Pangandaran, un angolo sconosciuto d'Indonesia

In viaggio tra Islam, modernità e foreste dalle mille insidie

Partiti da Jakarta, dopo due giorni su strade piene di traffico, raggiungiamo Pangandaran, la spiaggia alla moda di Jawa, un ex villaggio di pescatori che ben merita la grande importanza turistica locale raggiunta.
L'abitato, con molti piccoli e grandi alberghi, è disposto su tre vie parallele lungo una lingua di sabbia che unisce la costa sud di Jawa ad un promontorio roccioso dove è sito un parco nazionale.
Siamo nel Ramadam, per fortuna, così possiamo scegliere l'alloggio, con nostro comodo, negli alberghi vuoti. Per l'Idul Fitri, tra pochi giorni, sono già tutti prenotati e ce ne dovremo andare.
Dalla spaziosa ed legante camera del Sunrise Beach Hotel godiamo una bellissima vista sulla costa orientale della penisola, quella ancora utilizzata per la pesca, l'altra, ad occidente, viene usata per la balneazione.
Nell'ascensore dell'albergo sulla targhetta della portata si legge: 'max 3 orang'. La cosa mi contraria un po' pur ricordando che il nome della scimmia viene da qui, dove orang, vuol dire uomo e utan, foresta. Tutta la notte sentiamo sommessi tamburi ed al mattino, molto presto, ci svegliano le lodi di Allah gridate dal minareto, ci alziamo così in tempo per vedere intere famiglie di pescatori tirare, dalla riva, lunghissime reti nelle quali raccolgono il pesce della baia.
La più interessante attrattiva del luogo è senza dubbio il parco nazionale. All'interno vi sono alcuni bunker che i giapponesi hanno costruito durante la seconda guerra mondiale quando questo era il confine del loro impero. Anche oggi il Giappone è un importantissimo contatto commerciale per l'Indonesia, infatti, mentre venivamo qui, abbiamo visto una grande vallata piena di fabbriche, per la lavorazione del cotone, costruite con capitali giapponesi.
Visitiamo la densa foresta del parco con una guida che ci intrattiene sulle varie qualità della flora, in particolare sul pregiato albero del teak dalle cui foglie si ricava anche un colorante per tessuti. Possiamo inoltre vedere sulla pianta i chiodi di garofano, dal caratteristico odore che ricorda il dentista, il cacao, il te, il caffè e tante altre essenze che normalmente troviamo solo nei supermercati o nelle drogherie.
Durante il giro vediamo i banteng (tori selvatici) ed alcune scimmie ma null'altro, così decido di tornare mentre Fernanda è impegnata a prendere la tintarella in piscina.
Mi addentro da solo tra le piante ed incontro quasi subito una scimmietta, il mio occhio poco allenato non vede immediatamente che, in effetti, la scimmietta non è sola, pian piano ne scorgo altre finchè mi accorgo che in realtà sono circondato da una enorme branco di scimmie dall'aspetto non del tutto rassicurante, cerco quindi di allontanarmi alla chetichella. Fatta poca strada sento un rumore simile ad una frana, con il cuore in gola cerco di ripararmi dietro un albero gigantesco ed ecco sbucare dal folto due lucertoloni lunghi circa un metro e mezzo che si inseguono con grande frastuono, fortunatamente, intenti come sono nella lotta, non badano a me.
Nel promontorio vi sono moltissime grotte, in una di queste, facendomi luce con la lampada tascabile del coltellino svizzero, vedo mille puntini luminosi che si accendono in alto, sulla volta. Sono gli occhi di una miriade di pipistrelli che mi guardano, mentre riposano, attaccati lassù.
Comincio a pensare che tutto sommato, questo parco non è proprio il mio ambiente.
Ritorno alla civiltà ma le sorprese non sono finite, mentre Fernanda ed io ammiriamo il tramonto ed il contemporaneo alzarsi della luna sul mare, il cielo improvvisamente si oscura, migliaia di enormi pipistrelli, con aperture alari che superano abbondantemente il metro, volano sopra di noi. Lo spettacolo è, allo stesso tempo, affascinante ed inquietante, come spesso sono i grandi eventi della natura. Ci tranquillizziamo scoprendo che si tratta di innocue volpi volanti (pteropi) che escono dal parco per andare a rimpinzarsi a nord, nelle piantagioni di frutta, per la gioia dei contadini.
Per tutta la serata si sentono pesanti battiti d'ali nell'oscurità. Al ristorante, mentre gustiamo nasi goreng (riso fritto) e pesce, possiamo osservare da vicino uno dei pipistrelloni, il proprietario lo tiene in casa come animaletto domestico ma quando gli chiedo di accarezzarlo, mi dice: 'meglio di no, morde'.
Il Ramadan finisce presto, così partiamo in auto per Kalipucang dove prendiamo il battello per Cilacap. Questa navigazione in acque interne dietro l'isola di Kameangan è una breve ma affascinante crociera di villaggio in villaggio che permette di restare a contatto per molte ore con il variopinto ed indaffaratissimo popolo indonesiano. Tra tutti spicca un personaggio, si tratta di una passeggera molto intraprendente che vende di tutto, dalla quale ci serviamo per un pasto a base di specialità locali e della immancabile Coca Cola.
Nel pomeriggio il tempo cambia. Sotto la pioggia battente, una corriera ci porta sino a Yogyakarta, dove, con una piccola mancia, la usiamo come taxi per trovare un albergo.
Ma di questo parleremo un'altra volta.

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