Sopra i tremila

Quattro giorni fra magnifici scenari montani a cavallo tra Italia e Francia

Viaggiare è una delle attività più belle, difficili ed educative che ci siano.
Ci sono i viaggi lunghi e in luoghi isolati del mondo e viaggi che si possono fare anche a pochi km da casa nostra e con mezzi molto modesti.
Ingredienti:
una panda del 1997
una air camping montata sopra
600 km di percorso
4 escursioni in montagna intorno ai 3000 metri
Itinerario
Partenza da Torino e direzione val di Susa, poco prima di arrivare al centro di Susa si devia a sinistra per Mompantero, Rocciamelone; successivamente a destra per Pampalu’ Rocciamelone.
Percorsi circa 15 km di strada asfaltata, stretta e con molte curve, si arriva a un alpeggio e con altri 2 km di sterrata si arriva al parcheggio su una specie di radura colletto, alla base del Rocciamelone. Un km oltre sempre con strada sterrata si arriva al rifugio la Riposa e qui finisce la strada.
Mi fermo al parcheggio, un vento forte e una sola altra macchina parcheggiata. Vedo due persone e penso che siano gli ultimi esseri umani che tra poco con la loro auto lasceranno il parcheggio e quindi la solitudine sarà totale. Rimarremo quindi io e molto vento, mi prende un senso di scoraggiamento e sto valutando di riprendere la macchina e tornare a Torino senza dire niente a nessuno. Vedendo che le due persone non partono mi avvicino a chiedere se per caso si fermano a dormire e mi rispondono che dormiranno li con una tendina. Ottimo c’è il minimo vitale per fermarmi anch’io. Il telefono prende solo a sprazzi e con una tacca, quindi avere qualcuno nei dintorni rappresenta un minimo di sicurezza in caso di qualche problema e il secondo livello di sicurezza è rappresentato dal rifugio la riposa.
Intanto il vento è sempre più forte e freddo, cammino un po’ per scaldarmi, il sole sta lentamente scendendo dietro il moncenisio e allora mi preparo la cena e apro l’air camping per la notte. L’aria è pulita e nitida i colori forti e caldi della sera in contrasto con il freddo del vento.
Mangio, preparo la caffettiera per l’indomani, apro l’air camping e risolvo alcuni piccoli problemi di una centina, cerco e metto a portata di mano la pila e poi faccio due passi per riscaldarmi. Vado verso il sentiero del Rocciamelone fino alla Riposa e ritorno. Salgo sull’air camping mi infilo nel sacco a pelo e affronto la notte. Il vento non da tregua e aumenta di intensità. Essendo nel pianoro sono esposto alle raffiche più intense. Quindi di dormire non se ne parla, dall’interno l’impressione è che il vento sradichi l’air camping dalla macchina o peggio che ribalti la tenda con la macchina.
Mando un messaggio con il telefonino che non viene inoltrato se non dopo una mezz’ora quando il telefono percepisce l’unica tacca di connessione. Come se non bastasse anche l’orologio si è fermato quindi l’unico modo per sapere l’ora è il telefonino, che controllo periodicamente. La notte è lunga sia perché sono salito in tenda alle 9 circa, sia perché il vento non molla e mi tiene preoccupato, sia perché di dormire non se ne parla. La posizione distesa e la comodità dei materassini della tenda mi consentono almeno di distendere e riposare le gambe.
L’esperienza della solitudine è strana ma serve. Affiorano alla mente le paure: il vento può rovesciare la macchina, ma la macchina pesa tonnellate e qui in val di Susa non c’è la bora, qualche malintenzionato potrebbe farmi del male per prendermi i soldi, ma a 2000 metri d’altezza con una stradina di circa 20 km per arrivarci, quale malintenzionato investirebbe in un’operazione fallimentare dove i costi sono di gran lunga più alti dei benefici. Le paure, per loro natura sono irrazionali, l’analisi razionale le smonta puntualmente, alcune rimangono: e se mi viene una colica, un attacco di cuore? Si, tutto è possibile la sicurezza al 100% son si ha mai in nessun momento della vita e con queste riflessioni, il rumore del vento, il telefonino con l’ora sul display proseguo nella mia maratona notturna. Anche questo è il viaggio, un viaggio interiore a cercare i nostri limiti, noi stessi, i nostri comportamenti in condizioni anomale. Sicuramente qui a 2000 metri, di notte con il vento forte in una struttura provvisoria le cose si vedono e si pensano in modo diverso.
Verso le 5 apro le due cerniere dell’air camping, il vento è mollato un pochino ma continua inesorabile, la vista dalla mia suite provvisoria è mozzafiato. A 1500 metri sotto si vedono le luci della valle di susa tutto il resto è una cartolina con le sagome nere dei rilievi evidenziate da un leggero chiarore nella loro rappresentazione sullo sfondo di un cielo di un blu cupo scuro impossibile. Dalla parte della vetta del rocciamelone invece, molte nubi e il solito incessante vento.
Alle 6 tutta la mia pazienza per l’attesa è terminata e decido per la sveglia. Vincendo il freddo che si è fatto un po’ più acuto mi vesto e scendo la scaletta. I movimenti sono veloci, calcolati e razionali.
Devo scaldarmi, preparami la colazione chiudere l’air camping preparare lo zaino e partire. Caffè due brioches, 3 prugne, ritirato sacco a pelo, chiusa l’air camping, preso lo zaino, chiuso la macchina e si parte per la vetta ore 6,40. Dopo pochi metri torno alla macchina e la sposto perché il vento è ancora forte e finalmente parto. 6,50.
Il freddo che comincia a farsi sentire anche se siamo al 31 di agosto scompare presto dalle mani e da tutto il resto, dopo alcune decine di minuti di salita.
La salita al Rocciamelone è proprio una diretta, non ha falsi piani per il recupero, è una interrotta salita verticale verso la punta. Bisogna trovare un passo costante per non compromettere fiato e gambe, e continuando a salire in un panorama bellissimo con il vento che si riduce in un’ora e mezza raggiungo il rifugio Ca d’asti dove mi fermo lo stretto necessario per un sorso d’acqua, riprendere fiato e ripartire in compagnia di altre due coppie che sono partiti dal rifugio che si trova a circa metà strada tra la base e la vetta. Un’altra ora e mezza e fermandomi sempre più sovente per prendere fiato affronto il pezzo più ripido che è l’ultima parte dove ci si può tenere come un mancorrente a delle corde posizionate per l’occorrenza. Ancora alcuni metri e finalmente la vetta. Sono sudato, il vento è gelido soffia e spara dei pezzetti di ghiaccio che stacca dal traliccio, mi cambio con una maglietta asciutta scambio due parole con una coppia di inglesi che mi ha preceduto e mi addento un panino con un sorso di vino, sono le 10 e arrivano in vetta anche i due che avevano dormito nella tendina a 2000 metri dove ho dormito anch’io, chiedo se il vento li ha disturbati e mi dicono che oltre al vento sono stati disturbati dal fatto che avendo piazzato male la tendina sono scivolati in continuazione tutta la notte. Intanto la punta che salendo era leggermente coperta si è liberata e lo spettacolo a 360 gradi è bellissimo: il lago di Maciaussia, il ghiacciaio sul retro e la corona di montagne tutto intorno con il m.viso, il pic de rochebrune e via guardando senza dimenticare in basso la sacra di s.Michele e la valle di Susa che si sdraia ai nostri piedi dove si intuisce il brusio di fondo che ne tradisce la pigra attività mattutina.
E’ ora di scendere ore 10,30 e in un’ora e mezza sono di ritorno alla macchina ore12 avendo consumato tutta l’acqua a disposizione 2 litri 1500 metri di dislivello in 3,10 ore.
Inizio i 17 km di discesa e arrivo a Susa da dove proseguo per l’alta valle fino a Bardonecchia e proseguo per Melezet e valle stretta. Seguendo una strada in parte sterrata e con buche si arriva fino alle grange di valle stretta dove mi fermo nel parcheggio nei pressi del rifugio 3° alpini. Ci sono alcune auto, perlustro la zona, luogo molto bello, ordinato, pulito e piacevole poca gente solo alcuni alpinisti che transitano presso il rifugio. Passeggiata verso il tabor che spicca sullo sfondo.
Tramonto, cena un riso come primo e uova strapazzate per secondo e chiusura con frutta. Preparo la casetta sul tetto vado al fiume a lavare i piatti, sistemo la macchina. Il telefonino non prende nulla. Passeggiata serale notturna con ricerca ceppi (ricercare pezzi di legno con forme interessanti è il mio hobby) nel vicino torrente. Ore 10 salita sull’air camping alcune pagine di lettura e poi dormita fino alle 6,30 del mattino. Apertura della tenda, cielo e montagne stupende con le punte illuminate dal sole. Discesa, preparazione della colazione, dello zaino,sistemazione chiusura macchina e partenza ore 7,10. Attraverso le grange incontro ancora alcune case e poi nulla fino alla maison de chamois. Appena prima di questa struttura giro sulla sinistra e comincio a salire. Dopo poco il paesaggio è molto bello ,si entra vin un vallone verde con sulla destra il gran Serru che con la sua imponenza dolomitica mi accompagnerà per tutto il viaggio. Mi fermo per prendere fiato, per bere e per togliermi la maglia dopo un’ora di cammino. Riparto e proseguo fino al colle 2700 mt.dopo il quale svolto sulla sinistra e inizio la vetta. Molto ripido ma giornata bellissima e montagne attorno stupende. Alle 10,15 sono in punta al tabor. 360 gradi di stupende montagne: il dente del gigante le grand jorasses, il gran paradiso, il rosa il viso, il roche brune, les ecrins, la meje insomma una meraviglia in un cielo senza una nube.
Alle 12,15 dopo aver mangiato un panino, una mela e un po’ di vino inizio la discesa che dura 3,45 ore perché passo dal lago peyron scendendo sotto il serru poi non avendo indicazioni certe per la discesa in valle stretta risalgo al colle discendo per la strada fatta per salire.
Alle 16 sono alla macchina 1250 metri di dislivello in 3,05 ore. Camminata totale salita e discesa 6,50 ore.
Un’occhiata ancora al tabor in lontananza e alla bellezza della valle stretta e inizio a discendere con la macchina per poi risalire al colle della scala e discendere sulla val clarè a nevache. Fortunatamente è il primo settembre ed è finito il collegamento via navetta all’alta valle.
Con la macchina arrivo a Fontcouverte dove c’è un piccolo campeggio municipale e decido di fermarmi per la notte. La spesa di 5 euro per macchina e tenda non è eccessiva e spendo molto volentieri 1,20 Euro per una doccia calda di 5 minuti.
Mi sistemo, mi lavo, mi cambio, preparo cena, mangio e faccio due passi per vedere i dintorni decidendo che una soluzione per il giorno a venire potrebbe essere di andare al rifugio sopra il campeggio ed eventualmente arrivare fino al colle chardonnay. Escludo di salire dall’altra parte della valle, al lago del serpent perché lo avevo già fatto in passato.
Nottata tranquilla, gran dormita, sveglia colazione, preparazione sposto la macchina per fare asciugare la tenda, ritiro e decido di partrire. Destinazione non il Chardonnay ma con la macchina andare nel Queyras.
Quindi Briancon, colle dell’isoard, e queyras dove arrivo fino all’ultima sperduta valle del Gil e proseguendo arrivo a Echalp dove vado oltre su una sterrata che mi porta a un parcheggio con alcune macchine. Sono le 11,20, zaino in spalla già preparato, scarponcini al posto delle scarpe e via verso il colle delle traversette. Le indicazioni sono proibitive: 2,30 ore al rifugio M.Viso e altre 2 alle traversette. Mi incammino alle 11,25 e dopo una bella sudata alle 14,22 sono aeclle traversette. Scollino in Italia faccio 3 telefonate e rientro in Francia dal Buco di viso una gradevole galleria di 50 metri pedonale percorribile con una pila. Passaggio che in passato ha consentito a soldati, mercanti, cavalieri, viandanti, di andare da Francia a Italia e viceversa.
Inizio la discesa e mi fermo per un piccola merenda prima di scendere alla macchina. Decido di passare per il rifugio M.Viso che non fatto all’andata e dal lago che c’è sotto punta Roma sotto la Nord del Viso. Bello il lago, mi fermo un attimo a consultare la carta e scendo direttamente lungo il torrente gil alla macchina. Da 1600 metri di Echalp a 3000 metri di quota delle traversette in 3 ore e camminata totale di 6,15 ore. Arrivo alla macchina alle 18,25 e decido di fermarmi a dormire nel parcheggio dove ci sono anche 3 francesi su un furgone. Una bella lavata e rinfrescata nel torrente, metto la birra al fresco nell’acqua e preparo cena, mangio, lavo i piatti nel torrente, sistemazione, passeggiata nei dintorni dove ci sono nel largo greto del torrente dei massi giganteschi solitari o uniti a fare delle caverne che danno al paesaggio un incantevole e fiabesco contorno. Si potrebbe girare un bel film.
Viene buio, vado a letto e prima di addormentarmi mi leggo alcune pagine del bellissimo libro che mi sono portato dietro. Già, in questo viaggio-avventura in solitudine, in realtà non ero proprio solo, ma viaggiava con me il bel libro di Flavio Geda “Nel mare ci sono i coccodrilli” che non solo mi ha tenuto compagnia nelle mie serate solitarie ma leggere delle vicissitudini del protagonista nel suo viaggio dall’Afganistan all’Italia rendeva le mie piccole avventure molto ridimensionate.
Mi addormento, dormo, mi sveglio, si svegliano anche i francesi faccio colazione sistemo e parto.
Mi concedo un giro in queste valli sperdute e questi meravigliosi paesini del Queyras che ritengo essere una delle località più belle dei dintorni. Direi un’incrocio tra paesaggio svizzero, austriaco e irlandese. Il sole è ormai alto e imbocco, prima di S. Veran che avevo già apprezzato in precedenza, la strada del colle dell’agnello. Tra una discreta quantità di marmotte che attraversano, fischiano e corrono con le loro pelli e tutti i chili che hanno messo su per il lungo inverno che si avvicina, arrivo al parcheggio che c’è dopo il rifugio e prima del colle dell’agnello.
Decido per il momento di prendere zaino e scarponi e raggiungere il col Vieux dove si dovrebbero vedere i de laghi lungo il sentiero che discende a Echalp dove ho dormito la notte scorsa. Arrivo al colle, proseguo e passo dopo passo su un sentiero che si fa sempre più ripido arrivo sulla punta del Pan di Zucchero 3200 metri dalle 10,25 alle 11,40 da 2600 metri a 3200 metri 600 metri in 1,15 ore, paesaggio bellissimo a 360 gradi e sua maestà il M.Viso e il Viso di Vallanta davanti a me, un po’ a lato il passo delle traversette dove ero ieri e ancora più in la il Monte Granero. Bellissimo, giornata stupenda, senza una nube dal lato francese e un mare di nebbie nelle vallate che si vedono sul versante italiano. Parlo un po’ con alcuni alpinisti di Cuneo bevo mi cambio per la sudata e inizio la discesa alle 12,10 e arrivo sotto alle 12,40.
Salgo al colle dell’agnello e mi fermo a gustarmi il panorama intanto il pan di zucchero si è coperto di nebbie.
Decido di scendere a Casteldelfino e concedermi un pasto perché ho fame, mi fermo allo Chalet nei pressi degli impianti di risalita e mi concedo una bistecca con spinaci e melanzane e una birra 14 euro faccio largo uso dei servizi igienici anche per una rinfrescata.
Scendo a Sanpeyre e prendo la strada a destra per il colle di Sampeyre dopo 18 km arrivo al colle, c’è nebbia, proseguo sulla sterrata che con 6 km mi porta al colle della bicocca dove finisce la strada. Mi fermo, sono solo la strada è finita faccio una passeggiata a vedere dove parte il sentiero per il Pelvo D’Elva che non è indicato, finalmente lo trovo e trovo anche la posizione per la macchina per il pernottamento: Aumentano le nubi, mi metto a raccogliere dei piccolissimi ma succulenti mirtilli. Con gran fatica ne riempio una bottiglietta da mezzo litro però ahimè si mette a piovere, non avevo ancora piazzato la tenda. Considerato il luogo troppo isolato, il fatto che piove e che domattina potrebbe essere lo stesso senza la salita al Pelvo decido di rientrare. Percorro a ritroso mi 6 km di sterrata, poi i 18 di discesa e mi trovo a Sampeyre da dove procedo per il fondovalle, Busca, Cuneo, fino ad arrivare a casa mia a Pianfei vicino a Mondovì dove arrivo con il buio. Faccio in tempo a irrigare la mia erbetta nel giardino che ha patito un po’ la mancanza d’acqua e poi cena e dormita a casa. Domani farò ritorno a Torino non prima di aver riordinato macchina, tenda e tutte le altre mie cose.

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