Un classico dell'escursionismo di traversata: il Giro del Brenta

Un anello di due giorni per ammirare il paesaggio dolomitico al suo meglio

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La mia predilezione per il Gruppo di Brenta sarà risultata evidente da parte di chi frequenta questa sezione "Un passo dal cielo". Lì sperimentai per la prima volta, dopo dieci anni di gite nell'area Liguria - Basso Piemonte, la "montagna vera", lì conobbi affezionati compagni di escursioni, lì feci le prime esperienze di vie ferrate, lì lasciai un pezzo del mio cuore nell'arco di quindici anni ad ogni fine agosto / inizio settembre.
Ho già trattato in questa rubrica della toponomastica, delle famiglie di guide, della cima più emblematica (il Campanile Basso), della figura umana più eminente (Bruno De Tassis). Adesso è la volta dell'itinerario più significativo tra quelle montagne.
Effettuai per la prima volta il Giro del Brenta, qui descritto, ormai 25 anni fa accompagnato da assidui frequentatori dell'albergo di Molveno di cui fui tante volte ospite, per improvvisarmi poi a mia volta guida in diverse occasioni: è infatti il giro più esauriente per illustrare in un paio di giorni quelle meravigliose montagne a chi le approcci per la prima volta. La curiosità di ulteriori scoperte e approfondimenti viene poi da sé, vista l'infinità di escursioni di ogni livello di impegno che il Brenta può proporre: davvero, una montagna per tutti!

Voglio prima dare una breve connotazione alla zona di cui si sta trattando. Il Parco Naturale Adamello-Brenta, istituito con legge provinciale nel 1967 e interamente compreso nella provincia di Trento, si estende su una superficie di circa 618 kmq. ed è diviso in due zone separate dal corso del Sarca. Il fiume percorre in senso nord-sud il solco della Val Rendena, che fa parte del più ampio complesso delle Valli Giudicarie.
Sulla destra orografica della valle si estende il gruppo granitico dell’Adamello, che ha i suoi culmini nelle cime dell’Adamello (m.3554), della Presanella (m.3558) e del Caré Alto (m.3453); il gruppo è ricchissimo di ghiacciai, laghi alpini e torrenti che formano, scorrendo le valli di penetrazione, bellissime cascate. Gli itinerari che lo attraversano offrono scenari grandiosi, anche se quelli di maggiore soddisfazione, cioè le traversate su ghiacciaio, sono accessibili solo ai più esperti. Fra le tante valli che lo solcano citiamo la Val Nambrone, la Val Borzago, la Val di Nardis, la Val di Fumo e soprattutto la splendida Val di Genova.
Sulla sinistra orografica si sviluppa il gruppo di Brenta, le cui caratteristiche sono sostanzialmente differenti: povero di acque e con pochi ghiacciai (in questa catena definiti vedrette) di ridotte dimensioni, presenta la varietà di forme tipica delle Dolomiti alle quali proprio per tale analogia viene assimilato. Il gruppo offre al visitatore-escursionista una infinità di scelte che vanno dal sentiero turistico alla traversata in quota, da vie ferrate tra le più prestigiose dell’arco alpino alle ascensioni del massimo impegno alpinistico. Convenzionalmente, vi si individuano tre settori: quello settentrionale, dal Rifugio Peller al Passo del Grosté, quello centrale, dal Grosté alla Bocca di Brenta, e quello meridionale, che ridiscende la Val d’Ambièz fino a San Lorenzo in Banale.
La popolazione faunistica del Parco comprende camosci, caprioli, cervi, marmotte, scoiattoli, volpi, aquile, galli cedroni-forcelli e un limitato numero di orsi: a parte però le numerose marmotte e qualche famiglia di camosci, avvistabili con relativa frequenza nelle zone più appartate, non c’è da illudersi, salvo colpi di fortuna, di incontrarne con facilità.
Assai ricca di specie è anche la flora: oltre la Stella Alpina, il Giglio Martagone, il Rododendro e la Negritella, spicca la splendida Pianella della Madonna, l’orchidea più grande delle Alpi.

Da Madonna di Campiglio / Campo Carlo Magno si raggiunge in funivia il Passo del Grosté o, in alternativa, si può salire a piedi - eventualmente pernottandovi - al Rifugio Graffer (m. 2261). Si prende il segnavia n. 316 attraversando dapprima una zona di lastroni e mughi: tipico di questa zona è il fenomeno dei karren, spaccature nel terreno roccioso provocate dal congelamento invernale delle infiltrazioni d’acqua. Sulla destra ci accompagnano le vedute sul lato opposto della valle, dove si riconoscono da sinistra verso destra le cime innevate di Caré Alto, Adamello, Presanella e, più distanziati, Ortles e Cevedale; in basso, i boschi della Vallesinella.
Si scende poi a zigzag per proseguire in falsopiano; con qualche contropendenza si transita sotto la parete del possente Castello di Vallesinella, si aggira tra massi il Castelletto Inferiore e si raggiungono i Rifugi Tuckett e Sella (m. 2272).
Dai rifugi si distinguono verso est il Campanile di Vallesinella, Castelletto Superiore, Cima Sella, la Bocca di Tuckett (m. 2648), assai meno innevata di un tempo, e l’imponente Cima Brenta (m. 3150) con la Cima Massari, sua ultima propaggine nordoccidentale.
Si prosegue per il sentiero n. 322 che serpeggia dapprima tra poderosi massi di frana per poi raggiungere la caratteristica insellatura erbosa della Sella del Freddolin (qualche decina di metri sopra il sentiero, stelle alpine, da non raccogliere); tra mughi che si alternano ad altre zone di karren, si procede con modesti saliscendi fino a una breve galleria nella roccia oltre la quale si svolta bruscamente a sinistra per un tratto un po’ accidentato protetto da corrimano, ormai alla base delle Punte di Campiglio.
Il paesaggio si fa progressivamente più aperto, già in vista del Rifugio Maria e Alberto ai Brentèi (m. 2182) adagiato sulla sommità di una bella spalla erbosa. In breve lo si raggiunge e vale la pena una meritata sosta per godere di uno degli scenari più spettacolari delle Dolomiti: in direzione sudest, al centro della foto che tutti fanno anche se passano di qui per la decima volta, la Bocca di Brenta (m. 2552) divide il complesso degli Sfùlmini / Brenta Alta da quello Cima Margherita / Cima Tosa (m. 3173, il “tetto” del Brenta) / Crozzòn di Brenta; tra queste due ultime, l’impressionante lingua ghiacciata del Canalone Neri.
Non si può parlare del Brentèi senza citare Bruno Detassis, cosa che è già stata fatta in questa stessa rubrica dedicandogli un intero articolo: era dovuto, visto lo spessore del personaggio, vero simbolo di questo gruppo montuoso.
Bisogna ora superare i 370 metri di quota che portano alla Bocca di Brenta; si supera la chiesetta dedicata ai caduti della montagna e con segnavia 318 si risale l’alta Val Brenta con ascesa poco faticosa lungo le ghiaie alla base di pareti verticali. Dopo alcuni massi si tocca la prima neve e per essa si arriva alla base delle roccette che portano alla Bocca. Mano a mano che si guadagna quota, vale la pena voltarsi di tanto in tanto sulla propria sinistra: volgendo lo sguardo verso l’alto diventa sempre più evidente la sagoma del Campanile Basso (m. 2883), uno dei più sorprendenti monoliti delle Alpi e montagna emblema del Brenta; qualche decina di metri sopra di noi, lungo una cengia che taglia la verticale parete ovest della Brenta Alta, si scorge invece il tratto iniziale della via delle Bocchette Centrali.
Questo tratto gradinato di roccette è superato facilmente anche con l’ausilio di una corda metallica, dopo di che un’ultima breve salita per neve sempre ben pestata porta al passo. Sull’opposto versante, un pendio di ghiaie e una comoda cengia portano in pochi minuti al Rifugio Tommaso Pedrotti (m. 2486), vero e proprio “cuore” del Gruppo di Brenta.
Se il rifugio sorge su un spalto roccioso, “stretto” in pratica tra le prime rocce della Brenta Bassa e la base gradinata del Croz del Rifugio, sono in compenso apertissime le prospettive in direzione nordest verso Molveno, con la conca erbosa dei Massodi al di là della quale si ergono i diedri del Croz dell’Altissimo, 900 metri perfettamente verticali sulla Val delle Seghe, e sudest, con il circo glaciale della Pozza Tramontana sulla quale incombono le complicate architetture del Monte Daino.
Anche se la posizione strategica fa del Pedrotti il tipico punto di partenza per le scalate alle cime più ambite della Catena Centrale, è anche vero che già il suo raggiungimento costituisce una mèta tutt’altro che banale, poiché, quale che sia il punto di partenza della gita, chi arriva qui deve avere camminato non meno di tre ore e mezzo / quattro (più il ritorno).
L’escursione di oggi finisce qui, ma la conoscenza del Brenta sarebbe incompleta senza un’ulteriore breve digressione. D’altra parte è qui che ceneremo e pernotteremo, per cui ce n’è tutto il tempo: anche senza zaino, è vivamente raccomandato scendere in pochi minuti al Rifugio Tosa, dipendenza del Pedrotti, e imboccare il Sentiero Orsi (segnavia 303): in circa un’ora e 30’ A/R, dopo un tratto pianeggiante e una sella sovrastata da pinnacoli rocciosi, si sbocca nella Busa degli Sfulmini o dei Massodi. Questa conca selvaggia, caoticamente disseminata di massi e detriti, offre uno scenario che costituisce la più grandiosa, classica e famosa “cartolina” del Gruppo di Brenta: allineati da sinistra, si presentano nella loro veste migliore Brenta Alta, Campanile Basso, Sentinella, Campanile Alto, Sfùlmini, Torre di Brenta, Cima degli Armi e Cima Molveno, attraverso i quali si svolge la mitica Via delle Bocchette.
Godute dal Pedrotti le vedute di un tramonto e di un’alba che ci si augura splendide, intraprendiamo il percorso che dovrà riportarci a fondo valle e alle auto.
Il primo tratto è inevitabilmente identico, in senso opposto, a quello di salita, quindi occorre portarsi alla Bocca di Brenta e di lì scendere per neve, roccette e sentiero fino a ritrovarsi al Rifugio Brentèi. A questo punto, per non ripercorrere l’itinerario già effettuato ieri, ci si può orientare sull’alternativa nel Sentiero Violi (segnavia 323, poi 391): è il classico percorso veloce di discesa, che dopo un tratto un po’ ripido che consente di perdere rapidamente quota, attraversa una bella zona di prati e larici in pendenza più lieve fino ad arrivare al poggio dei Casinèi, dove sorge, a quota 1825, il bel rifugio omonimo, immerso in vegetazione d’alto fusto.
Da qui, anziché scendere direttamente lungo il sentiero 317, conviene scegliere il ben più piacevole n. 376 che, dopo una svolta a destra, con tragitto a serpentine reso sicuro da scalette e ponticelli, offre vedute suggestive sui vari salti delle Cascate Alte di Vallesinella.
Guadato un’ultima volta il torrente grazie a una passerella di tronchi, finiscono ben presto le rocce e, con un ultimo tratto di poche centinaia di metri di sterrata si raggiunge il Rifugio Vallesinella (m. 1513), che rappresenta il termine “ufficiale” del programma.
A questo punto sarà l’ora di pranzo, per cui si potrà mangiare qualcosa al rifugio, degna conclusione dell'escursione vista l'ottima cucina!
Infine, utilizzando un servizio continuativo di pullmini per evitare un tratto lungo e monotono, si ritorna alle auto lasciate a Campo Carlo Magno.

Un'alternativa per il ritorno a valle è offerta, una volta lasciato il Rifugio Pedrotti, dalla discesa lungo la conca dei Massodi - sede di un vecchio lago prosciugatosi una quarantina d'anni fa - toccando i Rifugi Selvata e Croz dell'Altissimo, per raggiungere il pianoro del Pradel in circa due ore e 30'. Da lì in funivia in pochi minuti a Molveno, località sul versante opposto (est) del Gruppo di Brenta, dalla quale sarà opportuno avere organizzato il ritorno in auto a Campo Carlo Magno.

Una piccola annotazione. La scelta delle immagini a corredo è volutamente inconsueta: si va da foto del 1979 ad altre molto recenti, non esclusi stampe dai colori un po' falsati dagli anni e suggestivi bianconero.
E' voluto, l'ho detto, perché è un itinerario percorso molte volte e che sento profondamente "mio": con le foto che coprono un arco di oltre vent'anni ho inteso anche trasmettere la continuità nel tempo.

 

2 commenti in “Un classico dell’escursionismo di traversata: il Giro del Brenta
  1. Avatar commento
    ryxc mdbsf
    06/08/2007 23:51

    boti gxrj eauqyfjnx cdsuib yzeon dvtfwe pvuyxd

  2. Avatar commento
    Ninni77
    02/05/2005 11:26

    Mi hai fatto tornare indietro nel tempo!Ho passato delle stati bellissime in questi posti stupendi!Complimenti Leandro!

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