Fin dai primi tempi dallo scoppio della Grande Guerra 1915-1918, la zona circostante il Passo Falzarego fu un punto focale dei combattimenti tra l'Esercito Italiano e quello dell'Impero Austro-Ungarico.
Senza scendere nel dettaglio degli eventi bellici che nel corso degli anni produssero una serie ininterrotta di avanzate, ritirate, scostamenti più o meno rilevanti della linea del fronte, rimane il fatto che quell'area offre ancora oggi al visitatore, superficiale o attento che sia, una delle più cospicue concentrazioni di testimonianze della Grande Guerra di tutto l'arco alpino: trincee, fortificazioni, camminamenti, gallerie, osservatori, postazioni di entrambi gli schieramenti.
Con una serie di lodevoli iniziative, tra le quali spiccano i contributi della Comunità Europea, tutto questo è stato recuperato dopo decenni di abbandono, a costituire il più esteso Museo della Grande Guerra oggi esistente. Il Museo rientra nel Progetto Interreg Frontiera Italia-Austria, ad evidenziare simbolicamente la sinergia tra due Nazioni confinanti all'epoca nemiche: è in buona parte all'aperto e si articola in tre siti distribuiti in un raggio di non più di cinque chilometri. Essi sono:
* FORTE TRE SASSI, ex fortificazione austriaca convertita a Museo della Grande Guerra;
* CINQUE TORRI, sito della linea arretrata italiana con comando artiglieria e osservatorio;
* LAGAZUOI, teatro di azioni delle prime linee e della guerra di mine.
Tutto questo rende incondizionatamente raccomandato un soggiorno di qualche giorno da queste parti: lasciando da parte la retorica di maniera, ci si imbatte in una serie di spunti per meditare su tutte le guerre in un'epoca in cui gli orrori indicibili che ci vengono sbattuti in faccia ogni giorno lasciano ben poco spazio all'ottimismo.Come detto nella fase introduttiva, le tre aree da non perdere per una conoscenza soddisfacente del sito storico sono tre: il Forte Tre Sassi, le Cinque Torri e il Lagazuoi. Consiglio di effettuare le visite in questa successione, un po' perché così sono in ordine di impegno crescente, ma anche perché una visita attenta del Museo del Forte Tre Sassi è un'ottima preparazione per rendere esauriente e più comprensibile l'intera esperienza, specie se svolta senza fretta e soffermandosi ai numerosi pannelli descrittivi lungo i percorsi; meglio ancora, in tre giornate distinte.
FORTE TRE SASSI
Diciamo subito che, anche se la definizione "Tre Sassi" è quella che più si incontra nell'uso comune, sarebbe più aderente alla conformazione del terreno pietroso la tradizionale denominazione ampezzana "Intrà i Sàss'".
A parte ciò, l'importanza strategica che il forte austriaco rivestì è evidente osservandone l'ubicazione: si trova in pratica sul Passo di Valparola, il passaggio-chiave per entrare dalla zona di Cortina in Val Badia, come se non bastasse molto stretto ai piedi di alte pareti rocciose e quindi facilmente controllabile ai fini di impedire l'avanzata dei contingenti nemici. Non a caso anche oggi, benché sia di poco più alto (m. 2168 contro 2117) del vicino e ampio Falzarego, sempre aperto nell'intero arco dell'anno, d'inverno il Valparola può rimanere a lungo impraticabile per accumulo di neve e pericolo di frane.
In realtà, le offensive italiane, attuate con tiri dell'artiglieria situata alle Cinque Torri, danneggiarono il forte ma non al punto di renderlo inutilizzabile, anche perché gli austriaci avevano fatto in tempo a piazzare i cannoni sull'adiacente Sas de Stria, già in possesso degli italiani ma sventatamente abbandonato: di conseguenza la postazione, composta dal forte propriamente detto, dal caposaldo Goiginger sul citato Sas de Stria e dal trincerone Vonbank, rimase in mani austriache per tutta la durata della guerra.
Il forte, una tozza costruzione di fine Ottocento su tre livelli, di cui uno interrato, con ampi locali dagli spessi muri in pietra destinati alla guarnigione di un centinaio di militari e all'artiglieria difensiva, ospita dal 28 settembre 2002 il ricco Museo della Grande Guerra, destinato ad ulteriori ampliamenti con il recupero di alcuni ambienti ancora in via di restauro. Le raccolte contenute nelle sale comprendono una gran quantità di reperti provenienti dagli immediati dintorni: armi bianche e da fuoco, mine, divise, indumenti, equipaggiamenti, parti del corredo dei soldati in certi casi curiose, quali le stoviglie, le lattine delle razioni o le confezioni dei medicinali.
A completamento della visita si può salire in un'ora, per pendio ripido ma non difficile (a parte una strettoia superata con una scaletta metallica), sulla panoramica cima (m. 2477) dell'adiacente Sas de Stria, gita remunerativa per le testimonianze belliche di cui la montagna è disseminata e per l'esteso panorama.
CINQUE TORRI
"Se l'avesse potuta vedere Dino Buzzati, la Torre Trephor, così ridotta in briciole in una notte di giugno, non più svettante e ardita ma trasformata in un cumulo di macerie sparpagliato sopra la neve, non avrebbe avuto dubbi nell'attribuire il misfatto a qualche strega dei Monti Pallidi, a qualche Gattomammone delle rocce, a qualche diavolo delle Dolomiti".
E' un passo dell'articolo, a firma di Massimo Spampani, in cui il 7 giugno 2004 il Corriere della Sera riportava la notizia del crollo di una delle Cinque Torri, la Trephor, una delle più piccole del gruppo ma non per questo sottovalutata dagli alpinisti per le apprezzate vie di salita lungo le sue pareti.
Così come le Tre Cime di Lavaredo in realtà sono cinque, o anche più se consideriamo tutte le vette "minori" che hanno un nome (per non parlare delle tante innominate), parimenti le Cinque Torri sono parecchie di più, un vero labirinto di obelischi, monoliti, guglie e torrioni che offrono nell'arco della giornata scorci e giochi di luce e ombre per la gioia dei fotografi e degli estimatori del mondo dolomitico; per non parlare delle infinite vie di arrampicata, frequentatissime grazie alla comodità dell'approccio.
Le rovine della Torre Trephor, con la gamma di colori della roccia messa a nudo dal crollo dopo milioni di anni, è una motivazione alla visita che va ad aggiungersi a quella imperdibile dell'ideale nostra "seconda tappa" del Museo all'aperto della Grande Guerra. Sono infatti stati ripristinati con grande fedeltà i camminamenti, le trincee, le postazioni, gli osservatori con l'uso prevalente dei massi a secco e del legno: il giro completo, della durata di un paio d'ore, si sviluppa su un elementare percorso ben segnalato e intervallato da pannelli esplicativi nel cuore delle Torri, reso ancora più realistico dalla ricostruzione degli ambienti con tanto di manichini a grandezza naturale di soldati intenti alle varie attività della vita in trincea.
L'area delle Cinque Torri può essere raggiunta con facilità con la Seggiovia Bai de Dones (m. 1889) - Rifugio Scoiattoli (m. 2225). Noi abbiamo però privilegiato un'escursione più articolata, con partenza dal Rifugio Col Gallina, risalita alle Forcelle Gallina e Nuvolau, Rifugio Averau, discesa alle Cinque Torri, itinerario storico, discesa al Pian dei Menis e ritorno al punto di partenza: un anello di circa cinque-sei ore totali di impareggiabile valore paesaggistico. Raccomandatissimo!
LAGAZUOI
Un discorso analogo a quello del Forte di Valparola può essere fatto per il Lagazuoi: così come di là gli Italiani non riuscirono mai a "sfondare" verso la Val Badia, lo stesso avvenne per la Val Pusteria che, nei piani dei nostri Comandi, doveva essere raggiunta passando per la Val Travenanzes, incassata tra le muraglie rocciose del Lagazuoi, delle Cime di Fanes e della Furcia Rossa a ovest e delle tre Tofane a est.
Teatro di una lunga guerra di logoramento fu il Piccolo Lagazuoi: quell'intrico di gallerie scavato in condizioni spaventose, vera e propria cittadella sotterranea delle truppe italiane, ebbe il suo punto focale nell'ardita Cengia Martini nel bel mezzo della parete verticale. Benché circondata su tre lati dalle forze nemiche, dall'unico libero, quello inferiore, la postazione costituì per lungo tempo una spina nel fianco dell'esercito austriaco, grazie ai continui tiri d'artiglieria sul Forte Tre Sassi e sul Sas de Stria. L'epilogo avvenne tra il 14 gennaio e il 16 ottobre 1917 con l'esplosione di quattro successive mine di dimensioni apocalittiche, tre austriache inframmezzate da una italiana, per un totale di un centinaio di tonnellate di esplosivo. Risultato, nessuno: la situazione degli opposti fronti al termine della guerra era sostanzialmente la stessa dell'inizio delle ostilità, salvo i numerosi morti e i circa 200.000 metri cubi di massi frantumati che oggi costituiscono i ripidi ghiaioni incombenti sul Passo Falzarego, un paesaggio parecchio diverso da quello ritratto nelle foto di inizio Novecento.
L'itinerario di visita, ottimamente messo in sicurezza tramite cavi corrimano, gradinature e pannelli di orientamento all'interno del labirinto di gallerie, richiede comunque un minimo di impegno (sconsigliato ad esempio a chi soffra di claustrofobia): anche se non mancano i turisti che si avventurano in assetto approssimativo, sono indispensabili, oltre a scarpe robuste, il casco e la torcia elettrica, che peraltro possono essere noleggiati al centro visitatori adiacente la stazione di partenza della funivia del Falzarego. Partiti dal Passo, il sentiero a tornanti porta in circa un'ora al bivio: mentre a destra si può proseguire per la forcella Lagazuoi e da lì all'omonimo rifugio (un'altra ora dal bivio), sulla sinistra ci si immette, lungo una cengia e un canalone un po' esposti protetti da cavo d'acciaio, all'interno del sistema di gallerie, che richiede per l'intera risalita tra un'ora e mezzo e le due ore. Vale la pena di effettuare tutte le deviazioni dal percorso principale, che si sviluppa per 1300 metri; alcune portano ad aperture sulla parete verticale che offrono vedute mozzafiato (non è che i soldati fossero nel nostro stesso spirito per ammirarle…), altre ad ambienti in cui sono stati ricostruiti i vari aspetti della dura vita delle truppe: le artiglierie, le attrezzature da cucina, i locali di riunione, i posti di vedetta, le camerate, i magazzini, ecc.
Si sbuca infine sul fianco dell'anticima del Piccolo Lagazuoi (m. 2668) e, dopo un passaggio un po' aereo reso sicuro dal cavo d'acciaio, si può prendere fiato su un'ampia lastronata rocciosa disseminata di trincee, con belle vedute sul versante opposto della valle: oltre i tornanti del Passo Falzarego e del Valparola, l'ormai noto Forte Tre Sassi sembra da qui un modellino in miniatura! Aggirando l'anticima, si perviene in una quindicina di minuti al Rifugio Lagazuoi (m. 2752), degno coronamento del nostro itinerario di tre giorni; il panorama che si gode da quassù è uno dei più strepitosi delle Dolomiti e non sto ad elencare la quantità di cime che si vedono: vicine o lontane, ci sono praticamente tutte!Per effettuare accuratamente gli itinerari proposti, una base vivamente consigliabile è il Rifugio Col Gallina. Le ragioni della raccomandazione sono molteplici:
** la posizione centrale rispetto alle escursioni, con i punti di partenza da esso più o meno equidistanti e comodamente raggiungibili a piedi;
** l'ubicazione tranquilla, al centro di un panoramicissimo pianoro erboso;
** l'ottimo rapporto prezzo-qualità, considerato che, nonostante la denominazione di rifugio, si tratta di un vero e proprio alberghetto; improponibile, poi, il confronto con le tariffe della vicina Cortina d'Ampezzo;
** l'amichevole disponibilità dei gestori Giorgio e Raniero, ma anche quella dei collaboratori: le deliziose Fiorella e Silvia, ed infine Gerry e Andrea che "regnano" in cucina.Per le cene, abbiamo ovviamente fatto riferimento al Rifugio Col Gallina, inappuntabile anche sotto questo aspetto: menù con scelta fra tre primi e tre secondi ottimi e abbondanti, un'offerta che in qualche occasione non ho riscontrato nemmeno in alberghi a 3 stelle.
Per i pranzi, visto che ogni escursione tocca uno o più rifugi, si possono tranquillamente evitare (salvo diversa scelta personale) i viveri al sacco e orientarsi su un piatto caldo, sempre preferibile al panino.1) LE CINQUE TORRI
Per i più curiosi, ecco i nomi delle principali: Torre Latina, Torre Inglese, Torre Grande, Torre Lusy, Torre Barancio, Torre Romana, Torre Quarta Bassa, Torre Quarta Alta, Torre Trephor (quella crollata).
2) LETTURE CONSIGLIATE
Volutamente, ho fatto solo un quadro stringato degli eventi bellici svoltisi nell'area di cui ho parlato; del resto, non ho autorità né competenza per trattarne più a fondo. Sul tema della Grande Guerra sul Fronte Dolomitico sono stati scritti un'enormità di libri e a quelli rinvio chi sia interessato ad approfondimenti. Provo a riferire alcuni titoli che ritengo significativi, cercando di selezionare testi che non siano aride relazioni di operazioni belliche ma diano rilievo alla vicenda umana dei (loro malgrado) partecipanti: è la chiave sulla quale fondo il mio interesse per quel periodo della nostra Storia e che, mi sembra, ispiri il progetto del Museo all'aperto.
Buoni punti vendita sono la Cooperativa di Cortina, la Libreria Delago di Ortisei, la Fiera del Libro di La Villa, ma soprattutto un negozietto fornitissimo (non ricordo il nome, ammesso che ce l'abbia…) pochi metri sotto il Passo Gardena, lato Selva. Ringrazio in anticipo chi vorrà segnalarne altri nel sottostante spazio commenti.
Ecco allora qualche titolo:
** Gunther Langes: La guerra fra rocce e ghiacci, ediz. Athesia;
** Robert Striffler: Guerra di mine nelle Dolomiti, ediz. Panorama (in più volumi separati riferiti alle varie zone);
** Autori Vari: La memoria della Grande Guerra nelle Dolomiti (prefazione di Mario Rigoni Stern), ediz. Gaspari;
** Heinz von Lichem: La guerra in montagna 1915-18, ediz. Athesia;
** Edgardo Rossaro: Con gli Alpini in guerra sulle Dolomiti, ediz. Mursia;
** Sempre di Mursia, una gran quantità di altri titoli che ne fanno probabilmente l'editore più specializzato sui temi della Grande Guerra.Provenendo, come noi, da Genova, la via preferibile (anche se forse non la più breve) prevede l'autostrada fino a Ora/Auer (BZ) per proseguire, su percorso prodigo di magnifici panorami, per Cavalese, Valle di Fassa, Passo Pordoi, Arabba fino al Passo Falzarego (m. 2117). Meno di un chilometro dopo il valico in direzione di Cortina, uno slargo sulla destra porta al Rifugio Col Gallina, dove, su consiglio di un'amica, abbiamo fissato alcuni giorni di mezza pensione. La scelta si è rivelata eccellente.
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4 commenti in “Un tempo percorsi di guerra, oggi percorsi di pace”
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Beh, mi sembra che di dritte ce ne siano parecchie nel resoconto. ;-) Eventualmente fammi domande PRECISE e farò il possibile per risponderti. Ciao!
Bello bello bello... anche noi cm scout vorremmo eseguire lo stesso percorso...hai qualche dritta da darmi,consigli ecc ecc...
Certo che ti pubblichiamo, Adriano! Anzi, gli interventi documentati e pieni di buon senso come il tuo sono sempre graditi. Un caro saluto!
Non scrivo per commentare l'articolo (che è comunque pregevole, come quasi sempre in questo sito), ma per citare una considerazione letta nell'ultimo numero de "Lo Scarpone", il mensile del C.A.I., riguardo il crollo della Torre Trephor. L'autore è Piero Villaggio, del CAAI Gruppo Orientale: "...le momtagne dolomitiche poggiano su un sottofondo soffice, quindi l'equilibrio delle torri più esili e inclinate è più precario. Ma circa quarant'anni fa il pendio a monte del gruppo venne letteralmente arato per costruirvi un impianto di discesa, sradicando la vegetazione e frantumando i massi. Questa operazione ha alterato la permeabilità del terreno e la consistenza statica degli strati sottostanti le Cinque Torri. Non c'è nessuna correlazione fra la devastazione soprastante e il crollo? Ritengo di sì e che si possano determinare quasi esattamente i fattori del degrado meccanico delle faglie". Lo ritengo anch'io. La natura ha i suoi processi ma l'"Homo turisticus" è abilissimo a darle una grossa mano... Vi ringrazio se vorrete pubblicarmi.