporto la prima cosa che sentiamo è il freddo! Ci sono 12 gradi, praticamente 20 in meno di due ore fa! Andiamo subito in hotel a sistemare i bagagli. Qui abbiamo prenotato l'Hotel Union Square, proprio su Powell Street a ridosso della piazza più centrale della città. Il parcheggio come ci aspettavamo è carissimo. Il piccolo hotel boutique è molto accogliente, pulito e moderno, ma siamo costretti a chiedere un cambio di stanza poichè la prima era molto diversa da quelle viste sul sito internet e affacciava su una parete oscena... è bastato dire che in "honeymoon" ci sarebbe piaciuto avere una vista diversa e immediatamente ci hanno cambiato camera con tanto di scuse e auguri. Con la seconda è andata molto meglio. Il tempo di sistemare i bagagli e siamo già fuori per iniziare la visita della città. Il tempo è splendido, anche se continua a fare freddino e c'è molto vento. Cominciamo il nostro tour in auto dal quartiere di Height Ashbury, dove l'attrazione principale è senza dubbio Piazza Alamo con i suoi giardini e le splendide residenze vittoriane che circondano la piazza. Ricordate Mrs. Doubtfire? Beh… abitava proprio qui. Mangiamo in uno dei tanti fast food che servono pollo fritto e proseguiamo in direzione Lombard Street, attraversando l'altro bel quartiere di Pacific Heights. Considerato l'afflusso di auto e turisti abbiamo abbandonato l'idea di percorrere la via più tortuosa del mondo in macchina... parcheggiamo e andiamo a piedi. Foto di rito e via! Continuiamo il pomeriggio con i quartieri bassi di Marina e Presidio, proprio lungo la baia, entrambi molto ricchi, verdi e curati. L'intenzione era quella di dedicare il resto della giornata al Golden Gate attraversandolo, ma purtroppo dobbiamo cambiare idea; il ponte è avvolto in una fitta nebbia e il vento freddo ci fa desistere anche dal fare una passeggiata! Cambio di programma obbligato. Andiamo a Castro, il variopinto quartiere sede della più grande comunità gay, che merita almeno uno sguardo (se siete pudici copritevi gli occhi!!!!) e poi al Civic Center percorrendo tutta Market St. Ci tengo qui a fare una precisazione: proprio alle spalle del Civic Center, per arrivare a Union Square, si trova Tenderloin: è un quartiere che vi consiglio vivamente di evitare soprattutto a piedi. È strano davvero girare l'angolo e trovarsi catapultati dal lusso più estremo a condizioni che definire disagiate sarebbe poco. Ma anche questa è San Francisco. Nella sua folla variopinta potete trovare il mondo intero, compresi diseredati, clochard e ogni minoranza ipotizzabile che ha trovato qui la sua casa in una città accogliente con tutti e tutto. Almeno a un primo sguardo. La realtà forse non è poi così rosea. Tornati in hotel ci riposiamo un po’ e poi usciamo diretti per la serata al Fisherman's Wharf. Sotto l'hotel prendiamo la Cable Car Powell&Mason, senza dubbio l'attrazione più caratteristica e folkloristica della città (Da sottolineare come in pochi anni il prezzo del biglietto è lievitato a 6 USD per persona solo andata!!). Un giro in Cable Car è come tornare bambini. La giostra in questo caso potrà condurvi attraverso le strade più caratteristiche della città, quelle che tutti conosciamo per i saliscendi vertiginosi tanto ripresi nelle pellicole di tutti i tempi. Il sole se ne sta andando e sembra pieno inverno. Ci facciamo una passeggiata per i tanti negozi e tutti i turisti stanno acquistando la loro felpa ricordo della città! Quindi... non sentitevi ridicoli a portare il pile in valigia, anche d'agosto. Ceniamo da Liotos, uno dei ristoranti del Fisherman's Wharf, di cui purtroppo non possiamo parlare molto bene. Pesce fresco, ma niente di eccezionale e senza dubbio carissimo. Servizio scadente e mancia predefinita dal cameriere... con sorpresa e stupore scopriamo che il responsabile è un anziano genovese immigrato da una vita che insegna ai suoi camerieri che italiani e spagnoli non lasciano mai nulla... No comment. Meglio non farsi rovinare la serata. Altra passeggiata prima di rientrare in hotel infreddoliti e un pochino stanchi. San Francisco si conferma per la seconda volta una città bellissima, la più bella di tutti gli States da un punto di vista delle attrazioni che offre, ma certo non ha lo spirito e il clima di San Diego! È grande, cosmopolita, vitale e al tempo stesso una città a misura d'uomo che sa sempre essere tanto accogliente. Rispetto a qualche anno fa l'ho trovata più caotica, anche a causa del gran numero di turisti presenti, ma continuo ad amarla.

12 agosto
Oggi la giornata è tutta per San Francisco. Stamattina lasciamo la macchina al parcheggio e indossiamo le scarpe comode. Ci aspetta una lunga passeggiata a piedi. Da Union Square procediamo verso il financial district, giriamo su Grant Avenue fino all'ingresso di China Town, ben riconoscibile dal portale con i dragoni. Il Financial District non ha particolari attrazioni, se non i grattacieli che compongono lo skyline di questa città, molto più ristretto di ogni altra. I grattacieli sono solo qui, per il resto ha un carattere europeo e sofisticato che si trova in maniera dirompente nelle tantissime case in legno e in stile vittoriano. Il più famoso fra i grattacieli è il Transamerica Pyramid, che riconoscerete a un primo sguardo. Chinatown è invece uno dei quartieri imperdibili dove fare una passeggiata. Quella che vive e lavora qui è la più grande comunità cinese fuori dalla Cina e ha importato proprio tutto. È d'impatto vedere filiali della Bank of America con lanterne rosse, colonne dorate e draghi giganti. Il quartiere è un enorme bazar, dove neanche a dirlo potrete fare qualche affare sia per l'acquisto di souvenir che per materiale elettronico e tecnologico. Noi lo attraversiamo tutto, facendo 1000 soste e 1000 scatti, fino a incrociare Broadway (anche qui c'è una Broadway!!). Proseguiamo verso il quartiere di North Beach, la little Italy di San Francisco. Non possiamo farci scappare un buon caffè espresso, il primo dopo 17 giorni che abbiamo lasciato casa! Il "buono" rimane solo una speranza eppure nelle strade attorno a Washington Square respiriamo aria di casa. La chiesa dei Santi Pietro e Paolo con il rintocco delle campane, le bandiere tricolore, nomi e insegne italiane. Dopo una sosta rigenerante continuiamo verso la Coit Tower, attraversiamo il quartiere di Russian Hill e giù in discesa fino al mare. Finalmente arriviamo ai moli di Fisherman dove ci dirigiamo verso il famoso Pier39. Questa meta è imperdibile. La vista su Alcatraz, la vista della città alle vostre spalle, i leoni marini che affollano le piattaforme di fronte al molo inscenando veri spettacoli per i bambini e lo stesso molo. Tutto in legno, curatissimo con fiori e piante, la giostra dei cavalli, i suoi negozi. L'estate regala colori bellissimi e un'atmosfera che profuma di mare e serenità. Andiamo a pranzo al fisherman wharf per mangiare l'immancabile granchio e la solita clam chowder, questa volta senza sederci ma sfruttando il take away dei tanti banchi esterni. Oggi la giornata è buona... il Golden Gate laggiù a protezione della baia sembra finalmente visibile, così rapidamente torniamo a prendere la macchina sempre in cable car; lo raggiungiamo e lo attraversiamo.
È un’emozione. È grandioso, altissimo, un vero capolavoro di ingegneria. Oltre ai marciapiedi pedonali, ci sono ben 8 corsie ma solo quando ci sarete sopra vi accorgerete delle reali dimensioni. Subito dall'altra parte c'è un belvedere, da cui ammirare il ponte e la città. Arrivati qui ci sono altre due cose che dovete per forza mettere in lista: il tranquillo e bellissimo porticciolo di Sausalito, ma soprattutto la salita al Golden Gate Recreation Area. Salite e cercate il punto che ritenete il più spettacolare, è da qui che sono state fatte le più belle cartoline della città. Tornando in città deviamo verso il Golden Gate park e verso il quartiere di Twin Peaks, poi è ora di andare. Stasera si rifanno le valigie... e si stravolgono. Domani saluteremo gli USA ma il sogno polinesiano è a poche ore da noi.

13 agosto
Altra alzataccia... all'alba siamo all'aeroporto dove lasciamo l'auto e ci imbarchiamo sul volo American che ci riporterà a Los Angeles. Appena atterrati abbiamo poco tempo per cambiare terminal, ma prima c'è un'altra piccola cosa che dobbiamo fare e ci faciliterà la vita. Lasceremo qui una delle nostre valigie (e un borsone che nel frattempo si è riempito!). Il fratello di un nostro caro amico lavora a Marina del Rey, così ci fa la cortesia di portare l'enorme peso inutile a casa sua... andremo a recuperare tutto il 29.
... .CONTINUA IN POLINESIA... .

29 agosto
Sono le 9:30 quando atterriamo di nuovo a Los Angeles. Ormai l'aeroporto non ha segreti e rapidamente siamo sulla navetta dell'hotel che ci accompagna fin davanti la hall. Stanotte pernotteremo all'Hilton LAX, abbastanza vicino all'aeroporto, da cui domattina ripartiremo per l'Italia. È il tipico business hotel, lussuoso e sufficientemente impersonale. Bella camera e bel bagno. Ci facciamo un gran coraggio, ma invece di entrare sotto le coperte ci facciamo una doccia e usciamo. Avevamo lasciato Venice Beach per la giornata di oggi. Utilizziamo gli autobus pubblici e raggiungiamo Venice. Salendo sui bus si scopre una città diversa, più umana ma allo stesso tempo più violenta e povera, molto lontana dalle vetrine di Beverly Hills e dalle ville di Bel Air. A Venice andiamo in spiaggia, la spiaggia per eccellenza. Direttamente uscita da baywatch. È larghissima, bianca, tante palme e le famose torrette... ma nessuna Pamela Anderson... anzi! Passeggiamo lungo Ocean Front Walk, osservando incuriositi la folla variopinta che popola questo tratto della città. Di nuovo ci travolge l'atmosfera americana... dove tutto è possibile. Artisti, personaggi improponibili, sportivi, giovani più o meno abbigliati, popolo della strada, afro, tutti qui riuniti su quella che personalmente mi sembra l'area più trendy della città di Los Angeles e, senza dubbio, la più vera. Non manca nemmeno la "maria", per cui è sufficiente pagare la ricetta medica nei punti ampliamente pubblicizzati dalle tute verdi e dalle scritte "the doctor is in". Prendiamo altro sole, mangiamo qui e ci soffermiamo a osservare la gente che passa ma siamo stanchi, accaldati e ormai la testa sa di essere in partenza. Torniamo in hotel e naturalmente ci addormentiamo. Alle 20:00 il fratello del nostro amico viene a prenderci in hotel, ceneremo con lui e sua moglie e gli offriremo una buona cena visto che hanno custodito i nostri bagagli fino a stasera. Andiamo in un ristorante molto bello a Marina del Rey, cenando affacciati sull'oceano, ed è qui che termina il nostro viaggio, esattamente dove era cominciato. Rientrati in hotel non capiamo più se è la nostalgia verso tutto quello che abbiamo vissuto o la voglia di casa a essere più forte. Salutiamo Los Angeles e gli USA, convinti che anche questa volta non sarà l'ultima.

30 agosto
Alle 9:00 torniamo al LAX dove attendiamo l'imbarco per Chicago da cui prenderemo la coincidenza per Roma arrivando domani mattina. I voli sembrano durare la metà dell'andata. Mi addormento. Sto per farmi sopraffare da un velo di tristezza ma dura veramente poco... a casa ci aspettano, insieme a un chilo di bucatini appositamente richiesti alla mamma (sono 35 giorni che non mangiamo la pastaaaa!); nella nostra casa nuova ci attende la nostra nuova vita. Sono felice anche di tornare alla realtà.
31 agosto
Tocchiamo terra. American Airlines vi da il benvenuto a Roma Fiumicino. Casa.
 

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